Quando penso e parlo di innovazione, dato il contesto in cui opero e l’azienda che guido in Italia, il legame con la “tecnologia” è per me immediato e naturale. Tuttavia, amo sempre sottolineare che si tratta di una relazione che da sola non è sufficiente poiché l’innovazione è prima di tutto “cambiamento culturale e di pensiero”. Innovare, sia in un contesto lavorativo che sociale, significa prima di tutto vedere come l’evoluzione tecnologica possa influire sulle attività quotidiane e, soprattutto, significa essere disposti ad accettare culturalmente il cambiamento che da essa deriva. Solo questo tipo di approccio, a mio avviso, può portare a una reale innovazione.
Proviamo a pensare, per esempio, a come gli smartphone e le loro innumerevoli funzionalità nonché servizi correlati, siano stati in grado di abbattere le barriere della comunicazione permettendo alle persone di interagire liberamente superando i vincoli imposti da modelli organizzativi aziendali stanziali. Connessione e mobilità si sono infatti tradotti nella possibilità di utilizzo di un numero illimitato di servizi e di informazioni che permettono di semplificare il lavoro (e molte altre sfere della vita) attraverso una più efficiente e rapida gestione delle attività quotidiane, consentendo l’accesso immediato a nuove opportunità, nuove idee, nuove soluzioni, che possono essere valutate e interpretate dall’utente con un punto di vista che non tiene più solo conto del “cosa” ma anche del “dove” e del “con chi”. È evidente che inserire strategicamente il peso di questi nuovi elementi anche nell’ambito di un’organizzazione aziendale, significa essere pronti ad accettarne le conseguenze, in primis quella di trasformare il proprio modello aziendale da “statico” a “dinamico” e, subito dopo, quella di ampliare moltissimo il proprio sguardo e le proprie capacità e risorse d’analisi. In questo senso oggi, non deve più stupire il nuovo modo di lavorare che molte aziende sposano, la nostra in testa per evidente “vocazione” alla mobilità. Se fino a qualche anno fa, infatti, era impensabile l’idea di poter gestire le proprie attività lontano dalla propria scrivania, oggi avviene quasi il contrario. Direi infatti che, per esempio guardando alla nostra organizzazione, ci stupiremmo della capacità di portare valore aggiunto per quel miliardo e più di clienti Nokia nel mondo senza fare l’esperienza diretta e continua di ciò che è fuori dalla nostra realtà. In questo senso la messa a punto di strumenti tecnologici sempre più evoluti e capaci di supportare molteplici funzioni in contemporanea, ridisegnano e spostano i confini del tempo e dello spazio, che non impongono più una presenza “fisica” in azienda, quanto una capacità intellettuale di cogliere in un luogo, lasciatemi dire, non necessariamente definito, l’opportunità: sia essa di business tesa alla crescita, di relazione e, perché no, di qualità della propria vita. Questo è infatti un approccio che permette di ottimizzare indubbiamente la gestione del tempo, migliorando la produttività e l’autonomia delle persone e, di riflesso, la loro crescita professionale e quindi anche aziendale.
Oggi il mondo intero sta vivendo senza dubbio un momento storico molto complesso ma, come spesso accade, proprio nelle situazioni di grande difficoltà si delineano anche importanti opportunità poiché il bisogno di “risolvere” stimola l’analisi, il pensiero e il desiderio di generare e creare situazioni positive. Per farlo bisogna avere la possibilità di vivere e fare esperienza della realtà nella sua complessità, misurando appunto il “cosa”, in relazione al “dove” e anche al “chi”. Credo che questo valga per i singoli individui così come per le aziende. La tecnologia messa al servizio della cultura e del coraggio di cambiare può riservare grandi sorprese. Nokia ha innovato aprendo la strada verso la rivoluzione mobile e oggi continua a lavorare per offrire al mondo intero l’opportunità di disegnare nuovi confini di innovazione tecnologica e culturale.
Alessandro Mondini Branzi, amministratore delegato di Nokia Italia