Tecnologia, big data e realtà «Se non innovi, fallisci»

Quando mi indigno, non tiro sassi, né dico: «Sono indignato». Scrivo quel che penso in modo chiaro. Anche se i giornali non vogliono i miei pezzi

 

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Roberto Vacca - Chief inspiration OfficerAttenti a non fare solo questione di parole! L’innovazione è scarsa, specialmente in Italia. La tecnologia progredisce, risolve molti problemi – e ne crea di altri. La EIU (Economist Intelligence Unit) ha appena pubblicato un vasto sondaggio sulla adozione di nuove tecnologie da parte delle industrie asiatiche. Queste registrano grossi successi: continueranno? Gli obiettivi sono individuati come: “raccolta e analisi dei dati (“big data”), mobilità delle imprese, software come servizio, sicurezza della tecnologia dell’informazione e della comunicazione”.

È limitativo parlare di adozione di tecnologia, invece che di invenzione di tecnologia. Il termine “tecnologia” indicava in origine l’insieme delle teorie, delle procedure, della scienza applicata, delle regole empiriche – utili per produrre oggetti, macchine, servizi e per modificare il mondo naturale. Oggi, si identifica quasi sempre la tecnologia con l’information communication technology (ICT). È vero: elettronica, computer e reti rendono possibile analizzare e macinare moli di dati che anni fa non erano reperibili, né trattabili. “Big data” è il termine usato per indicare l’accesso a tutti i dati singoli, originari (raw data – dati crudi) e non solo a statistiche già elaborate. Le aziende usano big data per decidere azioni microscopiche che portano i loro messaggi, promozioni, icone e prodotti proprio a obiettivi individuali per i quali sono progettati. Si sostiene che il successo elettorale di Obama sia stato assicurato da un’enorme elaborazione dati su gruppi e persone. I messaggi a loro diretti erano fatti su misura per comunicare quello che volevano sentire, espresso nei modi individuati dalle analisi come più accettabili. Un messaggio importante era: «Creerò il servizio sanitario nazionale» – ma molti elettori non lo gradivano. Altro messaggio: «Abolirò le armi nucleari» – e, invece, le sta aumentando. Altro messaggio: «Combatterò i cambiamenti climatici» – ora dice che ci proverà e non capisce di aver accettato teorie insussistenti, né di stare scegliendo strumenti inefficaci. I dati raccolti non sono abbastanza “big” e le nostre interpretazioni non sono tanto profonde da permetterci di influire su processi astronomici e planetari. L’ICT permette di comunicare messaggi personalizzati, di rendere disponibili informazioni e dati ovunque e in ogni momento. Consente di distribuire certe prestazioni intelligenti nell’ambiente. Queste prestazioni – però – non si devono considerare come l’obiettivo finale della società e di ciascuno di noi. Il mondo non è migliore se tutti hanno un telefono cellulare per fare chiacchiere inutili. O se tanti guardano alla tv programmi penosi. O se si leggono giornali che parlano di chi si mette d’accordo con chi, per fare niente. Non esiste un obiettivo finale valido per tutti. La Dichiarazione di Indipendenza del 1776 sanciva che gli uomini hanno diritti inalienabili, fra cui vita, libertà e ricerca della felicità e che i governi sono istituiti per assicurarli. Va aggiunto il diritto alla conoscenza, all’informazione corretta, l’accesso ai dati e alla mobilità. È arduo – però – definire concretamente modi e regole. È inevitabile procedere per tentativi, ma spesso si sbaglia: gli errori sono evidenti e non sono riconosciuti, né corretti. Le auto avrebbero dovuto darci il diritto alla mobilità. Nelle nostre città le teniamo quasi tutte ferme, bloccando le strade e rallentando gli spostamenti. Le leggi dovrebbero regolare la vita associata in modo equo e razionale. Invece, i legislatori continuano a fare leggi prive di senso, che fanno perdere tempo e sprecare risorse. La finanza e l’economia dovrebbero distribuire le risorse ed evitare strapotere e rapine da parte dei potenti. Invece, favoriscono spesso le bolle e l’ingiustizia. L’obiettivo importante dovrebbe essere: diffondere conoscenza e aumentare il numero delle persone che capiscono. Questo obiettivo non si raggiunge certo elaborando dati a velocità sempre più alta (ovunque e in ogni momento) se i criteri sono sbagliati o anche solo fatti di parole vaghe. Piani e progetti dovrebbero essere espliciti. Si crea lavoro non con qualche ritocco fiscale, ma inventando nuovi settori industriali e insegnandone ai giovani teoria e pratica. Le scuole non vanno riformate con regolette burocratiche, ma allargando la conoscenza. Il mondo non è fatto solo di leggi, moduli, certificati. È fatto di macchine, sistemi, fiumi, strade, mari, animali, alberi, radiazioni, misure, teorie, tecniche, ricerca, scienza. Di queste cose non si parla. Un settimanale a larga tiratura ha una sezione “scientifica” che contiene titoli come: “La dieta mediterranea combatte l’acne” – “Ora si fa l’autostop online” – “Mangiare yogurt fa calare l’ansia”. Non è scienza, ma cronaca misera. Ricordate? “Fatti non foste a viver come bruti”.

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