Per una PA senza carta

Investire in sistemi digitali affinché le Amministrazioni non siano più in ostaggio della burocrazia cartacea, dei suoi processi, dei suoi tempi, della sua inadeguatezza rispetto alle esigenze di uno stile di vita che si è profondamente modificato nel corso degli ultimi anni

Per una PA senza cartaL’aumento e miglioramento della produttività è una delle grandi questioni che interessano l’economia nazionale. Questione che non riguarda soltanto il settore privato, ma le stesse imprese pubbliche e le sue Amministrazioni. La dematerializzazione – intervento che prevede l’adozione di processi digitali e la progressiva dismissione della burocrazia cartacea – è obiettivo primario per soddisfare esigenze di nuova produttività. Inutile dire che gli obiettivi di riduzione della spesa pubblica definiti dal Governo, che configurano un risparmio di 4-5 miliardi già dall’anno corrente, sono strettamente connessi all’implementazione di sistemi digitali in grado di scardinare le logiche associate ai processi cartacei. A questo proposito, Adriano Zuradelli, marketing manager di Kyocera Document Solutions Italia (www.kyocera.it) afferma che «la dematerializzazione e, più in generale l’IT, possano ricoprire un ruolo determinante, sia per il contenimento del debito pubblico, sia per la crescita del PIL. Grazie a un uso competente delle tecnologie digitali e la strutturazione dei processi si può innescare un effetto di trascinamento sull’intero tessuto economico d’impresa».

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Alberto Masini, business development manager public sector di Microsoft Italia (www.microsoft.com/it-it/), indica la dematerializzazione come una leva strategica per migliorare la produttività con conseguenti impliciti vantaggi, come la riduzione dei costi associati alla produzione cartacea e alla gestione delle informazioni. «Rappresenta un’occasione per ripensare i processi in una logica di maggiore efficienza – dice Masini – e per introdurre nuove modalità di lavoro snellendo la burocrazia a vantaggio di dipendenti e cittadini».

«Parlare di dematerializzazione – spiega Salvatore Riontino, channel sales manager di Dell Printing (www.dell.it) – significa parlare di gestione documentale, consentire alle aziende la realizzazione di archivi informatici in sostituzione dei tradizionali archivi cartacei, secondo un approccio che permette di aumentare l’efficienza, ridurre i costi e favorire una maggiore produttività dei dipendenti che sono così in grado di accedere agli archivi in modo più veloce e strutturale, senza perdita di tempo».

«Affinché si compiano passi in avanti decisivi nei processi di digitalizzazione – commenta Alberto Carrai, international business development di Able Tech (www.arxivar.it) – il problema, non è la tecnologia, ma la consapevolezza delle persone e delle organizzazioni in merito alle reali opportunità insite nel cambiamento. La nostra esperienza insegna che l’introduzione di soluzioni di gestione documentale e l’implementazione di sistemi digitali devono necessariamente avere interlocutori che sappiano avere il coraggio e la lungimiranza nel perseguire i vantaggi di una migrazione da ambienti tradizionali, paper-based, ad ambienti innovativi. La tecnologia – ribadisce Carrai – esiste e permette di velocizzare e semplificare l’operatività, ma può trovare applicazione soltanto laddove esistono persone motivate a introdurre dei cambiamenti». Come non essere d’accordo? Nonostante negli ultimi anni siano stati fatti enormi passi avanti, sia a livello locale che centrale, continuano a esistere situazioni non più sostenibili con gli obiettivi di rinnovamento che si stanno perseguendo. Fattori interni, come quelli menzionati da Carrai, non aiutano certo ad accelerare il percorso digitale delle Amministrazioni, ma lo rendono più tortuoso e complesso.

Efficienza ed efficacia sono gli obiettivi di fondo del passaggio al digitale e vengono ripetutamente richiamati dai vari player di settore. «La digitalizzazione – afferma Luca Tomelleri, communication manager di Ricoh Italia (www.ricoh.it) – consente di velocizzare i processi garantendo quindi non solo un aumento della produttività, ma anche migliori servizi ai cittadini. Per le Amministrazioni è quindi fondamentale rivedere i flussi documentali e la loro gestione e introdurre modelli di efficienza analoghi a quelli che si sono affermati nel privato».

«Dematerializzare – afferma Carmelo Battaglia, direttore commerciale pubblica amministrazione e relazioni istituzionali di InfoCert (www.infocert.it) – non significa solo ed esclusivamente rispondere a obblighi normativi. La dematerializzazione va anche, e soprattutto, vista come opportunità per riorganizzare i processi in un’ottica di migliore efficienza interna e per offrire un miglior servizio al cittadino».

 

SERVIZI AL CITTADINO

Risulta inadeguata la capacità delle Amministrazioni nel rendere disponibili servizi digitali al cittadino. La possibilità dei singoli di interagire direttamente con i vari siti delle Amministrazioni è alquanto precaria. Difficile reperire informazioni con semplicità: occorre molto spesso l’aiuto del call center e non sempre quest’ultimo è in grado di dare risposte esaurienti. Se serve un documento, il più delle volte è preferibile recarsi fisicamente presso lo sportello di turno per capire come e cosa fare. Il rapporto tra amministrazione e cittadino è ancora troppo macchinoso, non si è di fatto applicata una vera strategia affinché le pratiche vengano risolte direttamente online. Per gli utenti, i portali sono un vero e proprio labirinto. A oggi, ciò che funziona meglio è la riscossione dei pagamenti e quanto a essa collegato. Cosa fare? Occorre innanzitutto che dati e informazioni residenti su sistemi informativi delle singole Amministrazioni siano integrati. Occorre omogeneità e semplificazione della strutturazione dei dati attraverso tutta la filiera della macchina amministrativa, occorre un documento elettronico identificativo e di accesso unico. «L’integrazione tra le banche dati pubbliche è strategica – afferma Luigi Pellegrini, direttore generale di Lombardia Informatica (www.lispa.it). Significa non dover continuamente far compilare moduli con dati personali al cittadino. Su questo tema Lombardia Informatica, coerentemente con gli obiettivi della spending review definita dal Commissario governativo Enrico Bondi, sta concentrando notevoli risorse al fine di assicurare l’efficacia dei controlli nella erogazione dei servizi, come l’erogazione di aiuti comunitari nel settore agricolo, senza ricorrere al cartaceo».

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La triste realtà è che Comuni e Regioni hanno speso soldi per implementare servizi incompatibili. In assenza di una visione unitaria e coordinata, la spesa complessiva di investimenti è lievitata senza produrre vantaggi significativi. Si devono semplificare le modalità di accesso ai servizi. E’ assurdo che un’amministrazione, il cui obiettivo è la dimensione digitale, preveda il rilascio del PIN attraverso procedure fisiche con tempi di evasione e risposte di settimane. Il sistema digitale delle Amministrazioni nei confronti dei cittadini è ancora ostaggio della burocrazia cartacea, dei suoi processi, dei suoi tempi, della sua inadeguatezza rispetto alle esigenze di uno stile di vita che si è profondamente modificato nel corso degli ultimi dieci anni.

 

MIGLIORARE LA TRASPARENZA

Molte delle organizzazioni che si stanno strutturando per processi digitali non sono ancora sufficientemente trasparenti in merito a quanto previsto dalle normative che regolano il sistema digitale. «La ricerca di ANORC (Associazione nazionale per operatori responsabili della conservazione digitale – www.anorc.it) – spiega l’avvocato Andrea Lisi, responsabile dell’Associazione – ha messo in evidenza la fragilità del sistema. Dall’analisi condotta – su un campione esteso di siti web istituzionali di Regioni, Province, Comuni, capoluoghi di provincia e Ministeri – il nominativo del responsabile del trattamento dei dati personali risulta pubblicato in meno del 30% dei casi, fatta eccezione per i siti delle Regioni sui quali risulta visibile in una percentuale del 70%. La matassa amministrativa si complica ulteriormente quando parliamo di responsabile della conservazione digitale. Nonostante l’importanza di tale figura, prevista dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) e dalle regole tecniche attualmente vigenti, e il ruolo strategico che essa gioca per l’innovazione all’interno della PA, il responsabile della conservazione non è visibile nel 90% dei casi e più del 50% delle organizzazioni non lo ha ancora nominato. In definitiva – conclude Lisi – l’innovazione normativa appare sempre troppo avanti rispetto ai concreti risultati raggiunti».

Sulla questione normativa, Alberto Masini (Microsoft) ritiene che l’attuale Governo stia dedicando una particolare attenzione al tema della dematerializzazione, «un fatto positivo poiché essenziale per creare condizioni favorevoli a una reale evoluzione in una logica digitale».

Secondo Luigi Pellegrini (Lombardia Informatica) «le norme si articolano in numerosi atti anche di carattere tecnico. Non è tuttavia il contenuto della singola normativa a essere di ostacolo all’avvento della PA digitale, quanto semmai un panorama frastagliato e disomogeneo entro il quale la PA deve orientarsi».

«Le normative hanno finora supportato l’adeguamento dei processi documentali verso un approccio digitale – dice Adriano Zuradelli (Kyocera) – ma si deve fare di più. Alle Amministrazioni Pubbliche è richiesto di strutturare i processi unitamente alla migrazione dai documenti cartacei a quelli digitali, secondo criteri di selettività ed efficacia sempre più affinati. D’altra parte – prosegue Zuradelli – sono inconfutabili i vantaggi derivanti da un efficace processo di dematerializzazione, il quale consente l’introduzione di sistemi che informatizzano l’intero flusso documentale gestito dagli uffici – siano essi centrali o remoti – per costruire un modello funzionante che possa essere adottato da ciascun ente pubblico con la medesima necessità applicativa. Tutto questo – conclude Zuradelli – si può tradurre in una riduzione notevole dei costi e degli sprechi, unitamente a un servizio al cittadino più efficace, grazie a un’efficienza elevata e a un’omogeneità di modelli e processi».

 

AUMENTO DI PRODUTTIVITÀ

Lo sappiamo, la tecnologia è un importante fattore di accelerazione della produttività, ma come sempre ne costituisce solo un fattore abilitante. Il raggiungimento degli obiettivi dipende dalla capacità di ripensare i processi organizzativi per far sì che si possano generare benefici concreti. Ripensare e rivedere i processi in un’ottica di efficientamento e aumento della produttività, è questa l’opportunità che Luigi Pellegrini (Lombardia Informatica) individua nella dematerializzazione. «In una realtà economica sempre più knowledge driven le modalità con cui le informazioni sono rese disponibili devono potere trarre vantaggio dall’ecosistema digitale. Quanto più i processi sono dematerializzati e le informazioni digitalizzate – dice Pellegrini – tanto più è facile far crescere la conoscenza e la possibilità di aumentare la produttività».

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«Non ci sono dubbi sul fatto che un’adozione estesa delle tecnologie di content e document management possa avere effetti positivi e significativi sulla produttività, nella PA come in ogni altro settore verticale, afferma Christian D’Aversa, regional sales director, information intelligence group di EMC Italia (www.italy.emc.com).

La dematerializzazione deve necessariamente essere il punto di partenza di questo processo, perché consente di archiviare digitalmente contenuti che altrimenti resterebbero su carta, ma soprattutto perché permette di indicizzarli e catalogarli in modo corretto e funzionale alle esigenze attuali di utilizzo. Ricerche, confronti, estrazioni e controlli sono tutti processi che possono essere automatizzati partendo dalla dematerializzazione, con vantaggi sensibili a livello di produttività che derivano dalla capacità di processare un maggior numero di documenti e dalla maggiore accuratezza di processi sempre meno manuali».

Per Antonella Loporchio, chief publishing & marketing officer del vertical legal di Wolters Kluwer Italia (www.wki.it) «i progetti di digitalizzazione dei documenti e dematerializzazione dei procedimenti amministrativi costituiscono la leva per la modernizzazione della PA in quanto possono generare forti riduzioni di costi e aumenti significativi di competitività ed efficienza delle organizzazioni. La riduzione dei costi è generata da un risparmio sui costi diretti della carta, di logistica, degli immobili per lo spazio destinato agli archivi e soprattutto del personale impegnato nel trasferimento e archiviazione. Vi è poi un risparmio indiretto, legato a una maggiore efficienza, in quanto si riducono i tempi di risposta». Sulla riduzione dei costi si concentra anche Carmelo Battaglia (InfoCert), «vogliamo abbattere i costi legati alla gestione della carta, velocizzare le procedure di produzione, lavorazione, archiviazione dei documenti, minimizzare i margini di errore e ottimizzare l’impiego delle proprie risorse? Per fare ciò dobbiamo necessariamente avviare un progetto di dematerializzazione». 

Per Massimo Missaglia, amministratore delegato di SB Italia (www.sbiitalia.com) è retorico domandarsi oggi se la dematerializzazione contribuisce all’aumento della produttività: «I numerosi progetti realizzati con piena soddisfazione delle aziende clienti (sia private che pubbliche, in settori generalisti come la gestione del ciclo attivo/passivo, e in settori specifici come la sanità e l’amministrazione pubblica locale) e la misurazione concreta dei benefici riscontrabili in termini di impiego di risorse e di tempo ne sono la risposta più diretta».

 

AMBITI APPLICATIVI

«Qualsiasi amministrazione, in ambito PAC, PAL, sanità o education può trarre beneficio dalla dematerializzazione e può trasferirlo ai cittadini, afferma Alberto Masini (Microsoft). Il risparmio della PA e la migliore condivisione delle informazioni tra i dipendenti si riflettono, infatti, sia in un miglior servizio alla collettività, sia in una riduzione della pressione fiscale, aspetti fondamentali nel delicato quadro economico attuale».

Mirta Campodoni, responsabile settore Enti e PA di Infogroup (www.infogroup.it), è convinta che «la dismissione del processo cartaceo interessi la PA nella sua interezza e nello specifico i settori ragioneria e tesoreria con la fatturazione elettronica, la conservazione a norma, la gestione telematica degli ordinativi informatici, i mandati di pagamento e le reversali di incasso. Gli effetti in termini di produttività possono essere molteplici. Si pensi alla sanità e all’utilizzo del referto medico online. «Quest’ultimo – osserva Campodoni – permette, infatti, di liberare risorse precedentemente impiegate nel processo cartaceo valorizzando il servizio con assoluto vantaggio economico della struttura».

Per Salvatore Riontino (Dell), gli ambiti applicativi della dematerializzazione sono veramente numerosi. «Si va dalla trasmissione delle pratiche per via telematica al protocollo informatico, dalla gestione dei flussi documentali a quella dei procedimenti, dalla gestione degli atti all’archiviazione sostitutiva».

«Prodotti e soluzioni devono permettere di gestire l’intero ciclo di vita delle informazioni, dalla loro generazione fino alla loro archiviazione o eliminazione, passando per la gestione, la protezione, l’estrazione in caso di necessità e la presentazione verso l’esterno. In particolare – spiega Christian D’Aversa (EMC) – la PA può trarre significativi vantaggi da un approccio centralizzato, da un lato razionalizzando e ottimizzando la gestione dei contenuti disponibili, dall’altro aprendo i contenuti stessi a una fruizione più diretta e immediata da parte degli utenti, siano essi cittadini o altre realtà della pubblica amministrazione».

Da un recente report realizzato dalla società di analisi Billentis e sponsorizzato da Ricoh, emerge come in Europa la pubblica amministrazione sia uno dei settori che si trova a gestire il maggior numero di fatture. «Basti pensare al fatto che il 45-65% delle aziende di ogni Paese è fornitore della PA – spiega Luca Tomelleri (Ricoh). «Le iniziative di dematerializzazione delle fatture nel settore pubblico sono quindi fondamentali per lo sviluppo in Europa e l’e-invoicing consentirebbe una riduzione dei costi fino a 40 miliardi di euro all’anno. In Italia, la pubblica amministrazione potrebbe risparmiare fino a tre miliardi di euro all’anno. Per gli Enti Pubblici della sola Roma i risparmi si attesterebbero intorno agli 80 milioni di euro. L’e-invoicing rappresenta quindi un passaggio obbligato per lo sviluppo del Sistema».

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Scuola, università, servizi sanitari, giustizia. «In tutti questi settori vi è ampio spazio di intervento – dice Antonella Loporchio (Wolters Kluwer). Obiettivo è migliorare i rapporti con i cittadini, ma altrettanto importante è realizzare efficienza interna nell’ambito dei singoli Enti Pubblici, centrali e locali».

 

CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO

La tecnologia non è di per sé sufficiente. Il fattore di produttività, infatti, dipende essenzialmente dal cambiamento organizzativo e di processo: tanto maggiore sarà quest’ultimo, tanto maggiore sarà il guadagno di produttività. Significa che, per ottenere il valore più alto, occorre incidere profondamente non solo sui processi esistenti, ma bisogna cambiare anche le regole e normative che definiscono quel processo. Ecco, quindi, che, affinché si possa compiere una vera rivoluzione dal cartaceo al digitale, deve necessariamente esistere la volontà di creare una legislazione che nasca da un presupposto informatico – altrimenti – per quanti investimenti si facciano, i risultati saranno sempre e comunque modesti. La questione del valore legale della firma digitale, sia internamente alle amministrazioni, sia esternamente, in relazione al rapporto tra Stato e cittadino, appare cruciale in questo contesto. «Nel pieno rispetto delle normative di legge, nazionali ed europee, l’utilizzo dell’ordinativo informatico, grazie alla firma digitale, rende sicuro l’iter approvativo e pertanto i documenti firmati» – osserva Mirta Campodoni (Infogroup) – «permettendone la visualizzazione e la stampa oltre a riconciliare le ricevute ai rispettivi documenti. L’IT è pronta, ora il successo del paradigma digitale dipende solo dalla volontà del governo centrale e delle strutture locali a investire fiducia e denaro e dalla disponibilità dell’utente ad adattarsi a nuove modalità di utilizzo».

 

IL CONFLITTO ANALOGICO-DIGITALE

La potenzialità dei sistemi digitali deve essere allineata a un’organizzazione digitale. In Italia esiste, invece, anche in quelle Amministrazioni dove sono stati fatti investimenti in questo senso, un’organizzazione del lavoro ispirata prevalentemente a una logica di processo cartaceo. Amministrazioni, quindi, che vivono in un perenne conflitto tra analogico e digitale, conflitto che – se si vuole davvero una modernizzazione dell’intera macchina pubblica – dovrebbe essere rapidamente superato. Si spera che sia così. Auguriamoci che gli intendimenti di Crescita Digitale, siano opportunamente recepiti e tradotti in atti concreti. Come afferma Massimo Missaglia di SB Italia, «il Codice dell’Amministrazione Digitale, nella sua più recente versione, ha senza dubbio creato robusti presupposti per l’avvio dei progetti di innovazione e per l’ampliamento del loro spettro che si estende ormai alla digitalizzazione completa dei processi documentali. Serve ora una accelerazione delle decisioni delle singole Amministrazioni che avvii concretamente i progetti».

Per Carmelo Battaglia (InfoCert), «occorre distinguere tra le norme vigenti in materia di digitalizzazione e le norme di funzionamento della pubblica amministrazione nei rapporti tra questa, il cittadino e le imprese. Se le prime costituiscono una base molto importante per un vero processo digitale – il legislatore in questi anni ha introdotto regole utili al processo e in molti casi tali regole sono di concreta e immediata attuazione – è anche vero che maggiori ostacoli si trovano quando la gestione dematerializzata esce dai confini specifici e coinvolge più organismi pubblici o sistemi autorizzativi complessi, che devono tenere in considerazione più fattori, non ultimi la competenza nazionale regionale e locale».

Può essere una soluzione, il chief information officer con responsabilità a livello nazionale, con il compito di coordinare l’informatica pubblica per digitalizzare i servizi e gestire meglio il welfare, l’educazione, la giustizia, la sanità, i trasporti, la sicurezza? Oggi nell’informatica della PA si spendono oltre 5 miliardi di euro l’anno. Soldi che potrebbero essere spesi meglio perché Enti, Ministeri, Comuni e Provincie fanno tutto da soli. E’ tutto frammentato. Si pensi che nella sola Amministrazione Centrale vi sono oltre 10mila centri di elaborazione dati. Le grandi aziende, invece, hanno un solo sistema informatico per decine di Paesi. In Italia, quasi ogni ASL ha un sistema informatico diverso. E’ possibile cambiare? Certo che sì, l’hanno fatto in tanti in altri Paesi. Deve esserci, però, una volontà forte. Soprattutto, si deve avere il coraggio di guardare l’Amministrazione non soltanto dal punto di vista di efficienza interna, ma anche dalla parte del cittadino e fare in modo che le opportunità offerte dalle nuove tecnologie siano effettivamente uno strumento di innovazione e promozione sociale.