La spesa Ict nelle banche


Le previsioni di spesa in Information and communication technology nelle istituzioni finanziarie non vedono un’inversione di tendenza nel 2010

 

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Il 2009 sarà ricordato come annus horribilis per la spesa Ict nel settore bancario. Il rapporto Assinform 2010 indica una diminuzione in valore del 10,4%, mentre l’annuale “Rilevazione dello stato dell’automazione del sistema creditizio” (agosto 2010), pubblicata da Cipa (Convenzione Interbancaria per i Problemi dell’Automazione) e ABI (Associazione Bancaria Italiana www.abi.it), che ha considerato l’andamento dei costi Ict a campione costante (solo 18 dei 23 gruppi bancari italiani), ha registrato una riduzione di ben il 15,9% rispetto al 2008, attestandosi a 4.057 milioni di euro. La riduzione effettiva è stata quindi ben superiore alla stessa previsione Cipa: erano stati, infatti, stimati costi per 4.239 milioni di euro che prefiguravano un calo del 12,1% rispetto al 2008.

La rilevazione annuale prende a riferimento due campioni distinti: i “gruppi bancari” e l’insieme delle banche a livello “individuale”. Il primo campione è composto dai primi 23 gruppi per fondi intermediati e il secondo contiene 132 banche singole. Complessivamente, l’indagine riguarda l’80% del sistema bancario e rappresenta quindi lo strumento più attendibile.

Secondo l’analisi sulla riduzione complessiva dei costi, hanno inciso, oltre alla crisi economia, la diminuzione delle spese per l’integrazione e anche il dispiegarsi degli effetti, in termini di razionalizzazione e maggiore efficienza nella gestione dell’Ict, dei processi di integrazione già realizzati.

I costi di integrazione si sono attestati intorno ai 191 milioni di euro contro i 482 milioni circa spesi nel 2008. Questi hanno rappresentato un fenomeno molto rilevante nel biennio precedente in considerazione delle operazioni di merger & acquisition. L’andamento complessivo dei costi al netto di quelli per integrazione risulta così meno accentuata (-10,9%) e sostanzialmente in linea con il dato Assinform.

Facendo riferimento al campione costante, si rileva che anche per il 2009 le aree “applicazioni” e “sistemi centrali” incidono in maniera pressoché analoga e assorbono, nella media, oltre il 60% del totale. Seguono, in ordine decrescente, i sistemi periferici (sistemi distribuiti, Atm e Pos) e quelli trasmissivi (reti dati, fonia fissa e mobile). Prosegue la crescita costante del costo “servizi da terzi”. A campione costante, il peso è cresciuto dal 54,9% del 2008 al 66,5% attuale. La percentuale è ancora più alta (67,9%) se si fa riferimento all’intero campione 2009, dove sono presenti 5 nuovi gruppi, tutti in outsourcing.

Nella suddivisione dei costi Ict per aree funzionali, complessivamente ai processi che fanno capo all’area “operations” va, come negli anni precedenti, la quota principale, pari al 60%. Nella ripartizione dei costi Ict tra funzionamento corrente (Run the business – Ttb) e promozione del cambiamento (Change the business – Ctb) e tra i settori aziendali orientati al business (le attività “core”) e quelli dedicati al supporto funzionale, indicati come Functions, anche nel 2009 al Run è riferito circa il 70% dei costi Ict, contro il 30% del Change.

La gestione dei servizi informatici attraverso forme di outsourcing continua a essere sempre più diffusa. Tra i nove gruppi dotati di una società strumentale, la ripartizione dei canoni per aree tematiche evidenzia che la quota più elevata è quella relativa ai “sistemi centrali” (41,7%), seguita da quella dedicata alle “applicazioni” (33,8%). Il 30,5% del cashout Ict per interventi evolutivi – che complessivamente è stato pari a 685 milioni di euro contro i 1.477 milioni del 2008 – è stato destinato allo “sviluppo del business”.

Leggermente più elevata, rispetto al 2008 è l’incidenza media percentuale degli interventi di “compliance”. In realtà, se si considerano i dati in valore assoluto e a campione costante, si osserva che la spesa per tali interventi è complessivamente scesa dai circa 207 milioni di euro del 2008 ai 142 milioni del 2009. L’importo diminuito in modo più accentuato è quello per “normativa interbancaria”; riduzioni significative si notano anche per quel che concerne gli interventi per la privacy e quelli connessi a normative pregresse e alla MiFid. In aumento, invece, la spesa per adeguamento alle disposizioni di vigilanza Banca d’Italia e Consob, per la normativa contabile/fiscale nonché per la Sepa.

Per quanto concerne il demand management, più del 90% dei gruppi effettua la raccolta delle esigenze delle aree di business più volte all’anno (o integra la raccolta annuale con momenti intermedi di revisione). La rilevazione delle esigenze avviene prevalentemente o attraverso strutture del settore Ict specializzate per aree di business o attraverso un’unica struttura dell’area informatica. Nel 78,3% dei gruppi lo stato di avanzamento dei progetti viene controllato da un apposito Project Steering Group, presieduto da un manager del settore Ict.

Grande attenzione è riservata al tema della customer satisfaction interna: complessivamente il 78,2% dei gruppi effettua indagini per rilevare il grado di soddisfazione degli utenti finali. In tutte le indagini i profili di continuità ed efficienza del servizio erogato, unitamente alla tempestività di intervento a fronte di problematiche segnalate, sono gli aspetti maggiormente presenti.

Secondo le banche le previsioni per il 2010, sempre a campione costante, non vedono, purtroppo, un’inversione di rotta: la stima è di una ulteriore riduzione, sebbene più contenuta (-3,9%). Tale valutazione non cambia, se si fa riferimento alla previsione formulata dall’intero campione: a fronte di un consuntivo per il 2009 pari a 4.150 milioni di euro, la spesa prevista per il 2010 ammonta a 3.988 milioni. Sempre al netto dei costi di integrazione, anche i dati previsionali per il 2010 prefigurano una diminuzione più contenuta, pressoché equivalente sia a campione costante (-0,5%) sia a campione completo (-0,6%).

Leggi anche:  Banca del Fucino: con CRIF lancia la sua prima app di Personal Financial Manager

La spinta maggiore potrebbe quindi derivare dagli investimenti in nuovi progetti. Si tratta ovviamente di un fenomeno ancora sotto esame e da confermare, tuttavia evidenzia un cambio di strategia a medio termine: le banche tornano a considerare l’Ict non solo come strumento per ridurre i costi aziendali, ma soprattutto come investimento chiave per riavviare e consolidare il percorso di crescita e di sviluppo.

A tal proposito, il neopresidente dell’ABI Giuseppe Mussari, a margine della presentazione del nuovo programma dell’associazione, intitolato “Per lo sviluppo del paese, orgogliosi di fare banca”, ha voluto sottolineare il nuovo corso: «Cercheremo di fare cose nuove – ha detto – e siamo orgogliosi di aver affrontato e superato la crisi».

«Nonostante la congiuntura economica ancora complessa – gli ha fatto eco il direttore generale dell’ABI, Giovanni Sabatini –, tecnologia e innovazione si confermano i pilastri su cui costruire il futuro del settore, con strumenti, servizi e canali sempre più moderni, efficienti e sicuri al servizio di famiglie, imprese e Pa».

Il messaggio, forte e chiaro, è arrivato anche dall’ultima edizione del Forum ABI Lab (www.abilab.it) 2010 “Scenario delle tecnologie in banca”, il consorzio per la ricerca e l’Innovazione per la banca dell’ABI. La crisi non ha intaccato la propensione a innovare delle banche. Nel 2008 il settore ha destinato all’innovazione circa 6,75 miliardi di euro, il 4,6% in più rispetto all’anno precedente, e anche nel 2009 le spese tecnologiche per lo sportello si confermano in linea o di poco inferiori, con una forte focalizzazione sull’efficienza dei processi. E stando ai dettagli forniti dal rapporto emerge, in effetti, come gli investimenti sui canali di accesso ai servizi bancari e la gestione integrata dei rapporti con i clienti si confermino come priorità, con particolare attenzione alle soluzioni di intercanalità, help desk, call center, gestione sportelli Atm e sicurezza.

Nell’attuale fase sembrano quindi fondamentali le tecnologie che consentono veloci ritorni dell’investimento, per dare risposte efficaci e tempestive alle criticità. In particolare, per migliorare i processi e facilitare l’accesso alle informazioni.

Su questo interessante tema Data Manager ha chiamato i protagonisti dell’offerta e della consulenza per commentare i rapporti citati e la situazione attuale al fine di identificare i più importanti orientamenti per l’immediato futuro e ha rivolto loro alcune domande.

 

Quali sono le previsioni di spesa Ict nelle banche?

«Nel corso del 2009 – conferma Andrea Pettinelli, responsabile gestione clienti e sviluppo commerciale di Cedacri (www.cedacri.it) – la spesa informatica nel settore bancario ha subito un forte calo, registrando una diminuzione complessiva che, in valore, è sostanzialmente quella riferita dai dati illustrati. Una dinamica senz’altro riconducibile alla crisi finanziaria che, però, nei primi mesi del 2010, ha mostrato un’iniziale inversione di tendenza con la risalita degli investimenti. In particolare, c’è un interessante incremento relativamente ai servizi di outsourcing applicativo, infrastrutturale e di processo. A nostro parere, la ragione principale è che, mai come adesso, l’outsourcing può essere una valida soluzione per recuperare efficienza nei costi Ict, migliorare la produttività nei processi di business e rispondere adeguatamente alle nuove normative».

«Per quanto riguarda la previsione, la spesa Ict complessiva nel 2010 – sostiene Alessandro Pocher, direttore divisione mercati di Dedagroup (www.dedagroup.it) – rimarrà costante rispetto al 2009, consolidando la sensibile riduzione registrata e descritta. I risparmi che si continueranno a ricercare con la virtualizzazione, il downsizing e l’integrazione dei gruppi offriranno un po’ di spazio agli investimenti tesi al miglioramento dei servizi alla clientela».

 

Quali sono le aree Ict di maggiore investimento per la banca?

«Una delle applicazioni più rilevanti è nell’ambito della dematerializzazione documentale che genera efficienza e benefici verso i clienti e nell’organizzazione – afferma Andrea Valle, enterprise solution development manager di Adobe Systems South-West Europe (www.adobe.com/it) -. I workflow bancari sono “paper intensive” con notevoli impatti sui costi nelle fasi di ricerca, reperimento, gestione, distribuzione, conservazione e smaltimento della carta. Per esempio le attività svolte allo sportello per la gestione dell’intero ciclo di vita del documento hanno un costo di deposito e conservazione pari a 1.500 euro all’anno per sportello, quasi il doppio delle altre voci primarie (gestione logistica e ricerca e spedizione). Adobe – prosegue Valle – propone applicazioni di modulistica elettronica (emissione di carte di credito, erogazione di mutui, concessione di prestiti e fidi) per un’acquisizione dati sicura, veloce e a prova di errore grazie a codici a barre multidimensionali e alla firma digitale. In secondo luogo propone anche la generazione automatica e personalizzata di documenti contrattuali e comunicazioni alla clientela, per migliorare il servizio e la fedeltà, riducendo i costi di gestione e applicazioni di conservazione sostitutiva a norma di legge, per archiviare in forma digitale i documenti cartacei raccolti allo sportello».

Sono numerosi i progetti realizzati con la soluzione Adobe LiveCycle ES. Citiamo, per esempio, IWBank che ha ottimizzato la gestione della modulistica e migliorato l’efficienza e Findomestic che ha digitalizzato la propria contrattualistica rendendo la gestione più efficiente.

Leggi anche:  Open Banking: crescono del 49,2% gli italiani con almeno un conto connesso

«Il nuovo modo di “fare Banca” vede al centro la relazione con il cliente – sostiene Rino Tranzillo, responsabile offerta mercati finanziari di ATS-Advanced Technology Solutions (www.atscom.it) -. L’attenzione innovativa si deve quindi concentrare nel personalizzare e rendere bilaterale il rapporto con il cliente e perseguire nel contempo più obiettivi: creare una banca più vicina all’utente, più efficiente e meno costosa».

«Riteniamo anche noi – spiega Paolo Torri, marketing & product portfolio manager del Gruppo Byte (www.bytesh.com) – che l’impegno debba essere rivolto soprattutto alle aree che gestiscono la relazione con il cliente e che generano valore per l’azienda. Fra queste ne individuiamo due che riteniamo strategiche e che hanno come denominatore comune i dipendenti. Innanzitutto quella che ottimizza i processi di gestione delle persone, inoltre quella dedicata allo sviluppo delle loro competenze e delle loro performance, sempre in ottica di miglioramento del servizio al cliente».

«In questo difficile contesto, gli investimenti degli istituti bancari continueranno a riguardare in particolare l’adeguamento alle normative (Sepa, Psd, Trasparenza, Basilea 3), le soluzioni per migliorare i processi di erogazione del credito, il governo del valore e l’area distributiva», aggiunge Andrea Pettinelli (Cedacri).

«Sono d’accordo! – interviene Alessandro Pocher (Dedagroup) -. Le aree di maggiore investimento per le banche nel 2010 saranno quelle legate alla compliance, in continuità con gli anni precedenti. I temi dominanti saranno quindi ancora la Sepa e il risk management, con una crescente attenzione ai sistemi di supporto alle decisioni in vista di Basilea 3. Seguiranno gli investimenti tesi allo sviluppo del business, in particolare quelli legati alla ristrutturazione dei servizi alla clientela (filiali leggere con più Atm, Internet banking in chiave Web 2.0, mobile banking più completo per l’iPhone-iPad e smartphones basati su Android, con conseguenti impatti sui sistemi Crm».

«Particolare enfasi verrà data, a nostro avviso, a nuove iniziative in grado di sostenere le razionalizzazioni dei flussi con interventi utili alla digitalizzazione dei processi interni e finalizzate al raggiungimento di obiettivi di risparmio, efficienza operativa e qualità dei servizi – sostiene Fabiana Vudafieri, direttore marketing e sviluppo mercato di InfoCert (www.infocert.it) -. In particolare per le tematiche inerenti la gestione ottimizzata dei back office».

«Saranno prioritari gli investimenti per rinnovare l’operatività allo sportello, nell’ottica di migliorare efficienza e efficacia delle attività rivolte al cliente – è l’opinione di Luciano Meschi, sales support manager finance di SAS (www.sas.com/italy) -. Anche l’adeguamento alle compliance è un argomento di particolare attualità, sia per i progetti legati alla direttiva Psd, sia per le evoluzioni di Basilea. I progetti di compliance per rispondere ai requisiti normativi dovranno affrontare anche processi che sono cross business come la qualità dei dati. Un argomento che può essere affrontato come singolo processo specifico per la normativa di Basilea oppure nella visione più ampia e strategica introducendo il tema della data governance. All’interno di questo processo saranno definiti e messi in opera gli elementi di data quality richiesti dalla normativa. L’ambito compliance potrà facilitare anche processi di innovazione tecnologica come il grid computing ed essere l’occasione per un risparmio di costi».

 

Quali nuove tecnologie Ict sono fondamentali e/o abilitanti per lo sviluppo di settori strategici della banca?

«La costante innovazione tecnologica determina la diversificazione nell’offerta bancaria – risponde Rino Tranzillo (ATS) -. L’interazione con il cliente è ormai di tipo multicanale, parte dalla filiale e arriva al mobile. Accogliere l’utente con tecnologie di Digital signage in filiale e informarlo in modo puntuale sul dispositivo mobile, sono due differenti modalità di un approccio unico fatto di attenzione alla relazione. Il focus vede un potenziamento delle piattaforme tecnologiche secondo logiche di integrazione sempre più spinte, capaci di gestire il cliente in modo evoluto, di garantire la gestione dei processi in logica straight-through e con una modalità di utilizzo orientate alla riduzione dei costi (SaaS e cloud computing)».

«Concordo con il collega – dice Alessandro Pocher (Dedagroup) -. Le tecnologie di maggiore impatto saranno quelle legate al mobile banking, che diverrà il canale principale per l’attività dispositiva della clientela privata. Sempre per il mercato retail sarà importante l’evoluzione dei sistemi di Internet banking in chiave multimediale per sfruttare al meglio le opportunità legate alla diffusione della Tv intelligente».

«Sembra superfluo parlare di Web – interviene Paolo Torri (Byte) -, ma non è così, perché ancora troppe banche non sono dotate di adeguati sistemi finalizzati alla gestione evoluta del personale e dei costi a esso connessi. Questi sistemi dovrebbero occuparsi di supportare il decentramento delle funzioni operative, la gestione delle informazioni e la loro semplice reperibilità. Un altro tema che sta prendendo piede è la grande presenza di dispositivi mobili che, a nostro avviso, dovrebbero essere utilizzati anche per coinvolgere i dipendenti in processi operativi e autorizzativi per migliorarne l’efficienza, come per esempio quelli relativi alla mobilità in trasferta o alla corretta gestione delle assenze».

Leggi anche:  Gli italiani continuano a preferire il contante: più di un terzo lo usa per i pagamenti

«Noi di InfoCert – dice Fabiana Vudafieri – riteniamo che l’implementazione di un modello di “banca digitale” consenta di raggiungere gli obiettivi di efficienza interna e di qualità dei servizi erogati, sulla base di un modello di Document e workflow management, con eliminazione del cartaceo fin dall’origine. Ciò è possibile anche grazie all’adozione di strumenti innovativi – come quelli offerti nelle nostre suite – per l’autorizzazione delle operazioni, con gestione di firma e autenticazione esclusivamente in formato digitale».

 

Quali progetti saranno strategici per il prossimo futuro della banca?

«L’attenzione si è concentrata, fino a ora, sulla compliance – sostiene Rino Tranzillo (ATS) -. La nuova visione è quella di trasformare il vincolo normativo in una opportunità per migliorare la relazione con il cliente. Dare maggiore enfasi agli aspetti di trasparenza, applicare in modo puntuale la best execution e monitorare costantemente il rischio del portafoglio del cliente sulla base del suo profilo, non è solo un modo per essere MiFid compliant, è un processo virtuoso per potenziare la qualità del servizio al cliente e rafforzare l’immagine della banca».

È opinione di Paolo Torri (Byte) che «tutti i progetti che favoriscono l’ottimizzazione delle attività e la riduzione di inefficienze in ambito risorse umane abbiano un impatto positivo immediato sui risultati aziendali. Questo si verifica sia per la possibilità di pianificare correttamente le risorse, economiche e non, relative al personale, che per l’efficacia nell’individuazione delle migliori risorse sia in processi di selezione dall’esterno che di mobilità interna. Noi di Byte abbiamo esperienza e soluzioni per rendere concreto tutto ciò».

«Cedacri – spiega Andrea Pettinelli – ha scelto di indirizzare gli investimenti per l’evoluzione del proprio sistema informativo (oltre 30mila giorni/uomo) focalizzandosi da un lato sulla gestione della compliance e dall’altro sull’evoluzione di alcune aree applicative strategiche. In particolare, la revisione dei modelli di rating e della pratica di fido, consente a Cedacri di disporre di una soluzione completa, comprensiva anche di servizi di credit scoring, back office e business information, per rendere più veloci, controllati ed efficienti i processi di erogazione del credito. La nuova soluzione Value Manager offre una suite completa a supporto dell’intero processo di pianificazione e controllo di gestione; mentre le nuove applicazioni di sportello, Internet e corporate banking rispondono all’esigenza di migliorare l’efficacia e l’efficienza della banca multicanale. Nello specifico, sul fronte dell’Internet banking, sono in fase di attuazione una serie di nuove implementazioni alla piattaforma in modo da poter offrire, entro la fine dell’anno, un canale diretto più ricco di funzionalità e maggiormente fruibile dai dispositivi mobili di ultima generazione».

«L’evoluzione strategica più importante, che consentirebbe alle banche italiane di sfruttare il loro stato di relativa salute e di approfittare della circolarità Sepa – aggiunge Alessandro Pocher (Dedagroup) -, sarebbe l’adeguamento dei sistemi di core banking a una reale operatività paneuropea, sia sotto il profilo normativo che sotto quello dell’efficienza. Ciò faciliterebbe l’internazionalizzazione soprattutto degli istituti di medie dimensioni e delle banche innovative a forte componente di conti online. Dovrebbe poi crescere l’attenzione verso i temi della finanza islamica, sia per poter crescere nel mondo arabo, sia per servire adeguatamente gli immigrati sul mercato italiano».

«Strategici saranno sicuramente i progetti legati alla data quality – afferma Luciano Meschi (SAS) -. Un’innovazione che sarà tanto più strategica quanto più sarà legata al concetto di data governance o a processi specifici come per esempio quello di Basilea. Altri progetti particolarmente cruciali saranno quelli legati ai piani per la sicurezza, al miglioramento dei processi interni e l’adeguamento alle nuove tecnologie come per esempio il passaggio alle carte a microchip».

«Importanti investimenti dovranno essere dedicati anche ai sistemi di condizionamento – ricorda Marcello Chiozza, direttore commerciale Italia di Stulz (www.stulz.it) -. A testimonianza di ciò ci sono già oggi numerosi impianti realizzati da Stulz come, per esempio, il Ced del Gruppo Intesa San Paolo. Il progetto ha attuato l’ampliamento della potenza elettrica in continuità assoluta in due Ced e, di conseguenza, l’incremento della capacità di raffreddamento. L’impianto realizzato è basato su condizionatori con una riduzione del consumo di energia sino al 60%. Le unità Stulz sono, infatti, dotate di ventilatori con motori a commutazione elettronica (EC fan) che consentono un’altissima efficienza, flessibilità di impiego e un basso impatto ambientale. La gestione del ventilatore è fatta da microprocessore e il sistema Dfc (Dynamic free cooling) è in grado di adattarsi in modo preciso alle condizioni ambientali e alle variazioni del carico termico».

 

Mercato in continua crescita

Secondo i dati ABI-Cipa le banche rappresentano quasi un quarto del totale degli investimenti Ict in Italia. Un mercato interessante e in continua e sostanziale crescita nonostante la crisi. Cruciale è il ruolo dell’Ict, nella sua capacità di essere “il braccio innovatore” del business, così come la scelta dei partner tecnologici con cui lavorare. Per essere attori di successo in tale importante arena occorre però presentarsi con soluzioni e competenze di prim’ordine, che rispondano esattamente alle esigenze e alle priorità della banca.