Agenda digitale: lavori in corso

Agenda digitale: lavori in corso

Il governo Monti ha messo a punto il quadro normativo per recuperare il ritardo accumulato rispetto agli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea. Con il via libera al decreto Crescita 2.0, resta l’incertezza sui tempi di attuazione del prossimo esecutivo.

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Che cosa manca per chiudere il cantiere e concretizzare la sfida dell’Agenda Digitale Italiana? Per cambiare e tornare a crescere non ci sono ricette veloci. Alla lavagna si può disegnare bene il progetto, ma poi bisogna metterlo in pratica. Tra strategia ed esecuzione c’è la stessa differenza che passa tra il dire e il fare e in mezzo, quasi sempre, scorre il proverbiale mare


Con il contributo di Paolo Angelucci (Assinform) – Roberto Liscia (Netcomm) – Paolo Pasini (SDA Bocconi), Alessandro Perego (Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano) – Federico Rajola (CETIF dell’Università Cattolica di Milano) – Lucio Stanca (già ministro per l’Innovazione e le tecnologie del secondo governo Berlusconi) – Marco Zamperini (NTT Data Italia e funky professor)

 

Il progetto alla lavagna dell’Agenda Digitale mira a cambiare il Paese, rendendolo più moderno e digitale. Per la prima volta, nella storia di questo Paese, l’ICT è la chiave di volta di un provvedimento di legge e completa le misure messe a regime dalla spending review. La sfida delle tecnologie digitali e dell’innovazione continuerà – però – nel 2013, quando dovremo mettere a bilancio 48 miliardi di euro per rispettare il patto di stabilità e il nuovo esecutivo dovrà occuparsi dei decreti attuativi dell’Agenda Digitale in tempi rapidi e certi. Con quali ricadute sui consumi, le imprese e il rilancio che il Paese attende? Sarebbe bello se si potesse fare di più e meglio con meno risorse pubbliche a disposizione. Sarebbe bello se l’Agenda Digitale, con 20 miliardi di euro di riduzione dei costi potesse garantire anche i 5 miliardi di maggiori entrate per la pubblica amministrazione nei prossimi tre anni (dati Politecnico di Milano). Negli ultimi scenari economici – però – il Centro studi di Confindustria ha rivisto al ribasso le previsioni del PIL del prossimo anno: -1,1% contro il -0,6% della stima precedente. La ripresa arriverà solo alla fine del 2013 e sarà molto lenta.

L’Agenda Digitale è uno strumento, non un fine. Per l’Italia “non ci sono scorciatoie” e il governo Monti insieme al Parlamento ha affrontato molti dei nodi che hanno impedito al Paese di crescere per ragioni strutturali. Gli effetti delle riforme si vedranno più in là a condizione che le misure di attuazione siano chiare e veloci.

 

GLI ITALIANI E IL DIGITALE

Dalla ricerca “Gli Italiani e l’Agenda Digitale” commissionata da Cisco a ISPO per conoscere aspettative e necessità degli italiani rispetto all’adozione del digitale, emerge un quadro di grandi aspettative sugli impatti positivi che la digitalizzazione del Paese può avere nella vita quotidiana, ma al tempo stesso una scarsa conoscenza e informazione. Gli italiani non sono refrattari verso l’adozione di tecnologie, ma non hanno a disposizione sufficienti strumenti e indicazioni per servirsene in modo diffuso e sistematico.

Il tema dell’Agenda Digitale è, per ora, appannaggio di una minoranza informata: se l’85% degli opinion maker intervistati ne ha sentito parlare, solo il 66% di questi dichiara di sapere bene di cosa si tratta e l’83% ritiene che la questione digitale sia di primaria importanza per la modernizzazione del Paese, mentre il 63% della popolazione ammette di non averne mai sentito parlare.

Più della metà dei cittadini (52%) si sono dichiarati sicuri che la digitalizzazione cambierà in meglio la loro vita, la comunicazione, la scuola, l’accesso alle informazioni e ai contenuti culturali, la modalità di interazione con la Pubblica Amministrazione, il Servizio Sanitario. Tra i benefici attesi, la trasparenza (94% per gli opinion maker e 82% per i cittadini), risparmi sia per lo Stato che per il cittadino (89% per gli opinion maker e 79% per i cittadini), riduzione del digital divide (85% per gli opinion maker e 74% per i cittadini).

Il decisore politico è considerato come attore di primaria importanza per la diffusione delle tecnologie digitali e gli opinion maker sollecitano interventi governativi capaci di concretizzare e rendere fattibili i contenuti dell’Agenda Digitale. Si tratta di un impegno prioritario per la prossima maggioranza che si formerà in Parlamento dopo le prossime elezioni.

 

UNA STRADA ANCORA IN SALITA

Con il via libera della Camera al decreto Crescita 2.0, «la strada dell’Agenda Digitale Italiana resta tutta in salita». Parola di Lucio Stanca, che nel 2006, nel suo ruolo dell’allora ministro dell’Innovazione del secondo Governo Berlusconi lanciò il Codice dell’amministrazione digitale. «Dopo un periodo di blackout, il Governo Monti ha avuto il merito di riprendere in mano una materia complessa e di rilanciare il processo di sviluppo mettendo al centro l’innovazione tecnologica. L’Agenda Digitale resta una priorità per il Paese che deve essere portata avanti».

Il Codice dell’amministrazione digitale era il piano regolatore per la futura digitalizzazione del Paese, in cui si davano gli strumenti, come la firma digitale, la gestione e conservazione dei documenti, la PEC, i dati, i servizi in rete e il riuso di sistemi informatici nelle pubbliche amministrazioni.

«Bene ha lavorato il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Restano alcuni nodi infrastrutturali come la banda larga che deve raggiungere ogni angolo del Paese e di applicazione sull’e-commerce e l’e-goverment. Se vogliamo rendere la pubblica amministrazione più efficiente e di migliore qualità, l’unica leva vera è la tecnologia. Se vogliamo che le aziende siano più efficienti e produttive bisogna ricorrere all’innovazione tecnologica di prodotto e di processo». La conclusione è una sola. «Dalla lettura dei DPCM si capisce che i nodi da sciogliere sono i decreti attuativi – altrimenti – il via libera al DL Crescita 2.0 non cambia molto le cose. L’Agenda Digitale contiene molti spazi di miglioramento, ma rappresenta una spinta per aiutare il Paese, in vista di un 2013 che si preannuncia dai forti chiaroscuri. La riduzione del digital divide geografico entro il 2013 sarebbe già un buon inizio. Il prossimo esecutivo dovrà varare in tempi certi e brevi i decreti attuativi, altrimenti l’Agenda Digitale è destinata a rimanere una cornice vuota. Anche per il prossimo esecutivo ripartire da zero sarebbe stato un errore.

 

I PUNTI CRITICI

L’Agenda Digitale ha dei punti critici. La mancata emanazione dei DPCM e dei regolamenti rappresentano un ulteriore ostacolo alla messa in opera dell’Agenzia. Con questa formula non si arriva da nessuna parte e gli sforzi fatti sono destinati a essere dispersi. «Il ministro dell’Innovazione del prossimo esecutivo – propone Lucio Stanca – dovrebbe avere la forza di decidere e di approvare i decreti attuativi “sentiti tutti gli altri ministeri” e non “ di concerto”. Ma ammesso che si riesca e che arrivino i decreti attuativi, il secondo punto critico si ha quando il regolamento applicativo arriverà sul tavolo di un qualunque dirigente della pubblica amministrazione».

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Nell’impianto normativo approvato, resta il credito di imposta al 50% per la realizzazione di nuove infrastrutture come contributo pubblico alla realizzazione di opere strategiche. Si allarga la platea delle start-up. C’è il varo della piattaforma unica per l’Anagrafe nazionale e per il documento digitale unificato, con la carta di identità elettronica, la tessera sanitaria e il fascicolo sanitario. Confermato anche il domicilio digitale del cittadino e obbligo di PEC per le imprese. C’è l’obbligo per le PA ad accettare pagamenti elettronici entro giugno 2013 e, per i negozi, entro gennaio 2014. A partire dall’anno scolastico 2013-2014, nelle scuole sarà progressivamente possibile adottare libri di testo in versione esclusivamente digitale, oppure abbinata alla versione cartacea. Per la PA è mantenuto l’obbligo di pubblicazione di dati e informazioni in formato aperto e la trasmissione obbligatoria di documenti per via telematica. Inoltre è stato integrato il piano finanziario necessario all’azzeramento del divario digitale per quanto riguarda la banda larga (150 milioni stanziati per il centro nord, che vanno ad aggiungersi alle risorse già disponibili per il Mezzogiorno per banda larga e ultralarga, per un totale di 750 milioni di euro) e si sono introdotte significative semplificazioni per la posa della fibra ottica necessaria alla banda ultralarga. La Commissione europea ha proposto un’Agenda Digitale il cui obiettivo principale è sviluppare un mercato unico digitale per condurre l’Europa verso una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. L’Agenda è una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020, che fissa obiettivi per la crescita nell’Unione europea (UE) da raggiungere entro il 2020 tra cui la diffusione della banda larga a 30 Mega.

All’Agenda Digitale manca l’enforcement – direbbero gli americani. Manca l’obbligo a fare. Certo lo si può scrivere, ma manca la sanzione. «Io avevo proposto di organizzare un Ispettorato dipendente dalla Corte dei Conti in grado di monitorare l’esecuzione delle norme di attuazione dell’Agenda Digitale – spiega Lucio Stanca – con il potere di mettere sotto processo amministrativo per danno erariale il dirigente pubblico inadempiente o di premiare quello efficiente».
La revisione della spesa pubblica imporrà di fare delle scelte. Ma per investire sul futuro ci vogliono investimenti. «E non c’è un centesimo – fa notare Lucio Stanca – e l’Agenzia Digitale dovrebbe fare troppe cose. L’Agenda Digitale non deve essere una fuga in avanti, stiamo con i piedi per terra. Il problema non è tecnico, è politico. Facciamo dei centri regionali di gestione dell’innovazione. Non possiamo aspettare che la marea si alzi per tutti allo stesso momento. In Italia, ci sono ottomila e cento comuni, quindici città metropolitane. Cerchiamo di unirci per sviluppare un progetto unico nazionale e non centinaia di progetti pilota o sperimentazioni». Nel rapporto di forza tra domanda e offerta tecnologica – in Italia – è molto più forte la parte dell’offerta. L’offerta essendo più forte ha la capacità di educare il Paese. «Quindi anche l’industria informatica – dice Lucio Stanca – deve esercitare il suo potere con più responsabilità e questo non significa rinunciare alle opportunità di business. Se acceleri la domanda, il mercato si allarga. Aggregarsi per accelerare potrebbe essere più profittevole per il settore, piuttosto che attendere una potenziale domanda che non riesce a decollare». Il prossimo esecutivo dovrà continuare sulla strada tracciata da Monti per l’Agenda Digitale come auspicato dal vicepresidente della Commissione europea e Commissario per l’Agenda Digitale Neelie Kroes.

Per Lucio Stanca «A questo punto non si tratta di una scelta, ma di una strada obbligata che il Paese deve percorrere fino in fondo, occorre – però – una regia politica e competente».

 

UN CANTIERE APERTO

Per Marco Zamperini, chief innovation officer di servizi e soluzioni IT, meglio noto come “funky professor” nella community web, «l’innovazione del Paese è ancora work in progress». Non solo. «Per come ho vissuto io questa storia che è cominciata quasi due anni fa, con un appello alla politica e il manifesto dei cento giorni, si è concluso – solo – il primo atto. Un pezzo importante di questa storia è la task force voluta dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera e coordinata da Alessandro Fusacchia. La sfida di digitalizzare il Paese nel solco dell’Agenda Digitale Europea richiede l’impegno e la responsabilità di tutte le forze politiche. I temi dell’Agenda Digitale dovrebbero essere al primo posto nei programmi di tutti i partiti in campo alle prossime elezioni. Mi spaventa il fatto che l’Agenda Digitale possa essere strumentalizzata. Sono d’accordo con chi sostiene che con l’Agenda Digitale si gioca il futuro del Paese – io aggiungo – che in ballo c’è la sua stessa sopravvivenza. L’Agenda Digitale non può essere di destra o di sinistra, si tratta di un pilastro fondamentale».

La spinta delle aziende ha accelerato certi meccanismi. «Ma si è trattato di un contributo positivo all’insegna dello sviluppo generale del Paese e non portatrice di interessi particolari. Un capo d’azienda che si è impegnato con grande vigore a supporto dell’Agenda Digitale è stato David Bevilacqua di Cisco Systems. Lui ci ha creduto e ci crede molto, sottoscrivendo all’inizio l’appello per l’Agenda Digitale e dando il suo contributo aperto in molte occasioni senza la tentazione di appropriarsi di questo tema, mettendoci il proprio marchio, su questo stesso tono di voce anche Telecom Italia, Microsoft e IBM. Senza entrare nel merito di quelli che dovranno essere i compiti dell’Agenzia Digitale (la cui nomina dei vertici è rimandata), credo – forse per deformazione professionale – che l’istituzione di un chief information officer nazionale aiuterebbe a non disperdere risorse e aiuterebbe le imprese ad avere un unico interlocutore per la corretta implementazione delle tecnologie e dei progetti. In questo momento, il peso delle scelte che saremo in grado di compiere influenzeranno lo sviluppo del Paese per i prossimi decenni».

 

UNA QUESTIONE POLITICA

Dopo la corsa per il varo dell’Agenda Digitale, tornano le preoccupazioni per i tempi di attuazione del decreto Crescita 2.0. Con l’interruzione dell’attività di governo per le prossime elezioni è lecito chiedersi se i lavori in corso dell’Agenda Digitale subiranno un fermo tecnico. È previsto che l’Agenzia per l’Italia digitale predisponga entro novanta giorni le regole tecniche per l’identificazione e l’integrazione dei database di interesse nazionale. Mai come in questo momento l’Agenda Digitale diventa una questione prevalentemente politica. «L’Agenda Digitale è sempre stata una questione politica – mette in evidenza Paolo Angelucci, presidente di Assinform, l’associazione aderente a Confindustria, che raggruppa le aziende di Information Technology operanti in Italia – anche quando sembrava materia per tecnici, perché in ballo c’è lo sviluppo del Paese e non possiamo permetterci di accumulare altri ritardi in un momento in cui il deficit di innovazione penalizza ogni possibilità di ripresa della nostra economia». Il primo obiettivo è stato raggiunto completando entro la scadenza della delega l’iter parlamentare. «Ora è necessario mettersi al lavoro per dare rapida attuazione a molte delle misure contenute nel DL che prevedono una normativa secondaria che coinvolge numerosi soggetti e amministrazioni e che non sempre indica scadenze precise. Non dimentichiamo che uno degli obiettivi dell’Agenda Digitale è proprio la semplificazione. Essere digitali significa essere più semplici, più efficaci, quindi solo se ci saranno norme cogenti per la digitalizzazione delle imprese e della PA, saremo in grado di rendere questo Paese più moderno. Ad esempio, grazie alla direttiva comunitaria 210/45/UE sulla fatturazione elettronica, alcuni cambiamenti a livello di sistema nel rapporto tra imprese, PA e cittadini saranno inarrestabili. Anagrafe nazionale unica, PEC, obbligatorietà alla dematerializzazione dei processi, open data, smart communities e start-up sono i mattoni dell’Agenda Digitale». L’Agenda Digitale nasce con una cabina di regia che ha lavorato su sei macro-temi: infrastrutture e sicurezza, smart city, e-goverment, competenze digitali, ricerca e innovazione, e-commerce. «Come Assinform abbiamo predisposto altrettanti gruppi di lavoro tematici più uno che è frequentatissimo e che si chiama MIDA, monitoraggio intervento digital agenda. Stiamo raccogliendo tutte le segnalazioni da parte dei nostri associati e che saranno la base per le future azioni da intraprendere per la fase di implementazione delle misure che saranno adottate. L’Agenda Digitale sarà materia di campagna elettorale? Per Paolo Angelucci, sarebbe «un segnale positivo di sensibilità verso certi temi da cui dipende la competitività del sistema Paese. Certo, il tempo delle parole è passato e i cittadini e le imprese hanno urgenza di azioni concrete. L’IT ha due vantaggi: rende il Paese più efficiente e più trasparente. La battaglia alla corruzione, all’evasione e alla criminalità passa anche per l’IT. L’Agenda Digitale è un’importantissima opportunità per le imprese per migliorare i propri processi di business. Il commercio elettronico è uno dei capitoli dell’Agenda Digitale di cui però si è parlato poco e che merita di essere approfondito e valorizzato perché l’e-commerce avrà un impatto sempre più forte sulla vita delle imprese».

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PIU’ SPINTA ALL’E-COMMERCE

L’Agenda Digitale Europea pone degli obiettivi per il 2015 molto ambiziosi e che l’Italia potrà raggiungere a patto di sforzi importanti. Per Roberto Liscia, presidente di Netcomm, consorzio del commercio elettronico italiano «con solo il 15% degli italiani che fanno acquisti online sarà una grande sfida salire alla quota del 50% della popolazione e ottenere che un terzo delle imprese facciano i propri acquisti e vendano i propri prodotti sulla Rete». Molteplici sono i freni inibitori allo sviluppo di una economia digitale competitiva nel nostro Paese. «La scarsa cultura tecnologica dei cittadini, il ritardo della scuola, la scarsa diffusione della banda larga, il ritardo dell’offerta, ma soprattutto la piccola dimensione delle aziende italiane hanno penalizzato lo sviluppo di questo settore. Le aziende italiane sono prevalentemente PMI, che devono affrontare la trasformazione digitale e i relativi investimenti, conoscenze tecnologiche e risorse umane adeguate e soprattutto la capacità di rimettere in discussione i propri modelli di business e le modalità di commercializzazione ed esportazione dei propri prodotti. Una delle grandi forze del “Made in Italy” è sempre stata la capacità dei nostri oltre 100 distretti industriali di mettere a sistema le piccole aziende del territorio, ritrovando quelle economie di scala e di scopo non all’interno della singola azienda, ma nella capacità di queste di lavorare insieme su gran parte dei fattori produttivi e commerciali. La competizione industriale ha messo in crisi questi modelli e oggi è più che mai necessario rinnovare e ritrovare, attraverso il digitale, questa dimensione consortile che ha permesso all’Italia di crescere e di competere con gli altri Paesi negli ultimi anni». 

 

E-PROCUREMENT E FATTURAZIONE ELETTRONICA

L’Agenda Digitale ha portato al centro del dibattito il tema dei benefici legati all’innovazione digitale. «Già questo è un merito non piccolo – mette in evidenza Alessandro Perego, responsabile dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano perché erano anni che non si dedicava così tanto spazio e tempo ad approfondire il ruolo delle nuove tecnologie come fattore abilitante lo sviluppo di una nazione. Il decreto si è molto concentrato sull’innovazione digitale all’interno della PA con una quindicina di azioni in aree diverse: identità digitale, istruzione, sanità, giustizia, sistemi di pagamento, open data, inclusione. E’ giusto che sia così, in considerazione del ruolo che riveste l’efficienza della PA nell’economia della nazione (800 miliardi di euro all’anno che devono, se possibile, essere ridotti e in ogni caso ben spesi – ndr). In quest’area – l’innovazione digitale della PA – si poteva forse porre più enfasi sull’eProcurement e sulla Fatturazione Elettronica, anche se probabilmente si è preferito non interferire con altre misure già in fase di recepimento in questi ambiti, contenute nei decreti Spending Review e nella Finanziaria 2008 con secondo decreto attuativo in firma. L’attenzione ora si deve spostare sull’attuazione di tutte queste misure. Occorrerà infatti rivedere processi, procedure, mansioni, ruoli organizzativi, oltre che sistemi informativi, all’interno della PA. E questo richiederà forte e reale commitment dei vertici pubblici. Molto meno invece è stato pensato a favore dell’innovazione delle imprese, se escludiamo tre ambiti specifici: spinta ai pagamenti con moneta elettronica, stimolo agli investimenti nella rete in banda larga/ultralarga, semplificazioni e incentivi per le start-up innovative. Spariti i riferimenti all’e-commerce, che per altro andrebbe interpretato in senso più ampio rispetto a quanto presente nelle prime bozze: non solo B2C ma anche B2B, non solo portali ma anche connessioni EDI (Electronic Data Interchange). Il nostro plauso va invece agli interventi verso le start-up, dove la task force del governo ha lavorato nei mesi scorsi. Un solo neo: sono sparite tutte quelle misure che prevedevano un’iniezione di soldi. La promessa è che le risorse ci saranno, anche senza norma specifica. Ma certo non giova che non si sia quasi completamente considerato il ruolo che il sistema universitario può e deve giocare nell’ecosistema delle start-up, né a livello di formazione, né a livello di incubatori e trasferimento tecnologico. E invece, qualcosa di buono sta accadendo, come dimostra anche la nostra iniziativa PoliHUB del Politecnico di Milano».

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RIDUZIONE DELL’ICT DIVIDE

Quale effetto avrà l’Agenda Digitale Italiana in una prospettiva di riduzione dell’ICT Divide almeno con l’Europa? Per Paolo Pasini, professore di Sistemi Informativi di SDA Bocconi «dopo la pubblicazione della Agenda digitale italiana all’interno del decreto Crescita 2.0 si è discusso molto di completezza della stessa, di risorse finanziarie disponibili, di contenuti specifici dei singoli macro-temi, di deleghe e responsabilità decisionali sull’ICT pubblica italiana, troppo frammentate, tanto da far sorgere la necessità di un “chief information officer di stato”, come esiste in Francia o negli Stati Uniti, e come avviene anche nei gruppi di imprese private che si sono dotate di una funzione IT centralizzata o di corporate. Vorrei invece provare a dare una lettura diversa dei macro-temi che costituiscono l’Agenda Digitale italiana in termini costruttivi, come fattori che, se debitamente finanziati, progettati e realizzati, possono contribuire a migliorare il posizionamento del nostro Paese nei ranking del “Global Competitiveness Report” del World Economic Forum che da diversi anni ci vede impietosamente relegati in posizioni non coerenti col fatto di essere tra le 10 economie più sviluppate al mondo».

Proviamo a vedere – quindi – quali relazioni sono identificabili tra i macro-temi dell’Agenda digitale e le variabili considerate dal report poco sopra citato. I temi della PA digitale possono contribuire a migliorare il “Government procurement of Advanced Technology Products index” che oggi ci vede ben 114esimo posto sui 140 paesi analizzati. I contenuti dell’Istruzione digitale possono generare un miglioramento di almeno tre fattori considerati dal Global Competitiveness Index: il “Quality of primary education index”, in cui l’Italia si ritrova al 42esimo posto, il “Quality of educational system index”, in cui l’Italia è all’88esimo posto, e l’ “Internet access in schools index”, in cui siamo posizionati al 79esimo posto, sempre sui 140 paesi mondiali analizzati. La riduzione del Digital Divide è direttamente connessa almeno a tre index, quali il “Quality of overall infrastructure index”, in cui l’Italia è al 79esimo, il “Broadband Internet subscription/100 pop.”, in cui siamo in 29esima posizione, e l”Internet bandwith, kb/s/capita index”, in 24esima posizione.

Il tema dei Pagamenti elettronici può invece contribuire a migliorare il nostro posizionamento nell’”Availability of financial services”, in cui oggi siamo al 67esimo posto.

Gli interventi in termini di Giustizia digitale possono infine migliorare il nostro giudizio internazionale in almeno due fattori, l’ “Efficiency of legal framework in settling disputes index”, nel quale l’Italia è al 133esimo posto, e l’ “Efficiency of legal framework in challenging regs index”, dove ci troviamo al 125esimo.

«Non è facile misurare cosa potrebbe significare – spiega Paolo Pasini – in termini di PIL, di investimenti privati e pubblici nel nostro paese da parte di investitori esteri, di occupazione, di produttività, e così via, un sensibile miglioramento di questi indici che, cumulati con tutti gli altri che compongono il Global Competitiveness Index (111 indici in totale), potrebbero contribuire a migliorare la reputazione del sistema Paese in queste classifiche e “vetrine” internazionali: in ogni caso, vale la pena di provare a tracciare una possibile relazione quantitativa tra gli investimenti (ICT e non) che si dovrebbero fare nell’Agenda Digitale e anche questi risultati o ritorni».

 

LA SCUOLA MOLTIPLICA LA CRESCITA

La scuola è un fattore centrale per la crescita anche se l’adozione dei libri di testo digitali resta a carico delle famiglie e la “digitalizzazione” del corpo docente rimane una incognita, più che una variabile. La competitività del Paese passa attraverso l’università e la ricerca. Ogni azione sul sistema educativo si riflette sulla metà del Paese. Per Federico Rajola, direttore del CETIF (Centro di ricerca su Tecnologie, Innovazione e servizi Finanziari) dell’Università Cattolica di Milano, «l’Agenda Digitale è un’occasione decisiva per favorire il rilancio del Paese. L’innovazione non può essere sempre di tipo top-down. Credo, tuttavia, che nell’attuale contesto economico un’azione condivisa e coordinata di lungo periodo rappresenti la chiave di volta per la crescita. La variabile culturale non deve essere sottovalutata, ma dobbiamo essere consapevoli che necessita di tempi lunghi. Le premesse ci sono tutte. L’Agenda Digitale messa in piedi dal Governo Monti rappresenta le fondamenta di questo rilancio. L’attenzione dedicata alle start-up è una dote importante per la nascita di nuove imprese e per i giovani. I giovani devono essere i promotori dell’innovazione, soprattutto su loro può basarsi la spinta propulsiva.

L’innovazione nell’ambito dei pagamenti, non solo per il settore bancario, può portare a una maggiore efficienza e una maggiore trasparenza di sistema. Tale innovazione è un driver anche per la lotta all’evasione e al riciclaggio. Tuttavia l’Italia resta un cantiere aperto. Sono necessari rilevanti interventi sistemici e sistematici per la definizione di un nuovo modello di welfare. La crisi in atto ci spinge a concentrarsi sulle priorità. L’Agenda Digitale rappresenta anche una svolta culturale e reputazionale del Paese nei confronti dell’Europa e del mondo. L’Italia merita un ruolo di rilievo nel panorama internazionale. Almeno pari a quello degli altri Paesi europei. L’impatto sul PIL degli investimenti in innovazione è molto basso. Un intervento sistematico e di lungo periodo di supporto all’innovazione costituisce la premessa essenziale per sfruttare la creatività come caratteristica distintiva. Questa scelta dipende dalla volontà comune dei cittadini, delle imprese e della politica. Il prossimo esecutivo deve intraprendere un percorso lungimirante e avere una prospettiva di lungo periodo. Dobbiamo trovare il modo di utilizzare l’impianto in corso d’opera dell’Agenda Digitale per dare slancio anche alla creatività dell’iniziativa imprenditoriale. L’Agenda Digitale non può essere solo un affare o uno slogan, deve essere trattata come una questione vitale per il Paese. È necessario un radicale cambiamento culturale. E per far questo deve cambiare la percezione del cittadino su questi temi. Bisogna comprendere che la mancata digitalizzazione porterà, come conseguenza, l’esclusione di una parte dei cittadini dalla vita democratica e dal lavoro. Esiste una questione di educazione alla tecnologia che anche la televisione come servizio pubblico deve affrontare. Le università e le associazioni di settore supportano il processo di cambiamento, ma esiste un problema culturale che deve essere superato. Come in altri Paesi industrializzati la spinta all’innovazione deve passare anche, o forse soprattutto, attraverso il coinvolgimento del sistema universitario».