L’eldorado della televisione ibrida


Nella vetrina dell’IBC di Amsterdam, tra i mille esempi di convergenza tra i modelli televisivi broadcast e broadband, stride la scarsità di contributi italiani a un’industria – consumer e professionale – sempre più dominata dal software

 

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La trasformazione subita dal nostro modo di concepire la televisione in tutti i suoi aspetti, dalla produzione al consumo, è stata oggetto di un’incredibile accelerazione negli ultimi anni, con la progressiva crescita dell’offerta infrastrutturale a larga banda. E questo, se vogliamo, ben al di là dei concreti successi commerciali ottenuti dagli operatori della Tv via Internet, la Iptv, autentico simbolo di questo cambiamento. Ma non il solo.

Al ritorno da una manifestazione di settore come l’IBC di Amsterdam, che verso la metà di settembre di ogni anno riunisce il meglio dell’industria professionale del broadcast (in pratica tutto quello che serve per produrre, editare e distribuire contenuti audiovisivi, anche in contesti aziendali a giudicare dalla forte presenza di soluzioni per il videoconferencing e la videocomunicazione), emerge il quadro di un’economia sempre più orientata al digitale, al software.

Uno dei messaggi forti di IBC 2011 è che l’apparente scontro tra i due modelli – il broadcast inteso come televisione terrestre, via cavo e satellitare, e il broadband della Iptv e della mobile Tv – è in realtà un generatore di opportunità reciproche. Non solo la Iptv non sembra minacciare direttamente il primato della televisione intesa nel senso classico, indipendentemente dal grado di digitalizzazione delle reti di distribuzione utilizzate, ma grazie a Internet e ai suoi aspetti più coinvolgenti – il social, la personalizzazione, i contenuti user generated – la televisione broadcast può trarre nuovi impulsi di crescita e ulteriore rinnovamento. A tutto vantaggio delle aziende che sempre più spesso affiancano i broadcaster con le loro tecnologie, molto spesso software, in tutte le fasi del complesso “backstage” dei nostri piccoli (si fa per dire, ormai) schermi.

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Internet aiuta la Tv

Come rivela lo studio rilasciato dagli Ericsson Consumer Lab proprio nei giorni che hanno preceduto l’inaugurazione dello stand del colosso svedese a IBC, il “Tv & Video Consumer Trend Report 2011”, i consumi video attraverso Internet sono in crescita rispetto ai consumi della cosiddetta Tv lineare. Ma quest’ultima è ancora dominante nelle classifiche del tempo libero della gente comune. Al tempo stesso, in un intervento molto apprezzato dal pubblico del grande auditorium del centro Rai di Amsterdam, tradizionale sede della manifestazione, la responsabile delle attività Facebook in Europa, Joanna Shields, ha illustrato numerosi casi in cui proprio grazie al social network le reti televisive e i singoli programmi, in particolare i serial di maggior successo, hanno avuto riscontri ancora più positivi in termini di gradimento, coinvolgimento del pubblico e, ovviamente, revenues pubblicitarie.

Le tendenze future vedono insomma una televisione che invece di essere costretta a scegliere tra due modelli alternativi punta decisamente a un bersaglio ibrido e convergente. Non è un caso se negli spazi che l’IBC dedica al futuro delle tecnologie broadcast, accanto alle dimostrazioni della sua Hypervision (l’Hd moltiplicato per sedici), il broadcaster pubblico giapponese Nhk presentava i risultati delle sue ricerche nel campo dell’Hybridcasting: una sofisticata piattaforma di sincronizzazione dei contenuti che permette di arricchire in tempo reale la normale programmazione lineare con i contributi della interattività.

Del resto, i casi di convergenza si moltiplicano anche in Europa. L’operatore satellitare lussemburghese Ses, per esempio, è diventato il fornitore di banda broadcast di Deutsche Telekom, che nel suo nuovo servizio di Iptv usa il satellite per diffondere i canali lineari e Adsl per tutto quello che riguarda l’on demand e l’interattività.

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La convergenza Web Tv

La convergenza in casa dei consumatori si realizza ovviamente a livello di set top box o di connected Tv. All’IBC erano evidenti gli spazi di opportunità per i fornitori di chipset, di soluzioni middleware, di sistemi operativi (e anche in questo settore Android sembra avviato a una posizione dominante). Ma anche il “lato server” non è da meno, con la necessità di sviluppare e commercializzare sistemi di archiviazione, di classificazione automatica, di newsroom, di raccomandazione dei contenuti, di gestione pubblicitaria. Qui il ruolo delle aziende di piccole dimensioni, favorite dal volume assolutamente globale dei loro potenziali mercati di riferimento, può essere determinante come ha dimostrato la folta presenza di startup in padiglioni come quello dedicato da Cisco al Connected World.

E anche qui l’Italia, la sua imprenditoria e le sue università possono, devono fare molto di più. Tradizionalmente forte nel segmento dell’impiantistica, dei trasmettitori e delle antenne (favorita in questo dai suoi primati mondiali nel comparto dell’emittenza commerciale locale), l’industria italiana appariva alquanto sottorappresentata nei corridoi di una manifestazione che respira più bit che ferro e silicio.

Una delle eccezioni era Sisvel, una azienda dell’area torinese che “produce” ricerca tecnologica e proprietà intellettuale per il settore televisivo fin dalla sua incorporazione nel 1982, per iniziativa di un consorzio di costruttori di televisori, sul nucleo originario dei brevetti sviluppati nel corso degli anni dai laboratori della Indesit. Oggi Sisvel è uno dei capofila di un consorzio che promuove l’adozione del 3D Tile format, un nuovo standard per la trasmissione ottimizzata e retrocompatibile dei programmi della 3D Tv. Se la proposta avrà successo, i segnali della televisione tridimensionale porteranno a significativi vantaggi per i broadcaster, in termini di occupazione di banda e di capacità di coprire, con un unico segnale, la ricezione su apparati 2D e 3D.

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Il problema è riuscire a stimolare la nascita di iniziative come queste, magari agganciandosi agli attuali circuiti di incubazione e ricerca finalizzata promossa dall’Università e dalle economie di distretto, sfruttando le capacità e la creatività dimostrate da un’industria dello spettacolo e, come si diceva, dell’impiantistica ancora troppo ancorata a modalità tradizionali. Tanto più che, come ha dimostrato l’IBC, il digitale sta creando una forte domanda di tecnologia anche in comparti collaterali come la videoconferenza, la videocomunicazione di impresa, la videosorveglianza e nel segmento in fortissima crescita del digital signage, la cartellonistica elettronica.