Così diceva, nel 1931, lo scrittore francese Paul Valery. E se già negli anni 30, il futuro non era più quello che ci si aspettava, oggi – nel 2013 – è ancora più diverso e mutevole
Viviamo in tempi di transizione. L’Assintel Report, il rapporto annuale sullo stato di salute dell’informatica per il 2012 (redatto ogni anno da Assintel, l’Associazione nazionale delle Imprese ICT), fotografa uno scenario di grandi mutamenti per l’ICT. Nonostante la crisi, assistiamo alla comparsa di una “nuova IT” che si contrappone alla “vecchia IT” di un tempo e ci sono segnali, se non di ripresa, almeno di controtendenza. Da una parte l’informatica “tradizionale”, basata su grandi sistemi “custom” e che richiede servizi specialistici per la grande azienda. Dall’altra la “nuova IT”, molto più “smart”, basata su soluzioni veloci e intuitive e sui nuovi standard di mercato: il mobile, la consumerizzazione dell’hardware, il cloud. Come sempre, il cambiamento investe e pervade con la sua forza dirompente tutti i segmenti e tutti i comparti del mercato, dal mondo dell’IT consumer alla system integration.
Provate a fare una ricerca su Google usando i termini “GIS” e “app” e sarete stupiti dal numero di link che appariranno. Esistono sul mercato già molte app GIS pronte da scaricare e installare. Iniziano a essere molto diffusi anche i sistemi cloud-based, dove il GIS viene distribuito in un una logica SaaS.
I prezzi? Anche molto elevati, considerando che stiamo parlando di app o di servizi cloud, ma comunque incomparabilmente più bassi rispetto alle logiche di acquisto di un tempo. Si va da poche decine di euro per i sistemi base fino ad alcune centinaia di euro per le versioni “Pro”.
Un tempo l’acquisto di sistemi GIS era una faccenda maledettamente costosa e complicata. Solo che per iniziare a lavorarci su bisognava spendere qualche decina di migliaia di euro in licenze d’uso, senza contare il costo implicito della formazione. Poi c’era il problema dei formati proprietari e dell’interscambio dati con altri sistemi. Può anche darsi che le app odierne non possano competere con le funzionalità offerte da player molto più blasonati come ESRI, Intergraph o altri ancora.
Le trasformazioni in atto nel settore dell’IT, però, ci hanno insegnato che il punto di vista da adottare non è solo quello dei produttori di tecnologie, ma – oggi più che mai – è quello dell’utente finale. E l’utente finale non è più solo una azienda, ma è (anche) un privato cittadino che nel tempo libero si diverte a giocare con il suo cellulare o che pianifica il week-end su qualche sito last-minute. Con l’adozione da parte di moltissime aziende del paradigma BYOD (bring your own device), l’utente medio è un signore che utilizza indifferentemente il suo pc sia per lavoro, sia per uso personale e che si sta abituando sempre più a usare la tecnologia indipendentemente dallo scopo per cui la usa. Quello che il mercato sta cercando di fare, quindi, è dargli strumenti con interfacce sempre più simili e abilitarlo a un uso indifferenziato dell’IT. Ricordo che qualche tempo fa, durante una riunione presso una multi-utilities che ci aveva richiesto un assessment sui loro sistemi, l’AD di quell’azienda mi chiese perché mai fosse così «complicato e costoso» – usando il loro GIS aziendale – avere informazioni di dettaglio sul posizionamento e sugli attributi di un giunto o di qualsiasi altro punto impiantistico della rete da loro esercita.
«Con Google Maps» – mi disse – «senza pagare niente e senza sapere nulla di GIS o altro riesco ad avere tutte le informazioni di dettaglio che voglio sul tracciato di un sentiero di montagna. Perché non posso fare lo stesso con i particolari impiantistici della nostra rete di distribuzione»?
Il CIO dell’azienda in questione – anch’egli presente alla riunione e visibilmente a disagio – accusò il colpo e si lanciò in una disquisizione tecnica sulla differenza fondamentale fra la loro «applicazione custom» e Google Maps, illustrando problematiche di sicurezza degli accessi, di compatibilità delle basi dati, di aggiornamento e condivisione delle informazioni fra le diverse funzioni aziendali e via di questo passo. Tutte cose sacrosante.
Resta il fatto però, che la domanda posta dal “grande capo”, nella sua semplicità lapalissiana, mi sembrò – sul momento – più che fondata e giustificata e confesso che io stesso non riuscii a farmi venire in mente nulla di altrettanto semplice per rispondergli. Cito questo episodio per dire che il mercato sta facendo giustizia delle rendite di posizione. Le cose mutano troppo rapidamente e la capacità degli utenti di “digerire” l’innovazione è infinitamente aumentata.
L’Assintel Report ci dice che mentre i fatturati delle grandi aziende legate al modello della “vecchia IT” stanno decrescendo, aumenta sempre più il volume complessivo dei ricavi generati dalle app e non solo per il settore dell’informatica di consumo, ma anche nel settore B2B.
Una volta, per sopravvivere in questa giungla dovevi essere il più “grosso”, oggi invece devi essere il più “smart “ e anche il più veloce.
Cosa spinge quindi un utente ad acquistare un sistema GIS per poche centinaia di euro su un app store, anziché comprarsi la licenza e relativa manualistica d’uso di uno dei prodotti GIS da sempre leader di mercato?
Beh, a parte costi e tempi, la risposta è facile. È l’esigenza di disporre di alcune funzionalità di base che, però, sono proprio quelle che mi servono per fare il mio lavoro in meno tempo e con meno costi. È la consapevolezza che le barriere all’ingresso di una nuova tecnologia sono molto più basse di un tempo. È l’esigenza – direi meglio la pretesa – di poter avere la risposta subito dal mercato a costi bassi e senza troppe complicazioni.
Altrimenti cosa ci stanno a fare il web, il mobile, “la nuvola” e tutto il resto?
Quello che è cambiato, insomma, è l’ecosistema a contorno. Se posso disporre di una app che – rispondendo alle mie esigenze di geo-riferimento – aumenta la produttività del mio lavoro, perché mai dovrei complicarmi la vita acquistando la licenza d’uso di un sistema che fa moltissime altre cose oltre a quelle di cui ho bisogno? E se i miei tecnici e i miei dirigenti sono abituati a usare sistemi tipo Google Maps, perché non posso usare sistemi simili in azienda per il GIS?
Oggi, il mondo è stato mappato e ri-mappato in tutti i suoi particolari e le informazioni relative sono disponibili per tutti sul web. Quello che manca è solo lo strato di informazioni proprietarie del cliente. Per il resto c’è (più o meno) tutto: le tecnologie, i linguaggi di interrogazione, i web-service, le practice e gli standard… E soprattutto – grazie alla crisi – ci sono migliaia e migliaia di piccole aziende, molto smart, piene di buone idee e molto, molto agguerrite sul piano dei costi, della velocità e anche dell’originalità.
A volte anche troppo: nella mia ricerca sulle “app geospatial” per mobile mi sono imbattuto, qualche tempo fa, in una app di navigazione veramente originale che – al contrario di quelle che tutti già conosciamo – è stata pensata apposta non per trovare la strada più breve da un punto all’altro, ma – viceversa – per smarrirsi. Grazie a una serie di algoritmi di percorrenza (anche piuttosto complessi), il sistema in questione produce un itinerario che alla fine riporta sempre l’utente al punto di partenza evitando però di farlo passare due volte per lo stesso luogo. Possiamo discutere sul fatto che si tratti effettivamente di una app necessaria, ma senz’altro è assolutamente originale. D’altronde – tanto per citare un altro aforisma – qualcuno (francamente non ricordo chi) ha detto che «la tecnologia è quella cosa che riesce a far diventare indispensabile ciò che prima era superfluo».
Giovanni Maria Casserà
amministratore delegato di GESP – Sistemi Informativi Geografici