Kaspersky. Protezione ad ampio spettro

Consolidatosi a livello mondiale nel mercato della sicurezza individuale – oggi – Kaspersky Lab si impone soprattutto nelle soluzioni infrastrutturali, costruendo contro le minacce informatiche una barriera efficace e reattiva intorno a dispositivi fisici, virtuali e mobili. Dalla famiglia alla grande organizzazione

 

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Aldo del Bò, country manager di Kaspersky Lab ItaliaForse neanche un visionario brillante e anticonformista come Eugene Kaspersky avrebbe osato sperare che il primato di notorietà conquistato dallo specialista russo di sicurezza informatica nel “sentiment” dei consumatori, si riflettesse un giorno in modo tanto marcato anche sull’immagine di Kaspersky Lab (www.kaspersky.com/it) come provider tecnologico di classe enterprise. Complice anche l’ormai immediata associazione del brand “di colore verde” al rosso fuoco della scuderia Ferrari (di cui Kaspersky Lab è partner tecnologico oltre che sponsor), l’ambizione dei laboratori di ricerca antimalware fondati diciassette anni fa, dall’infaticabile guru della sicurezza informatica – oggi – si rivolge con autorevolezza crescente al ricco e diversificato mercato della sicurezza aziendale.

Ormai prossima alla soglia dei tremila dipendenti in tutto il mondo, un terzo dei quali schierati sulla linea in assoluto più strategica, quella della tecnologia antivirus e del costante monitoraggio delle minacce non ancora identificate, Kaspersky Lab – che nel 2012, nonostante la crisi, è cresciuta di tre punti percentuali a livello globale, sfiorando i 630 milioni di dollari di fatturato – punta negli ambienti business, a posizioni da podio. «Solo in Europa – afferma Aldo del Bò, managing director di Kaspersky Lab Italia, l’obiettivo è superare il mezzo miliardo di euro di volume d’affari, quasi il doppio dei valori attuali. Non sarebbe pensabile senza rafforzare in modo consistente la proporzione di fatturato derivante dalle attività business, che riteniamo debba attestarsi sui due terzi di quanto generato in totale». A sancire quello che per Kaspersky può rappresentare un significativo cambiamento culturale è anche un riconoscimento arrivato da Idc, che ha classificato l’azienda russa al terzo posto del mercato globale Corporate Endpoint Security Suite. Un prodotto come Kaspersky Endpoint Security for Business detiene una market share del 13% in un segmento che Idc stima essere quello in maggiore crescita nell’arco dei prossimi cinque anni, mentre tutte le aziende, grandi e piccole, sono impegnate a governare il fenomeno della consumerizzazione, del “bring your own device” e della mobilità.

Sicurezza Multi-Device

Gli incontri con il management italiano per questa cover story avvengono, tra Milano e Roma, nel momento del lancio di un prodotto B2C, Kaspersky Internet Security Multi-Device, una suite di sicurezza che affronta il tema della protezione dei dispositivi connessi domestici, con un approccio “per numero di installazioni” che per la prima volta non fa differenza sul tipo di sistema operativo, fisso o mobile, che l’acquirente intende proteggere. È chiaramente un’idea innovativa, che vuole comunicare un messaggio importante all’acquirente: quando si cerca un software antivirus, non si tratta soltanto di soddisfare l’esigenza di avere un pc libero da porcherie, possibili blocchi, lentezze. In gioco, c’è la sicurezza informatica della famiglia, che nell’era del web significa tenere alla larga bambini e adolescenti da contenuti pericolosi, fissare i ricordi di una vita, impedire che un attacco malware alle informazioni bancarie e alle transazioni di e-commerce si traduca in un colpo letale ai già risicati bilanci dell’economia familiare. Un prodotto che incarna meglio di altri la visione che l’azienda Kaspersky e il suo carismatico leader hanno del concetto di minaccia informatica e delle contromisure da adottare per contrastarla. Contromisure che si fondano sì su una tecnologia solida e aggiornata, ma che richiedono anche l’uso di comportamenti che tengano in conto il fattore umano.

Eugene Kaspersky è del resto instancabile nel suo ruolo di testimonial vivente di una sicurezza che non può permettersi di far leva sulla pura tecnologia, per quanto comprovata. Meno di due mesi fa, è stato invitato a Cartagena, in Colombia, per un discorso ai partecipanti all’Assemblea generale dell’Interpol, massimo coordinamento dell’organizzazione delle forze di polizia di tutto il mondo. Il suo intervento si è ovviamente focalizzato sul cybercrime e in particolare sul contributo che la cooperazione internazionale può e deve dare per affrontarne le minacce. Nel dietro le quinte dell’assemblea, Kaspersky ha potuto incontrare direttamente i dirigenti delle forze dell’ordine sui temi specifici dei possibili interventi. Questo non è stato il primo incontro ufficiale tra i vertici dell’azienda globale di sicurezza e quelli della polizia mondiale: nel marzo di quest’anno, Kaspersky Lab ha – infatti – siglato un accordo di collaborazione con l’Igci, il Complesso globale per l’innovazione. Nell’occasione – accogliendo Ronald Noble, segretario generale dell’Interpol, e Noboru Nakatani, responsabile dell’Igci, nei suoi laboratori di Mosca per discutere i dettagli di questa nuova relazione – Eugene aveva dichiarato di aver perorato a lungo la causa di una “Interpol di Internet” e che ora questa struttura esiste. «La cooperazione su scala globale nella lotta e la prevenzione del cybercrime è fondamentale se in futuro vogliamo vivere in un mondo più sicuro. Fino a non molto tempo fa, ipotesi come un cyberattacco terroristico alle infrastrutture critiche delle nostre nazioni erano impensabili. Oggi, rappresentano una minaccia concreta».

Morten Lehn e Gianfranco Vinucci

La minaccia è mobile

Secondo del Bò, Kaspersky Internet Security Multi-Device è anche figlio del forte impegno che Kaspersky Lab ha assunto nel contesto della sicurezza dei dispositivi mobili, il Mobile Device Management. Quest’ultimo, come spiega il managing director italiano, è uno dei pilastri di una strategia B2B basata, per usare una terminologia calcistica, su una sorta di tridente. «Il primo pilastro è la tutela della piccola impresa, con una soluzione, Kaspersky Small Office Security, lanciata nel 2009 e giunta ormai alla terza edizione con l’imprimatur di una associazione di categoria come Confcommercio, che la sponsorizza anche nella sua comunicazione agli associati». Il secondo punto, assolutamente fondamentale nei prossimi due anni, è l’offerta Kaspersky Security for Virtualization, un prodotto per la sicurezza del data center per il quale sono previste moltissime novità nella prima metà del 2014. «La terza chiave per la conquista del mondo aziendale è proprio il Mobile Device Management, una funzionalità che permette all’impresa di controllare tutto quello che ritorna sulla scrivania fisica e in mobilità attraverso una unica, semplice console di amministrazione. In questo, l’esperienza accumulata nel retail si sta rivelando preziosa: anche nel passaggio verso strutture molto più complesse non abbiamo cambiato la voglia di semplicità che deve mascherare tutte le complessità del software moderno».

È proprio grazie alla forte accelerazione imposta alla ricerca di una modalità intuitiva e centralizzata per gestire il problema della sicurezza di centinaia, spesso di migliaia di telefonini aziendali, se Kaspersky è stata recentemente inserita nel quadrante magico Gartner per la categoria del software Mdm, una classifica stilata dal consulente internazionale sulla base di una valutazione di oltre cento prodotti. Gli analisti Gartner hanno misurato per ciascuna soluzione fattori come la capacità di centrare gli obiettivi prefissati e la completezza della visione di insieme. Alla fine, solo 18 prodotti sono emersi al top per la qualità, l’efficacia delle loro procedure e per la loro capacità di sostenere una evoluzione duratura e di rappresentare un investimento produttivo per i rispettivi acquirenti. Kaspersky Security for Mobile, il prodotto che nel 2012 ha inaugurato la strategia Mdm di Kaspersky Lab, era tra questi. All’inizio del 2013, il brand di sicurezza russo era entrato a far parte, insieme ad altri quattro concorrenti, della ristretta cerchia dei “leader” per la categoria “piattaforme per la sicurezza degli end-point”, creata per valutare le suite di soluzioni comprendenti software specifici antimalware, antispyware, firewall, intrusion detection, cifratura dei dischi, data loss prevention e valutazione delle vulnerabilità. Al momento della pubblicazione del report Gartner, dal punto di vista delle quote di mercato globale, Kaspersky si trovava a ridosso dei primi tre marchi più importanti. Un risultato davvero lusinghiero, calcolando che nell’insieme, le cinque aziende coprono l’85% del mercato aziendale complessivo.

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Edoardo Di Meo e Matteo Bosis

Battere la crisi

Anche in Italia, la presenza di Kaspersky tra le soluzioni adottate dalle imprese sta crescendo molto, dichiara Aldo del Bò. «In questo 2013, le difficoltà nel mercato retail ci sono state. Inutile negarlo. Ma in parte riusciamo a compensare nel B2C, grazie a un ottimo andamento del nostro canale di vendita online, mentre definirei “super ottimo” il trend che riguarda il B2B in Italia, specialmente nelle installazioni very large, superiori ai 10mila nodi protetti. Nel mercato consumer, è evidente che gli italiani in questo momento stanno pensando di proteggere altre cose, ma anche qui, qualche segnale positivo c’è: all’ultimo rilevamento abbiamo misurato una crescita di oltre 30 punti percentuali mese su mese nel download di versioni trial». Secondo del Bò, a fronte di dati Gfk che parlano di una contrazione del 16% del mercato italiano della sicurezza retail, Kaspersky Italia riesce a contenere il livello di decrescita. Particolarmente negativo è stato il terzo trimestre 2013, rispetto a una prima metà dell’anno in cui Kaspersky era in linea con tutti i suoi obiettivi in Italia. «Tutto il mercato del software consumer sta deludendo» – riconosce del Bò. «Noi siamo più bravi di altri non soltanto perché riusciamo a recuperare in parte con le vendite online, ma anche per la capacità di costruire retention sui clienti attraverso meccanismi di fidelizzazione che includono formule di pagamento innovative e una grande visibilità». Kaspersky ricorre molto più di altri a iniziative di co-marketing. Nella stagione delle feste natalizie – infatti – troviamo il brand in partnership commerciale con Interflora, con cui ha già lavorato in passato, per assicurare protezione agli end-point presenti nei negozi affiliati allo spedizioniere internazionale di fiori. «Con la nuova edizione Multi-Device, spingiamo anche i clienti consumer a pensare come proprietari di una molteplicità di apparati» – spiega del Bò. «I nostri laboratori possono vantare oltre 900 programmatori ormai focalizzati sulla piattaforma smartphone Android il cui successo era stato previsto da Eugene Kaspersky».

La svolta nel B2B

Tutta la strategia del gruppo – a cominciare dalla country italiana che tra Roma e la più recente sede milanese dà lavoro a una cinquantina di persone – è tuttavia orientata al rafforzamento delle politiche di vendita sul mercato professionale e aziendale e su quello delle infrastrutture critiche, del government e della pubblica amministrazione. Se Eugene Kaspersky diventa evangelizzatore della sicurezza dell’Interpol, la sua azienda all’ultimo circuito F1 di Austin, in Texas, ha ospitato una delegazione del Senato americano, che ultimamente ha esteso anche alle aziende russe la possibilità di inserirsi nelle attività di lobbying che caratterizzano il funzionamento del parlamento americano. Per Kaspersky, questo non è soltanto il segno della irreversibile globalizzazione dei mercati, ma di un riconoscimento e di una affermazione che non sono solo tecnologici. «Davanti a una crescita tanto imponente nel B2B, i numeri e le modalità che hanno caratterizzato il nostro successo nel mondo consumer diventano inevitabilmente diversi» – ribadisce del Bò. «Per raggiungerli, dovremo ristrutturarci perché se finora siamo stati molto efficaci nel fornire un supporto a milioni di consumatori attraverso i nostri servizi di assistenza, ora ci rivolgiamo a clienti presso i quali lavorano dei Cio che non si limitano a contattarci per proteggere i loro sistemi, ma che ci chiedono di estendere la nostra offerta nel tempo, fornendo manutenzione e aggiornamenti. Con le minacce attualmente in circolazione, un sistema antimalware deve essere aggiornato ogni ora».

In questa operazione di forte riorientamento di Kaspersky Lab verso i livelli di servizio attesi dalla clientela corporate, la filiale italiana si trova a svolgere un ruolo molto importante. L’Italia non è solo la sede geografica più prossima al partner Ferrari, di cui Eugene Kaspersky è notoriamente un grande tifoso. Con il ministero della Difesa italiano è stato firmato un accordo di fornitura tecnologica che è diventato un importante case study in tutto il mondo. E l’ultimo primato “italiano” di Kaspersky in ordine cronologico riguarda la nomina di Alexander Moiseev, che era stato incaricato di aprire gli uffici romani e ne aveva stimolato la crescita, a nuovo responsabile del gruppo a livello europeo. Entrato in azienda otto anni fa, come responsabile per lo sviluppo internazionale, Moiseev si era trasferito a Roma, città in cui aveva abitato molti anni con i genitori diplomatici. Fu lui, due anni dopo, a stabilire i primi contatti con la scuderia del Cavallino, ottenendo alla conclusione del suo mandato di country manager ottimi risultati in termini di volumi e visibilità, sia nel consumer sia nel corporate. Nel luglio scorso, è stato premiato per questi risultati con la conferma a managing director Europe, incarico ricevuto dopo aver occupato il posto di vice-responsabile europeo dall’inizio del 2013.

Mille e una opportunità

Aldo del Bò, che ha preso il posto di Moiseev come direttore generale in Italia, non viene esentato dal partecipare all’espansione internazionale di Kaspersky. L’intervista con lui avviene nel corso di una breve pausa prima di un viaggio d’affari negli Emirati Arabi, dove Kaspersky sta discutendo una serie di progetti con la holding della famiglia regnante di Abu Dhabi, la società governativa che gestisce un cospicuo portafoglio di iniziative. «Alla filiale operativa nella patria della Ferrari, vengono demandate le trattative per la vendita di soluzioni all’insieme degli sponsor della casa automobilistica» – spiega del Bò. «Mubadala, oltre a sponsorizzare la Ferrari, è anche l’organizzazione che gestisce lo spazio del circuito F1 degli Emirati ad Abu Dhabi. Con Eugene, abbiamo discusso per una serie di iniziative che avranno luogo nel mondo arabo, un mondo che in questa fase guarda alla Russia con molta simpatia. Del resto, c’è molto feeling anche con noi italiani: condividiamo la passione per i contatti personali, la trattativa, e non c’è freddezza e formalismo. Eugene ha saputo sfoderare le sue doti di venditore come non l’ho mai visto fare in questi anni» – confessa del Bò. «Stringendo nuove relazioni con Mubadala, Kaspersky può trovare nuovi sbocchi proprio sul mercato nazionale. La holding emiratina detiene, per esempio, una participazione minoritaria in Piaggio Aero, la società che costruisce l’aero turboelica P180. Quello della sicurezza dei sistemi di volo è comprensibilmente un segmento in piena sintonia con le strategie di Kaspersky. «Eugene è un chief executive officer che decide, senza calare le decisioni dall’alto, sempre attento al lavoro di tutti» – afferma del Bò. «In Kaspersky Lab condividiamo un clima familiare, che ci rende contenti di vivere un’esperienza come questa. Qualcosa che forse non capiterebbe in altre multinazionali».

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Sicurezza a colpo d’occhio

Il manager che in Italia guida l’esecuzione della strategia di vendita è il nuovo sales director, Morten Lehn. Da una decina di anni a Roma insieme alla moglie italiana, Lehn viene dalla Norvegia e ha accumulato una notevole esperienza proprio nel campo della distribuzione a valore aggiunto di prodotti tecnologici. Le problematiche che Kaspersky dovrà affrontare in futuro si intuiscono da una sua semplice constatazione. «Non è corretto dire che Kaspersky in passato era estraneo alle realtà aziendali» – osserva Lehn. «Abbiamo sempre venduto molte licenze in ambito aziendale, ma ci fermavamo sull’end-point. Oggi, invece, siamo nel core dei data center e questo non lo sanno ancora tutti, dobbiamo continuare a promuovere i nostri messaggi e cercare i partner giusti».

Questo non vuol dire mollare il colpo sulla vocazione consumer di un brand che non vuole certo abbandonare la clientela privata. Il segmento ha attraversato un anno non facile, ma le vendite dei prodotti “boxati” si sono stabilizzate con una leggera crescita, che sul venduto online è molto forte. La vera battaglia, per Lehn, avrà luogo sul terreno delle vendite enterprise, ma la visibilità conquistata da Kaspersky sarà decisiva anche a questo tavolo. «La partnership con Ferrari ha incrementato ulteriormente questa consapevolezza. La svolta significativa è arrivata la primavera scorsa con l’uscita della nuova versione corporate della suite di sicurezza Kaspersky» – prosegue Lehn. «Con l’occasione, il gruppo ha deciso di imprimere una spinta ancora maggiore alle sue strategie enterprise. È la suite più completa mai prodotta da Kaspersky, contiene tutto quello che un large account può desiderare, in particolare l’aspetto della gestione centralizzata degli apparati mobili, la disponibilità di una protezione efficace anche per le macchine virtuali e così via. Ma il vero punto di forza è la possibilità che Kaspersky Enterprise ci permette di lavorare con tanti clienti diversi e con diversi partner di vendita. La nostra soluzione ha un vantaggio in più: è stata sviluppata in modo integrato da un’unica azienda specializzata, non è il frutto di acquisizioni diverse. I suoi diversi moduli si possono utilizzare in base alle proprie esigenze, ma tutto passa attraverso una sola console amministrativa».

Il ruolo dei service provider

Kaspersky deve affrontare i cambiamenti necessari su due fronti come la selezione, la formazione e i rapporti con il suo canale di distribuzione e vendita da un lato e l’aspetto del supporto ai clienti dall’altro. «I segnali che abbiamo raccolto attraverso i settecento nuovi rivenditori appartenenti al nostro canale B2B sono fantastici» – afferma Lehn. Ma chi sono questi rivenditori? «Si tratta di una tipologia molto estesa, dalla piccola organizzazione fino al grande system integrator» – è la risposta di Lehn. «Per esempio, lavoriamo sempre più insieme a Telecom Italia e con i suoi account storici con una vera e propria strategia congiunta». Quella con Telecom è una collaborazione nata da una pianificazione condivisa su alcuni dei top client dell’operatore. Da qui, sono arrivate tante nuove opportunità e Lehn confida di poter sviluppare buoni rapporti anche con altri service provider. «Nell’ambito delle iniziative per i security partner vendor, Kaspersky ha anche in cantiere delle specifiche soluzioni orientate alle telco per l’erogazione dei prodotti da parte di queste ultime sottoforma di soluzioni as a service» – anticipa Lehn. «È un filone estremamente interessante e a livello mondiale stiamo concludendo alcune iniziative con i primi clienti prospect in Russia e negli Stati Uniti. Per noi è una evoluzione inevitabile – afferma il responsabile delle vendite di Kaspersky Lab Italia – ma non tutti i vendor hanno questa visione, noi siamo certamente tra i più avanzati, grazie alla nostra focalizzazione tecnologica».

Passione per il canale

Nella selezione dei rivenditori, Kaspersky privilegia evidentemente le realtà che curano in modo particolare le relazioni con il mondo corporate. Lehn conferma che l’azienda intende fermamente continuare a operare sul mercato in collaborazione con partner “generalisti”, ma che sarà inevitabile anche agire sulla leva della formazione e del training per affrontare in modo sempre più dedicato gli aspetti più specifici della sicurezza, come la protezione degli ambienti virtuali, la mobilità e così via. Lehn parla esplicitamente di un Partner Program 2.0 riferendosi alle attività formative che verranno erogate al canale in molteplici forme. «Non c’è alcun dubbio, la formazione del canale è un aspetto fondamentale». Ma non il solo. Per Gianfranco Vinucci, head of support & services, Kaspersky Lab deve proporsi al mercato business con una mentalità ancora più consulenziale, deve essere capace di trasformare un ottimo prodotto chiuso in una scatola in una soluzione di sicurezza che vive la realtà molto dinamica di infrastrutture estese, dove tutto può essere critico. «La tecnologia c’è e ci serve per aggredire un mercato enterprise che tuttavia ha bisogno di soluzioni di sicurezza complete» – ribadisce Vinucci. «Un’offerta di prodotto che dobbiamo arricchire, anche con l’aiuto della rete dei partner, di un ingrediente vitale come la personalizzazione attraverso le fasi del progetto, l’implementazione, il fine tuning e la successiva assistenza». Oggi, la squadra guidata da Vinucci si avvale di una decina di persone, ma non si deve trascurare il ruolo di grande responsabilità svolto dal personale dei partner di Kaspersky Lab, a favore del quale Vinucci intende spingere molto sia sull’aspetto della formazione e della certificazione sia su quello dell’affiancamento da parte dello staff Kaspersky nei progetti più complessi e personalizzati. «Questo senza mai trascurare le esigenze dei clienti professionali di dimensioni più piccole. Al di là dei grandi nomi acquisiti in campi come il bancario, la moda, la difesa, dedichiamo tutta la nostra attenzione a tutti quei settori che hanno veramente a cuore la protezione dei dati riferibili alla produzione o alla proprietà intellettuale».

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È questo il segreto di un produttore concentrato in origine sulla salvaguardia dell’end-point o del perimetro della rete locale e approdato in questi anni in sfere molto più indistinte dal punto di vista della sicurezza come la virtualizzazione e la mobilità. «Il consolidamento sulle macchine virtuali incide positivamente sui costi e sulla gestione, ma sul piano della protezione richiede tecnologie specifiche, come Kaspersky Security for Virtualization, che presto vedrà l’avvento di nuove funzionalità. Un ulteriore vantaggio è il livello di integrazione offerto con la nostra console di gestione, che garantisce un’unica vista su end-point, server virtuali e dispositivi mobili, rispettando – però – le esigenze della cosiddetta “segregation” dei ruoli amministrativi e delle utenze».

La grande azienda chiama

L’ampiamento del raggio di azione delle minacce ha comportato, secondo Edoardo Di Meo, head per le vendite B2B, una maturazione dei prodotti antimalware verso soluzioni rivolte al mondo della mobility (incluso Apple iOS) e oggi nel mondo Android include aspetti come l’individuazione e il blocco di dispositivi smarriti o rubati, la crittatura selettiva dei contenuti, o il concetto del “container” che sul singolo smartphone permette di creare ambienti di esecuzione delle app completamente isolati l’uno dall’altro, in modo da venire incontro alle esigenze di uno stile lavorativo improntanto al bring your own device. Anche qui, precisa Di Meo, con una particolare enfasi sul mobile management, la gestione centralizzata di funzionalità associate ai vari profili utente. «La console Mdm Kaspersky è un fattore differenziante rispetto ad altri fornitori di suite integrate» – insiste Di Meo. «Siamo i soli a fondere in una interfaccia unica – che non impone all’amministratore diverse fasi di apprendimento – il pieno controllo su sistemi fissi, mobili, fisici o virtuali, con potenti funzionalità di inventario».

Al mondo enterprise, Kaspersky è in grado di offrire – oggi – soluzioni verticalizzate su specifiche esigenze, lo storage, la messaggistica, gli ambienti di collaboration. Per la relazione con i service provider passano le nostre nuove iniziative per la sicurezza erogata “as a service”, dove fanno premio soluzioni che abilitano gli operatori nell’offerta ai clienti finali, funzioni di configurazione e reportistica avanzate ma semplici da usare. Il successo nello sviluppo di una offerta calibrata sulle esigenze delle grandi organizzazioni ha fruttato a Kaspersky una serie di contratti e opportunità di contatto con nuovi clienti. «L’accordo di questa estate con il ministero della Difesa ha avuto un impatto incredibile, non solo sui benchmark elaborati dalle società di ricerca di mercato. Abbiamo fatto accordi con una nota azienda di pneumatici e veniamo direttamente contattati da organizzazioni che vogliono conoscere la nostra offerta».

Per raccogliere le nuove sfide, la squadra delle vendite B2B, attualmente costituita da un gruppo ristretto, dovrà essere potenziata e l’attenzione di Edoardo Di Meo si concentra anche sui programmi di partnership, oggi costituita da quattro livelli di certificazione. «L’obiettivo è dare più valore ai nostri partner, che sono già numerosi. In questo senso, è molto importante poter contare anche sulla collaborazione dei nostri distributori. Il nostro continua a essere un modello di business indiretto puro, la funzione dei partner è imprescindibile. Anche quando le esigenze dei clienti più grandi comportano un nostro intervento diretto nel pre-sale, gli aspetti commerciali veri e propri riguardano esclusivamente il canale». In ogni caso, Di Meo sottolinea l’efficacia del suo team in tutte le fasi che precedono la vendita, a partire dalle selezioni effettuate dai clienti. «Abbiamo constatato che il miglior modo per convincere un cliente dell’efficacia della tecnologia Kaspersky è consentirgli una demo interna. Questi proof of concept sono molto utili per chi acquista e consentono a noi tecnici di valutare meglio un progetto, individuando tutte le problematiche» – dice Di Meo. Tra i tanti elementi vincenti che spiegano il successo di Kaspersky Italia nel mercato B2B, c’è sicuramente «una tecnologia sviluppata e seguita passo passo dai laboratori di Mosca, ma anche la capacità dimostrata nel rispondere alle esigenze di tutti, dal grande cliente – che sa che cosa chiedere a una soluzione di sicurezza – alle organizzazioni più piccole – che vogliono essere affiancate nella progettazione e nella gestione degli eventi più critici».

Dare ascolto al cliente

Nell’era della consumerizzazione, è ancora affascinante quanto un produttore ormai affermatosi a pieno titolo tra i big della sicurezza di classe enterprise, non perda il contatto con l’esercito dei singoli consumatori che continua a rappresentare una quota significativa del fatturato di Kaspersky Lab. Matteo Bosis, da poco in forza a Kaspersky Lab con la responsabilità del mercato retail, dice che il suo è un “mondo di scatole”. Ma sono scatole importantissime. «Quelli che definiamo prodotti “boxati” rafforzano la nostra customer base e in questo momento il canale di vendita online ci aiuta a creare retention sull’intero mercato consumer. Senza l’online, le “scatole” si confonderebbero nel mare di un’offerta molto variegata. Grazie alle sue iniziative di promozione e divulgazione online, i prodotti Kaspersky vantano tassi di fedeltà del 95%: difficilmente chi acquista Kaspersky si sposterà su altri marchi». E avere una base consumer molto estesa può tradursi in un effetto estremamente positivo anche sulle vendite B2B. «Maggiore è il numero di prodotti in grado di soddisfare le varie esigenze di sicurezza del consumatore, più ampia diventerà la tua base» – afferma Bosis. Ma vendere un prodotto di sicurezza – oggi – non è un fatto così scontato. Con il massiccio spostamento verso il paradigma di smartphone e tablet, il consumatore diventa assai meno consapevole dei problemi, sembra considerare la minaccia del malware con troppo distacco. «Invece, è importante dire che la protezione deve essere estesa a tutti i dispositivi della nostra vita digitale, con lo smartphone facciamo acquisti, accediamo al nostro conto corrente. Dalle nostre indagini emerge un dato significativo: l’80% degli utenti mobili sottovaluta i possibili pericoli, esponendo agli stessi rischi non solo i propri dati personali e i propri soldi, ma anche le aziende e le organizzazioni con cui entra in contatto».

Davanti a tante minacce, la strada verso un mondo di infrastrutture informatiche sicure è ancora molto lunga, ma la capacità di Kaspersky Lab di percorrerne tutte le tappe – dal piccolo smartphone collegato a un sito di mobile shopping, fino al sistema di autorizzazione del pagamento implementato sui server virtuali del data center bancario, coprendo tutti i variegati aspetti tecnologici e umani della protezione e dell’autenticità dei dati – rappresenta un’arma molto potente per un provider che ambisce a diventare il numero uno del mercato.