La trasformazione in corso, di cui il buyout di Dell è l’atto più recente, segna un terremoto che riguarda le due facce della medaglia: IT e TLC. Con un cambio di prospettiva connesso
Lo ammetto. In casa – negli ultimi dodici mesi – sono arrivati tre tablet e tre smartphone, mentre l’ultimo pc risale a tre anni fa. Era un notebook con processore veloce e aveva uno schermo touch, anche se con Windows 7. Una copia di upgrade di Windows 8 sta in qualche cassetto, all’insegna del “non si sa mai”, prima che Microsoft aumenti di prezzo. Contemporaneamente, una mail di Telecom Italia mi informa che il mio plafond sul mobile è stato elevato: “telefonate illimitate e aumento anche del traffico dati”. Mi dicono che è un premio fedeltà, in realtà credo che sia un frutto della potenza dei data base: devono aver scoperto che su quella SIM, non supero di regola il plafond mensile. Già, perché accanto a un contratto aziendale, dove lo Stato senza far nulla guadagna, oltre all’IVA, anche 12 euro e 91 centesimi di tassa di concessione (sugli abbonamenti, ma non sulle ricaricabili, ancorché business), ho una seconda SIM, questa volta personale, che evidentemente sfugge ai pur potenti database della compagnia telefonica. Così, grazie al “regalo” sulla prima SIM, disattiverò la seconda. Viva i big data e i business analytics.
IL TABLET SOSTITUIRÀ IL PC?
Buona parte dei problemi del settore ICT sono riferibili ai piccoli personali esempi di cui sopra. Secondo IDC, le vendite di pc sono diminuite del 3,2% nel 2012 e del 6,4% nel quarto trimestre, dopo il -8,6% del terzo. In EMEA, il calo è stato dell’11%. Nello stesso trimestre, le vendite di tablet sono salite del 75%. Nell’ultimo trimestre dell’anno, che doveva essere vitalizzato dall’arrivo della nuova versione di Windows, si sono venduti in media un milione di pc al giorno e 600mila tablet. Un anno prima, ogni dieci pc si vendevano tre tablet, adesso sei, senza contare gli smartphone. Il dettaglio non marginale è che la flessione delle vendite di pc è in parte compensata dai Paesi BRIC, perché i mercati più maturi di USA ed Europa mostrano segnali ancor più pesanti. In Europa il calo è ormai a doppia cifra, mentre in Italia, lo è da un paio d’anni, come rileva Sirmi. Con Windows 8 a regime andranno meglio le cose? Difficile. Un secolo fa, le automobili incominciavano a sostituire le carrozze, ma non erano i produttori delle seconde a costruire le prime. Trent’anni fa, i pc iniziavano a sostituire le macchine per scrivere, e nuovi soggetti sarebbero emersi. Il pc sarà sostituito dal tablet? L’ingresso in quest’ultimo mercato da parte di Microsoft – che ora ha allargato la distribuzione del “Surface” a una ventina di Paesi, Italia compresa – va intesa non come una mossa industriale, ma come un “bagnare i piedi” per capire dove corre il fiume.
LA FRENATA EUROPEA: TLC E IT
Nelle TLC i segnali per l’Europa sono ancor più preoccupanti. Neelie Kroes, la commissaria europea all’Agenda Digitale, che per troppo tempo – forse – ha continuato a vestire i panni precedenti di Commissaria UE alla Concorrenza, nell’ultimo anno ha parzialmente abbandonato la sua fede nella capacità di un mercato che, in virtù delle forze competitive, avrebbe investito miliardi – fino a 300 nel decennio – per le nuove reti e ora assiste sconsolata al drastico taglio del budget dell’Unione (da 9 a 1 miliardi) di aiuti finanziari per i progetti ICT. In Italia, Cristiano Radaelli, presidente dell’Antec, l’associazione confindustriale delle industrie ICT, ha parlato di «brutto colpo per la realizzazione dell’Agenda Digitale Europea e per le politiche di rilancio economico». In Francia, un rapporto dell’Assemblea Nazionale parla espressamente di “settore malsano”, di una filiera, quella delle telecomunicazioni, “in sofferenza”, in cui l’Europa è divenuta luogo di scontri a colpi di ribassi finanziari e di conquista di produttori extra-europei, un chiaro riferimento ai cinesi, che – rileva il rapporto – sono tenuti fuori negli USA. Il buyout di Dell da parte del suo stesso fondatore e maggior azionista, Michael Dell, è il segno della velocità del cambiamento in corso. Il fatto che HP e Dell (che nell’ultimo decennio hanno quasi monopolizzato il vertice del mercato dei pc) abbiano messo in discussione se stesse, interrogandosi – la prima – su che cosa fare dei pc e – la seconda – decidendo di cambiare pelle, la dice lunga di un settore nel quale la meteora Acer continua a perdere colpi e, come nelle telecomunicazioni, l’astro emergente è un cinese, in questo caso Lenovo.
IL CASO DELL
HP e Dell hanno in comune non solo il fatto di essere stati a lungo attori dominanti nei pc, oltre a una posizione (benché non di pari forza) in server e storage, ma anche il dovere inventare un ruolo nel mercato – che hanno solo sfiorato – del “one hand mobile”, cioè smartphone e tablet, da cui entrambe sono entrate e uscite, ricollocandosi ora su Windows 8 e privilegiando l’ambito “pro”. Dell era divenuta negli anni 90 l’azienda miracolo dell’IT con un capolavoro logistico che le consentiva di realizzare a costo contenuto pc su misura e tagliando i costi distributivi. Oggi, quando la produzione è in larga misura terziarizzata verso i medesimi produttori multi-marca, la logistica non fa più premio e i pc non hanno bisogno di personalizzazioni, perché tutte le periferiche si attaccano alle porte USB. Chi apre più un pc oggi? Dell, che pur ha cercato di essere meno pc-dipendente e si è lanciata in una consistente campagna acquisti tra storage, servizi e software, ha tre capitoli aperti. Primo. Deve decidere che cosa fare nell’area dei “client”, sapendo che aziende e consumatori sono disposti a tenere un computer un anno o due in più per spendere i soldi risparmiati in altre direzioni: tablet, oggi, e smartphone, domani, e forse anche nuove versioni di thin client, magari nella forma di un tablet “pompato” e nel cloud. Secondo. Deve sistemare alcune partite di scarso successo, come quella dello storage. Oggi, Dell realizza solo 20 dollari di fatturato nello storage ogni 100 realizzato nei server. In questi anni, Dell ha chiuso la relazione con EMC che le aveva permesso di conquistare una posizione di rilievo nel mercato, e ha puntato a “far da sé” con acquisizioni come quelle di Equallogic e Compellent prima, e di Ocarina ed Exanet poi, ma a questi investimenti non è corrisposto un particolare successo. Alla fine del 2012, l’uscita del responsabile del settore Darren Thomas, insieme con quello dei servizi Steve Schuckenbrock, sembra essere una conferma indiretta. Negli stessi server, Dell è tra i maggiori fornitori a volume: non è lontana da HP, ma mentre dalla vendita di un server HP ricava mediamente cinquemila e 200 dollari e IBM addirittura 12mila e 400 (grazie al peso anche dei mainframe), per Dell sono solo tremila e 200 dollari. Azienda sin qui rivolta soprattutto al mercato enterprise, Dell deve anche decidere come affrontare la partita del cloud. La sua “casa” è fatta ormai di diverse “stanze”: pc, server, storage, altre periferiche, software e servizi (l’acquisto di Perot Systems per 3,9 miliardi non è irrilevante), ma sembra ancora mancare un master plan. Dalle prime voci all’annuncio dei leveraged buyout – ancora aperto al momento in cui scriviamo – è intercorso un tempo straordinariamente breve. Michael Dell sa che il tempo a disposizione non è lungo. HP ha già emesso un comunicato in cui lascia presagire un periodo d’incertezza per i clienti dell’azienda concorrente. E’ quindi nell’interesse di Dell “fare presto”, per non perdere clienti strada facendo. Sapendo anche che – a qualche migliaia di chilometri di distanza – qualcuno non sta fermo. Lenovo ha stretto con EMC un’alleanza che in questa fase mira proprio a portare soluzioni integrate server e storage alle PMI, soprattutto sul mercato cinese e asiatico. Si tratta di un altro segnale del trend di ricomposizione dell’offerta che anche le prospettive del cloud non allontanano ma – anzi – avvicinano.