Una questione che le aziende devono gestire e non subire. Quest propone soluzioni che risolvono in positivo i problemi dei Cio
Byod, un nuovo acronimo si affaccia prepotentemente nel mondo dell’ICT, “bring your own device” è la sua estensione e sta a significare “porta il tuo device personale in azienda”. Si parla dunque di consumerizzazione del mondo delle imprese. Di questo abbiamo voluto parlare con Corrado Sterpetti, country manager di Quest Software Italia (www.questsoftware.it), società che offre soluzioni per amministrazione e automazione, data protection, sviluppo e ottimizzazione, identity e access management, migrazione e consolidamento, performance monitoring e che sta affrontando con attenzione la tematica del Byod.
Data Manager: Il Byod è una tematica piuttosto sentita dalle aziende e, se non sentita, subita. È così?
Sterpetti: In effetti “subìta” potrebbe essere una parola corretta. L’acronimo Byod riporta a quella che è una centralità di un messaggio di Quest su questo tema che è quello dello user workspace management. Questo è il tema che vogliamo indirizzare. Il Byod è esattamente la pressione che il mercato esterno, l’utilizzatore, porta nelle aziende per “costringerle” ad affrontare l’argomento dello user workspace management in maniera diversa rispetto a ciò che è stato fatto fino a oggi. E da qui l’interesse di Quest a trovare una soluzione efficace a tale esigenza.
Voi sentite che c’è una consapevolezza delle imprese su questo argomento o dovete condurle voi a ragionare su questi aspetti?
Sette anni fa quando ero in Sun si cominciava a parlare di desktop virtuale, dei thin client, molto comodi (si utilizzava una smart card per accedervi), ma statici. Il tema del desktop virtualization non è nuovo, quello che è nuovo è la pressione che viene dall’esterno. Qualche dato: Franco Bernabè, presidente di Telecom Italia, in un’intervista al Financial Times ha sottolineato come al mondo oggi ci sono 6,6 miliardi di appliance mobile (vicino a 1 per abitante della Terra), un dato impressionante, come del resto la previsione di Gartner che nel 2016 ci saranno 920 milioni di tablet. E ancora: uno studio Nielsen afferma che in Italia c’è il 50% di penetrazione smartphone verso cellulare, ci sono 16 milioni di utenti mobili contro 13 di utenti fissi. Rispetto a questa esigenza incontrollabile che comunque le aziende non indirizzano, ma subiscono, sempre secondo Gartner, entro il 2015 il 60% delle imprese medio grandi adotteranno un app store su cui caricheranno le loro applicazioni in modo tale che il loro utente finale (il dipendente) potrà acquisire una soluzione già configurata per le sue esigenze. Quindi per rispondere alla sua domanda è un problema che le aziende percepiscono, anche come opportunità, e questo si ribalta sul dipartimento IT che non può più subire che diversi dipendenti, dirigenti e non, portino in azienda il proprio device piuttosto che quello dell’azienda e, necessariamente, deve indirizzare questo fenomeno. Il device privato sarà comunque utilizzato e si corre il rischio che se ne faccia un cattivo uso che può lasciare “aperta una porta” ad accessi non gestibili o che comunque per ragioni di allineamento di sistemi operativi lasci una “brutta esperienza” all’utente che poi non riutilizzerà quella data applicazione riducendo la possibilità di efficacia ed efficienza nel modo di lavorare.
Tutto questo dipende dal fatto che stanno entrando nel mondo del lavoro i giovani, i nativi digitali?
No, non ne farei una questione di generazione. L’utilizzo del tablet è più diffuso negli utenti senior.
Vedete più un interesse maggiore dal Cio o dal top management?
L’interesse del Cio dipende dal fatto che ha più richieste da parte del suo stesso management, che comunque ha come finalità l’efficienza e l’efficacia del modo di lavorare. La spinta alla trasformazione viene dal basso, tanti sono gli utilizzatori e gestirli può portare efficienza.
Voi cosa proponete per gestire tutto ciò?
Noi abbiamo affrontato questa tematica partendo dall’utente, soffermandoci sulle problematiche per rendere semplice l’utilizzo dei device. Abbiamo grande esperienza sulla virtualizzazione del desktop e in questo caso bisogna rendere totalmente trasparente l’uso di qualunque device nell’utilizzo di qualsiasi applicazione si voglia fruire (posta elettronica, sales force automation, Erp, …). Al tempo stesso ci sono due aspetti che vanno seguiti con attenzione: il primo è che nell’utilizzo dell’applicazione virtualizzata l’utente non deve soffrire nessun problema, causato dal disallineamento del sistema operativo o dalla versione del browser usato. Per questa problematica abbiamo una soluzione acquisita insieme a una società inglese lo scorso anno (ChangeBase) che permette di fare un vero e proprio assessment delle release delle applicazioni del desktop e che permette di fare le necessarie correzioni. Il seondo aspetto fondamentale è la sicurezza degli accessi e una nostra soluzione offre la possibilità di tenere sotto controllo qualsiasi accesso venga fatto sia dall’interno che dall’esterno, con la possibilità di riconoscere degli accessi privilegiati, rilasciando al tempo stesso libertà di accesso alle applicazioni in funzione del ruolo o, viceversa, inibirle. Abbiamo anche soluzioni che permettono di accedere a una stampante da remoto in maniera protetta.
Le nostre soluzioni hanno sia una valenza integrata che stand alone e ciò permette di rispondere a esigenze puntuali delle aziende. Il cliente è portato a fare investimenti con una possibilità di Roi a breve termine, perché deve riportare dei risultati, ma deve avere la possibilità di metter questi “mattoncini” uno sopra l’altro per costruire un percorso.
Visto il momento piuttosto critico, con budget IT ridotti, questa problematica non va in secondo piano rispetto ad altri progetti più vicini al business?
Per esempio la migrazione a Windows 7 ormai è qualcosa che si sta facendo e quella soluzione cui accennavo prima, ChangeBase, riduce gli incidenti di percorso nella migrazione che è un’esigenza puntuale, ma chi fa questa migrazione, anche per le caratteristiche di Windows 7, ne sa cogliere gli aspetti relativi alla componente mobile, per cui ha una visione di medio termine che si avvicina molto alla tematica di user workspace, e può prenderla in considerazione perché dà un ritorno a breve ed è legata a un investimento che sta già facendo. Inoltre il Byod è una realtà: quanto un’azienda può temporeggiare su questo aspetto? Quante barriere può mettere? Si tratta di accettare un rischio nel rinviare il momento di affrontare la situazione.
Quest’anno cosa vi aspettate dal mercato su queste soluzioni?
In questo momento in Italia non abbiamo clienti su queste soluzioni (all’estero sì), in Italia i prodotti sono stati lanciati da poche settimane, attualmente ci sono dei test e mi aspetto entro fine anno di fare almeno un paio di progetti pilota. Nel frattempo costruiremo un ecosistema di partner, partendo da società che hanno già delle forti capabilities sulle problematiche della migrazione. Le condizioni di mercato attuali sono favorevoli alle nostre proposte.