Nodi di rete programmabili attraverso l’uso di interfacce di controllo e l’idea di creare delle partizioni virtuali dell’infrastruttura di rete fisica. Quale sarà l’ecosistema delle reti di prossima generazione? E quali saranno le sfide e le opportunità per il futuro?
Tra le tecnologie su cui si spende ultimamente “più inchiostro”, possiamo certamente inserire i nuovi modelli di quella che viene chiamata software defined network e che promettono di rendere tanto flessibile la rete, quanto lo sono le applicazioni nell’ormai noto mondo del cloud. Così tanto che le applicazioni potranno essere scritte in modo da definire flussi di traffico e prendere decisioni, altrimenti non possibili, sulle logiche di trattamento di tutto ciò che transita dalla rete. Una rete flessibile è – in poche parole – una piccola rivoluzione che potrebbe cambiare il modo di vedere l’ICT, rigidamente differenziato tra rete e servizi.
Ma quali sono le ragioni principali per investire nei modelli di software defined network? E quali sono le ragioni che frenano l’adozione di questi modelli? Abbiamo girato le domande ad alcuni operatori del mercato, per capire l’impatto dell’innovazione tecnologica legata al potenziale sviluppo del paradigma SDN.
l ruolo della Rete
Secondo Alberto Degradi, infrastructure architecture leader Borderless Network e Data Center di Cisco Italia (www.cisco.com/it), la rete ha un ruolo centrale e di abilitatore, e si avvicina sempre di più al mondo dell’IT e delle applicazioni. «Avvicinarsi al mondo delle applicazioni – dice Degradi – significa fornire alle applicazioni stesse la capacità di lavorare meglio in un ambiente iper-connesso, in modo più sicuro e ottenendo dalla rete quello che serve nel momento in cui serve, in termini di qualità, di sicurezza e di velocità. E questi sono i principali vantaggi delle reti programmabili e definite dal software, con un approccio evolutivo alla progettazione delle reti, dove il controllo dei flussi di traffico può avvenire tramite funzioni software accessibili da Application Programming Interfaces (APIs), rendendo il linguaggio delle reti più simile al linguaggio delle applicazioni e rendendo le reti stesse più flessibili, semplificando la complessità operativa. Per il nostro Paese, si tratta di abbracciare il futuro, nonostante le difficoltà e la relativa arretratezza tecnologica e infrastrutturale che ancora ci affligge».
Tutto definito dal software
Per George Teixeira, chief executive officer & presidente di DataCore Software (www.datacore.com), il cloud computing e la strategia di virtualizzare qualunque cosa hanno portato a una vera e propria rivoluzione. «I data center virtuali e i nuovi modelli di erogazione dei servizi cloud hanno cambiato le aspettative aziendali relative ai livelli di servizio e ai sistemi per aumentare la produttività e le infrastrutture si sono evolute, mettendoci a disposizione risorse in misura maggiore, ma gran parte dei miglioramenti è legata ai progressi della virtualizzazione a livello software. Questa evoluzione ci ha portato a tecnologie definite dal software di ogni tipo». La rivoluzione della tecnologia definita dal software e gli argomenti che oggi tengono banco nell’IT sono il networking definito dal software (SDN), lo storage definito dal software (SDS) e i data center definiti dal software (SDDC). E tutti fanno parte di una tendenza più generale che il settore definisce come “tutto definito dal software”. L’idea è che separando l’intelligenza dal computer, l’hardware possa diventare più economico (aumentando il potere di acquisto) e intercambiabile (evitando di rimanere legati a doppio filo a specifici fornitori), e che il software possa diventare più ricco di funzionalità e più flessibile. Anche i data center possono essere definiti dal software e in tal caso promettono di migliorare le prestazioni e di abbassare drasticamente i costi. La prima ondata di miglioramenti si è basata sulla rivoluzione innescata dalla virtualizzazione. «Oggi, viviamo già in un mondo di server virtuali» – dice Teixeira. «Il prossimo passo è ovvio: faremo con storage e networking ciò che è già stato fatto a livello di server». «Fino a qualche tempo fa a definire l’architettura erano le scelte hardware» – ricorda Teixeira. «Grazie all’informatica definita dal software, di cui VMware o Hyper-V sono i due esempi più noti, oggi è possibile implementare macchine virtuali invece di avere sistemi di vari vendor. DataCore si è dedicata alla realizzazione di una vera soluzione di storage definito dal software, avendo capito che “definito dal software” sarebbe stata una strada inevitabile. Aziende leader come Cisco e VMware hanno già realizzato acquisizioni di importanti aziende impegnate nel networking definito dal software (SDN)». Secondo IDC, il mercato SDN crescerà di mille volte nel giro di tre anni passando dai 360 milioni di dollari nel 2013 a 3,6 miliardi di dollari. Da questo si deduce che le architetture di rete stanno rapidamente evolvendo verso una realtà SDN, che finirà per cambiare il modo in cui pensiamo a una rete.
La chiave della mobilità sicura
Il pensiero di Ivan Renesto, enterprise field marketing manager di Dell Italia (www.dell.it) è che la SDN sia la chiave per abilitare ambienti di cloud privato flessibili, ovvero un accesso sicuro a dispositivi mobili e al cosiddetto bring your own device (BYOD), consentendo alle aziende di ottenere livelli di agilità e automatismo senza precedenti. «Dell suggerisce un approccio progressivo alle tecnologie SDN, fornendo un framework modulare in grado di far convivere architetture ibride, che abilitano reti configurate in maniera tradizionale a fornire funzionalità SDN in maniera graduale, sino alla singola porta. La Virtual Network Architecture (VNA) è il framework olistico di Dell che accompagna le aziende attraverso un percorso evolutivo, che creerà le fondamenta per iniziare a beneficiare del SDN, ponendo la rete al servizio delle applicazioni e dei workload».
Agilità e semplicità
Yari Franzini, storage and networking country manager Hewlett-Packard Italia (www.hp.com/it), crede che la SDN rappresenti una delle più importanti innovazioni in ambito networking, nata per rispondere a una crescente esigenza di semplificazione e flessibilità dettata dall’evoluzione del mercato ICT. «Trend quali mobility, servizi cloud e IT-as-a-Service hanno messo in luce l’incapacità della tradizionale architettura di rete a rispondere rapidamente alle mutevoli condizioni del business e in questo contesto, il paradigma SDN può essere considerato un differenziante competitivo capace di far evolvere l’approccio IT, dove il focus passa dall’hardware allo sviluppo di servizi e applicazioni, offrendo alla rete l’agilità e la semplicità necessarie per adattarsi alle nuove e dinamiche esigenze di business. Rappresenta, inoltre, un semplificatore su cui clienti e vendor dovrebbero scommettere, in quanto abilita, ad esempio, il controllo centralizzato in un ambiente multi-vendor, nonché l’orchestrazione e l’automazione ancora più semplici, affidabili e sicuri, indispensabili per creare rapidamente servizi on demand».
Discontinuità positiva
«L’architettura SDN sta al networking come la virtualizzazione e il cloud stanno all’IT» – spiega subito Sergio Gianotti, sales and marketing director enterprise business group di Huawei Italia (www.huawei.com/it). SDN e virtualizzazione modificheranno il modo di pensare e progettare le reti e i data center. «La virtualizzazione ha portato nell’IT una discontinuità epocale nel modo di organizzare il data center e le applicazioni» – afferma Gianotti. «Questa trasformazione si estende alla rete grazie al SDN. Le ragioni per investire nelle tecnologie SDN sono quindi molteplici. Gli operatori del settore (carrier o systems integrator) non possono prescindere dall’investire in questi nuovi modelli, in primo luogo per le loro potenzialità. Il mercato del SDN infatti è quello a più alto tasso di crescita e si prevede che nel 2018 avrà un impatto di mercato superiore ai 25 miliardi di dollari per anno». L’approccio SDN sarà strategico anche perché rivoluzionerà definitivamente i modelli di rete e applicativi del futuro. «La mobilità e il BYOD uniti alla crescente diffusione di dispositivi e oggetti connessi in rete che dialogano soprattutto tra loro, impongono l’adozione di nuovi modelli progettuali e implementativi. Le reti SDN sono nativamente pronte ad adattarsi a questa trasformazione. Gli operatori saranno al centro della nuova trasformazione, ma il mercato enterprise ne sarà il maggiore beneficiario. Huawei in questo è all’avanguardia. Infatti, i nostri prodotti, come ad esempio il nuovo Core Switch S12700, nascono con funzionalità native SDN in grado di virtualizzare l’intera infrastruttura di rete sia Wired che Wireless».
La promessa delle Reti SDN
Federico Descalzo, head of Smart Networks & Products di Italtel (www.italtel.com), ricorda che le SDN consentono la riconfigurazione dinamica del livello di rete che trasporta i pacchetti di informazione, in maniera tale da ottimizzare l’uso delle risorse e gestire in modo ottimale la qualità del trasporto dei flussi di traffico. «La promessa delle SDN, in sostanza, è quella di superare la necessità di ingegnerizzare e pre-configurare in modo “quasi-statico” le reti di trasporto, rendendole asservite alle applicazioni e ai contenuti che devono veicolare. Il tutto in un contesto gestito in modo automatizzato dal network provider. Con le SDN sarà possibile ottenere reti programmabili, scalabili e più “agili”, migliorando il time-to-market e riducendo i costi operativi». Le SDN, pertanto, trovano utilizzo in qualsiasi ambito delle applicazioni e comunicazioni IT. Vi sono già ora svariati esempi del loro impiego, in contesti anche di dimensioni significative: tra i soggetti OTT (Over The Top) spicca il caso di Google, ma pure molti altri guardano a questa tecnologia con grande interesse. «Italtel è in grado di applicare i concetti e le tecnologie SDN, declinandoli sia nel quadro di servizi e applicazioni tipici degli Operatori fissi e mobili (NGN e IMS) sia in relazione ai servizi di comunicazione basati su tecnologie OTT come, ad esempio, WebRTC».
Trend trasversale
Per Gianni Anguilletti, country manager di Red Hat Italia (www.redhat.it), quello di “software defined” è un trend che sta coinvolgendo in modo trasversale tutti i settori: dalla sicurezza allo storage fino alla rete. «Non esiste virtualmente area dell’IT in cui non ci si possa aspettare che architetture e prodotti non vengano presentati sotto questo nuovo paradigma dell’IT e le nuove reti SDN si prefiggono di dare una risposta concreta alla crescente esigenza di flessibilità e scalabilità attraverso una vera rivoluzione che vede al centro di tutto l’applicazione e non più la sola infrastruttura. Il principale vantaggio è “svincolarsi” dai dispositivi hardware proprietari per una soluzione software “aperta” a costi nettamente inferiori. Per quanto riguarda gli SDN, ulteriori vantaggi sono la virtualizzazione della rete, la disponibilità di API e la possibilità di vedere la rete come un’entità unica».
Il valore della logica SDN
Francesco de Alexandris, sales support manager di R1 (www.r1spa.it), ritiene che sia indubbio che tutte le tecniche legate al “consolidamento”, e quindi alla “virtualizzazione”, nell’ambito delle componenti server e storage, stiano facendo mutare notevolmente le infrastrutture in termini di flessibilità, disponibilità, affidabilità e, non ultima, l’ottimizzazione delle risorse con relativa razionalizzazione dei costi. «Tale logica, applicata alla componente network, prescindendo dall’attuale stato dell’arte (tecnologia matura o no?) comporterebbe simili valori, legati principalmente a benefici di estrema facilità e velocità di cambio delle caratteristiche di tutte le aree del network, con conseguente incremento dell’efficienza operativa e, quindi, minori spese relative, singolo punto di controllo centralizzato e, non ultimo, il notevole miglioramento della gestione delle VLAN, del QoS, del Traffic Shaping e di tutti i parametri relativi».
Per Stefano Bossi, direttore generale di VEM sistemi (www.vem.com), ci troviamo di fronte a una delle più grandi trasformazioni dell’IT nel disegno e nella concezione dell’infrastruttura dati. «La networked economy lascia spazio alla application economy: un baricentro spostato sotto la spinta del cloud che ha la sua naturale evoluzione nelle reti programmabili e capaci di dialogare con le applicazioni, e che hanno raggiunto un ulteriore livello di sviluppo, ancora di più in grado di adeguarsi in modo dinamico alle applicazioni, anche sulla base del traffico che in quel momento devono gestire in vista delle necessità di business. Inevitabilmente si sta configurando quello che possiamo definire come un “Next generation IT” più agile e dinamico e in grado di supportare i processi di business a tutti gli effetti». Per Stefano Bossi, investire nell’SDN significa «diventare aziende più dinamiche e proattive nell’utilizzo delle applicazioni, pronte per un futuro in cui applicazioni e dati saranno ovunque intorno a noi, pensiamo al mondo gestionale, alle applicazioni di condivisione e collaborative, all’analisi dei dati, dal big data all’IoT/IoE».
SDN transformation
Dopo aver capito i punti di forza per investire in reti SDN, cerchiamo di capire quali possono essere le ragioni che – invece – frenano l’adozione di questi modelli.
Alberto Degradi di Cisco Italia crede che sarà la sicurezza a essere uno dei principali elementi in grado di ostacolare l’adozione di questo modello. «Stanno emergendo ed emergeranno nuove vulnerabilità e ne conseguirà la necessità di approcci alla sicurezza più sofisticati. Inoltre, queste nuove connessioni generano un flusso di dati in movimento che deve essere protetto in tempo reale in modo che possa essere fatta una valutazione approfondita delle azioni intraprese sulla rete e prima che si verifichino danni irreparabili. Proprio per questo, la sicurezza sarà un aspetto fondamentale per il quale ci aspettiamo importanti investimenti proprio perché più la rete diventa pervasiva, e diventa parte dei processi delle aziende, più deve essere resa sicura. Per i vendor sarà essenziale garantire la scalabilità e la interoperabilità delle proprie soluzioni che, per convincere, devono essere in grado di indirizzare device di tutte le tipologie e i produttori. In Italia, l’adozione di questo modello sarà ulteriormente rallentata dalla mancanza di una vera broadband».
Per George Teixeira di DataCore Software si tratta di un atteggiamento mentale: «Si pensa sempre all’hardware e ai sistemi più che a un’architettura abbastanza flessibile da rispondere alle future esigenze». Questi cambiamenti non sono solo tecnologici, ma anche organizzativi. «Le tecnologie SDDC possono chiaramente ottimizzare data center, cloud e le intere infrastrutture IT, ma per farlo la tecnologia non basta: ci vogliono anche un’architettura, apertura mentale e una riorganizzazione operativa».
Approccio rivoluzionario
Per Ivan Renesto di Dell Italia, l’SDN è una tecnologia che ancora deve maturare: «Un approccio rivoluzionario rappresenta sicuramente un motivo di preoccupazione per aziende la cui rete costituisce il cuore dell’infrastruttura che eroga il proprio business». Un’adozione progressiva, con dispositivi SDN-enabled, può essere invece un acceleratore. «In reti completamente definite dal software, il ruolo del network administrator subirà necessariamente un cambiamento, avvicinandosi maggiormente alla gestione dei workload e quindi ad altri ruoli IT. La resistenza umana a un cambiamento richiesto dal business potrebbe rappresentare un ulteriore blocco all’implementazione di software defined network».
Anche per Yari Franzini di Hewlett-Packard Italia, l’adozione di SDN sul mercato al momento non è ancora matura, nonostante questa tecnologia rappresenti un tema chiave nel contesto attuale e stia destando grande interesse presso i maggiori vendor IT. «La complessità di gestione della rete resta sempre la sua programmazione, ovunque essa si trovi. La variabile del controllo centralizzato semplifica l’infrastruttura ma contestualmente complica l’aspetto del software e delle applicazioni che programmano la rete. L’innovazione legata a questo nuovo modello che si allontana molto da quello classico determina perciò la presenza di nuovi player che si affacciano a questa tecnologia, come ad esempio vendor che vantano una profonda esperienza in ambito software e virtualizzazione. La trasformazione del networking da infrastruttura statica a componente attiva e dinamica è sicuramente iniziata e l’adozione di questo standard permetterà di ottimizzare le performance e di abbattere i costi».
Conoscere per innovare?
Se si pensa ad applicazioni industriali in larga scala, l’SDN è ancora una tecnologia emergente» – dichiara Federico Descalzo di Italtel. «La mancanza di standardizzazione – sia per gli aspetti architetturali sia di interfaccia verso le applicazioni e tra diverse reti SDN – limita l’interoperabilità e costituisce un freno al loro sviluppo, costringendo gli sviluppatori di applicazioni a studiare e implementare diversi “flavour” di protocolli e procedure. In questo contesto, gli OTT e gli operatori che vogliano sfruttare le Software Defined Network dovranno scegliere come partner un vendor che li supporti nell’evoluzione tecnologica. Italtel è attiva su molte iniziative con i principali soggetti in grado di realizzare reti SDN significative e propone lo sviluppo di “Proof of Concept” in grado di mostrare in modo concreto i vantaggi di business derivanti dall’impiego delle SDN, anche in congiunzione con l’architettura NFV, che vede le funzioni applicative di rete trasferirsi da macchine con HW proprietario ai data center».
L’adozione di questi nuovi modelli trova una notevole resistenza da parte delle principali aziende fornitrici di dispositivi hardware per la gestione delle reti e per Gianni Anguilletti di Red Hat Italia è «la scarsa conoscenza» a frenarne l’adozione.
Il rovescio della medaglia
Secondo Francesco de Alexandris di R1, «oltre alla forte resistenza degli attuali network administrator che hanno studiato, si sono certificati e sono abituati a “parlare” con gli apparati di rete a livello bit&byte», le ragioni che frenano l’adozione di questi modelli sono: «L’applicabilità, che è limitata a cloud provider o Multi-Tenant Data Center, dove è richiesta la modalità di IaaS. Il livello di sicurezza in termini di alta affidabilità del controller, del management degli accessi (policy, controllo, audit di chi opera), del livello di sicurezza del media tra nodo e controller. L’integrazione con livelli di sicurezza alti come IDS, IPS, ATP e più in generale come tutti quei sistemi di gestione delle informazioni e degli eventi di sicurezza». E forse dovremo arrivare a discutere di “virtual security”.
Stefano Bossi di VEM sistemi riflette sul fatto che i freni sono quelli che accompagnano tradizionalmente i cambi di paradigma di questa portata. Si tratta di un freno culturale dettato «dalla diffidenza e dal sospetto verso il nuovo, anche perché è una tecnologia ancora senza referenze. Serve per questo un’imponente opera di evangelizzazione soprattutto verso i più alti livelli aziendali. E qui spetta soprattutto “ai grandi”, alle aziende di application trasformation, agli integratori far comprendere i benefici dell’SDN e ai manager fare il salto» – afferma Stefano Bossi. «Le reti SDN devono avere capacità applicativa real time, essere intelligenti, agili, in grado di automatizzare quanto più possibile le attività standard, equilibrare la banda dove necessario per il business, ma semplici, sicure e scalabili. Il maggiore utilizzo del software è in grado di ridurre il TCO, ma non devono rimanere solo promesse: una difficoltà, che può anche diventare un freno».
Conclusioni
Come abbiamo visto, SDN è l’acronimo di software defined network. Ma sapete che è anche il codice ISO che individua la lingua gallurese, antico idioma sardo di origine romanza? Non solo, è anche un codice che individua un preciso aeroporto norvegese. Cosa c’entra tutto ciò? Vi chiederete. Apparentemente e razionalmente nulla, ma mi incuriosisce pensare che una potenziale rivoluzione come quella che abbiamo descritto – e che potrebbe rendere “liquida” anche ciò che fino a oggi si poneva nelle nostra mente come “più hardware di così non si può” come l’infrastruttura di rete – possa avere attinenze con una nobile lingua antica, sinonimo di “tradizione”, e con un aeroporto, che nella mia fantasia oltre che di modernità sa anche tanto di “cambiamento”. Sarà un caso? Chissà! Meditiamo gente, meditiamo…
Sfide e opportunità per le reti del futuro
Elio Salvadori, research director di CREATE-NET (www.create-net.org), interrogato su quali possano essere i driver principali per favorire l’introduzione massiva della tecnologia SDN e quali i fattori di possibile successo, ci dice che «la capacità di semplificare l’introduzione di nuovi servizi di rete e la customizzazione degli stessi, resa possibile dalla programmabilità degli apparati, saranno fattori chiave affinché le tecnologie SDN si impongano rispetto alle architetture di rete tradizionali. Una delle conseguenze di uno scenario in cui l’apparato fisico diventa meno “importante” rispetto all’intelligenza che lo controlla remotamente è la possibilità di aumentare la competizione tra i fornitori di apparati a beneficio dei clienti. A tale scopo, la disponibilità di apparati compatibili con il protocollo OpenFlow è sicuramente uno dei driver principali per un’ampia adozione di tecnologie SDN in diversi scenari applicativi, nonostante numerosi vendor stiano proponendo soluzioni SDN tipicamente basate su protocolli di gestione degli apparati proprietari. Un fattore importante di successo per SDN sarà dato dalla possibilità di esporre delle interfacce API in grado di semplificare l’interazione tra servizi di rete e la rete medesima. La programmabilità della rete permetterà lo sviluppo rapido di applicazioni, disponibili tramite un marketplace simile ad Android Play o App Store, in grado di gestire e configurare la rete in maniera più intelligente e personalizzata rispetto a quanto è possibile fare ora. Una delle sfide principali fa riferimento all’impatto di questa tecnologia sul personale tecnico che si occupa di gestione della rete, che dovrà dimostrare dimestichezza con gli aspetti di programmazione della stessa. Un’altra sfida importante è quella relativa ai controller della rete SDN: non è ancora del tutto chiaro se un approccio basato su software open-source possa essere vincente in prospettiva futura».