L’acquisto di Skype per 8,5 miliardi di dollari da parte di Microsoft nella stessa settimana in cui collassano i più noti servizi Cloud è il segnale dell’importanza vitale per i grandi del settore di trovare nuove strade in un mondo che minaccia (o promette) di cambiare i tradizionali equilibri e punti di forza. I possibili scenari dalle comunicazioni aziendali al mobile
Spesso gli estremi si toccano. Nel giro di una decina di giorni si sono riversate le cateratte sugli scenari del Cloud: crollano le difese del sito di giochi online di Sony (80 milioni di utenti esposti), blocchi di ore ai server dei “re delle nuvole” Amazon e Microsoft, un incendio che manda in tilt la server farm di Aruba, il maggior provider italiano per il mercato professionale. Contemporaneamente, il Web 2.0 si prende delle rivincite con la “proposta indecente” di Microsoft, che porta a casa Skype per 8,5 miliardi di dollari, mentre per Linkedin si profila un’Ipo da 3 miliardi.
Che succede? In tutto il mondo, aziende grandi e piccole sono alla ricerca di nuove formule, di nuovi modelli di business. Gli operatori di TLC sbattono la testa a fronte della forbice tra volumi di traffico in aumento vertiginoso e introiti in calo. Probabilmente maledicono chi ha inventato non solo il VoIP, ma anche Internet, il Web, l’Adsl e via dicendo. Comprensibile che quando gli si parla della fibra gli venga pure l’orticaria. E rosicano pure, a vedere Apple e Google, che non sarebbero dove sono – centinaia di miliardi di dollari di capitalizzazione, di cui una buona fetta per il solo valore del marchio – senza i loro business “over the top”, servizi fatti sfruttando le reti che non pagano.
Nulla più come prima
Chi si ferma è perduto e la regola è cambiare. I produttori di hard disk sono in un mercato in cui ogni ventiquattro mesi raddoppiano le capacità e si dimezzano i prezzi e quindi le varie Western Digital, che ha comprato per 4,3 miliardi il settore storage di Hitachi, o Iomega, che ormai è parte di EMC, devono puntare sul altri business, come il multimediale. Nei televisori – a partire da Samsung – è probabile che la vera differenza non la facciano Led e 3D, ma Internet e connessioni varie. A quando sugli scaffali il Tv con l’hard disk?
Gli 8,5 miliardi di dollari offerti da Microsoft per acquistare Skype sono un autentico botto. Una cifra del genere supera quanto pagato da Oracle (7,4 miliardi) per Sun Microsystems ed è pari a 10 volte non l’utile, che ancora non c’è, ma il fatturato.
Skype – 660 milioni di iscritti, 145 di utenti attivi, solo sei e mezzo che pagano qualcosa – fu comprata per 2,6 miliardi di dollari nel 2005 da eBay, che contava di farne un canale privilegiato per il suo modello di e-commerce. Due anni dopo l’acquirente doveva iscrivere una minusvalenza da 1,4 miliardi e nel 2009 faticava a collocare ai fondi il 70% per due miliardi. Chi ha comprato, ha triplicato l’investimento in due anni.
Perché Steve Ballmer ha aperto fino a questo punto il portafoglio? Ufficialmente, l’azienda di Redmond parla di sinergie con i suoi prodotti e di ripercussioni sul mercato business e consumer. Ma sarà davvero così? Fino a oggi, Microsoft è stata un fulmine nel mondo delle aziende, ha impiegato una vita per decollare nei videogiochi, è stata un flop in ciò che sa di telecomunicazioni.
Il punto è che Microsoft perde terreno in ciò che l’ha resa grande: l’eco-sistema. In dieci anni non ha costruito un social network paragonabile a quello dei competitor. Resta forte nelle aziende, ma è fragile nel consumer. Il browser Explorer è sempre più minacciato (e in Europa superato) da Firefox. Google è avanti nel Cloud e ora introduce il suo Pc senza disco, ma con rete annessa. Caduta l’idea di comprare Yahoo!, Steve Ballmer non poteva sopportare l’idea di farsi soffiare Skype. Ma per farne che? La partita è estesa, anche se più orientata al consumer, salvo un riposizionamento “forte” nell’enterprise.
Nel mobile, Windows Phone sta tentando con ritardo di ribaltare una situazione in cui occupa ormai uno spazio marginale (5% dei sistemi per smartphone) e l’alleanza con Nokia deve mostrare di sommare più opportunità che decadimenti. Le due aziende sei anni fa rappresentavano insieme tre quarti dei sistemi operativi per smartphone. Oggi solo un quarto.
Nokia ha scelto Windows Phone, cancellando dal proprio radar piattaforme troppo vecchie (Symbian) o troppo nuove (Meego) ed evitando di andare nel sovraffollato ambito di Android, già occupato dalla concorrenza. Nokia, grazie alla sua competenza, potrà migliorare il prodotto Windows Phone, ma l’esperienza ha insegnato che occorre creare un eco-sistema e qui c’è una community pronta a saldarsi anche con quella di Nokia-Ovi. Skype più Office potrebbero costituire una proposta più interessante almeno per il mercato aziendale, ma senza troppe illusioni: Rim (BlackBerry) offre l’ambiente sicuro che Skype non ha e gli operatori non sembrano intenzionati a fare sconti all’odiato VoIP. Dettaglio imbarazzante: da un paio d’anni a questa parte, potete scaricare Skype su un telefono Symbian o su Android, ma non su uno con Windows Phone.
La comunicazione con Skype: anche in azienda?
Una carta interessante per Microsoft potrebbe essere quella della Unified Communications, che resta ancora una bella idea in attesa di una reale affermazione sul mercato, anche se sono ormai quattro anni che Microsoft ci prova e ora ha cambiato il vecchio acronimo OCS (Office Communication Server) in Lync. Skype stesso, con la sua idea di voce, video, instant messaging, social network, gestione delle presenze, è una piattaforma di instant messaging. La prospettiva potrebbe essere quella di un’integrazione in più direzioni: con i centralini aziendali – gli IP-PBX – e con gli scenari IMS, l’architettura IP Multimedia Subsystem che potrebbe divenire il collante unificatore per le diverse applicazioni multimediali sulle reti pubbliche.
L’unione di Skype con un mondo di infrastrutture più robusto, orientato alla gestione del QoS e anche allo sfruttamento del video, potrebbe da una parte far crescere più significativamente la parte “pagante” e dall’altra dare forza ad altri progetti di Microsoft, dal Cloud alle applicazioni aziendali in genere. Un “Business Skype” potrebbe così aprire nuove prospettive per i managed services, per i Cloud pubblici e privati. Il problema, però, è che le aziende non si fidano di Skype, di questo sistema P2P dove ogni Pc è un nodo anche solo di traffico, allergico a Firewall e controlli.
Microsoft poteva dire di no?
Otto miliardi e mezzo sono tanti, ma Microsoft poteva permettersi di “non comprare” Skype, nel momento in cui Google, sempre più forte con Gmail, aumenta la sua pressione e Apple sta manifestando tutta la forza dell’ecosistema?
Questi tre anni di crisi economica hanno mostrato la necessità anche per le aziende di successo di non essere “ex di successo”. I casi multimiliardari di HP-EDS, Oracle-Sun, IBM-Cognos, SAP-Business Objects, anche le acquisizioni non sempre di successo di una Cisco che cerca di rimodellarsi (6,9 miliardi di dollari per i set-top box di Scientific Atlante, 3 per Tandberg) indicano l’urgenza di trovare nuova benzina per motori che rischiano altrimenti il logoramento.
La posta in gioco, è il caso di ricordarlo, è quella del modello di Cloud che si imporrà. Si tratterà, alla fine, solo di una maggiore virtualizzazione delle infrastrutture IT e di uno sviluppo di nuovi modelli di outsourcing applicativo, o cambierà il modo stesso di organizzazione delle aziende e delle informazioni? Alcuni osservatori hanno notato che sono più gli americani ad aver appreso dell’uccisione di Osama Bin Laden dal Web che dalla Tv. In un mondo in cui non solo teen-ager e tecno-dipendenti, ma probabilmente anche manager, impiegati e commercianti avranno in mano più tablet e smartphone che Pc, saranno in molti a dover cambiare marcia. La potente Microsoft, ma anche le aziende che sono davanti a una rivoluzione più profonda di quella che, nella metà degli anni 90, vedeva il Pc entrare a fianco dei terminali del mainframe.