La ciambella informatica

La sanità fa acqua? Niente paura, è solo questione di capire quanto si risparmia con il fascicolo sanitario elettronico, che – dopo esperienze a macchia di leopardo – parte con la sperimentazione in tre regioni e presto dovrebbe mettere in rete tutti quanti. Le stime parlano per ora di 3-5 miliardi. Oltre a quelli già risparmiati per le prescrizioni online. Un successone, insieme con la dichiarazione di malattia sul Web. Risparmiare negli acquisti della PA? Basta rifarsi alle piattaforme digitali della Consip, tutto in punta di dita e, zac, altri miliardi tagliati. La pubblica amministrazione è poco efficiente? Basta digitalizzare i documenti e si strizzano altri miliardi (ok, il ministero di Brunetta l’altr’anno scambiò i miliardi con milioni, dando numeri che un centro copie universitario fa in un mese, ma non pretendete troppo). I processi? Portiamo i faldoni online e le comunicazioni alle parti pure, augurandosi che anche i giudici siano raggiungibili e “always on”. Per ora l’idea di un magistrato di Cremona di usare la webcam per risparmiare – a dei testimoni di un processo marginale – di attraversare tutta l’Italia, diventa un eroe: del buon senso. Statali e parastatali parlano troppo al telefono? Arriva il VoiP, su piattaforma dello Stato o con una convenzione Consip, e, zac, si tagliano le bollette.

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Tra i pochi provvedimenti concreti (in Italia, a differenza della Francia non c’è un dicastero per l’economia digitale), il governo sembra aver puntato sulla scuola. Insegnamento online? No, non scherzate. Dopo i provvedimenti, che incitavano gli alunni a stamparsi i libri dal formato Pdf, a costi decisamente superiori a quelli di una qualsiasi tipografia, parliamo delle cose burocratiche: iscrizioni ai corsi universitari, alle superiori, pagelle, note e comunicazioni. Molte di queste attività ci sono da una decina d’anni, con i “registri elettronici”, ma una rinfrescata non fa male.

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Insomma, lo Stato riconosce il potenziale di efficientamento delle tecnologie digitali. In fondo, anche il CAD, il Codice dell’Amministrazione Digitale – voluto prima da Lucio Stanca e poi con particolare incisività, da Renato Brunetta (con il D.Lgs 135/2010 che prevedeva anche tempistiche serrate) – non è stato tempo perso. E pazienza se, poco prima delle ferie, il ministro Passera bloccava la “pretesa” di cancellare l’obbligatorietà di pubblicare sui quotidiani i bandi di gara della PA, per non danneggiare le casse dolenti per la pubblicità in calo.

Dall’altra parte della medaglia, tuttavia, c’è la sensazione di un Paese che si esalta per il Bosone di Higgs (ottimo veicolo di marketing per alcune centinaia di ricercatori) e che concorre a quel pozzo senza fondo voluto essenzialmente dai francesi e dalla loro industria aerospaziale che è Galileo – il costoso decuplicato del Gps – pensando, forse, che tecnologie e infrastrutture siano gratis. Lo Stato – utente si attende miliardi di risparmio dall’ICT? Ottimo, ma chi ci mette, per esempio, le reti e quindi le paga? Si può fare il Cloud della PA senza provare a mettere ordine tra le centinaia di database e sistemi non colloquianti?

Il calo del mercato ICT che anche quest’anno l’Assinform ha registrato, non riflette tanto i volumi quanto i prezzi. Le tariffe dei servizi professionali, per esempio, sono decisamente sottoremunerative nei confronti degli altri Paesi europei. In Italia, gli investimenti esteri arretrano, e con essi anche l’occupazione. Nei servizi IT, alcuni gruppi hanno chiuso bottega (Bull, Atos), altri sono interessati a passare la mano. Ogni tanto, servirebbe anche ricordare che l’innovazione costa e che anche i risparmi non sono a fronte di nulla.

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