Edoardo Boncinelli – Il Paese ha bisogno della scienza

Conoscenza, crescita e democrazia. Ma chi ha paura della ricerca scientifica?

 

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E chi ha detto che la scienza è noiosa? Le code di quasi un kilometro, dall’ingresso del Teatro Sociale fino alla stazione della funicolare di Città Alta a Bergamo, sono la risposta più eloquente ai tanti esperti di marketing, che continuano a raccontarci che non si possono coniugare informazione scientifica di qualità e grandi numeri. Forse bisogna saperlo fare come dimostrano gli undici anni di BergamoScienza. Straordinario successo di pubblico per l’XI edizione della rassegna di divulgazione scientifica che si è conclusa, sfiorando le 150mila presenze. Una scommessa vinta fin dall’inizio, anche per Edoardo Boncinelli, presidente del Comitato Scientifico di BergamoScienza. E i numeri lo dimostrano. Più di 200 eventi hanno animato tutta la città: 69 conferenze, 34 trasmesse in streaming; 115 laboratori e 21 mostre, 30 spettacoli. Hanno partecipato alla manifestazione 145 relatori, con 22 ospiti internazionali, tra cui: i Premi Nobel per la Fisica Claude Cohen-Tannoudji (1997) e Frank Wilczek (2004) e per la Medicina e Fisiologia Jack W. Szostak (2009). Fabiola Gianotti a capo dell’esperimento ATLAS del CERN di Ginevra ha spiegato l’impatto della scoperta del bosone di Higgs nella vita di tutti i giorni. E Carlo Ratti ha presentato i risultati del progetto “MIT Senseable City Lab” (da lui diretto e fondato), per creare città veramente a misura d’uomo.

Fisico e genetista di fama internazionale, ma anche filosofo, Edoardo Boncinelli è stato direttore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste e – oggi – insegna all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, dove per anni ha guidato i laboratori di ricerca di biologia molecolare dello sviluppo del dipartimento di Ricerca Biologica e Tecnologica. Nel 2011, il Corriere della Sera, in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, ha incluso le scoperte di Edoardo Boncinelli tra le prime dieci, prodotte dal genio degli scienziati italiani, da ricordare nella storia d’Italia. A Edoardo Boncinelli è difficile fare domande che non siano state già fatte almeno un migliaio di volte, senza considerare il rischio di apparire troppo ingenuo o perfino stupido. Edoardo Boncinelli – però – è il professore di scienze che tanto avremmo voluto a scuola, in grado di raccontare la scienza come una grande avventura. Per Edoardo Boncinelli il sapere scientifico e tecnico è anche la base dell’evoluzione della civiltà. «La scienza produce conoscenza, applicazioni pratiche e cultura ed è portatrice di un particolare atteggiamento mentale». Passando dalla forza muscolare alla forza delle macchine, l’uomo ha potuto liberare la forza della creatività e dell’intelligenza. Nessuna filosofia, nessuna religione ha avuto un impatto sullo sviluppo dell’uomo simile alla rivoluzione scientifica e industriale. «La miseria dei valori genera miseria economica». Mettere al centro i valori della conoscenza e della ricerca scientifica significa premiare il talento, dare più forza alle persone, mettersi in discussione, sostituire la logica dello scontro e della violenza con quella del confronto e del dialogo, significa unire invece di dividere. La scienza è libertà, capacità di imparare dai propri errori. «Senza scienza – mette in guardia Edoardo Boncinelli – non ci può essere sviluppo e crescita e senza scienza non ci può essere democrazia». Forse per questo la scienza fa tanto paura?

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Data Manager: Chi ha paura della scienza?

Edoardo Boncinelli: L’Italia, la patria di Galileo, destina le briciole del suo bilancio alla ricerca scientifica. La scienza apre le porte della conoscenza agli uomini e li rende liberi. Non è la scienza a spaventare. Ma un esercito di uomini liberi, dotati di senso critico e capacità di ragionamento – forse – può spaventare qualcuno.

Non riusciamo a immaginare nulla che non abbia uno scopo, un disegno, una finalità. Anche il caos privo di senso è un’idea che da sola può fare tanta paura.

Perché scienza e democrazia sono collegate?

La scienza è un modo di pensare, un metodo di conoscenza, ma anche di vita e di lavoro. La scienza educa allo spirito critico, alla non accettazione di affermazioni date a priori, all’ascolto delle argomentazioni dell’altro, alla critica e alla disponibilità a essere criticati. Tutto questo costituisce secondo me anche il fondamento della democrazia.

Perché si parla di finanziamenti alla ricerca solo in tempo di crisi?

Perché la crisi presenta il conto e ci mette davanti alle scelte che non siamo stati capaci di fare. La crisi non è una catastrofe, ma può diventarlo se non si impara la lezione. In cinquant’anni, né la destra né la sinistra si sono fatti carico veramente della situazione della ricerca scientifica in Italia, se non a parole…

È possibile parlare di futuro senza programmazione?

Senza programmazione si sprecano risorse e si rinuncia a costruire il futuro. A me è andata bene perché sono stato bravo ad attingere ai fondi comunitari – però – vedo intorno a me tanta fatica soprattutto per i giovani ricercatori che pagano il prezzo più alto. Anche l’Europa sta perdendo colpi. Si vuole fare l’unione delle telecomunicazioni, ma non si fa quella energetica, della ricerca e soprattutto quella politica. Senza una vera unione dei popoli sarà molto difficile crescere tutti insieme.

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E gli investimenti privati?

I privati non sono mica stupidi. I privati parassitano i pubblici, prendono le idee e le persone migliori della ricerca pubblica e se li portano via. Certo la scarsità dei finanziamenti è un problema, ma quelli che ci sono, vengono dati secondo criteri opachi e soprattutto senza programmazione. Senza la certezza dei finanziamenti non puoi neppure sapere se tra sei mesi potrai portare a termine la tua ricerca.

La scienza ci renderà più umani?

Possiamo sapere solo quello che abbiamo scoperto. E per questo bisognerebbe capire che cosa è l’umanità.

Il codice genetico è un libro scritto da milioni di anni di evoluzione e conserva la memoria di tutto ciò che è stato prima di noi. Basta questo per vedere la grandezza in ogni essere umano. Le più grandi scoperte scientifiche non possono fare altro che allargare gli orizzonti della conoscenza, ma non ci possono rendere migliori. Spero solo che non ci rendano peggiori.

“La scienza non ha bisogno di Dio” è il titolo del suo libro (Rizzoli, 2012). E se fosse Dio ad avere bisogno della scienza?

Ci sono le leggi della fisica e quelle del marketing. Dio nei titoli dei libri fa vendere di più. Uno scienziato sa che esistono domande cui non è sensato rispondere. Uno scienziato non è mai troppo a suo agio a parlare di Dio, perché Dio è del tutto inconoscibile attraverso la razionalità, perché trascende la realtà fisica e le capacità cognitive umane. Se come Dio intendiamo la comprensione del mondo e per dirla con Spinoza, Deus sive natura, la scienza non fa altro che ampliare questo orizzonte di conoscenza. E’ vero che conosciamo solo una piccola parte della materia di cui è composto l’universo. La scoperta del Bosone di Higgs ci pone molte domande alle quali non sappiamo ancora rispondere. Più impariamo più siamo in grado di formulare domande che ci avvicinano al significato della vita.

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Che cosa ci riserverà il futuro?

Mai chiedere a uno scienziato di fare una previsione. La scienza procede a piccoli passi, ma le singole scoperte scientifiche hanno la forza di imprimere grandi accelerazioni del tutto inaspettate al progresso dell’uomo. Ci sono – però – delle tendenze: diventeremo sempre più bravi a mantenere in salute il nostro corpo e a sostituire parti difettose. E le macchine diventeranno sempre più intelligenti.

L’intelligenza artificiale ha dimostrato che è più facile replicare la razionalità che la corporeità…

Non c’è alcun dubbio che sia così. La razionalità in fondo è basata su principi elementari che ci hanno permesso di costruire i super computer, i puntatori automatici dei satelliti. Replicare una funzione del corpo richiede moltissimo tempo: siamo riusciti a costruire orecchie, occhi, braccia artificiali e l’interfaccia neurone-computer. Sappiamo entro certi limiti replicare le funzioni del corpo, ma nessun robot umanoide è in grado ancora di stare in piedi e di camminare in maniera disinvolta. Abbiamo imparato la differenza tra analogico e digitale, ma il nostro corpo già la conosceva.

Qual è il suo rapporto con la tecnologia?

Ho scritto gli ultimi sei libri utilizzando l’iPad. Quando lo racconto, tutti si stupiscono perché l’iPad non è un computer. La mia mente a 71 anni è ancora giovane e si adatta all’utilizzo dei nuovi strumenti e sono molto interessato agli sviluppi dell’interfaccia uomo-macchina. Google poi è una specie di miracolo.

Che cosa la scienza può insegnare ai manager che guidano le aziende?

Che la strada per il successo è piena di errori e fallimenti. Ma gli errori devono essere di stimolo a trovare la strada giusta. I manager italiani – però – hanno bisogno di maggiore organizzazione, di programmazione e di valutazione del merito e soprattutto di una visione del mondo che si può ottenere soltanto con la conoscenza.