La spesa IT delle banche è finalmente tornata a crescere. Si incrementa la spesa destinata allo sviluppo del business. Calano invece gli investimenti per la compliance
La spesa IT delle banche è fedelmente fotografata dall’annuale “Rilevazione dello stato dell’automazione del sistema creditizio” pubblicata da Cipa (Convenzione Interbancaria per i Problemi dell’Automazione) e ABI (Associazione Bancaria Italiana – www.abi.it). Il rapporto è la fonte più attendibile per analizzare l’andamento dei costi IT nel sistema bancario in quanto i dati vengono rilevati a consuntivo direttamente dalle banche con riferimento a due insiemi distinti: i gruppi bancari e le banche singole. Il primo insieme è composto dai 22 gruppi bancari e il secondo da 116 banche, tra cui tutte le maggiori. Complessivamente l’indagine riguarda quindi oltre l’80% del sistema bancario e a questo deve la sua grande qualità. Peccato, però, che l’elaborazione e la diffusione del rapporto richiedano oltre un semestre dopo l’anno di riferimento.
Secondo la rilevazione, l’andamento dei costi IT (intesi come Tco – Total cost of ownership -, ovvero l’insieme di spese correnti più ammortamenti e svalutazioni) ha registrato nel 2010 una riduzione del 6,4% rispetto al 2009. I costi si sono attestati, infatti, a 3.799 milioni di euro e il cash out totale ammonta a 4.156 milioni di euro. La diminuzione è dipesa, in misura significativa, dal decremento dei costi di integrazione, scesi a 75 milioni di euro dai 191 del 2009. Le grandi operazioni di concentrazione fra banche, molto rilevanti negli anni passati, si sono ora quasi esaurite. Per il 2011 ABI-Cipa stimano una inversione di tendenza e valutano un incremento del 4,3%. Tale trend positivo è condiviso da altre autorevoli fonti, anche se con una percentuale più modesta.
La ripartizione della spesa IT per aree tematiche indica che all’area applicazioni va la quota maggiore: il 34,5%; nella ripartizione dei soli investimenti, la quota assorbita dalle applicazioni sale al 52,7% (Fig. 1). La suddivisione per aree funzionali, riferita al cash out piuttosto che al Tco, conferma che la quota maggiore (Fig. 2) va all’area operations (58,6%). Collegata a questa è la ripartizione del cash out tra funzionamento corrente (Run the business – Rtb) e cambiamento (Change the business – Ctb). Il run assorbe in media circa il 65,5% del cash out, contro il 34,5% del change.
Il cash out per interventi evolutivi è stato invece pari a circa 908 milioni di euro e di questi il 33,9% è andato allo sviluppo del business. Tale percentuale, in aumento rispetto al valore dell’anno precedente (30,5%), conferma una tendenza che continua da alcuni anni. La spesa per interventi di compliance è diminuita anche nel 2010: si è attestata infatti a 112 milioni di euro, confermando il trend in costante discesa negli ultimi tre anni. Gli interventi connessi a normative pregresse sono quelli che hanno assorbito la quota maggiore, seguiti dagli interventi per Sepa (Single Euro Payment Area) / Psd (Payment Services Directive).
Assintel su 2011
A livello generale l’Assintel Report 2011 “Il mercato del software e dei servizi in Italia”, realizzato in collaborazione con Nextvalue (www.nextvalue.it), valuta il mercato totale italiano dell’IT nel 2011 in 19.698 milioni di euro, con un modesto incremento del 2,2% sul 2010, che aveva chiuso con un pesantissimo -7,6%.
Specificatamente per il settore bancario e della finanza, Assintel stima per il 2011 una spesa complessiva IT di 4.580 milioni di euro, in crescita del 2,5%. L’inversione di tendenza, considerando il -3,7% dell’anno precedente, è particolarmente significativa.
La percentuale destinata allo sviluppo e innovazione, secondo Assintel, è però di 2 punti più bassa delle medie, pari al 17%, mentre migliora la quota dedicata all’estensione e adeguamento che, con un 27%, è di 3 punti sopra le medie di tutti i segmenti analizzati nel rapporto. La parte di spesa che le banche hanno destinato alla gestione dell’IT esistente è invece il 56%, anch’essa di 1 punto sopra le medie.
Aree prioritarie
Effettuando un’analisi comparata dei due rapporti si può dedurre che, nell’immediato futuro, l’area della gestione delle performance e del rischio appare come l’interesse principale degli istituti di credito, abbinata alla pianificazione strategica e revisione dei processi. «In un momento di estrema volatilità dei mercati, come quello attuale, l’attenzione ai costi diventa uno dei principali obiettivi di un Cio che si trova a dover gestire budget sempre più ridotti ma, nello stesso tempo, a dover affrontare alcuni progetti che non sono rimandabili», afferma Sabrina Rosati, executive vice president, professional services di Tagetik (www.tagetik.it). I progetti, che sono legati agli adempimenti regolamentari e al controllo del business, devono comunque essere affrontati in quanto obbligatori per rispondere ai “requirement” sempre più pressanti delle banche centrali o strategici per pilotare le politiche commerciali e di monitoraggio del core business. In questo contesto di forte attenzione ai costi si creano interessanti spazi per quelle soluzioni che consentono di raggiungere obiettivi progettuali in tempi brevi e con costi contenuti. «Nell’area del performance management e della governance – sottolinea Rosati –, la nostra soluzione si sta dimostrando estremamente efficace e vincente sul mercato». Grazie all’unificazione dei processi e al built in – funzionalità pre-pacchettizzate che evitano di dover scrivere codice durante la fase di implementazione e manutenzione –, Tagetik consente, in effetti, di supportare in modo efficace il business in una logica di forte attenzione al Tco.
«Tra i progetti più strategici per il prossimo futuro – conclude Rosati – possiamo sicuramente individuare quelli legati all’analisi delle performance. Non possiamo però non considerare anche la maggiore pressione che, in questa fase, viene esercitata sul mercato bancario da parte degli organi di controllo: tutto ciò che è legato a un maggiore auditing dei processi e del dato, così come alla disclosure delle informazioni, diventa quindi strategico».
È dello stesso avviso Michele Destino, associate partner financial services sector di IBM Italia (www.ibm.com/it), che precisa meglio la tendenza dal punto di vista dell’impegno IBM. «Le aree su cui stiamo collaborando con le banche – afferma Destino – sono: il rinnovo del core banking, con l’obiettivo di ridurre il costo delle operazioni e migliorare il servizio al cliente; la multicanalità, per aumentare l’utilizzo dei canali più profittevoli; i progetti di analisi dei rischi e compliance, per una migliore gestione delle transazioni». Nonostante la necessità di ridurre la spesa IT, le banche continueranno a investire in progetti legati all’ottimizzazione dell’infrastruttura e semplificazione del parco applicativo, in termini sia di standard utilizzati sia di adozione di processi industriali di sviluppo ed erogazione. La Business Analytics, includendo le soluzioni predittive, per esempio, rappresenta un settore in forte crescita sia per aumentare l’efficacia commerciale che per ottimizzare le aree risk management, compliance e anche antifrode.
«Una delle principali sfide/opportunità – continua Destino – è legata alla crescita dei dati, per volumi, velocità, varietà e quindi al concetto Big Data». Con il termine “Big Data” si sottintendono, infatti, le tecnologie usate, per esempio, in meteorologia e neuroscienze per catturare, gestire ed elaborare dati in tempi utili. Un campo di applicabilità per le “smarter bank” è l’analisi dei dati generati dai social network e dalle transazioni dei clienti. Per aver successo nel nuovo scenario economico le “smarter bank” si stanno muovendo da un modello verticale product-centric a un modello orizzontale customer centric, abilitando così la riduzione dei costi e della complessità. Un’altra tecnologia con un’accelerazione importante è l’intelligenza artificiale o informatica cognitiva. Il progetto IBM Watson, a questo proposito, sta riscontrando notevole interesse proprio nell’ambito della consulenza finanziaria.
«Gli investimenti in tecnologia saranno sempre fondamentali, soprattutto dove consentiranno di ottimizzare processi e risorse in un’ottica di generale efficienza», afferma Fabiana Vudafieri, direttore marketing e sviluppo mercato di InfoCert (www.infocert.it). «A nostro parere – prosegue Vudafieri -, la dematerializzazione resterà un tema di interesse anche nel corso del 2012, dal momento che l’approccio paperless alla gestione di documenti e processi permette di raggiungere obiettivi di ottimizzazione concreti, snellendo l’operatività, migliorando la gestione delle informazioni e riducendo i costi legati alla gestione cartacea dei dati, con grandi vantaggi anche in termini di sicurezza».
Le soluzioni InfoCert, in particolare, consentono di gestire da subito e direttamente in formato digitale molti processi tipici del sistema bancario, come per esempio la firma di contratti in formato digitale, l’apposizione di data certa su pratiche e garanzie, la tenuta digitale di libri e registri contabili, la gestione digitale del back office e le notifiche verso promotori e agenti tramite strumenti di posta elettronica certificata. In questo modo è possibile avviare un processo di innovazione in grado di rispondere a tutte le esigenze di dematerializzazione all’interno di ogni unità – filiali, back office, uffici centrali – oltre che nell’ambito della gestione dei rapporti con clienti e fornitori.
Davide Di Scioscio, business manager office products di Epson Italia (www.epson.it) sottolinea, a sua volta, che «le aree di maggior spesa sono anche quelle che riguardano la virtualizzazione e lo storage e che vi sono diverse realtà che hanno posto l’attenzione sulla gestione dei documenti e sull’efficienza dell’area printing». In effetti, sostituendo, per esempio, unità laser con stampanti e multifunzione Epson Workforce Pro che, grazie a varie caratteristiche (tra cui cartucce ad alto rendimento che stampano fino a 3.400 pagine e alla stampa fronte/retro automatica), offrono un costo copia del 50% inferiore e una riduzione dei consumi energetici dell’80%, oltre a una gestione più flessibile dei supporti di stampa. «Nel settore dell’imaging – conclude Di Scioscio – non vediamo tecnologie fondamentali o abilitanti, ma osserviamo una forte possibilità di sviluppo per la tecnologia inkjet, che ha già portato a notevoli risultati».
Paolo Torri, pre sales director di ADP Byte (www.it-adp.com) prevede una interessante focalizzazione della banca anche nell’area in cui ADP Byte detiene una indiscussa leadership in termini di competenze e quote di mercato: la gestione del personale. «Vediamo – afferma Torri – una spiccata propensione a migliorare gli strumenti di pianificazione e controllo e quelli che facilitano l’integrazione dei processi HR, amministrativi, gestionali e di sviluppo, anche per arrivare a una completa dematerializzazione dei documenti». Insomma, una maggior attenzione a un’efficace gestione delle persone con l’obiettivo di cogliere i benefici derivanti dalla valorizzazione del sapere interno. Qui c’è anche una forte attenzione ai temi del Cloud computing, in particolare per i servizi che non rientrano nell’area core. «Riguardo a questi aspetti – prosegue Torri – c’è sempre più interesse per accedere a servizi di outsourcing, esternalizzando interi processi amministrativi, o a servizi di Software-as-a-Service (SaaS) che consentono di mantenere in azienda il governo e l’operatività dei processi di gestione e sviluppo, accedendo alle migliori risorse hardware e software senza l’onere della gestione delle stesse».
Il Cloud computing in banca è ai blocchi di partenza, ma si cominciano ad affrontare le nuove dinamiche dove le decisioni sono basate sul valore, in aggiunta al parametro del costo. Tale trasformazione implica necessariamente cambiamenti in direzione del Cloud computing se non altro per i vantaggi in termini di velocità di esecuzione e produttività. Le prime aree di innovazione in questo senso sembrano essere il customer support, il contact center, il collaboration, il cross selling e l’upselling in front office. Immediatamente dopo la gestione delle performance, l’archiviazione dei dati e i sistemi di sviluppo e testing delle applicazioni in back office.
Le banche continuano a investire anche nel rinnovamento dello sportello, con la diffusione di strumenti self service in filiale, nel miglioramento dei servizi online con grande attenzione al Web 2.0, al mobile banking e al mobile payment. «Il settore banking per sua natura è oggi quello che maggiormente riflette l’esigenza irrinunciabile di tecnologie capaci di garantire connettività e interoperabilità sempre e ovunque», afferma Andrea Valle, senior enterprise solution manager Emea di Adobe Systems (www.adobe.com/it). Dalla recente indagine Nielsen (http//:it.nielsen.com), commissionata da Adobe, “Customer Experience: scenario e prospettive di aziende e utenti”, infatti, è emerso che le banche sono oggi molto attente alla gestione ottimale ed efficace dell’esperienza digitale dei clienti e vantano un livello più avanzato rispetto agli altri settori. Applicazioni e siti del mondo banking e assicurativo risultano valutati positivamente dagli utenti (82,5%) anche se ancora con abitudini strettamente operative e funzionali alle proprie esigenze.
«L’approccio multicanale – prosegue Valle – viene inoltre identificato come elemento strategico per soddisfare le richieste di livelli di servizio più elevati e sarà una delle sfide per il 2012 per tutti gli istituti bancari italiani». Le banche, infatti, sono oggi consapevoli della necessità di introdurre nei propri sistemi IT soluzioni tecnologiche all’avanguardia in grado di garantire accessibilità di contenuti da qualsiasi tipo di dispositivo, immediatezza di reperibilità delle informazioni, possibilità di interagire e di effettuare operazioni senza doversi recare in filiale. Adobe mette a disposizione la propria piattaforma tecnologica Adobe Digital Enterprise Platform (Adep) per una strategia di digital marketing efficace, grazie a relazioni più interattive, immersive e multicanali con i clienti. La soluzione – modulare, aperta e basata su standard – consente di distribuire soluzioni e applicazioni coinvolgenti attraverso i canali Web, social e mobile disponibili sui nuovi sistemi Android e dispositivi di ultima generazione (smartphone e tablet) grazie all’integrazione di Flash Builder 4.5 e Flex 4.5.
Per quanto riguarda la compliance, gli investimenti maggiori sono verso l’allineamento ai requisiti di Basilea 2 e 3, l’implementazione della Sepa e della Psd, le attività di business continuity e disaster recovery. Secondo Andrea Pettinelli, responsabile gestione clienti e sviluppo commerciale di Cedacri (www.cedacri.it), «nel contesto attuale, gli investimenti degli istituti bancari sono indirizzati in particolare alla compliance, per adeguarsi alle nuove normative europee (Sepa-Psd, Basilea 3, trasparenza, market abuse ecc.), all’innovazione e integrazione dei diversi canali, alla razionalizzazione dei processi (costi e reengineering) e alla dematerializzazione».
«Dopo il forte calo registrato negli ultimi 3 anni – prosegue Pettinelli -, la spesa IT nel settore ha subito una lieve inversione di tendenza, registrando nel primo semestre del 2011 un aumento complessivo dello 0,9% che ha riguardato soprattutto il comparto del software e dei servizi. Il fenomeno è dovuto in particolare alla scelta delle banche di fare ricorso all’outsourcing, completo, applicativo e di processo, con l’obiettivo di ridurre i costi operativi, migliorare la produttività nei processi di business e rispondere adeguatamente alle normative».
Cedacri ha scelto conseguentemente di indirizzare gli investimenti per l’evoluzione del proprio sistema informativo (oltre 60mila giorni/uomo all’anno) in quelle aree in cui gli istituti di credito devono essere sempre più competitivi: i canali innovativi di relazione con la clientela (Internet e mobile banking), le soluzioni per la gestione dei crediti e quelle di monetica, le applicazioni per il controllo di gestione e le soluzioni che supportano il processo di dematerializzazione, come la firma biometrica.
La filiale resta, comunque, al centro del rapporto con il cliente e sta gradualmente evolvendo verso l’erogazione di servizi ad alta qualità e di consulenza, anche se siamo ancora lontani dal punto di arrivo ottimale. Le banche italiane puntano anche molto sul social Web e stanno adottando strategie di comunicazione integrata attraverso l’adozione dei nuovi strumenti di Content Management. Molte banche stanno avviando processi di collaboration con il supporto di nuovi strumenti quali l’audio/video conferencing, l’istant messaging, le chat, i blogs, wiki e forum. Un nuovo modello relazionale che non può non aprirsi anche alle social network più diffuse.
«Se pensiamo alle modalità di comunicazione e interazione tra banca e cliente, ci rendiamo conto che negli ultimi anni i cambiamenti sono stati tanti e profondi – afferma Fernando Catullo, amministratore delegato di Intesi Group (www.intesigroup.com) -. È iniziato tutto con la diffusione capillare del Web, che ha consentito alle banche di arrivare direttamente nelle case dei propri clienti, e continua oggi con l’avvento dei nuovi dispositivi mobili, che portano la banca al cliente ovunque si trovi. Le banche sono impegnate da tempo nel cogliere le opportunità offerte dalla mobilità e riteniamo che anche nel 2012 parte degli investimenti in IT andrà a interessare proprio quest’area. Connesso a questa, un tema centrale sarà quello della sicurezza: applicata alla gestione delle transazioni, al contrasto delle frodi e alla dematerializzazione dei documenti cartacei».
Le tecnologie abilitanti per affrontare tali problematiche sono molte e in alcuni casi complesse. «Noi pensiamo sia importante concentrarsi in particolare su crittografia e firma digitale – ribatte Catullo -: la prima rende inaccessibile la consultazione dell’informazione a chi non è autorizzato, mentre la firma digitale garantisce sia l’identità certa dell’utente, sia l’integrità del dato». Entrambi sono aspetti fondamentali se si parla di mobilità, dove l’assenza di un perimetro da difendere rende necessario spostare l’attenzione direttamente sulla protezione del dato. Grazie alle partnership sempre più strette con importanti operatori del settore ICT, Intesi Group risulta oggi pronta a fornire il meglio nell’ambito della sicurezza su mobile, della firma digitale, della crittografia e delle soluzioni integrate per la produzione di documenti elettronici.
Sicurezza IT
La sicurezza e i presidi organizzativi a supporto sono, infine, un tema sempre attuale nell’IT in banca. Ciò è particolarmente vero con l’introduzione dei diversi strumenti di pagamento elettronico via cellulare e la nuova frontiera del business. L’adozione di standard e best practice che rafforzano la sicurezza della banca è largamente diffusa. Gli standard più adottati in maniera abbastanza omogenea sono: l’ISO 27001 e 27002, il Soc Report e, in particolare, il Pci/Dss. Significativa è l’attenzione rivolta ad assumere informazioni aggiornate su attacchi, virus e malfunzionamenti.
Lo scenario di rischio percepito come critico è l’attacco informatico e il furto o la compromissione delle credenziali per i clienti retail. Per questo si stanno compiendo notevoli sforzi verso l’associazione dell’autenticazione statica al livello informativo e dell’autenticazione dinamica, per l’ovvia necessità di maggiori requisiti di sicurezza a monte della operatività online. Raggruppando le singole opzioni di scelta in cinque “classi tecnologiche” (token, mobile, biometria, carte e sistemi software), appare evidente che il meccanismo del token è al momento quello più utilizzato.
«L’amplificazione del rischio tecnologico ha favorito una maggiore attenzione da parte delle banche verso la sicurezza e gli adeguati livelli di continuità operativa – sottolinea Fabrizio Landini, vice president APC by Schneider Electric Italia (www.apc.com/it) -. Un’esigenza fondamentale è quella di ridurre il consumo energetico in generale, e nei data center in particolare, senza sacrificare il livello di affidabilità delle componenti del sistema e mantenendo, o possibilmente aumentando, il livello di disponibilità del sistema stesso». Con questo obiettivo APC ha recentemente annunciato importanti innovazioni al software di gestione StruxureWare for Data Center, per mettere a disposizione dei data center manager una gamma di strumenti che permettono di accedere e gestire le informazioni e i dati relativi alla sala IT, alimentazione elettrica dell’edificio e qualità dell’energia, raffrescamento dell’edificio e del data center, sistemi di sicurezza fisica. Questa nuova soluzione rende più efficace la gestione, permettendo ai manager di accedere a tutti i dati e a tutti gli strumenti necessari per ottenere dalla propria infrastruttura maggior affidabilità, efficienza, produttività, sicurezza e sostenibilità ambientale.
L’IT come investimento
Il trend più interessante nelle banche evidenzia un cambio di strategia a medio termine: le banche tornano a considerare l’IT non solo come strumento per ridurre i costi aziendali, ma soprattutto come investimento chiave per riavviare e consolidare il percorso di crescita e di sviluppo. Per questo sono fondamentali le tecnologie che consentono veloci ritorni d’investimento, per dare risposte efficaci e tempestive alle criticità.
Secondo i dati ABI-Cipa e Assintel, le banche rappresentano quasi un quarto del totale degli investimenti IT in Italia. Un mercato interessante e in continua e sostanziale crescita nonostante la crisi. Cruciale è il ruolo dell’IT, nella sua capacità di essere “il braccio innovatore” del business, così come la scelta dei partner tecnologici con cui lavorare. Per essere attori di successo in tale importante arena occorre però presentarsi con soluzioni e competenze di prim’ordine, che rispondano esattamente alle esigenze e alle priorità della banca.
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Phonetica: la Business Continuity della fonia
Tra i servizi di telecomunicazioni cui ricorrono sempre più spesso le banche, particolarmente strategico è quello di Business Continuity della fonia. Lo evidenzia Phonetica (www.phonetica.it), ai vertici in Italia nel mercato delle soluzioni di Business Process Outsourcing (Bpo) nelle comunicazioni e partner di istituti finanziari come Intesa San Paolo, Citi e BNP Paribas. Il servizio assicura la gestione del centralino del cliente in regime di disaster recovery, ovvero nell’ambito delle attività volte a ripristinare i servizi telefonici a fronte della loro interruzione per guasti ai flussi primari, garantendo la Business Continuity aziendale. La banca può quindi continuare a lavorare e a comunicare anche quando, a causa di imprevisti o incidenti, si trovi con il servizio di centralino temporaneamente non presidiato: le chiamate in ingresso saranno convogliate e gestite dagli operatori del Centro Servizi milanese fino al completo ripristino del flusso telefonico.