La deriva dei continenti

Microsoft acquista i cellulari di Nokia per divenire un fornitore di device, nelle reti mobili è momento di shopping e consolidamento, ma l’Europa si ridimensiona. La convergenza delle piattaforme è una realtà e se il settore fatica a trovare nuovi equilibri, per le aziende potrebbe essere il momento dell’innovazione “light”

Sandro Frigerio, ObserverTanto tuonò che piovve. L’estate se ne va dopo aver portato la conferma di un cambiamento iniziato ma non ancora concluso nel settore dell’economia digitale, che è ancora più profondo di quello che, negli anni 80, portò alla fine dei dinosauri dei grandi calcolatori. Ve le ricordate Burroughs, Univac, Ncr, Control Data, Honeywell, il cosiddetto “Bunch”, ovvero “l’orda” miseramente stritolata da IBM, per lasciare il passo ai nuovi arrivati dei mini e dei pc, a loro volta morti e sepolti? A mettere in fila gli avvenimenti si ha la percezione di cambiamenti senza ritorno, ma anche di un avvicinamento dei continenti: quelli delle piattaforme IT e della mobilità. Dopo Otellini alla Intel, in Microsoft – anche qui con un lungo preavviso – se ne va Steve Ballmer, che in tredici anni ha accompagnato la crescita di tre volte del fatturato dell’azienda, ma ha tenuto inchiodato il titolo, sofferente per mancanza di nuove prospettive. Se non è finita, l’era “WinTel” dovrà almeno rimodellarsi. All’IFA di Berlino, un tempo regno dell’elettronica di consumo – oggi palcoscenico della convergenza – il capo europeo di Lenovo, Gianfranco Lanci, ha fatto la sua diagnosi: il pc non è morto, è ancora un business da 200 miliardi di dollari, ma cambierà progressivamente.

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La svolta di Microsoft

Contemporaneamente, più per non restare fuori da questa trasformazione che per diventare un big della telefonia, Microsoft si compra i cellulari di Nokia: un passo obbligato dopo che, a due anni di distanza, il “miracolo” non è riuscito. A suo tempo, su queste colonne parlavamo di corsa contro il tempo e ormai il tempo è abbondantemente scaduto. In questo periodo, Android ha conquistato i tre quarti del mercato, mentre Windows Phone non è riuscito a raggiungere il 5%. Il mondo cambia e ciò che tre o quattro anni fa poteva sembrare impossibile – oggi – è realtà. Ballmer lascia una Microsoft tesa alla trasformazione per diventare un produttore di device e un fornitore di servizi. Insomma, dopo l’Xbox (e Kinect), quella del tablet non è un’operazione isolata. Per ironia della sorte, il titolo Nokia, che una mezza dozzina d’anni fa valeva 27 euro, in questi mesi è riuscito a rimbalzare da 1,5 a 4 euro sulla base di due fattori non certo previsti: la rianimazione di Nokia Siemens, ora tornata interamente sotto il controllo del produttore finlandese, e la cessione dei cellulari. Insomma, con il ritorno del settore di cui ci si voleva sbarazzare e con la cessione di quello che doveva essere il core business, ceduto per 5,44 miliardi di euro, i due anni di collaborazione – per mezze ammissioni delle parti – non sono stati particolarmente felici. Adesso, l’obiettivo è di unire lo sviluppo software e quello hardware sotto il medesimo ombrello, così da evitare – per esempio – che funzionalità pensate per il secondo corrano il rischio di non essere supportate dal primo. Nello stesso tempo, si infittiscono le voci sulla cessione di un’altra ex-azienda miracolo, cioè BlackBerry, altro titolo precipitato in cinque anni da 140 a 11 dollari. Al momento in cui quest’articolo viene scritto, in pole position per l’acquisizione c’è uno specialista di hardware, come la numero uno dei pc Lenovo, ma la cautela del precedente rappresentato dall’acquisizione HP-Palm potrebbe suggerire un’alternativa: ancora una volta quella di Microsoft, magari pensando ai servizi cloud e alla base di clienti aziendali dei canadesi, più che alla sua piattaforma tecnologica, che poco scalda i cuori. 

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L’Europa perde ancora terreno

 I movimenti in corso, tuttavia, stanno accentuando il senso dell’asimmetria tra Usa ed Europa. Dopo l’abbandono di campo di Ericsson (che ha lasciato a Sony il 50% della loro joint venture) e la cessione dei cellulari di Nokia a Microsoft, nel giro di un anno è sparita ogni forma di controllo del vecchio continente. Avere una strategia nel mobile sembra sempre più fondamentale, mentre arretrano i settori tradizionali. Se HP nell’hardware ha ceduto l’8,3% e IBM il 14,2%, Dell è ancora alla ricerca del cavaliere bianco. Il mercato dei pc cala come non mai, ma anche quello dei server flette e quello dello storage – se va bene – è “piatto”. Del resto, non ci si può meravigliare perché se nei sistemi i trend degli ultimi anni si chiamano virtualizzazione e cloud, le aziende si aspettano da questo cambio di rotta non solo più efficienza, ma anche minori costi ed è emblematico che più della metà del valore di EMC (55 miliardi di dollari) sia generato da VMware, controllata all’80 per cento, che da sola ne capitalizza 36. La stessa VMware, che ha creato il fenomeno della virtualizzazione dei server, nel giro di poco tempo ha fatto un doppio passo per continuare a crescere: sul fronte delle piattaforme, ha aggiunto la virtualizzazione delle reti (le Sofware Defined Networks, con l’acquisto di Nicira) e quella del desktop (ultima novità di settembre la “Workstation 10”) ed è entrata anche in quello dei servizi cloud ibridi. Il segno maggiore di questo spostamento di pesi, oltre alla “americanizzazione” di Nokia, è naturalmente il lungamente atteso passo indietro americano di Vodafone che cede a Verizon il 45% nella loro joint venture Usa. I 130 miliardi ottenuti di liquidazione, che riconoscono un multiplo Ebitda di nove volte, sono un valore stellare visto dall’Europa e visto dall’America sono comunque un valore congruo per Verizon, considerato la fila di quanti hanno cercato di sottoscrivere il bond obbligazionario di Verizon necessario per sostenere l’esborso cash (di 60 miliardi). Per un confronto, Telecom Italia, con un Ebitda pari a un terzo di quello di Verizon Wireless (10,5 contro 32 miliardi di dollari), ha una capitalizzazione di borsa (12 miliardi di dollari) una ventina di volte inferiore al valore implicito di Verizon Wireless. Diversi livelli di indebitamento, tassi di crescita, prospettive, giustificano in parte le differenze, ma il fatto fondamentale è che, nel loro insieme, gli operatori europei sono sotto stress. Un piano tariffario a traffico voce illimitato e con due Giga di dati da Verizon costa 60 dollari, cioè circa 45 euro al mese; un piano da mille minuti e due Gigabyte con Vodafone in Italia costa poco più della metà. Lo “sbarco” di Carlos Slim, il magnate di America Movil (patrimonio paragonabile a quello di Bill Gates), che conquista l’Olanda (e lancia l’opa su KPN) e mette piede in Germania e Austria, conferma che nel Vecchio Continente la crescita sarà debole, ma i prezzi sono da saldo.

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Chi paga il conto

Il quadro è chiaro: negli Usa, le tariffe sono più alte, gli operatori investono e per di più i produttori cinesi sono tenuti alla larga. Il disagio delle telecomunicazioni europee (e italiane) è ora al redde rationem e il braccio di ferro agostano tra la Commissione UG e l’Agcom sulle nuove tariffe per l’ultimo miglio è il segno di una svolta, almeno parziale. Dopo anni di misure e regolamenti volti a favorire solo i consumatori, Bruxelles si è accorta che – senza margini – c’è il rischio che nessuno investa sulle reti. Da qui, le divergenze d’opinione registrate recentemente. Proprio mentre si avvertono gli effetti della convergenza tra le piattaforme client e le applicazioni mobili, si rendono più acuti gli aspetti di sostenibilità economica. E l’Europa rischia di più. Per le aziende, anche in periodi di difficoltà economica, questo quadro può generare tuttavia dei nuovi spazi di innovazione. L’industria del software è stata sin qui la meno colpita dal downpricing che ha toccato l’hardware, i servizi di Tlc e quelli IT, ma è lecito chiedersi se il mondo delle app del mobile – con le sue microapplicazioni a pochi euro – rappresenterà un’aggiunta o un’alternativa, almeno parziale, per molti dei pacchetti “classici” (si pensi ai pacchetti Office: quelli di maggior costo hanno meno alternative nel mondo Android, da Access ad Outlook). Così, nella sua ultima rilevazione trimestrale, che proietta una riduzione del 2,4% della spesa IT, Sirmi afferma che l’innovazione che ricercano le aziende consta frequentemente di piccoli progetti, implementabili rapidamente, che tuttavia si propongono di dare nuovo slancio alle attività aziendali.

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