Intesa tra VC e startup? Solo se c’è l’exit

Quando l’alleanza tra venture capital e startup crea eccellenza. Intervista a Michele Costabile, presidente di Principia Sgr per raccontare una storia di innovazione made in Italy: la nascita di Eos, la startup che conquista l’America ottenendo una exit di oltre 400 milioni di dollari

 

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Antonio Simeone

Sappiamo sempre qual è la verità, quella verità diversa, non occultata dai ruoli, dalle maschere, dalle circostanze della vita. E la verità è che un venture capital (VC) e una startup italiana hanno avuto successo e insieme, dimostrando che anche la finanza è in grado di creare qualcosa di buono. Ho voluto parlare di questa esperienza con il presidente del Consiglio di Amministrazione di Principia SGRMichele Costabile, nonché professore ordinario di Management e Marketing presso il dipartimento di Economia e Gestione delle imprese della Luiss, Guido Carli di Roma.

Abbiamo ripercorso la storia di Eos (Ethical Oncology Science), una startup italiana venduta a una società americana per un valore complessivo di oltre 400 milioni di dollari, una somma che le ha assegnato senza dubbio un posto nella top ten europea.

EOS è una startup italiana, con sede a Milano, nata per promuovere, finanziare e sviluppare progetti di ricerca etici e innovativi in campo oncologico che abbiano la potenzialità di produrre significativi miglioramenti nelle terapie e nelle condizioni di vita dei pazienti con tumore.

La potenzialità di EOS risiede nello sviluppo di uno di quei nuovi prodotti che “affamano” i tumori, facendogli mancare il sangue. EOS, infatti, ha all’attivo un inibitore orale selettivo dei recettori per Vascular Endothelial Growth Factor e Fibroblast Growth Factor. Il nome del prodotto è Lucitanib che, contrastando la formazione dei nuovi vasi sanguigni essenziali per l’accrescimento dei tumori – specialmente nell’ambito dei tumori al seno – ne blocca lo sviluppo e lo “isola”, consentendo di curarlo.

Ma partiamo dall’inizio. Le origini della storia risalgono al 2006, quando Silvano Spinelli, manager chimico e farmaceutico, con Gabriella Camboni e Ennio Cavalletti decidono di mettere insieme la loro esperienza e di rimettersi in gioco dopo il successo di Novuspharma, la società specializzata in farmaci chemioterapici quotata in Borsa nel 2000 e fusa con la società americana Cell Therapeutics nel 2004.

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Alla ricerca di capitali

 I primi finanziamenti arrivano dagli investitori francesi di Sofinnova Partners, uno dei leader europei nel VC a sostegno del mondo pharma and biotech, dagli investitori italiani di Quantica SGR, fondata da Pierluigi Paracchi e Stefano Peroncini e infine dagli olandesi di Aescap.  In particolare con riferimento al fronte italiano, i finanziamenti sono arrivati nel 2009.  E’ questo l’anno in cui il CDA di Quantica SGR ha deliberato l’investimento in EOS attraverso  il fondo Principia I ,avvalendosi anche dei fondi per l’innovazione del ministero per lo Sviluppo economico (Legge n. 388): in totale il capitale investito era  di poco inferiore a  tre milioni di euro. Un investimento che in breve  però è riuscito  a moltiplicarsi, arrivando fino a 20 milioni di euro. «Con i soldi dei francesi e degli olandesi – spiega Silvano Spinelli – abbiamo comprato un prodotto da laboratorio americano, lo abbiamo trasformato in Italia e successivamente lo abbiamo rivenduto agli americani». Già a partire dal 2010, si registrano i primi successi e nel 2012 la società conclude un accordo di licensing con la Big Pharma francese “Les Laboratories Servies” per la diffusione commerciale del prodotto a eccezione di USA, Giappone e Cina, incassando oltre 40 milioni di euro solo a titolo di anticipazione ed esclusiva dell’utilizzo del prodotto. Da ultimo, nello scorso novembre giunge la notizia dell’acquisizione di EOS da parte della società americana Clovis Oncology (www.clovisoncology.com) per un ammontare di oltre 400 milioni di dollari. L’intesa prevede un pagamento immediato di 200 milioni di dollari (190 in azioni Clovis e 10 cash) e un secondo assegno da 65 milioni di dollari, dopo l’approvazione del Lucitanib da parte della FDA. Altri 155 milioni di dollari arriveranno ad alcuni stadi di raggiungimento dei traguardi di sviluppo e commercializzazione. Un affare clamoroso, ma non del tutto imprevedibile. Segno che anche in Italia si continua a scommettere sull’innovazione. Ma quali sono le ragioni di un simile successo?

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«Si tratta – spiega Michele Costabile, presidente di Principia SGR che nel 2011 ha acquisito Quantica – di un investimento che ha dato  rilevanza al potenziale della tecnologia innovativa per la cura dei tumori e che al tempo stesso non  ha omesso di considerare il track record dei fondatori e degli investitori». Solitamente, i successi come gli insuccessi insegnano qualcosa. Questa volta che cosa abbiamo imparato? «Sicuramente – risponde Costabile – dobbiamo prendere atto del fatto che il successo nasce dalla presenza di investitori specializzati nel settore delle biotecnologie. Ciò accade di rado in Italia. Dal momento che il venture capital rimane attualmente un’industry allo stato embrionale, molti fondi sono ancora dominati da una logica generalista o meglio non sufficientemente specializzata. Qualcosa – però – sta cambiando. Grazie al fondo Hi-Tech per il Sud – ad esempio – che ha come policy governativa l’innovazione digitale, molti fondi stanno iniziando a operare con un focus molto più ampio. In ogni caso, quel che è certo è che EOS ha ottenuto un’exit di oltre 400 milioni di dollari. Le belle notizie sono anche italiane.

«Pertanto – prosegue Michele Costabile – confortati dall’entusiasmo derivante dall’esperienza Eos, ritengo che l’industria del VC possa svilupparsi con dati crescenti di specializzazione dei singoli fondi, non solo delle SGR e quindi sostenere in maniera più efficace l’ecosistema generale delle startup, in un’accezione in grado di comprendere sia quelle digitali sia quelle tradizionali. Quale è quindi la visione e le prospettive dei VC in Italia?

«La strada per lo sviluppo – afferma Michele Costabile – passa attraverso fondi specializzati sui quali sarebbe opportuno un maggior supporto della cosiddetta leva pubblica che si è dimostrata già ben efficace con misure come la legge 388/00 e il fondo dei fondi. A fronte di un maggiore interesse e raggio di azione delle istituzioni in questa direzione, senza più continuare a sprecare risorse in finanziamenti a pioggia alle startup stile anni 80 – i tempi sono molto cambiati e ne dobbiamo prendere atto – anche gli imprenditori e i professionisti del VC dovrebbero impegnarsi per incentivare una maggiore ibridazione fra il mondo degli startupper e la comunità professionale dei manager. È chiaro a tutti, anche in Italia, che le probabilità di successo delle startup aumentano esponenzialmente quando il team dei fondatori comprende imprenditori seriali e/o manager di solida esperienza. È proprio questa esperienza, combinata con l’energia degli startupper di primo pelo, che assicura la corretta ricetta imprenditoriale e garantisce che la proverbiale ciambella imprenditoriale riesca con il buco».

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Riusciremo – però – a replicare queste best practice? Secondo Costabile, sarebbe tutto più semplice se i grandi fondi americani potessero affacciarsi più facilmente all’ecosistema italiano, senza restare immobili a braccia conserte a contemplare il paesaggio. «E quello che potrebbe risultare confuso e indistinto, avrebbe invece un significato preciso. La valle, la strada, più in basso i profili della città e della società. Gli occhi degli investitori, abituati alle grandi distanze, sarebbero finalmente in grado di individuare anche la startup che procede lenta sulla strada. Da ogni startup emana quel senso di attesa e di eccitazione. È quella stessa eccitazione a fare da stimolo, impedendo di restare fermi a contemplare il paesaggio e costringendo a chiedersi di continuo se sarà un successo o un insuccesso». Ma non bisogna avere paura del fallimento. Del resto – prendendo in prestito le parole di Jean Cocteau – “chi non capisce l’insuccesso è perduto”.