Observer – Il mercato: male, malissimo, anzi benino

sandro_frigerio
Incertezza e segnali di ripresa si mescolano nel mercato It. Ma dopo il gelo del 2009 esce anche il quadro di un’azienda che ha imparato a utilizzare al meglio le proprie risorse e a governare l’It con più autonomia. Rinnovo del parco, virtualizzazione, cloud segnano anche la ripresa dell’hardware

Abbiamo appena girato la boa, archiviato il primo semestre, ma c’è una domanda che non ha ancora una risposta: come sta andando il mercato italiano dell’It? A fine aprile, Assintel, dalle sale milanesi di Palazzo Castiglioni segnalava (analisi di NextValue) un calo del primo trimestre 2010 del 25,8% sull’anno e del 7,7% rispetto ai tre mesi precedenti, lasciando però degli spiragli positivi per il terzo e quarto trimestre 2010, con crescite sequenziali rispettivamente del 3 e del 12%. Passato un mese, dalla Cà de’ Sass di via Romagnosi, Assinform, attraverso le stime di NetConsulting, indicava un calo nel 2009 dell’8,1% mentre il primo trimestre si è chiuso con un –2,9%.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Dopo le gomme lasciate sull’asfalto nel primo trimestre del 2009, la frenata continua, insomma, ma in modo soft. Come si può vedere, stime diverse da parte delle due maggiori realtà associative del settore, ma con un’idea dominante: un 2010 che si va stabilizzando per affrontare quello che potrebbe essere un piccolo rimbalzo. Ancora troppo debole per parlare di recupero di un settore che in 12 mesi ha perso fatturato e addetti.

Non è molto, a dire il vero, soprattutto nel confronto internazionale. Nel primo trimestre di quest’anno, Gartner segna, nell’hardware, una ripresa in dollari del 6% nei server e per i Pc proietta addirittura un +12%. I conti dei grandi dell’hardware e del software sono stati complessivamente positivi a livello mondiale. In Italia, insomma, il freno sembra restare tirato più che altrove. C’è però chi vede le cose in un’ottica un po’ diversa. «Mai fidarsi troppo delle cifre, anche perché a volte nascondono quegli aspetti qualitativi che fanno la vera differenza», suggerisce Antonio Romano, general manager IDC Sud Europa, che ammette comunque il notevole grado di incertezza che riguarda il mercato nostrano. «Stiamo raccogliendo segnali diversi e al momento le proiezioni sull’intero anno per l’Italia sono per noi comprese in una forchetta tra pochi punti negativi e pochi punti positivi: molto dipenderà dal secondo semestre».

Le imprese spendono meglio

Leggi anche:  Cinque diverse generazioni nel mondo del lavoro: dai Boomer alla Generazione Alpha

Sono due gli aspetti che invitano Romano ad andare controcorrente. «In primo luogo c’è una fondamentale differenza nel modo di misurare il mercato: come spesa dell’utente e come ricavi dei fornitori. La seconda riflette evidentemente una serie di passaggi tra diversi operatori sul mercato, ma nel 2009 si è assistito a un forte processo di disintermediazione, insomma una catena più corta tra fornitori e utenti: meno passaggi intermedi e anche processi di in-sourcing. Se mediamente dal 2000 e fino al 2008, fatta 100 la spesa degli utenti, la somma dei fatturati era 135, a partire dal 2009 abbiamo assistito a una rapida discesa verso l’attuale 115-120». In altre parole i grandi fornitori esternalizzano molto meno lavoro e lo svolgono internamente. Si tratta, secondo IDC, di un paio di miliardi di euro di mancate commesse che rappresentano il fatturato di 70 – 100 tipiche società italiane di software e servizi.

Ancora più strutturale potrebbe essere la seconda argomentazione “correttiva”. In sostanza, la minor spesa è una cattiva notizia per i fornitori, ma non necessariamente per gli utilizzatori. «Da una parte ci sono i processi tecnologici: i processi di virtualizzazione e di consolidamento hanno lasciato i loro segni, anche se inizialmente c’è stata una componente di spesa aggiuntiva per adeguare il parco server e storage», dice ancora Romano che si aspetta anche un’altra ondata di virtualizzazione, quella del desktop. «Dall’altra c’è un’utenza che è diventata più matura, che è meno dipendente di prima dai suoi fornitori e quindi sta imparando a spendere in modo più cosciente. Certo, in Italia occorre comunque fare i conti su aspetti frenanti che sono la polverizzazione delle aziende, la ridotta internazionalizzazione, per cui la parte preponderante della spesa è in mano a un numero relativamente ridotto di aziende. Sul versante positivo dobbiamo però mettere un’utenza più matura, che incomincia a pensare ai nuovi progetti e tra questi metterei anche il cloud, che è stato sin qui sottovalutato ma manifesta dinamiche interessanti».

Leggi anche:  Lutech: crescita record del +25% nel primo semestre

I fornitori: eppur si muove

Un tono di “ottimismo ragionato” trapela tra i vendor dell’hardware, il grande malato del 2009. Nei Pc stime internazionali e locali sembrano confermare la ripresa delle vendite di desktop, viste come un segnale del risveglio delle aziende, alle prese con un parco ormai invecchiato. Se a livello mondiale si è registrata per la prima volta dopo molti anni una crescita più favorevole ai desktop che ai notebook, i segnali sono avvertiti anche in Italia.

«Dai nostri panel abbiamo rilevato per il periodo gennaio–maggio una crescita delle vendite di desktop professionali a due cifre e noi stessi cresciamo in questo segmento a ritmo doppio del mercato. Nei desktop consumer la frenata sta rallentando, ormai a una sola cifra, e anche questo è un buon indizio», dice Luca Rossi, general manager di Acer per Italia e Benelux, che vede in questa “ripresina” gli effetti dello svecchiamento del parco, spinto anche dall’arrivo di Windows 7. «Nel mobile, i netbook hanno svolto un ruolo molto importante, con crescite che nei primi mesi dell’anno sono state anche superiori al 50%, mentre ora si va verso una stabilizzazione. In Italia ormai i netbook rappresentano il 30% delle vendite dei Pc portatili, contro il 20-25% europeo e una serie di fattori giocherà ancora a favore: nuovi modelli più performanti, soprattutto nella grafica, minor pressione delle telco e quindi più spazi e più margini anche per il canale retail».

Il ciclo italiano è in ritardo?

Una spiegazione della minor dinamica italiana viene da HP. «La crisi economica ha colpito l’Italia con qualche mese di ritardo rispetto agli altri Paesi europei, come già in passato, e ne sta uscendo più lentamente», ha detto a Data Manager Alessandra Brambilla vice president e general manager Personal Systems Group, che sottolinea come (dati IDC), nel 2009 l’Italia dei Pc, proprio per questo ritardo, abbia fatto «meno peggio» della media europea in termini di fatturato, calato del 19% contro un -22% a livello Emea. Nel primo trimestre 2010 le parti si invertono: l’Italia aumenta dell’1,5% contro il +16,4%.

Leggi anche:  Altea IN sigla in Francia l’acquisizione di HELYAD

«Nel 2009 – dice ancora Brambilla – le imprese più grandi hanno contratto gli investimenti It, mentre le Pmi hanno sperimentato una carenza di liquidità dovuta a un difficile accesso al credito. Nel 2010 le grandi imprese hanno ripreso a investire in particolare a causa di un parco macchine ormai vecchio che genera oltretutto alti costi di gestione. Tra le Pmi, le aziende maggiormente votate all’export hanno ripreso a crescere e tra queste quelle che credono nell’innovazione hanno ricominciato a investire nelle tecnologie». Per l’anno in corso, a Cernusco sul Naviglio (sede di HP) si parla di mercato Pc in ripresa con segnali incoraggianti: «Il primo è che la sensibile caduta dei prezzi medi, che ha caratterizzato il 2009, non solo si è fermata, ma anzi ha invertito la rotta; il secondo è che all’attenzione dell’utente verso prodotti con un buon rapporto qualità/prezzo si affianca anche la richiesta di prodotti molto performanti e con particolare attenzione alla multimedialità. Segnali incoraggianti per HP che è leader nel segmento a maggior contenuto tecnologico».

A far la parte del leone, dicono nelle sedi dei due market leader italiani e mondiali, saranno comunque ancora i notebook, «sempre più performanti e con autonomie che nei nostri nuovi modelli arrivano a 12 ore», dice in Acer Luca Rossi. «Ormai i notebook sono il 72% dei Pc venduti in HP – ricorda Alessandra Brambilla -, ma anche il segmento dei desktop, pur se non in crescita, è caratterizzato da alcune aree di interesse in termini di innovazione: pensiamo alla tecnologia touch e al segmento all-in-one su cui stiamo investendo che, in un solo anno, è passato dal 7% al 20% del totale desktop». Insomma, è vero che l’hardware non è “il” mercato It e i Pc non sono “tutto l’hardware”, ma qualche luce si incomincia a vedere. La parola, adesso, spetta al clima economico.