L’evoluzione dell’outsourcing

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Outsourcing, application management, servizi di infrastructure e workplace management: anche in questi ambiti il rapporto tra vendor e utenti si evolve alla luce delle trasformazioni in atto nell’Ict nel suo complesso
di Luca de Piano


L’esternalizzazione dei servizi o della gestione delle infrastrutture informatiche costituisce tuttora un approccio molto seguito da diverse aziende. L’attenzione ai costi e la ricerca di maggiore flessibilità sembrano essere i maggiori driver di questo fenomeno, e si fa sempre più strada la possibilità di avere accesso a skill e a conoscenze aggiornate, che sarebbero troppo costose se costruite in azienda. Le indicazioni emerse dalle aziende interpellate da Data Manager per questa ricognizione nell’universo outsourcing sono piuttosto unanimi anche nell’individuare i nuovi modelli che si stanno facendo strada, primo fra tutti quello del “pay-per-use” favorito dalla modalità “as-a-Service”. Lo conferma tra gli altri un colosso come IBM Italia (www.ibm.com/it), secondo cui «le esigenze di aumentare la rapidità di approvvigionamento di risorse infrastrutturali e di limitare l’impegno finanziario iniziale richiesto stanno facendo emergere i nuovi modelli di utilizzo dei servizi Ict in modalità “as-a-Service”, con modelli di sourcing che superano quelli tradizionali in quanto consentono di raggiungere benefici più rilevanti in termini sia di maggiore flessibilità e scalabilità delle soluzioni, sia di adozione di un modello “pay-per-use”», spiega Stefano Patarnello, strategic outsourcing business line executive di IBM Italia. 


Anche le modalità di fruizione del servizio sono in fase di cambiamento: «Negli ultimi anni stiamo assistendo all’affermarsi di modelli di outsourcing selettivo rispetto a quelli di full outsourcing di tutta la funzione It, dove a essere gestiti non sono gli strati orizzontali del sistema informativo aziendale, come l’infrastruttura e le applicazioni, ma porzioni verticali che spesso prendono il nome di piattaforme», sottolinea Carlo Magistrelli, HP Enterprise Services Italy region vice president di HP (www.hp.com/italy). Si tratta di nuovi modelli che, sempre secondo Magistrelli, «richiedono uno sforzo di governance importante, dove la qualità della relazione tra outsourcer e cliente e la differenziazione dell’offerta diventano aspetti fondamentali e imprescindibili». La tendenza riguarda più in generale l’acquisto di servizi Ict, che si traduce nella richiesta di contratti sempre più brevi per soddisfare il crescente bisogno di flessibilità nell’approccio al business e alla tecnologia. È un fenomeno che, secondo HP, «rappresenta una naturale conseguenza dell’imprevedibilità dei cicli economici degli ultimi anni: tale scenario, a cui probabilmente assisteremo ancora nel futuro prossimo, sta portando le aziende a privilegiare risultati di breve periodo rispetto a quelli di medio-lungo termine tipici dei contratti di outsourcing tradizionali».


E se non va dimenticato che l’argomento “costi” costituisce ancora un driver fondamentale nelle decisioni di outsourcing, bisogna anche tener presente che il significato che si attribuisce oggi a questo termine è molto ampliato. Per esempio, «la necessità di istruire skill interni all’azienda, dedicati esclusivamente o meno a un determinato servizio, tempo fa non veniva automaticamente inserita nella voce costi, mentre oggi lo è sempre di più», fa notare Giovanni Gavioli, country manager di Esker Italia (www.esker.it). E questo influisce nella scelta di un servizio in outsourcing, anche se vi sono eccezioni: nel caso di alcune tipologie di servizio, come per esempio la conservazione sostitutiva dei documenti, i fastidi legati a obblighi di legge fanno sì che non siano poche le aziende che preferiscono esternalizzare tale servizio in ogni caso, indipendentemente dal fattore costi.


 


Un percorso di “co-making”


Per IBM «ciò che realmente differenzia sul lungo periodo è la capacità dell’outsourcing di migliorare il margine operativo e dare spazio all’innovazione: è quindi il rapporto con l’outsourcer l’elemento determinante per l’individuazione delle soluzioni più innovative», spiega Stefano Patarnello. Per questo, un progetto di outsourcing è un «percorso di co-making intrapreso con il cliente, per disegnare la trasformazione in modo integrato con il suo modello di business. Tale percorso parte dalla comprensione delle priorità del cliente e, facendo leva sul ventaglio di competenze tecnologiche e di mercato, prosegue rispondendo con una soluzione che affronta tutti gli aspetti del servizio: qualità dell’offerta, ampi livelli di flessibilità e capacità di adattamento alle richieste di business, piani di risk management, valori finanziari». Per quanto riguarda le modalità di utilizzo dei servizi in outsourcing, come osservato poco sopra, si fanno sempre più strada i modelli “as-a-Service”. Tra i più maturi, secondo Patarnello, «emergono quelli relativi alla virtualizzazione delle postazioni di lavoro, alla gestione degli strumenti di collaborazione e alla disponibilità di infrastrutture virtualizzate per attività di sviluppo e test. In questo ambito l’offerta di servizi cloud di IBM, assieme ai più tradizionali modelli di sourcing, permette alle aziende di disporre di un’infrastruttura all’avanguardia, solida e flessibile, per meglio rispondere alle esigenze di dinamicità che l’economia globale richiede».


 


Nuove aspettative


Anche HP rileva come la riduzione dei costi rimanga «il driver principale per intraprendere una strategia di outsourcing, ma il focus si sta spostando verso l’innovazione, la flessibilità dei servizi e dei modelli di pricing. Per questo nei contratti sono spesso inclusi anche servizi di consulenza It e di system integration, considerati abilitanti per l’innovazione e per le iniziative di trasformazione», sottolinea Carlo Magistrelli. Al riguardo, l’azienda propone la “Innovation Agenda”, una sorta di «accordo formale di partnership che impegna a lavorare insieme per sviluppare e realizzare concretamente idee e proposte innovative, con l’obiettivo di migliorare continuamente il servizio erogato a supporto del core business». Nelle iniziative HP è «sempre più presente il cloud computing, importante per le enormi potenzialità in termini di scalabilità e risparmio date dalla possibilità di erogare servizi su Internet attraverso un modello “as-needed, pay-per-use”, che ne faranno la piattaforma privilegiata per l’outsourcing del prossimo futuro». Ma quella delle soluzioni “cloud” non rappresenta l’unica tendenza in atto, visto che è sempre attuale l’esigenza di innovazione nei processi It, «attraverso l’adozione di standard di It governance, per esempio Itil e Cobit, che sono di fondamentale importanza per instaurare un linguaggio comune tra impresa e fornitori», prosegue Magistrelli. E non solo: «Le aziende necessitano ogni giorno di più di poter misurare i livelli di servizio erogati dall’outsourcer attraverso metriche e Sla sempre più sofisticati, relazionandoli direttamente con i modelli di pricing e con i processi di business del cliente».

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Sulle aspettative delle aziende, Simone Angeli, amministratore delegato di Visiant Outsourcing (www.visiantoutsourcing.it), non ha dubbi: «Nel panorama attuale la manutenzione e il supporto ai sistemi informativi interni assorbono la maggior parte del budget It di un’azienda, e ne lasciano solo una minima percentuale alla pianificazione e alla strategia. Le aziende cercano, quindi, un outsourcer che permetta loro di ottimizzare le prestazioni con un’attenzione particolare alla continuità del servizio e alla scalabilità, ma che consenta anche un risparmio, a favore di attività strategiche di medio e lungo periodo». Per quanto riguarda i motivi, i costi e la complessità di gestione delle infrastrutture, questi costituiscono driver primari, ma, secondo Visiant, «soprattutto nel caso dello strategic outsourcing, la scelta può essere influenzata da altre ragioni: in particolare, il beneficio può consistere nell’aumento dei ricavi, in quanto esternalizzare infrastrutture dedicate ad attività strategiche molto focalizzate può determinare una maggiore efficacia e un time-to-market più rapido rispetto all’ordinario».


 


L’outsourcing verticale


Passando alla voce di outsourcer più specializzati in settori verticali, non si può non chiedere il parere di Cedacri (www.cedacri.it), che ha oltre trent’anni di presenza sul mercato, soprattutto in ambito bancario. «Oggi, la nostra percezione è che, se le realtà bancarie hanno già massicciamente adottato l’esternalizzazione infrastrutturale e applicativa come scelta strategica, anche le aziende non bancarie si stanno muovendo con sempre maggiore rapidità in questa direzione», spiega Andrea Pettinelli, responsabile direzione gestione clienti e sviluppo commerciale della società. Consapevole di questo, Cedacri ha deciso di allargare lo spettro dei propri servizi, dando vita a una nuova duplice offerta di outsourcing: la gestione in facility management dell’infrastruttura It e la disponibilità in modalità SaaS (Software-as-a-Service) inizialmente di servizi di contabilità generale su SAP, gestione del personale e tesoreria. «I servizi in modalità SaaS consentono alle imprese di beneficiare di soluzioni all’avanguardia, che permettono di aggiungere qualità al business a costi variabili in base ai consumi, senza la necessità di investimenti onerosi in licenze d’uso e in infrastrutture che poi richiedono manutenzione, aggiornamento e personale specializzato a supporto», sottolinea Pettinelli.


Sulla stessa linea anche Alcatel-Lucent (www.alcatel-lucent.com/it), noto soprattutto come fornitore di soluzioni di comunicazione, offerte sul mercato in outsourcing o come managed services. «Nelle telecomunicazioni sta evolvendo il concetto di reti e di applicazioni e in parallelo anche quello di outsourcing: c’è spazio per nuovi concetti di valore che vanno oltre quelli tradizionali di maggiore efficienza delle risorse – esordice Antonio Carrozzo, direttore services central Mediterranean Countries dell’azienda -. Molti operatori e imprese stanno evolvendo le loro reti verso un’architettura all Ip, più flessibile e più agevole da gestire, ma contemporaneamente devono fare i conti con l’aumentare dei servizi e delle applicazioni sulle reti stesse, spesso tecnologicamente stratificate». È quindi importante proporre ai clienti un approccio personalizzato alla complessità, grazie a esperienze e competenze di livello internazionale e all’impiego di avanzate soluzioni per la gestione degli elementi di rete, l’ottimizzazione dell’infrastruttura, l’adeguamento ai nuovi servizi.


Per Giovanna Nuzzo, corporate communication manager & Crm di Océ Italia (www.oce.com/it), «oggi l’outsourcing non è soltanto uno strumento per ridurre i costi, ma un modo per supportare il core business delle aziende con processi più efficienti e veloci: in questo senso Océ, che gestisce in outsourcing i processi documentali delle aziende, aiuta i clienti a recuperare redditività ed efficienza, realizzando appieno il Business process outsourcing». Infatti, le motivazioni sono cambiate: «Se negli anni Novanta l’outsourcing rappresentava un modo semplice e veloce per alleggerire l’organizzazione dai costi fissi, oggi la decisione di passare a questo modello si basa su criteri più complessi e rende delicata la scelta del fornitore – prosegue Nuzzo -. I nostri clienti non intendono solo ridurre i costi, ma anche trovare un partner in grado di garantire un’innovazione continua a vari livelli: nelle tecnologie, nei servizi, nei processi documentali e nelle competenze necessarie a ridisegnare tali processi». L’approccio per processi è fondamentale: nel tempo, l’offerta basata su modelli tradizionalmente legati ai centri stampa si è infatti evoluta verso la gestione elettronica degli archivi documentali, l’erogazione di sevizi direttamente sul desk dell’end user e verso il Business process outsourcing, dove i documenti costituiscono solo una parte del servizio.


 


Le risorse umane


Un attore da tempo presente sul mercato dell’outsourcing dell’amministrazione e della gestione del personale, Byte (www.bytesh.com), fa notare come, oltre alla riduzione dei costi fissi interni, il motivo per cui ci si rivolge a specialisti esterni sia una maggior qualità del servizio e una riduzione dei rischi relativi alla gestione del personale. «Uno degli obiettivi principali di Byte è la riduzione delle attività no core dei propri clienti, facendo sì che possano concentrarsi sulle attività di carattere gestionale», spiega Alberto Belluardo, direttore divisione Outsourcing. Ma non solo: «Le aziende affidano a esterni la gestione di un servizio perché in questo modo non devono occuparsi, oltre che della sua erogazione, anche dei continui aggiornamenti tecnologici richiesti – prosegue Belluardo -. Per questo, è importante rispondere a tali necessità con flessibilità e soluzioni tecnologicamente avanzate. Nel nostro caso le aziende hanno l’esigenza di affidare al 100% l’amministrazione e la gestione del personale, compresa la parte It. Infatti, la modalità “Full Outsourcing”, che consiste nel sostituire interamente la funzione interna dell’azienda, è quella più richiesta oggi, e noi la offriamo sul mercato già da dodici anni».

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Rimanendo in ambito gestione risorse umane, Franco Gementi, business development manager Italy di HR Access Solutions (www.hraccess.it), spiega come per le aziende, l’outsourcing sia «un catalizzatore per il cambiamento e un facilitatore della trasformazione delle strutture dedicate alle human resources, che permette di strutturarsi in modo da contribuire alle performance complessive dell’azienda, diventando un vero e proprio partner di business in grado di generare valore». Anche perché «la domanda di outsourcing porta inevitabilmente a un esame delle questioni fondamentali che incidono sulle politiche e sulle strategie di gestione di un’impresa». Però, secondo HR Access, «non esiste un modello vincente, mentre c’è quello più adatto per il singolo cliente: l’estensione dei servizi di outsourcing può variare da mera gestione di infrastrutture e di elaborazione dati sino al governo completo di un processo, passando da una fornitura di servizi di manutenzione applicativa». Qualunque sia il servizio di outsourcing scelto, il risultato finale deve essere sempre lo stesso: permettere alla direzione delle risorse umane di contribuire alle prestazioni globali di un’impresa concentrandosi sul core business.


«Le aziende che oggi scelgono l’outsourcing si prefiggono fondamentalmente tre obiettivi: ridurre significativamente i costi; migliorare l’efficienza dei processi interni; ottenere le massime garanzie sulla conservazione e protezione dei dati – afferma Giovanni Mocchi, direttore business unit Consulting & Services di Zucchetti (www.zucchetti.it) -. Per soddisfare queste aspettative offriamo un modello di outsourcing che poggia da un lato su soluzioni applicative Web perfettamente integrate tra loro, sia in ambito paghe e gestione delle risorse umane sia in ambito amministrativo e gestionale, dall’altro su un data center, la Server Farm Zucchetti, che garantisce elevati standard a livello di: qualità dei servizi erogati, sicurezza fisica, informatica e logica, e business continuity». Per Zucchetti conta molto anche poter offrire una struttura di consulting interna capace di garantire una riprogettazione complessiva dei processi del cliente e di sfruttare appieno il potenziale del proprio sistema integrato. A questo si aggiunge una modalità di outsourcing flessibile e scalabile in base alle diverse tipologie di clienti, passando da una gestione in servizio della sola componente infrastrutturale e di data center a una vera e propria gestione in full outsourcing di interi processi di lavoro.


Sulla stessa linea è anche Zeta Service (www.zetaservice.com), un altro outsourcer specializzato in risorse umane. «La nostra esperienza nell’amministrazione del personale in outsourcing ha evidenziato come l’ottimizzazione dei costi è stata sicuramente la ragione principale della diffusione di questo servizio in Italia, ma negli ultimi anni a questa si è aggiunto un fattore qualitativo molto importante: il nuovo ruolo dell’ufficio del personale all’interno dell’azienda», conferma Silvia Bolzoni, amministratore della società. Non a caso, in quanto oggi la direzione del personale ha necessità di abbandonare le attività operative fortemente “time consuming” per dedicarsi ad attività più strategiche e gestionali a vantaggio dell’intera organizzazione aziendale. Gli elementi vincenti sono più che mai la personalizzazione del servizio e la flessibilità del partner nell’adattarsi alle sempre nuove esigenze delle aziende.


 


L’ora del servizio completo


«Le aziende si stanno orientando alla richiesta di un servizio completo, che permetta una gestione integrale del processo, con una sempre maggiore attenzione agli aspetti legati alla certezza dei costi e ai risparmi, rispetto alla garanzia di evoluzione tecnologica o di sviluppo degli skill», sottolinea Enrico Alloro, country manager di Tieto Italy (www.tieto.it). Ed è proprio per questo che «l’offerta si concentra sempre più su pochi vendor, specializzati e caratterizzati da una grande solidità finanziaria, dove la tendenza è quella di fornire un outsourcing globale, che includa infrastruttura, software e applicazioni». In questo scenario, anche per Tieto l’ottimizzazione dei costi rimane il driver principale, per cui si tende a «privilegiare partner che uniscano una forte esperienza nel loro settore alla possibilità di avvalersi di offshoring e global sourcing: queste soluzioni permettono infatti un tipo di esternalizzazione diverso rispetto al passato, che cerca di superare proprio i punti deboli di questo sistema, cioè la cesura tra i processi interni ed esterni al cliente e il monitoraggio delle attività del fornitore». In sostanza, «si va affermando uno schema misto, in cui il partner interagisce con il cliente, mantenendo le fasi di fascia alta a livello locale, in modo da assicurare il massimo risultato nella progettazione, pianificazione e monitoraggio e demandando alle proprie infrastrutture esterne le fasi esecutive – conclude Alloro -. Il partner diventa in questo modo una sorta di collante dei processi, garantendo la corretta comunicazione».


 


L’universo delle Pmi


«Per le imprese di piccole e medie dimensioni avvertiamo una forte necessità di semplificazione e in contemporanea di accesso a capacità e professionalità specifiche, a differenza delle grandi aziende che guardano sempre più all’outsourcing come strumento di governance e di alto livello di servizio – sottolinea Marco Martignoni, partner di Everis (www.everis.it) -. Analizzando lo scenario si nota che le capacità dei vendor di fornire una risposta ai clienti differiscono ancora in modo profondo in funzione di diversi fattori quali dimensione, organizzazione, globalizzazione e modello di sourcing proprio. Ma non solo: anche la cultura aziendale del vendor ha un’influenza nel garantire la capacità di far evolvere e adattare il servizio ai cambiamenti più o meno evidenti del fabbisogno del cliente nel tempo». Per questo, la capacità di restare allineati a esigenze che mutano nel tempo è un fattore che resta differenziante. Everis però non crede nell’esistenza di un approccio o un modello “one size fits all”: «Vi sono invece diverse componenti del servizio sperimentate, ma che devono essere singolarmente configurate a partire dalla richiesta del cliente e dalle specificità delle piattaforme di cui ci si occupa. I modelli vincenti sono quelli che di volta in volta permettono di definire un servizio ritagliato sul cliente oppure l’accesso a grandi economie di scala, oltre a saper garantire un costante allineamento nel tempo», conclude Martignoni.

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Valore per il business


«Le aziende che si affidano all’outsourcing hanno ovviamente come aspettativa primaria l’efficienza nei costi e la razionalizzazione dei processi coinvolti», esordisce Michele Scarici, marketing & presale market unit Ict di Gruppo Comdata (www.comdata.it). Ma se l’ottimizzazione dei costi costituisce un driver importante nella scelta di un outsourcer, è anche fondamentale «superare la barriera dell’outsourcing e proporsi al mercato come partner industriale per la business transformation, un partner che genera valore ed è in grado di stabilire collaborazioni strategiche di lungo periodo con i propri clienti: l’efficienza nei costi, l’aumento della qualità del servizio, il miglioramento delle performance di business sono le tappe e i driver di un percorso che va oltre i confini dell’outsourcing». In questo senso, il modello di outsourcing Ict proposto da Comdata permette di «trasformare l’outsourcing in un valore strategico, attraverso la modalità “pay-per-use”, che offre la possibilità di rendere variabili i costi in base ai volumi di servizio utilizzati, di accedere velocemente alle nuove tecnologie necessarie a portare innovazione e crescita al business».


Infine, per Giovanni Gavioli (Esker), «quando si parla di outsourcing, indipendentemente dalla reale forma tecnologica che si applica, i potenziali beneficiari di questo servizio hanno in mente semplificazione, riduzione dei rischi, esternalizzazione dei potenziali problemi legati alle soluzioni desiderate e, ovviamente, riduzione dei costi globali di gestione». Qui il vantaggio è spesso tangibile, perché «i vendor di outsourcing, che forse sarebbe più appropriato definire “service partner”, mettono a disposizione di ogni singolo fruitore del servizio una conoscenza e una esperienza che, nella maggior parte dei casi, richiederebbe all’utente finale anni di pratica e costi in proporzione». Tra i modelli preferiti, va sottolineato ancora una volta che semplicità e chiarezza di fruizione costituiscono gli aspetti più importanti nella scelta della modalità di fruizione del servizio di outsourcing. Ma secondo Esker, il modello che «rende la situazione win-win per cliente e service provider è quello legato al mondo SaaS, dove la soluzione necessaria viene resa disponibile nel modo più semplice e immediato possibile, standardizzando senza banalizzare, in alcuni casi anche rinunciando, da parte del cliente, ad aspetti di personalizzazione estrema che richiederebbero sviluppi ad hoc».
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La tendenza a ridurre i costi rende necessario lo sgravio delle voci di bilancio più onerose; sempre più frequentemente perciò, le aziende si svincolano dall’immobilizzare un patrimonio come quello che riguarda l’Ict, scegliendo la formula del noleggio operativo. Acquistare e gestire in proprio una tale complessità di strumenti (hardware e software) si scontra anche con budget ridimensionati e poco flessibili; coordinare tutti i fattori chiave diventa perciò un gioco di equilibri nel quale non è consentito perdere concentrazione.


Computek Locazioni (www.computeklocazioni.it), la prima società tutta italiana attiva nel settore già dal 1984, ha portato il concetto di noleggio operativo a un tale livello evolutivo che, negli aspetti di delega amministrativa, ha molte similitudini con l’outsourcing vero e proprio. «Il Contratto Aperto Computek Locazioni – spiega Alessandro Villa, manager dell’azienda – consente di modificare il parco locato con grande semplicità e in tempo reale, a seconda delle esigenze del momento, anche per forniture di piccola entità, con adeguamenti contrattuali semestrali».  


In pratica, il cliente mantiene libera scelta sui propri partner tecnologici, concordando con loro le soluzioni più adeguate al miglior prezzo e l’esatto momento in cui approvvigionarsi. Computek Locazioni si preoccupa poi di tutti gli aspetti di gestione amministrativa con i fornitori, inviando loro gli ordini, regolando puntualmente le fatture e tenendo traccia informatica di tutte le variazioni intervenute sul parco Ict, analizzandolo periodicamente con il cliente e fornendo quindi un quadro puntuale e dettagliato della sua situazione tecnologica. Al termine di ogni contratto, Computek assiste il cliente nelle decisioni relative alle singole apparecchiature: un nuovo utilizzo o lo smaltimento nel rispetto delle normative. «In sostanza – aggiunge Villa – ci facciamo carico dell’intera gestione dell’asset tecnologico, permettendo ai nostri clienti la piena concentrazione sulla propria attività e un utilizzo efficiente del parco Ict, con notevoli risparmi, anche poco evidenti: dal personale non impiegato in attività burocratiche ai benefici che una tecnologia sempre aggiornata apporta in termini di risparmio di tempi e qualità del lavoro».