Il numero uno dei Pc, HP, annuncia di voler separare questo business e contemporaneamente cancella il programma di tablet e smartphone basato sull’acquisizione di Palm e compra per oltre 10 miliardi una società inglese di software. Il mercato dei Pc intanto flette e Acer trema. Google mette 12,5 miliardi di dollari sui cellulari di Motorola per creare un nuovo eco-sistema. A Palo Alto si pensa alla ricetta di IBM (meno ferro e più software), altrove, all’ambiente integrato di Apple, con hardware, software e servizi
In tempi in cui l’economia impazzita, che non è riuscita a digerire nemmeno un decennio di vera globalizzazione, fa saltare ogni previsione ragionevole, non c’è da stupirsi se la più “plastica” per definizione di tutte le industrie, quella dell’informazione digitale, sta cambiando pelle in un battito di ciglio.
Quel che è successo nel mese d’agosto basterebbe da solo a riempire un’enciclopedia. E a mostrare la debolezza di tante regole. Da dove partiamo? HP è riuscita a fare in trenta giorni quanto forse non aveva fatto o detto in trenta mesi. Leo Apotheker, “dimissionato” in SAP non perché la sua ricetta fosse sbagliata, ma perché troppo lenta, ha annunciato una discontinuità (aspettiamo a definirla “taglio con il passato” quando vedremo gli esiti) senza precedenti. Primo: ha annunciato la volontà di separare le sorti del business dei Pc, con uno spin off o una “transazione”, che poi sarebbe una cessione totale o parziale. Secondo: ha decretato la fine dell’avventura “eredi Palm”. Si chiude la linea, invecchiata prima di nascere, dei dispositivi basati sul sistema operativo Web OS ovvero tablet e smartphone, prodotti che forse tre anni fa avrebbero potuto aver successo, ma oggi devono mettersi in coda per sfidare il mondo Apple e, almeno negli smartphone, quello Google-Android. Terzo: HP compra per più di 10 miliardi di dollari l’inglese Autonomy, una quasi start-up del software specializzata nel trattare le informazioni non strutturate. Fattura un paio di centinaia di milioni di dollari, ma ha un gross margin dell’88% e un utile operativo del 45%. A Palo Alto, i Pc fatturano 41 miliardi di dollari, abbastanza per spaventare possibili acquirenti, ma hanno un margine del 5,5%, per altro superiore a quello di molti concorrenti.
Due modelli: IBM e Apple
Il board di HP, che evidentemente vuole un’azienda più simil-IBM, ha compreso che il lato debole era il software e che i Pc sono arrivati probabilmente al punto di inversione. I numeri sono indicativi. IBM e HP sono paragonabili per fatturato (nell’ultimo esercizio: 100 miliardi di dollari la prima e 126 miliardi la seconda), un po’ meno per utili netti (14,8 e 10,9 miliardi), ancor meno per marginalità netta (14,9 e 8,6% rispettivamente). La ragione principale è proprio nel diverso mix di attività. Stando all’ultimo trimestre pubblicato, in IBM, il software, che rappresenta il 23% dei ricavi, porta il 47% del gross profit e i servizi, con il 57% dei ricavi, generano il 44% dello stesso gross profit. L’hardware enterprise, costituito da server e storage, porta il 17,6% dei ricavi e solo l’8% del profitto industriale (quello prima dei costi di marketing, vendita ecc.). In HP, i Pc rappresentano la fetta più grande dei ricavi, quasi il 30%, ma sono solo il 17% del margine operativo. Il software è profittevole, ma è limitato: 2,4% dei ricavi e 4,6% dei margini. Ok i servizi: 28% dei ricavi e 37% del risultato operativo; bene anche server, storage e networking (rispettivamente 16,8 e 21,2%). Bene anche le stampanti e i materiali di consumo, che sono solo il 19% delle vendite, ma il 27% dei margini. Risultato: IBM non guadagna molto nell’hardware, ma questo non incide troppo e “traina” servizi e software: quest’ultimo soprattutto è una miniera d’oro. HP ha poco software e troppi Pc nel suo conto economico. Il ribilanciamento annunciato dal board (lo abbiamo scritto in tempi non sospetti in queste pagine) è frutto dei numeri.
Certo, lo scorso ottobre il Ceo di IBM Sam Palmisano aveva lanciato con nonchalance una dichiarazione al vetriolo: «Noi i Pc li abbiamo venduti in tempo (a Lenovo, ndr). Oggi non so se ci saremmo riusciti». L’azienda di Palo Alto intende separarsi solo dai Pc? Si vedrà, certo, il secondo trimestre ha visto un mercato dei Pc con il segno meno, a differenza di server e storage che continuano a crescere in doppia cifra. L’eterno concorrente di HP, Dell, intanto, ha già messo le mani avanti, lanciando offerte “migrazione HP”.
Torna l’integrazione hardware, software, servizi e contenuti
L’annuncio–shock di HP arriva mentre Apple brinda per la conquista della prima posizione per capitalizzazione borsistica e il maggior fautore di questa rinascita senza precedenti, Steve Jobs, deve lasciare le redini dell’azienda per le sue più che serie ragioni di salute. Apple ha impiegato 30 anni per arrivare a 6 miliardi di dollari di fatturato, 30 mesi per arrivare, lo scorso anno, a 65 miliardi e si appresta a toccare i 100 miliardi quest’anno. Un “miracolo” realizzato contravvenendo a un principio che per anni è stato dominante: quello della specializzazione. La casa della mela ha costruito la sua fortuna unendo la piattaforma hardware, quella software e il mondo dei contenuti degli Apple Store. Il contrario di quello che hanno fatto in questi anni marchi come Intel, Microsoft, in parte Dell, per non parlare di Acer, che malgrado la continua ricerca di economie di scala attraverso i volumi non è mai riuscita a superare il 3% di margine operativo e quest’anno si è vista con i conti in rosso e superata non solo da HP e Dell, ma anche da Lenovo.
Il modello dell’integrazione orizzontale “stile Apple” è quello che ha portato nei mesi scorsi alla inconsueta alleanza tra Microsoft e Nokia (che intanto è stata superata nella vendita di smartphone da Apple e Samsung) e all’altra novità del mese d’agosto: l’annuncio dell’acquisto da parte di Google della divisione cellulari di Motorola, solo pochi anni fa ai vertici del mercato, ai tempi del “Razr”. Difficile dire quanto si riuscirà a mettere insieme di due realtà aziendali così culturalmente diverse – i “nerd” californiani di Google e gli engineer industriali della casa dell’Arizona – così come bisognerà vedere come la prenderanno i produttori di smartphone oggi legati al carro Google–Android, ma il segnale è lanciato.
Le vendite dei Pc sono calate di circa il 6% nel secondo trimestre, ma la caduta è stata del 17% in Europa Occidentale (qualche punto peggio per l’Italia), se a questo si aggiunge la decisione di HP di fare un passo indietro quando è ancora il numero uno del settore, c’è abbastanza materia per domandarsi se, dopo trent’anni, il Pc è morto o almeno destinato a un ridimensionamento.
L’era post-Pc è incominciata?
Chi prenderà il posto del Pc? La risposta più ovvia punta al tablet, ma questo è ancora un mercato che deve maturare. Sin qui, il pubblico ha mostrato di voler comprare a vagoni gli iPad. Non necessariamente dei tablet, tanto che anche quest’anno gli analisti prevedono che tre tablet su quattro continueranno a portare il marchio della mela. Il Pc – questa è la novità – ha, rispetto a ieri, molte più alternative. Oltre al tablet, lo smartphone sta sostituendo il Pc in mobilità in diversi casi, il Cloud sposterà ulteriormente applicazioni e contenuti “fuori” dal Pc, anche se qui occorrerà distinguere tra la polvere e la sostanza e non potranno essere trascurati i ripetuti segnali di questi mesi all’insegna di sicurezza e affidabilità: ai primi di settembre, IBM ha lanciato nuove soluzioni specifiche per i Cloud “ibridi”, cioè pubblici e privati: un tempismo forse non casuale. All’Ifa di Berlino si è vista l’inaugurazione dei Pc ultraslim, gli ultra-book. Nelle abitazioni, l’alternativa al Pc, almeno per una serie di applicazioni, sarà sempre più il televisore: Samsung e Sony in questi mesi hanno scaldato i muscoli esercitandosi sul tema del “Tv connesso” e probabilmente sotto Natale ne vedremo delle belle. Dopo anni in cui ci hanno spiegato che il Pc poteva comandare Tv e Hi-Fi, gli equilibri si stanno ribaltando.
In un quadro in cui l’unica cosa certa è l’assenza di certezze, i tradizionali equilibri stanno venendo meno. Vedremo (in funzione anche della strada che prenderanno i Pc di HP) se alla fine emergerà un modello con l’hardware spostato in Asia, un software Usa-centrico e un’Europa prevalentemente focalizzata sui servizi, con in più la variante della mobilità, che trascinerà con sé una filiera di software e servizi.
La portata di questo terremoto sulle aziende è sostanziale. In che direzione investire? Si dovrà privilegiare modelli make or buy? Quanto e che cosa varrà la pena esternalizzare? Come far fare un passo in più alla mobilità? Quale sarà l’impatto delle nuove reti, comprese quelle mobili (Lte e Hspa)? Le ultime settimane sono state più intense di una rivoluzione. Ci sarà una restaurazione?