La tv riscopre il bar

Juventus Live di Tok.tv dà voce ai tifosi lontani. Dopo undici anni di successi nel campo della sincronizzazione dei dati in mobilità, Fabrizio Capobianco di Funambol, si lancia nella social tv. Le sue app permettono di condividere a distanza tutto l’entusiasmo per gli eventi sportivi live 

 

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Fabrizio CapobiancoTorniamo a parlare di uno dei personaggi high-tech più coraggiosi e anticipatori. Fabrizio Capobianco appartiene alla generazione di ingegneri del software che hanno vissuto la prima fase della net economy. Appartiene alla prestigiosa scuola di sviluppatori dell’Università di Pavia e pur avendo costruito la sua carriera imprenditoriale in California, ha voluto mantenere forti legami con l’Italia e il suo capitale umano.

La sua prima start-up, Funambol, fu fondata nel 2001 combinando diversi elementi allora autenticamente disruptive: la mobilità, il problema della sincronia dei dati tra dispositivi diversi, la filosofia open source. Dopo undici anni di successi, Capobianco riparte con una nuova avventura, Tok.tv, volgendo questa volta il suo sguardo visionario a un “old medium” come la televisione e il suo potenziale relazionale con la piattaforma social per eccellenza: Internet.

 

La tv interattiva 

Da parecchio tempo, il tema della tv interattiva è un contenitore di grandi aspettative e brucianti delusioni. Imprenditori e sviluppatori hanno speso molte energie nella ricerca del Sacro Graal della modernità: riuscire in qualche modo a fondere due tipi di schermo, quello del televisore e quello del computer, in una sorta di ibrido capace di generare nuove forme di fruizione, contenuti e naturalmente revenue.

Finora le varie ricette proposte, dalla televisione on demand ai vari set top box multimediali, hanno avuto esiti alterni, mai decisivi. Capobianco, con TOK.tv riparte dal bar. Le sue app per smartphone e tablet consentono di commentare in diretta, anche in viva voce, i grandi eventi, soprattutto sportivi, con amici, che – invece di essere seduti sui cuscini dello stesso divano – si trovano a due, duecento o duemila chilometri di distanza. La prima di queste applicazioni riguarda il baseball, uno sport che Capobianco ha imparato ad amare nella sua casa in California. Un’altra è stata pensata per commentare la cerimonia degli Oscar cinematografici, gli Academy Awards. Con l’inizio del nostro campionato di calcio, Tok.tv ha sorpreso il pubblico italiano con una app dedicata ai tifosi della Juventus.

Leggi anche:  Aruba e MIX: attivato nuovo PoP nell’Hyper Cloud Data Center (IT4) a Roma

«L’espressione Social TV – racconta Capobianco – è stata principalmente sinonimo di Twitter e Facebook. Si guardano programmi ed eventi in tv e si commenta quel che accade sullo schermo twittando o aggiornando il proprio profilo. Io sentivo il bisogno di qualcosa di più social e più intimo al tempo stesso. Non volevo limitarmi a scrivere “goooool” senza poterlo urlare insieme agli amici con i miei amici, magari perdendomi l’azione successiva perché ero incollato allo schermo sbagliato». L’esperienza della visione condivisa a distanza senza la mediazione di un social network complesso è resa possibile da app come Juventus Live, che mescola elementi come il VoIp e la messaggistica, fungendo però anche da secondo schermo per la consultazione e lo scambio di informazioni e statistiche.

 

Continuità storica

 L’inventore di TOK.tv è molto attento a sottolineare la continuità storica tra applicazioni come Juventus Live – sviluppata per dispositivi smart di ultima generazione – e il modo tradizionale di guardare la televisione. «La tv nasce social: la gente originariamente si riuniva nelle case di chi aveva il televisore per guardarlo insieme. I mondiali di calcio sono un “rito” collettivo. Ancora oggi, ci organizziamo per vedere la partita con gli amici. Tutti insieme, sul divano, davanti alla tv. Era questa la dimensione che volevo recuperare». Capobianco comincia a parlare di questa nuova ambizione con le persone potenzialmente interessate, ritrovando amici che avevano già lavorato con lui su altri progetti – non a caso – tutti appassionati di sport.

 

Business model 

Il team di sviluppo di TOK.tv, come da tradizione Funambol, è interamente basato in Italia. Il modello di business prevede la realizzazione di app rigorosamente gratuite. Una parte dei ricavi arriverà dalla vendita di beni digitali (tipo rumori, magliette virtuali…) e fisici (magliette, biglietti per le partite allo stadio). «Il modello che – però -riteniamo essere la chiave del successo è la pubblicità sincronizzata con la tv. L’85% del mercato pubblicitario mondiale è televisivo. Google è riuscita a diventare un gigante sul 15% rimanente». TOK.tv conta di potersi inserire in un mercato “ibrido”, che integri la pubblicità televisiva sul device esterno, dando la possibilità di “cliccare” su uno spot televisivo per esplorarlo sul device. Un segmento nuovo, che secondo il Ceo di Tok.tv vale molti miliardi di dollari. Diversamente da Funambol, che funziona come piattaforma completamente white-label in mano al cliente, Tok.tv agisce contemporaneamente sui due fronti dello sviluppo di proprie app e il rilascio di tool Sdk che i clienti possono utilizzare per programmare per conto dei loro brand. «Il back-end – spiega Capobianco – è unico, tutti i dati e gli utenti arrivano sui nostri server. I brand che utilizzano Tok.tv sono un canale di distribuzione della nostra infrastruttura, ma possono personalizzare le app, incluse le componenti vocali e social».

Leggi anche:  Snam sceglie il servizio di economia circolare di HPE per migliorare la sostenibilità dell'IT e ridurre l’impatto ambientale

 

La formula ibrida di Tok.tv

 Riuscirà la formula di Tok.tv a “sfondare” in un settore finora avaro di grandi successi? Più che una rivoluzione, Capobianco sostiene di voler cavalcare in chiave tecnologica il ritorno alla naturale vocazione della tv, la condivisione, la dimensione collettiva, amicale dell’ascolto. La moltiplicazione degli schermi non genera necessariamente fenomeni tra loro correlati. Recenti studi Nielsen dimostrano che non sempre le attività online durante la visione sono connesse a quanto si sta vedendo. In molti casi inoltre, quello che è chiamato “second screen” è in realtà il primo schermo, considerando che molti programmi sono ormai seguiti direttamente su tablet o smartphone, spesso per iniziativa degli stessi broadcaster, che cercano di recuperare attraverso i nuovi dispositivi margini di fedeltà erosi dai grandi potenziali dei nuovi media in termini di scelta, libertà dai palinsesti, praticità. Il responsabile di Tok.tv non nasconde di avere molti concorrenti. «È vero che le piattaforme di social tv si stanno moltiplicando. Basta vedere il “Social TV Ecosystem Chart” recentemente pubblicato da Ad Age, in collaborazione con Trendrr. Certamente, non tutte riusciranno a sopravvivere, ma noi siamo molto diversi. Altri stanno cercando di farti diventare “attivo” mentre guardi la televisione. Noi – invece – crediamo che chi guarda la tv voglia rilassarsi sul divano e cerchiamo di agevolare una esperienza più comoda». Dopo l’exploit di Juventus Live, una app nata anche dalla sua passione di tifoso, Capobianco non si sbilancia sulle novità riguardanti il mercato italiano. «Stay tuned» – si limita a dire. Con un occhio a entrambi gli schermi. 

Leggi anche:  Acqua, inclusione, mobilità e salute per un futuro sostenibile