La via italiana all’eGovernment


Luci e ombre dell’innovazione digitale nella Pubblica Amministrazione: i risultati emersi dalla ricerca condotta dalla School of Management del Politecnico di Milano

 

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Qual è lo stato di avanzamento dei progetti di eGovernment nella Pubblica Amministrazione italiana? In base ai più recenti studi della School of Management del Politecnico di Milano (www.mip.polimi.it) si evidenzia uno scenario in costante evoluzione e la maggioranza delle Regioni, Province e Comuni si dicono intenzionate ad avviare una o più iniziative di innovazione. Ma al di là di una generale disponibilità a sviluppare nuovi progetti, la situazione complessiva non è certo delle più incoraggianti. Dopo circa 10 anni di eGovernment, appena il 16% delle amministrazioni dà oggi la possibilità agli utenti di inoltrare online i documenti e meno dell’8% rende possibile avviare e concludere per via telematica l’intero iter relativo al servizio richiesto.

 

Difficoltà e incertezze

Michele Benedetti, responsabile della ricerca dell’Osservatorio eGovernment che ha coinvolto 650 tra Comuni, Province e Regioni, ritiene che, nonostante i passi avanti compiuti dagli enti locali, permangano difficoltà e incertezze. Colpa, in parte, della complessità legata alle differenti tipologie di competenze richieste – normative, organizzative, tecnologiche, comunicative – che rendono lo sviluppo dei progetti estremamente difficile anche per un ente ben organizzato. Colpa, soprattutto, di una mancanza di un vero approccio strategico e strutturato che possa consentire una reale ed efficiente pianificazione, così come una gestione adeguata alle esigenze espresse. Oltre il 40% degli enti che ha avviato un’iniziativa nell’ambito dell’archiviazione elettronica e conservazione sostitutiva ha dichiarato di aver riscontrato significative criticità sia nella gestione del progetto (per la complessità del cambiamento e per la difficoltà di programmare le attività) sia nell’interpretazione della normativa vigente in materia.

«Una nota dolente – afferma Benedetti – è la capacità di programmazione che, combinata alla potenziale mutevolezza della classe politica, rischia in molti casi di rendere vani gli sforzi di innovazione. Meno del 60% degli enti si preoccupa di definire quali siano i costi per la manutenzione ordinaria delle soluzioni sviluppate e meno del 50% per quella evolutiva. Per questo, anche quando un’iniziativa di innovazione viene realizzata con successo, nel 40% dei casi vi è la possibilità che muoia dopo uno o due anni per mancanza di fondi».

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Certo, esistono casi di eccellenza, ma ciò che emerge a livello generale è una mancanza di coordinamento tra la pluralità di attori che devono necessariamente essere coinvolti nella digitalizzazione di un processo. «Possono essere banche, imprese, associazioni di categoria, soggetti che agiscono come intermediari delle diverse attività di eGovernment. Ciascun singolo contributo è strategico per il successo dell’operazione, tanto è vero che le difficoltà nascono appunto nel momento in cui manca la partecipazione attiva di uno dei tanti possibili intermediari».

 

Collegialità di intervento

La capacità di mettere attorno a un tavolo più persone e gestire differenze, competenze e ruoli è uno degli aspetti cruciali e determinanti per la riuscita di un progetto. Tutto il contrario di quanto invece accade in molte amministrazioni, dove gli interventi nascono spesso da ragioni contingenti, sull’onda dell’emotività del dirigente o del politico di turno, o per opportunità dettate da stanziamenti effettuati da enti regionali o centrali.

In buona sostanza manca un approccio di medio e lungo periodo, così come modalità strutturate di governo delle iniziative. Tutta una serie di circostanze che limitano il raggiungimento degli obiettivi. «Non a caso – dice Benedetti – in presenza di interventi gestiti in autonomia da Comuni e Province, il tasso di mortalità dei progetti risulta estremamente elevato e superiore al 50%. Un dato che evidenzia come la sinergia tra le diverse amministrazioni locali, regionali e centrali sia un fattore abilitante di grande importanza: le iniziative condotte in collaborazione tra più enti si dimostrano infatti più qualificanti, efficaci e meglio rispondenti agli obiettivi finali per la possibilità di progettazione congiunta».

 

Gli aspetti di gestione

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Non va poi trascurato l’aspetto di gestione. In più casi si registra l’incapacità di sostenere nel tempo l’evoluzione del servizio. «Perché il tutto possa avere successo e possa tradursi in un efficace strumento di eGovernment, occorre monitorarne l’utilizzo, comprendere gli impatti sull’amministrazione e sull’utenza, solo in questo modo si possono raggiungere obiettivi coerenti in termini di produttività ed efficienza». A questo proposito le ricerche dell’Osservatorio dimostrano che nel 95% dei casi l’ente non utilizza sistemi per misurare l’efficacia delle attività di comunicazione e in quasi il 50% dei casi non esiste conoscenza degli effetti positivi derivati dalle azioni messe in atto.

Va da sé che, così come accade nel privato, ogni singolo progetto deve trovare una sponsorizzazione ad alto livello. E nelle amministrazioni, sottolinea Benedetti, il commitment politico è essenziale. «Certo, per un qualunque amministratore è più immediato ottenere un ritorno di immagine da investimenti che possono riguardare la viabilità, come può essere la costruzione di una rotonda. Ecco dunque che è necessario aiutare le amministrazioni a quantificare e individuare i benefici generati dall’innovazione. Serve un’attività di formazione rivolta sia a dirigenti e amministratori che possa dare consapevolezza dell’importanza di questi interventi».

 

Coordinamento e linee di sviluppo strategiche

Per Benedetti è cruciale individuare una sorta di sala di regia che possa dare indicazioni riguardo l’efficacia e il valore dell’eGovernment. «È quanto già accade nelle Regioni più virtuose come Toscana ed Emilia-Romagna, amministrazioni che hanno impostato un lavoro di coordinamento tra le varie iniziative con l’obiettivo di riuscire a fornire delle linee guida dal punto di vista operativo. Tradurre linee guida operative in indirizzi strategici non è semplice. È un lavoro che deve essere fatto di concerto tra i vari livelli amministrativi, partendo dagli organismi centrali fino a quelli locali. Si esprime anche nella capacità di individuare sul territorio le realtà che possono contribuire a dare supporto a iniziative che i piccoli Comuni non riuscirebbero mai a portare avanti da soli. Non dimentichiamoci che è proprio la mancanza di una vera e propria strutturazione del percorso all’eGovernment che genera immobilismo o scarsi risultati in termini di attuazione dei programmi».

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Alla ricerca di un modello

È difficile individuare il modello perfetto cui guardare per innovare la Pubblica Amministrazione, dice Benedetti. L’indagine rileva come in Italia attualmente convivano situazioni fortemente differenti: Comuni capoluogo che si sono strutturati dedicando più di 20 persone alle iniziative di innovazione accanto ad altri di pari dimensioni con solo 2 addetti per tutta la dotazione informatica dell’ente.

Gli enti locali in prima fila nel percorso di rinnovamento dell’apparato pubblico non sono necessariamente di grandi dimensioni, anzi sono numerosi i Comuni anche al di sotto dei 30mila abitanti che hanno svolto questo ruolo coinvolgendo altri enti nelle proprie iniziative di innovazione.

«Si può dire che per il successo di iniziative di eGovernment la dimensione dell’ente sia irrilevante – afferma Benedetti -. Determinante, piuttosto, è la presenza di persone che credano davvero nella bontà dei progetti, sia tra politici che tra il personale amministrativo, così come determinante emerge essere l’esistenza di un contesto socio-economico stimolante».