Unified communications e servizi gestiti

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Il futuro del lavoro è nella collaborazione che poggia sull’infrastruttura di rete con le sue complessità e costi. Per l’utente si profilano due possibilità: scegliere la strada della fisicità, della proprietà e del controllo o dell’outsourcing dei servizi e dell’as-a-service


L’infrastruttura di rete è sempre più pervasiva, importante. Su di essa poggiano numerose funzioni vitali per chi fa business, una miscela di potenzialità di connessione, applicazioni, servizi senza di cui molti processi aziendali sarebbero lenti, ridondanti, forse impossibili. La rete vive tuttavia il paradosso del peso, della complessità, dei costi. Chi sceglie la strada della fisicità, della proprietà, del controllo deve anche sobbarcarsi l’onere di un investimento difficile da gestire, che non sempre ripaga in termini di ottimizzazione e sfruttamento reale della capacità. D’altro canto, anche la strategia della virtualizzazione, dell’outsourcing dei servizi, comporta un’inevitabile fase di analisi, la rinuncia a un’opportunità di controllo end-to-end e per questo la necessità di instaurare un rapporto di assoluta fiducia con il fornitore di servizio. Con questo articolo Data Manager intende ospitare un dibattito sui pro e sui contro di queste due visioni. Da un lato il grande tema della unified communications in azienda con opportuni apparati e software, dall’altro il nuovo ruolo degli operatori, che in epoca di cloud computing offrono questi e altri servizi in modalità “as-a-service”.


 


Qual è il messaggio che un concetto come unified communication intende trasmettere all’utente aziendale?


Nella definizione di Stefano Durante, amministratore delegato di Durante (www.durante.it), un’impresa con quasi mezzo secolo di esperienza nel campo delle tecnologie per la comunicazione aziendale, in un acronimo come Uc «rientrano tutte le applicazioni per comunicare e sono svincolate dalla posizione fisica, quale l’ufficio, consentendo all’impiegato e al manager di operare in mobilità. E non è fondamentale avere tutti gli applicativi per poter lavorare bene. Le Uc si trasformano in strumenti al servizio del business, intesi come comunicazioni intelligenti, fruibili e personalizzate secondo le necessità delle singole imprese».


«Unified communications non sono né prodotti né soluzioni – rimarca tuttavia Fabrizio Porcari, presales manager di Avaya Italia (www.avaya.it) -, ma un insieme di strumenti che semplificano e migliorano le comunicazioni all’interno della struttura aziendale. Infatti è proprio grazie alla disponibilità di applicazioni che tutte le risorse aziendali sono sempre e ovunque connesse e raggiungibili, permettendo all’utente di muoversi agevolmente nella propria dimensione lavorativa. La tecnologia non deve essere mai fine a se stessa, ma deve facilitare la vita lavorativa a tutte le risorse che ne fanno parte. Un esempio che esplica questo concetto è il telelavoro».


Paola Pernigotti, channel marketing manager Enterprise Market Group di Alcatel-Lucent (www.alcatel-lucent.it), ritiene che «la Uc consente di rendere la comunicazione, la videocomunicazione e la condivisione di documentazione immediata e accessibile da qualunque postazione, a costi notevolmente inferiori rispetto alle conferenze tradizionali». Pernigotti sottolinea come tutte queste applicazioni trainano un settore in cui Alcatel-Lucent è leader riconosciuto nella fornitura di soluzioni end-to-end. Ma aggiunge anche un “caveat” di natura culturale a proposito di quelli che lei definisce “elementi frenanti” a una diffusione ancora più pervasiva. «La mentalità e il modo di lavorare sono spesso degli ostacoli al cambiamento. Ma sicuramente l’avvento delle nuove generazioni, che già utilizzano social network, blog e instant messaging nel tempo libero, porterà a un’introduzione naturale degli strumenti di Uc anche sul mondo del lavoro».


Per Enrico Campagna, head of marketing di BT Italia (www.italia.bt.com), l’operatore che in Europa ha fatto scuola sul piano del cambiamento e della modernità di approccio al mercato, ormai «le organizzazioni si aspettano che, grazie alla tecnologia, l’operatività dei loro utenti non sia limitata da vincoli legati ai dispositivi utilizzati, al network, al luogo o alla sede in cui si trovano. Adottare soluzioni di unified communications permette di migliorare l’efficienza con cui un’azienda comunica al suo interno, con i clienti e con i partner, per assicurarsi un reale vantaggio competitivo».


Nicola Barbiero, direttore commerciale e marketing di Lantech Solutions (www.lantech.it), mette in risalto aspetti come la produttività e lo snellimento di procedure e costi. «Quando la comunicazione è più rapida e semplice, la produttività aumenta e i costi si riducono». La trasformazione introdotta dai protocolli Ip ha modificato il concetto di telefonia rendendolo estremamente flessibile. «Come Lantech Solutions – aggiunge Barbiero – siamo attivi dal 1996 nell’ambito della progettazione, realizzazione e integrazione di infrastrutture di rete e rileviamo sempre maggior interesse da parte delle imprese, sia pubbliche sia private, sulle soluzioni VoIp che sfruttino le infrastrutture aziendali per instradare il traffico voce con la massima qualità, affidabilità e prestazioni.


Gli fa eco Douglas Sivieri, presidente della società di servizi di integrazione IT Core (www.itcore.it), che colloca la Uc sul piano della gestione della conoscenza. «Unified communications come unificazione delle “procedure di contatto” tra l’utente e le informazioni aziendali ovunque esse siano e in qualunque forma siano disponibili – sostiene Sivieri -. Per estensione anche il collega è fonte di informazioni aziendali e quindi la capacità di interfacciarsi a lui indipendentemente dal media rende più snelle e complete le attività interattive».

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Emilio Barlocco, presidente e amministratore delegato di IFM Group (www.ifminfomaster.com), afferma che il concetto di unified communications «si riferisce all’insieme di tecnologie e servizi integrati trasversali che consentono di comunicare in real time e collaborare efficacemente in qualunque momento, luogo e con qualunque strumento». Esso rappresenta dunque «il superamento dei vincoli legati allo spazio e alla distanza, il crollo dei confini fra l’idea di comunicazione e i mezzi per veicolarla. IFM Group è sempre più convinta di questo e del fatto che la tecnologia debba semplicemente mettersi al servizio dei bisogni degli utenti, senza condizionarne le esigenze di comunicazione». Il gruppo è sempre più impegnato a realizzare soluzioni innovative di Business process integration, che consentano di superare l’attuale separazione fra le varie forme di comunicazione aziendale, consentendo la convergenza e l’integrazione multicanale di elementi che fino a oggi hanno seguito un’evoluzione parallela.


Raccogliendo il riferimento ai processi Massimo Ciocca, data center & virtualization marketing manager di Cisco Mediterranean (www.cisco.com/it), sposta la discussione su un livello diverso rispetto alla sola comunicazione. «Cisco offre ai propri clienti un approccio più completo e articolato rispetto alle tradizionali unified communications: la collaboration, una proposta architetturale molto più ampia che include un insieme di prodotti e soluzioni. Se per Uc, infatti, si intendono quegli strumenti aziendali che, grazie alla loro integrazione, permettono di aumentare la produttività, con “collaboration” si intende un nuovo modo di lavorare con il proprio ecosistema lavorativo, rispondendo a esigenze di mobilità, velocità di reperimento delle informazioni rilevanti, alla necessità di strumenti più coinvolgenti, che includano il video, come la telepresenza». E’ chiaro, tuttavia, conclude Ciocca, che «per ottenere risultati rilevanti sul lato della produttività aziendale, è fondamentale accompagnare l’implementazione dell’architettura di collaboration con una rivisitazione sia della cultura che dei modelli organizzativi dell’azienda», magari sfruttando il modello di fruizione della collaboration, “as-a-service”, che consente anche alle Pmi di poter accedere ai suoi benefici.


Marco Maffé, business consultant dell’azienda di servizi di Deutsche Telekom, T-Systems (www.t-systems.it), torna sull’aspetto del knowledge management, sostenendo che il ruolo delle tecnologie di Uc e collaboration sia quello di «rispondere alle mutate esigenze delle aziende in termini di gestione delle informazioni. Oggi le imprese si trovano a operare in contesti complessi nel mercato globale che impone esigenze di gestione di informazioni in tempo reale, trasparenza, flessibilità, accessibilità, mobilità. I percorsi che possono condurre le aziende all’adozione di soluzioni Uc sono molteplici, e riconducibili a diverse evoluzioni, dalle quali si evince che la spinta al cambiamento scaturisce da ragioni di tipo organizzativo o strategico, o da esigenze di innovazione tecnologica. Ai player tecnologici come T-Systems è quindi affidato il compito di “ascoltare” le necessità dei clienti e proporre loro una risposta convincente e soddisfacente».


Non ultima Sara Trabucchi, responsabile unified communications di Vodafone Italia (www.reteunica.vodafone.it), ricorda infine un altro vantaggio fondamentale. «Semplicità innanzitutto. Riteniamo che la vera sfida delle unified communications non sia offrire ulteriori strumenti di comunicazione all’utente, ma combinare quelli già disponibili in modo da renderne l’utilizzo intuitivo e continuo, incrementando efficienza e velocità di risposta».


 


Quali scenari di convergenza si possono delineare nelle situazioni in cui l’azienda o l’ufficio, magari su più sedi, dispone di infrastrutture proprie e vuole gestirle aggirandone le complessità?


Per Porcari di Avaya i vecchi modelli di centralizzazione, con il quartier generale e le filiali-satellite, era per forza complesso e pieno di ridondanze. «Da quando si è cominciato a parlare di convergenza e si è avuto modo di avere delle infrastrutture più semplici e meno costose, le filiali hanno potuto dotarsi di tutti quegli strumenti che prima erano a disposizione unicamente del centro anche in virtù di infrastrutture di rete geografiche in grado di garantire un’ottima qualità del servizio e a una banda sufficiente. Non parlerei di “complessità”, che con la tecnologia oggi a disposizione sono sempre minime per l’utente aziendale, quanto piuttosto di necessità di mantenere la continuità del servizio e di gestire i necessari backup per garantire la massima efficienza dalle filiali».


Ciocca, di Cisco, si dice concorde sui vantaggi di un cloud computing che oggi consente di ridurre notevolmente la complessità dell’It. «Le aziende dislocate su più sedi hanno la possibilità di convergere e quindi di consolidare l’infrastruttura It superando il vecchio modello aziendale che prevedeva un’infrastruttura complessa, in ogni sede remota, con costi inevitabilmente elevati».

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Sono opportunità che secondo Durante, dell’omonima società, possono essere colte anche dalle aziende dotate di un’infrastruttura home made, «che hanno la possibilità di personalizzare la propria rete con tempi d’adattamento e modifica più rapidi, ciò comporta la necessità di avere all’interno le competenze tecniche per effettuare ogni adeguamento. Affidando l’infrastruttura a un system integrator come Durante, l’impresa è in grado di ottimizzare la gestione della rete, avvalendosi della capacità d’intervento tempestiva e ad hoc di un’azienda specializzata».


Mentre per Sivieri, di IT Core, se può essere vero che dalla convergenza stessa possa derivare un certo grado di complessità nella progettazione e nella gestione, questo non vale per «l’utilizzo delle risorse. Il disporre di infrastrutture proprie per chi è dislocato su più sedi rende certamente più semplice le attività di move & change e le attività di testing di nuove applicazioni».


«Per quanto riguarda il tema della convergenza all’interno di aziende geograficamente distribuite – dice Emilio Barlocco – IFM Group ha messo a punto uno strumento tecnologico che rappresenta una soluzione alle inevitabili complessità legate a questo problema, poiché è in grado di integrare sedi geolocalizzate in un sistema di comunicazione unificato e omogeneo, senza intervenire sulle infrastrutture esistenti e salvaguardando gli investimenti fatti con un Roi in costante crescita».


Sugli ostacoli da aggirare prova a dare una risposta puntuale anche Nicola Barbiero di Lantech Solutions, azienda che ritiene di essere un possibile partner di riferimento per le realtà che hanno identificato nelle tecnologie di comunicazione lo strumento per migliorare i processi produttivi, organizzativi, relazionali e ambientali. «Suggeriamo sempre ai nostri clienti soluzioni che possano ridurre i costi di implementazione e soprattutto di gestione delle reti. Una possibile strada di ottimizzazione viene indicata da importanti vendor come per esempio Riverbed Technology, leader nelle tecnologie per l’ottimizzazione delle Wan che consente alle applicazioni su reti geografiche di raggiungere alte prestazioni, semplificando al tempo stesso le attività di server e storage consolidation».


Per Lantech, insomma, anche per le reti geografiche sono possibili gli stessi percorsi di consolidamento e razionalizzazione dei server dell’It e dello stesso parere sembra essere Enrico Trovati, responsabile marketing business Telecom Italia (www.telecomitalia.it): «L’Ip come tecnologia di integrazione di servizi It e Tlc, si sta progressivamente affermando nel settore delle imprese come elemento di razionalizzazione di infrastrutture a supporto del business. Nelle Pmi l’interesse si sta rivolgendo verso soluzioni “chiavi in mano”, in grado di combinare apparati telefonici e qualità della connessione a banda larga a sostegno della voce. Il portafoglio d’offerta “Impresa Semplice” di Telecom Italia punta a soluzioni flessibili, modulari e basate su tecnologie innovative, in grado di rispondere alle esigenze di comunicazione e di ottimizzazione dei costi. Così anche laddove sia necessario un rinnovamento delle infrastrutture tecnologiche il cliente non deve ricorrere a investimenti».


Un’altra rappresentante del comparto telco, Sara Trabucchi, ricorda infine che «la strategia di Vodafone si basa sulla convinzione che la piena convergenza sia realizzabile solamente attraverso una scelta di servizi as-a-service. Tuttavia, nell’impossibilità di intraprendere la strada della virtualizzazione in maniera immediata e radicale, Vodafone propone inizialmente soluzioni di integrazione dell’infrastruttura cliente attraverso progetti specifici. Un possibile caso è quello di un’azienda con più sedi in cui si possono prevedere scenari con mantenimento del Pbx sulla sede principale e virtualizzazione sulle sedi minori, senza rinunciare ai benefici di un’unica Vpn aziendale per la voce».


 


Quando al contrario può diventare opportuna una strategia di virtualizzazione nell’ottica dei managed services? Può trattarsi eventualmente di una misura parziale, mirata sui singoli servizi?


Per Enrico Campagna, che dice di riportare un «punto di vista che non è soltanto di BT Italia», le aziende che hanno “portato in casa” singole tecnologie, per indirizzare bisogni specifici (la videoconferenza fra sedi, per esempio) sono andate incontro a una delusione per l’assenza di un vero “sistema” a supporto della comunicazione unificata. «Un sistema basato su una rete Ip che preveda la gestione della Quality of Service e un livello di assistenza adeguato e puntuale. Per avere a disposizione un ambiente completo che dia realmente accesso a tutte le potenzialità della Uc il modo più semplice è abbandonare il modello di deployment in house (che richiede investimenti e competenze, e necessita di continue valutazioni sul dimensionamento e sull’assegnazione delle risorse) per andare verso l’adozione di cloud services abilitati dalla rete, più flessibili e a prova di futuro».


Anche Massimo Ciocca di Cisco ritiene che la virtualizzazione sia «un abilitatore per qualsiasi modello di business. Questo è ancor più vero quando si parla di managed services, poiché i provider di servizi, che gestiscono migliaia di clienti, devono essere in grado di ottimizzare processi, di semplificare la gestione, di ridurre i rischi al minimo e ovviamente di salvaguardare i costi. La virtualizzazione, abbinata a un’infrastruttura intelligente che garantisce la mobilità, la sicurezza e l’alta affidabilità, secondo il modello Cisco, è in grado di soddisfare proprio questi requisiti».

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Più aperta a scenari di tipo ibrido Paola Pernigotti di Alcatel-Lucent, secondo la quale «le aziende possono scegliere di adottare soluzioni proprietarie o affidarsi alla gestione del servizio da parte dell’operatore. Non credo esista una ricetta valida per tutti, occorre effettuare valutazioni sul Roi in ciascun caso. Si tratta però sempre di un ritorno di investimento rapido, dal momento che i nuovi servizi consentono di accelerare il processo di business, il time-to-market e consentono alle aziende di introdurre un nuovo modo di lavorare più efficace ed efficiente».


Tra i system integrator, Douglas Sivieri di IT Core, riconosce che «i managed services risultano vincenti a fronte di una scelta strategica sui servizi di Tlc globali dell’operatore. Cioè, il mirare sui singoli servizi rende monca una politica di unified communication che guarda all’insieme». Ma sottolinea anche che «la scelta di fornire unified communication da parte dell’operatore deve essere basata su una nuova interpretazione dell’utente finale reso evoluto non per virtù, ma per la necessità di essere lui stesso competitivo sul mercato globale; e intendo competitivo in ogni sua componente aziendale, in primis controllo processi e comunicazione».


Dal canto suo, Stefano Durante aggiunge un altro contributo di prudenza affermando che «le applicazioni mission critical per l’azienda devono essere gestite internamente. L’outsourcing è appropriato per il monitoraggio o il controllo di sistemi che necessitano della massima continuità di business. Per questo la nostra offerta Software-as-a-Service prevede soluzioni per monitorare le applicazioni core business legate al server aziendale e le reti che supportano i servizi provider. Attraverso l’installazione in azienda del Personal Doc, un appliance di controllo di rete che dialoga con i tecnici del nostro operation center, monitoriamo le reti utenti-provider e un servizio di analisi e reportistica su tutti i livelli della “catena di comunicazione”».


Nicola Barbiero di Lantech Solutions, ricorda che vantaggi più evidenti della virtualizzazione risiedono in una significativa riduzione delle complessità, nel risparmio economico e nella semplicità di utilizzo dei sistemi di comunicazione unificata e contact center. «Lantech Solutions, grazie alla suite Lion (Lantech Intelligence on Networks) offre una serie di servizi di real time monitoring e assistenza da remoto che consentono di tenere sotto controllo continuativamente prestazioni, affidabilità e disponibilità della rete. In particolare, Lion VoIp Monitoring è il servizio remoto della suite Lion in grado di controllare costantemente l’infrastruttura VoIp, garantendone la disponibilità e monitorandone la qualità. VoIp Monitoring previene costosi guasti e minimizza qualsiasi downtime dei servizi voce, attraverso un servizio real time non intrusivo, che permette un controllo continuo dell’infrastruttura VoIp, notificando prontamente al cliente eventuali guasti o deterioramento delle telefonate. Solo un’infrastruttura di rete sicura, affidabile e veloce può consentire all’azienda di sfruttare completamente le potenzialità offerte dalle nuove applicazioni dati, voce e video.


Molto favorevoli a un approccio gestito sono ovviamente gli operatori. Enrico Trovati di Telecom Italia sottolinea come la virtualizzazione e, più in generale, le tecnologie di cloud computing siano ormai diventate standard di mercato di elevata affidabilità. «Il percorso di scelta nell’adottare managed services per l’azienda dipende dalla struttura organizzativa e dalla dimensione della società stessa. La grande impresa, dotata di un It management organizzato, persegue obiettivi di consolidamento e di riduzione dei costi operativi. La piccola e media impresa, che si affida a partner It locali, si può porre l’obiettivo di incrementare la propria efficienza operativa attraverso l’impiego di sistemi informativi nei processi di business senza per questo dover affrontare significativi investimenti in anticipo, difficili da valutare e da giustificare in termini di Roi. Telecom Italia, nell’ambito di Impresa Semplice, ha realizzato un’offerta di cloud computing distintiva disegnata espressamente sulle esigenze delle Pmi sia in termini di costi che di flessibilità nelle prestazioni. Ospit@ Virtuale è in grado di valorizzare contestualmente il ruolo dell’operatore e quello del partner locale che guida l’azienda nelle sue scelte It».


Sara Trabucchi, Vodafone Italia, conclude riportando ancora una volta l’attenzione sul settore delle piccole imprese. Per le quali Vodafone «ritiene essenziale un approccio che veda un unico interlocutore porsi come partner e consulente nelle scelte tecnologiche a supporto del business. Per questo ruolo è importante affidarsi a un player in grado di offrire competenze e asset specifici del mondo telco, soluzioni best of breed in ambito Ict, capacità di gestione end-to-end dei servizi erogati e costante presidio rispetto alle esigenze di evoluzione».