Comuni 2.0

Il 45% dei Comuni italiani utilizza strumenti di social networking. Come Facebook e YouTube cambiano la comunicazione tra cittadini e amministrazioni

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Opera, unità di ricerca dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (Unimore – www.unimore.it), ha pubblicato il rapporto sull’utilizzo dei social network nei Comuni italiani. «La ricerca è significativa – commenta Annachiara Scapolan, coordinatrice del progetto – e si può considerare a tutti gli effetti il primo studio di rilevanza nazionale».

Sono stati contattati i 709 Comuni italiani di medie e grandi dimensioni, ovvero quelli con un numero superiore ai 15mila abitanti. Le risposte sono state date da 206 Comuni, cioè il 29% del campione di riferimento. In particolare hanno preso parte all’indagine il 75% dei capoluoghi di regione e il 46% del totale dei capoluoghi di provincia. Da un punto di vista geografico i Comuni oggetto della ricerca sono presenti per il 53% al Nord, per 34% al Centro, per il 20% al Sud e, infine, per il 18% nelle Isole.

 

Il 45% è social

Dai dati raccolti, osserva Scapolan, è emerso che negli ultimi tre anni il 45% dei Comuni che hanno partecipato all’indagine hanno investito in social media. Gli strumenti nei quali si è investito più diffusamente sono risultati, nell’ordine, Facebook (89%), YouTube (65%), Google Maps (56%), blog (51%) e Twitter (50%). Facebook è il social media su cui quasi tutti i Comuni hanno investito e si rivela essere lo strumento più congeniale per aprire un canale di comunicazione con i cittadini. L’indice di intensità di utilizzo rilevato dall’indagine non è elevatissimo, «basti pensare – dice Scapolan – che in una scala da 1 a 7 il livello medio è risultato essere 3. Solo un 20% dei Comuni oggetto della ricerca ha invece investito maggiormente in risorse e organizzazione per sfruttare al meglio i social network».

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Scarsa integrazione

Come afferma la coordinatrice del progetto, si ravvisa un utilizzo che il più delle volte è privo di una effettiva logica di integrazione con il canale di comunicazione principale, il Web, o tra i diversi social network. La logica che alimenta l’uso di questi strumenti si può definire destrutturata, alimentata dalla volontà di allargare le maglie dell’informazione istituzionale senza che sia stata però prevista un’effettiva loro collocazione e ruolo all’interno delle amministrazioni. Da parte di coloro che hanno mostrato una maggiore determinazione nell’investimento i riscontri sono più che positivi. Ciò che più sorprende è che il livello di apprezzamento in termini di esposizione mediatica della PA trova riscontri favorevoli nei piccoli come nei grandi Comuni. Tra questi il Comune di Monterotondo, in provincia di Roma, che vanta 5mila amici Facebook su una popolazione totale di 40mila abitanti. Altri virtuosi del social network sono Reggio Emilia, Modena e Venezia.

 

Facebook

Il contenuto dei post pubblicati su Facebook riguarda nella maggior parte dei casi eventi culturali e provvedimenti presi dal Comune, soprattutto riferiti a lavori pubblici, traffico e viabilità, limitazioni per l’inquinamento. «In alcuni casi – dice Scapolan – i post contengono le convocazioni del Consiglio Comunale e informano sull’ordine del giorno, riportano l’approvazione di politiche comunali e l’inizio dei lavori di progetti approvati. L’obiettivo primario è aumentare l’efficacia e l’efficienza delle comunicazioni ai cittadini così come aumentare l’interazione tra cittadinanza e Comune e tra gli stessi cittadini».

A influenzare maggiormente la scelta di utilizzare i social media sono stati prevalentemente soggetti interni al Comune, soprattutto sindaco e assessori. «Tutti coloro che hanno presenza su Facebook – commenta Scapolan – non avevano idea di quali risultati si potessero attendere se non quello di un generale miglioramento della comunicazione».

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Centralizzazione

La gestione dei social avviene in maniera istituzionale. La maggior parte della gestione è centralizzata e rientra nelle competenze dell’ufficio di comunicazione, in alcuni casi dell’ufficio stampa, mentre le consulenze esterne finalizzate a forme di gestione condivisa sono molto limitate. Per quanto riguarda Facebook si utilizza un solo profilo. Tendenzialmente, a operare in questo senso, sono le amministrazioni che hanno investito di più sia in termini di intensità di utilizzo che di numerosità di strumenti. Tuttavia, come ricorda Scapolan, il 24% dei Comuni ha dichiarato di avere più pagine e ciò accade presso quelle amministrazioni in cui l’influenza del sindaco non è stata particolarmente forte.

 

YouTube

Per quanto riguarda YouTube il contenuto dei video pubblicati è molto vario. In generale non viene effettuata una scelta precisa di specializzazione dei temi. Si passa da contenuti che riguardano l’inaugurazione di opere pubbliche a quelli di presentazione di servizi del Comune o del bilancio di previsione, dai video su eventi culturali e ricreativi, come concerti e festival, a quelli che riportano la seduta del Consiglio Comunale. La frequenza di aggiornamento non è elevatissima. Nei casi più virtuosi i video vengono aggiornati una volta alla settimana o al mese. In media un video riceve 80 visualizzazioni. Nella maggior parte dei casi non esiste un formato predefinito e coerente per tutti i video. L’utilizzo preferenziale è la videointervista, mentre solo in casi particolari viene utilizzata la forma documentaristica.

«Alla luce delle rilevazioni effettuate dall’indagine – dice Scapolan – si può affermare che i Comuni utilizzano YouTube soprattutto come una sorta di library online dove depositare aspetti che documentano della vita della comunità locale. È importante inoltre sottolineare che l’interazione con i cittadini su YouTube è molto più bassa rispetto agli indici espressi da Facebook».

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Potenzialità inespresse

Poche sono le esperienze che sfruttano appieno le caratteristiche Web 2.0 di questi strumenti, ossia la loro capacità di avviare e gestire discussioni e dibattiti di tipo multilaterale tra cittadini. Sono potenzialità – si afferma nello studio – che potrebbero esser particolarmente utili sul fronte politico per facilitare e sostenere modelli di democrazia partecipativa. «Questo però – osserva Scapolan -, richiede da un lato che i soggetti politici si impegnino maggiormente non solo nel promuovere l’investimento, ma nel miglioramento della gestione tecnica e soprattutto organizzativa, incentivando la creazione di strutture e la disponibilità di personale competente adeguato».

 

Come snellire la burocrazia

Non esiste una risposta diretta tra sindaco e cittadini. «Quando i cittadini chiamano in causa il sindaco, in riferimento a tematiche sollevate su Facebook, l’amministrazione – osserva Scapolan – preferisce rispondere attraverso media tradizionali». Il rapporto privilegiato è con la stampa, in particolare i quotidiani locali. Ma non mancano iniziative che tendono a sfruttare al meglio le potenzialità dei nuovi media. Il Comune di Reggio Emilia, proprio per garantire la velocità di risposta, ha deciso di bypassare il sistema di autorizzazioni snellendo i processi burocratici che sono di ostacolo a una piena fruibilità dei singoli strumenti.

I Comuni che hanno investito in social media lo hanno fatto con una certa cautela adottando un approccio sperimentale e incrementale. «A distanza di circa tre anni dalle prime esperienze – è il commento di Scapolan -, riconoscono che i costi di progettazione e implementazione, non particolarmente elevati, sono certamente recuperati dai benefici ottenuti in termini di maggiore efficienza dei processi di comunicazione con i cittadini. È infatti soprattutto con riferimento a tali processi – conclude Scapolan – che i Comuni segnalano un miglioramento nel raggiungimento dei target».