L’albero con le palle di Natale

Giuseppe MariggiòSe Babbo Natale avesse a disposizione un enorme data center, server in grado di caricare i dati direttamente in memoria, capacità di calcolo illimitata, visual analytics per prendere decisioni in tempo reale, una produzione completamente robotizzata e un sistema di logistica e spedizione basato su droni comandati a distanza non avrebbe bisogno di elfi che lavorano alla catena di montaggio tutto l’anno, di gnomi e fate che spuntano dalla lista 380 milioni di nomi e indirizzi (il 19% dei bambini di tutto il mondo, che celebrano il Natale), di una slitta trainata dalle renne e neppure di violare tutte le leggi della fisica per portare a ciascuno il proprio regalo. Sarebbe bello se l’ICT fosse non solo una cassetta degli attrezzi, ma anche un modo per fare le cose nel migliore dei modi possibili. Non ci sarebbero più due versioni differenti della realtà, infinite revisioni della legge di stabilità, riforme da riformare, bilanci da bilanciare, cifre da torturare per conti economici da far quadrare. Intanto, guardiamo l’Europa con lo stesso sguardo con cui certi studenti dotati che non fanno i compiti a casa guardano la maestra.

Non abbiamo ancora compreso che l’Europa degli Stati è finita e che il nuovo modello di cooperazione è il Cern di Ginevra, come giustamente ha detto il filosofo e matematico Giulio Giorello. Già da settembre, l’Italia si prepara al semestre di presidenza europeo e ha subito messo al lavoro le sue menti migliori per il logo e la consultazione via web. E mentre dichiariamo ai quattro venti che punteremo tutto sull’Agenda Digitale, dovremo restituire all’Europa 40 miliardi di euro che l’AgID non è stata capace di spendere. Finalmente – però – è partita la gara da 2,4 miliardi di euro per il sistema pubblico di connettività e il bando da un miliardo per i servizi cloud che rientrano nel piano biennale 2013-2014 da 10 miliardi di euro dell’Agenda Digitale. L’invito di Consip è stato mandato all’indirizzo dei 7 operatori ICT che si sono riqualificati per la gara.

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Le priorità nell’agenda dell’Agenda restano l’anagrafica unica nazionale, l’identità digitale e la fatturazione elettronica. Sul fronte delle smart cities, il MIUR ha stanziato 650 milioni di euro e l’AgID ha istituito un comitato per il monitoraggio sul loro impatto industriale. Sui data center certificati Tier/4 per supportare il cloud e l’unificazione dei CERT non ci sono ancora informazioni. L’Italia ha perso il treno dell’innovazione? «Dopo anni di guerra abbiamo rovine fumanti e i ragazzi sono già andati via» – ha affermato Francesco Caio, commissario di governo per l’Agenda Digitale. E se si vuole che l’Agenda Digitale sia il punto di riferimento per colmare il gap digitale del Paese, per Agostino Ragosa, direttore dell’Agenzia, bisogna puntare sulle competenze informatiche, l’innovazione e la ricerca. Peccato che negli ultimi venti anni i fondi destinati alla ricerca siano stati sistematicamente tagliati insieme al ramo dell’albero sul quale eravamo seduti. È arrivato il momento di decidere.

Nessuno – però – si vuole assumere la responsabilità delle scelte che decideranno il futuro del Paese. È curioso che il verbo decidere porti con sé il significato di tagliare (caedĕre). Bisogna stare attenti a cosa si taglia e alle scelte che si fanno. Come i ricercatori dell’Alcatel Lucent che saranno tagliati dal piano di ristrutturazione che da qui al 2015 si porterà via 600 posti in Italia su 1.900, di cui 400 nella sola Vimercate, l’ultimo centro completo di ricerca, sviluppo, assistenza e produzione di telecomunicazioni rimasto nel Paese. Possiamo continuare a raccontare “favole” come sempre si fa nei momenti di crisi, ma è il momento di mostrare coraggio. Bisogna ripartire dalla radici della cultura sociale d’impresa. ll vero capitalismo distribuisce ricchezza attraverso l’innovazione, la tecnologia, la conoscenza, i salari equi e il rispetto delle regole. Si può imparare dagli errori e correggere la rotta. C’è un’Italia, fatta di imprenditori, ricercatori e manager che ogni giorno lavorano e innovano nelle loro imprese e che sono stanchi di portare la palla al piede. E le palle – come ogni altra cosa – sono soggette alla legge di Newton, possono anche girare vorticosamente, ma alla fine cadono tutte allo stesso modo, dall’alto verso il basso.

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