Uno studio dell’Università Federico II di Napoli commissionato da Ovale conferma che la quantità di nicotina contenuta nelle sigarette elettroniche è minima
L’azienda produttrice di sigarette elettroniche ha commissionato uno studio all’Università Federico II di Napoli sulla quantità di nicotina contenuta nelle e-cig. I dati permettono di dire che questa è nettamente inferiore rispetto a quella contenuta nelle sigarette normali. Il dibattito ora diventa sempre più serrato visto che le opinioni degli esperti spesso divergono. Al momento comunque il partito che vede le e-cig come pericolose sembra andare per la maggiore. L’uso delle sigarette 2.0 è stato vietato ai minori e nelle scuole ed è sta per essere introdotta una tassa apposita. Inoltre, il Ministro della Salute Daniela Lorenzin ha confermato che non saranno vendute come farmaci.
Pro l’e-cig
“Nei nostri laboratori di ricerca abbiamo esaminato alcuni liquidi per sigaretta elettronica della ditta Ovale – spiega Marco Trifuoggi, docente di chimica analitica degli inquinanti della Federico II – Si tratta di soluzioni acquose, quindi acqua e un aroma naturale con l’aggiunta, in alcuni casi, di nicotina. La verifica è stata fatta sulla presenza in quantità tangibili di metalli quali arsenico, manganese, cromo, vanadio, piombo e così via. Sostanzialmente quello che abbiamo verificato è che la loro presenza può essere esclusa fino ai limiti di rilevabilità strumentale e soprattutto fino ai limiti di rilevabilità compatibili con normali prodotti per questo uso”. Inoltre, uno studio realizzato dagli Arista Laboratories afferma che la quantità di nicotina presente nelle più potenti e-cig è comunque tre volte inferiore a quella contenuta nelle sigarette tradizionali.
Contro l’e-cig
L’Associazione italiana pneumatologi e l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) hanno più volte espresso il loro parere contrario alla libera commercializzazione delle e-cig, affermando che non solo non fanno smettere di fumare ma sono anche pericolose per la salute. Infine, i risultati di uno studio condotto dall’Università Federico II sembrano contraddire quello realizzato per la ditta ovale. L’ateneo campano infatti aveva individuato in alcune marche di sigarette elettroniche una quantità pericolosa di metalli pesanti.