Secondo Jean Bozman (IDC), Cloud computing e Big Data sostengono la moderata, ma costante crescita del mercato globale dei server. Dominio per la piattaforma x86. Il supercalcolo vuole Linux
È un’industria sempre più condizionata dalle spinte della virtualizzazione e del Cloud computing, che confondono sempre di più i confini tra macchine fisiche e logiche. Ma anche dalle crescenti esigenze in materia di calcolo ad alte prestazioni (Hpc, high performance computing), dove i requisiti tecnologici sono più stringenti e l’interesse da parte degli utilizzatori finali non viene più dagli ambiti ristretti della ricerca e della simulazione scientifica, ma si ritrova sempre di più in situazioni “normali”, come la finanza o l’industria manifatturiera. E su tutto emerge la problematica vasta e pervasiva del Big Data, la necessità di estrarre informazioni significative da una mole impressionante di dati strutturati e non strutturati che devono essere sempre disponibili.
Quello tracciato da Jean Bozman, vice presidente per le ricerche dell’Enterprise Platforms Group di IDC in California (www.idc.com), è un quadro complesso per un dispositivo, il server, che negli ultimi anni ha subito un’evoluzione tecnologica impressionante. «Basta guardare al tema del Big Data – dichiara la Bozman -. Si calcola che la mole di informazioni che le aziende devono gestire, informazioni strutturate e non, quindi i dati registrati nei database veri e propri e quelli che chiamiamo genericamente “multimediali”, sono aumentate di sei volte nell’arco degli ultimi tre anni». Data Manager ha incontrato la Bozman nella sede milanese di IDC – headquarter europeo per quanto riguarda le attività sui mercati verticali, gli “IDC Insights” – cogliendo l’opportunità della presenza della ricercatrice a Milano per il summit IBM (www.ibm.com/it) sulla Business Continuity (di cui riferiamo in altra parte di questo numero di Data Manager), organizzato in collaborazione con la società di ricerche e consulenze.
Quanti sistemi server si vendono e chi sono i leader di mercato? Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Worldwide Quarterly Server Tracker di IDC, nel 2011 sono state vendute 8,3 milioni di unità (+4,2% rispetto al 2010) per un valore complessivo di 52,3 miliardi di dollari (+5,3%). A guidare le classifiche di vendita un quintetto capitanato da IBM, che ha superato con il 31,5% di quota mercato HP (29,3% di share, contro il 31,2% con cui guidava la classifica 2010), seguite da Dell, Oracle (l’acquirente di Sun), Fujitsu e un “resto del mondo” che però nel complesso supera di poco il 13% del mercato. Nell’ultimo trimestre dell’anno le dinamiche hanno visto una crescita significativa, in valore, per la fascia orizzontale dei server della famiglia x86, che rappresenta ormai, secondo la Bozman, più del 90% del mercato in termini unitari. «In passato il valore dei server x86 venduti non raggiungeva il 50% dell’intero mercato, ma alla fine del 2011 superava quota 65%».
Su questo predominio pesa il fattore Linux, un sistema operativo che da solo sfiora ormai il 19% del mercato a valore. Davanti a Linux c’è ancora l’ambito Unix, che subisce tuttavia una continua erosione. A favore di Linux gioca in particolare la domanda di sistemi e applicativi Hpc e in generale il Cloud computing. Non a caso, precisa l’esperta di IDC, uno dei segmenti più “caldi” dal punto di vista dei fattori di forma è quello dei blade server (dominato da HP, che aveva oltre il 47% del mercato nell’ultimo quarto). La categoria dei blade server si affianca, nelle classifiche stilate dal “Server Tracker” a una nuova categoria di prodotto, i cosiddetti Density Optimized server, dove vengono classificate le macchine destinate ai data center che cercano di coniugare al meglio le opposte esigenze di una crescente potenza di calcolo a parità di superficie occupata e di riduzione dei consumi di energia e condizionamento.
Qual è l’impatto della virtualizzazione? Si vendono meno macchine ora che è possibile ottimizzarle grazie alle virtual machine? «In realtà – risponde la Bozman -, dopo la contrazione rilevata nel biennio 2008-2009, il numero complessivo di server fisici continua ad aumentare. Leggera, a una cifra percentuale, ma la crescita c’è. Le macchine virtuali effettivamente crescono in modo più significativo, direi a tassi di 6-8 macchine virtuali per server. Ci sono ambiti come il bancario, dove si raggiungono facilmente proporzioni di dieci server virtuali per server fisico».