Presente e futuro

La storia del mondo dei venture capitalist: un’analisi dettagliata dei cambiamenti vissuti e un rapido sguardo in avanti per capire come e dove migliorare

 

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Antonio SimeoneCrisi, dal greco “krìsis”, vuol dire scelta, decisione, rottura di continuità. È un impatto che la crisi sta sviluppando anche nel settore del venture capital. Lo dimostrano segnali diversi, sia soft sia hard, tutti comunque significativi. Cominciamo dai segnali soft. A causa della crisi, secondo Bill Janeway, un famoso venture capitalist ed economista americano, oggi si assiste a una drastica riduzione dell’ammontare degli investimenti in venture capital. Infatti, il capitale gestito da società di VC e gli stessi VC sono in netto declino a partire dal 2001, quando si sono iniziati a registrare dei profitti al di sotto dell’indice NASDAQ e il mercato ha vissuto il suo picco speculativo. Tuttavia, ci sono sempre stati venture capital e di certo non scompariranno nel futuro. È necessario solo prendere coscienza del fatto che si tratta di un settore che deve essere rimesso in discussione e ripensato. Stiamo assistendo oggi – come sostiene Bill Janeway – a una biforcazione tra un piccolo numero di grandi società venture che continuano a investire fondi per bel oltre un miliardo di dollari e un numero molto maggiore di imprese di VC. Inoltre, i grandi VC sono portati a investire in realtà diverse dalle classiche start-up, puntando prevalentemente su investimenti di growth equity, mentre le piccole società di VC preferiscono finanziare la ricerca e lo sviluppo di grandi aziende, finanziando progetti che si spera possano essere venduti ottenendo una cospicua revenue. Le società di VC si trovano quindi di fronte alla necessità di ripensare il loro ruolo, passando dalla funzione di finanziamento di nuove imprese innovative a quella di sostegno di imprese già esistenti in modo tale da potenziare la loro capacità di innovazione, cercando di esaltarla anziché reprimerla.

Per comprendere tali cambiamenti, occorre abbandonare la convinzione che i VC possano essere una sorta di “monade” a sé stante, di un ecosistema isolato e autosufficiente, dotato di funzioni determinabili aprioristicamente e iniziare a pensare alle società di venture capital nel loro intrinseco networking sia con il mondo delle start-up sia con il mercato del lavoro.

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Liquidità e controllo

Ogni volta che un VC decide di finanziare una start-up, espone il suo investimento iniziale a un elevato grado di incertezza. Soltanto il futuro e i primi bilanci potranno rivelare se l’investimento realizzato sia stato una scelta giusta o meno. Bill Janeway, raccontando la sua esperienza personale nella fondazione di Life Technologies, ha rivelato come per gestire tale grado di incertezza siano indispensabili il possesso di liquidità e di controllo: liquidità per scoprire le situazioni critiche e controllo per definire i parametri del problema.

Quanto all’immagine hard, dobbiamo tenere conto dei cambiamenti che si sono registrati sul piano finanziario. Mentre prima la start-up nascente era finanziata da un VC che acquistava il software per un valore pari a quello ipotizzato in futuro, oggi il modello si è modificato in termini matematici, passando alla nuova strategia operativa di vendere il prodotto per un valore che sia pari all’incremento di valore registrato per un’unità di tempo prestabilita o per un numero di utenti predeterminato. La strategia prevalente di investimento – come dichiara Bill Janeway in un’intervista a Forbes  – sembra essere quella di “spray and pray” (spargere e sperare). Vengono elargite grandi quantità di denaro a molte start-up in blocco, con la consapevolezza che la maggior parte di esse falliranno e solo due o tre riusciranno a emergere. Insomma, non vi è alcun modo sicuro per giudicare chi sarà un investitore di successo. Gli amministratori delegati delle nuove società che cercano un finanziamento dovrebbero definire un business plan che preveda un percorso verso il raggiungimento di un flusso di cassa positivo prevedendo sia il capitale necessario sia le difficoltà tecniche, in particolare comprendendo le condizioni di mercato nelle quali operare, i concorrenti e il settore di mercato in cui inserirsi. Tenuto conto di tutte queste circostanze, il consiglio di Janeway per gli imprenditori e per coloro che li finanziano è di pensare costantemente e ripetutamente a quando vendere.

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Vincitori e vinti 

Nonostante le previsioni di Bill Janeway sul mondo dei VC che di certo non possono dirsi ottimistiche, sembrano esserci dati in grado di far ben sperare per il futuro.

Infatti per il 2014, i venture capitalist e gli amministratori delegati delle più grandi società si aspettano maggiori investimenti nel capitale di rischio, un aumento dell’IPO e rendimenti più elevati, secondo un sondaggio NVCA. Il 2014 sarà un anno che vedrà vincitori e vinti. Tra i grandi vincitori vi sono le start-up che offrono prevalentemente prodotti in Business IT, Consumer IT e Healthcare IT. Occorre anche menzionare nella top list, il VC americano Sequoia che ha realizzato oltre 50 volte il suo iniziale investimento nella vendita di WhatsApp a Facebook, e il successo derivante dalla vendita della biotech italiana EOS per un valore che ha superato di oltre 14 volte l’investimento iniziale. Tutto ciò fa molto bene all’ecosistema che si nutre di exit. In questo modo si creano miti, emulazioni, leggende. I perdenti comprendono tecnologie pulite, dispositivi medici e prodotti di biofarmacia. Quando si tratta di valutazioni di start-up, la maggior parte dei venture capitalist si aspettano un miglioramento. Le aspettative per le valutazioni più elevate e un mercato delle IPO migliorato sarebbero ovviamente a beneficio di tutti i partecipanti, quindi non c’è nulla da perdere nell’essere più ottimisti. Dopo tutto, l’ottimismo della maggior parte degli amministratori delegati potrebbe attirare maggiormente l’interesse degli investitori in modo tale da soddisfare le loro previsioni.

La lista 2014 di IPO comprende aziende che si avvicinano ai 100 milioni di dollari di entrate e stanno crescendo almeno del 30%. Sono prevalentemente aziende che offrono servizi wireless e di cloud storage. Se il 2014 si rivela davvero un anno di grande successo per i VC, più di quanto non lo sia stato il 2013, potrebbe scoppiare nei prossimi cinque anni la bolla delle IPO e se ciò accadesse, forse entro il 2018, i rendimenti VC finalmente batterebbero il paniere delle S&P 500.

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Nel 1999, Paul Gompers e Josh Lerner nel saggio “The Venture Capital Cycle” affermano che tutti i VC sono “self-liquidating”, cioè si auto liquidano – o meglio – sono destinati ad avere breve vita e a scomparire dopo dieci o dodici anni. Affinché sia possibile ottenere un alto rendimento dal proprio investimento, è necessario che un gruppo di start-up tra quelle finanziate conosca un periodo di rapida crescita. Nella maggior parte dei casi, la liquidità si ottiene con l’IPO o con la vendita commerciale. Come ci si arriva? Uno dei principali indicatori è la crescita di una o più start-up, l’aumento del suo organico. La crescita del numero dei dipendenti è la conseguenza di un aumento di valore dovuto al ciclo di redditività. Ma quello che si registra oggi e soprattutto in Italia, a parte casi sporadici, è una mancanza di coordinazione tra il tempismo del finanziamento, la redditività e la crescita della start-up: questo mancato allineamento è di ostacolo alla crescita delle nuove imprese. In conclusione, la crisi generale in corso offre un’occasione unica ai leader dei venture capital, che oggi hanno la possibilità di riscrivere e riconfigurare alcuni fondamentali di base dell’economia industriale. E questo vale anche per gli italiani. La partnership tra imprese e VC è giunta a un bivio strategico, in cui è inevitabile scegliere tra trasformazione o declino. Solo il tempo ci dirà quale sarà stata la scelta.