Nell’epoca dei social network e degli smartphone ha ancora senso parlare di comunicazione “unificata”? La risposta è affermativa. È determinante – però – la scelta di un partner in grado di assicurare la naturalezza funzionale e una perfetta aderenza degli strumenti ai processi interni
Molte cose sono cambiate rispetto ai primi annunci tecnologici che ci introducevano nell’era della comunicazione convergente in azienda. Concetti come “softphone”, un’applicazione software capace di trasformare il personal computer in un terminale telefonico – oggi – sono completamente acquisiti e la spinta del VoIp, della voce su internet protocol, ha mandato in crisi i tradizionali modelli dualistici che prevedevano, almeno in ufficio, una telefonia strettamente separata dai dispositivi e dalle infrastrutture tipiche dell’informatica.
Un successivo balzo in avanti è arrivato con il dilagare della telefonia cellulare prima e degli smartphone poi. Sotto la spinta del bring your own device (BYOD), l’ubiquità dei telefonini smart nell’ambiente di lavoro ha contribuito a definire i nuovi ambiti della comunicazione voce e video tra aziende e verso i consumatori.
Oggi, quindi, la unified communication può dirsi un traguardo raggiunto? Probabilmente no, perché certe barriere sono tuttora percepite a livello funzionale, per cui “fare una telefonata” è ancora un’operazione vista come qualcosa di separato rispetto alla comunicazione che avviene attraverso la posta elettronica e ad altri servizi puramente IP, come le chat e il VoIp di servizi alla Skype.
L’altro elemento forte del mercato attuale della “unified communication” è la collaborazione, il lavoro di squadra svolto grazie agli strumenti della condivisione in rete non soltanto dei dati, ma delle stesse risorse applicative, la telepresenza, fino alle soluzioni domotiche avanzate. A che punto siamo con la diffusione di questi strumenti? La tavola rotonda organizzata in questa occasione da Data Manager cerca da un lato di stabilire il livello di maturità tecnologica delle soluzioni di UC&C (Unified Communication and Collaboration), la loro adozione e integrazione nelle normali attività lavorative e nei processi decisionali in azienda. Dall’altro chiede alle aziende partecipanti di illustrare i principali ostacoli e le resistenze che fornitori e system integrator registrano nella relazione con i loro clienti.
Crescita a due cifre
Al di là delle problematiche messe per esempio in luce da Gianfranco Ulian, direttore business development di Unify (www.unify.com/it) – secondo il quale «anche se la tecnologia sta cambiando il nostro modo di vivere, comunicare e fare business, l’attuale offerta UC&C appare frammentata, incompleta e offre scarse possibilità di allineamento con i processi di business se non attraverso fastidiosi e frustranti workarounds» – in Italia il comparto delle comunicazioni unificate mostra segni di vitalità che possono essere giudicati in netta controtendenza con le cifre pessimistiche dell’intero settore tecnologico. Per Daniela Rao, TLC Research & Consulting director di IDC Italia (www.idcitalia.com), che ha contribuito al servizio di Data Manager con numeri e valutazioni, «il mercato italiano delle soluzioni di UC&C nei prossimi tre anni è destinato a crescere con una variazione annua intorno al 12%». Già nel 2013 il segmento, secondo IDC, si è attestato intorno ai 300 milioni di euro di valore e il suo sviluppo sarà legato nel prossimo biennio a diversi fattori. L’ambiente competitivo tende a diventare «sempre più affollato da vendor, operatori, outsourcer e OTT che si contendono la domanda delle aziende» – precisa Daniela Rao. Queste ultime, pur essendo messe a dura prova dalla crisi, continuano a investire per facilitare la comunicazione e la collaborazione all’interno delle rispettive business community e per supportare il lavoro in movimento e da remoto. Non solo. «Tra le medie e grandi imprese, la gestione integrata dei servizi voce su rete mobile e fissa continuerà ad avere un ruolo centrale e soluzioni cloud o managed services saranno sempre più frequenti» – afferma Rao, che sembra essere ottimista anche nei confronti della domanda proveniente dalle PMI italiane, sempre più interessate alle soluzioni di videocomunicazione e videoconferenza, «direi soprattutto attraverso servizi di web conferencing facilmente accessibili e a costi molto contenuti». Le grandi organizzazioni, invece, «saranno sempre più attratte da soluzioni orientate a integrare videocomunicazione e strumenti di collaborazione».
Inoltre, circa il 25% della spesa destinata dalle imprese di dimensioni medio-grandi all’evoluzione e la gestione delle soluzioni di comunicazione verso piattaforme integrate di UC&C continuerà a essere riservato «a servizi di consulenza e system integration, quale componente fondamentale per tracciare sviluppi futuri e garantire sicurezza, flessibilità e controllo dei costi» – conclude Rao, sottolineando ancora una volta la necessità di “rivestire” la tecnologia di un involucro fatto di competenze, capacità e intelligenza nell’organizzazione di un’adeguata corrispondenza tra investimenti tecnologici e ritorni in termini di efficacia e soprattutto nuove opportunità di business.
User experience e allineamento al business
Oggi, molte attività di comunicazione e interazione aziendali tendono a concentrarsi su un unico dispositivo smart. Alla luce di questa tendenza, ha ancora senso parlare di unified communication? Qual è l’interpretazione corretta dell’uso di piattaforme applicative dedicate nell’attuale contesto della mobilità universale e come funzionano le ultime generazioni di questi prodotti? Queste sono le prime domande, volutamente provocatorie, che abbiamo formulato al nostro panel. Le risposte fornite individuano almeno due grandi tematiche che definiscono le aspettative e le esigenze di una azienda nel valutare una soluzione di Unified Communication. Una è la volontà di ritrovarsi in un ambiente realmente “unificato”, dove l’esperienza legata all’uso di dispositivi e canali di interazione differenti possa dirsi sempre uniforme e naturale. L’altra – forse più complessa – riguarda la certezza di inserire la comunicazione e la collaborazione nel contesto delle attività di business, dei processi di produzione e vendita, facendo in modo che le nuove modalità di interazione entrino davvero a far parte della cultura di relazione di una azienda, grande o piccola che sia.
Sulla validità del concetto di Unified Communication, Stefano Osler, CEO di Wildix (www.wildix.com), risponde in modo nettamente affermativo. Non solo ha molto senso parlarne, ma Osler si dice convinto che il concetto si sia rafforzato ulteriormente proprio in virtù della maturazione tecnologica degli ultimi anni. «Pensando a un fenomeno ormai largamente diffuso come il BYOD, possiamo affermare che sia un effetto concreto dell’evoluzione delle Unified Communication. Una tecnologia che segnerà la svolta è quella del webRTC, con la quale è possibile garantire una comunicazione efficace e semplice anche in mobilità, tramite il browser, abbattendo i costi delle chiamate e sviluppando servizi di marketing e customer care avanzati».
In linea con le opinioni di Osler, sembra essere Vittoria Raiola, product manager IPT UCC Solutions di Bt Global Services (www.bt.com/italia), molto attenta alla problematica del buon allineamento tra piattaforme e strumenti di comunicazione e processi interni. Il suo parere è supportato dai risultati di una ricerca che l’operatore britannico ha svolto insieme al suo partner Cisco. In occasione dell’indagine, un intervistato su tre ha dichiarato che la piattaforma di comunicazione della propria azienda è in grado di evolversi di pari passo con il business. «Oggi più che mai, ha senso parlare di Unified Communications» – osserva Raiola. Il business richiede una gamma completa di strumenti di collaborazione tra cui mobilità, presenza e instant messaging, video e voce ad alta definizione fruibili da diversi device». Tra le altre esigenze espresse dalla clientela di queste soluzioni c’è il requisito che esse siano economiche, scalabili e di facile implementazione. «Reti performanti e sicure e soluzioni on cloud, sono il prerequisito e la risposta tecnologica al problema». Proprio pensando a queste esigenze, BT e Cisco hanno lanciato One Cloud Cisco, un nuovo strumento che integra servizi voce, video e comunicazione dati, che – secondo quanto annunciato da Raiola – dovrebbe essere disponibile anche in Italia all’inizio del 2014.
Il web come piattaforma di integrazione
Come fa notare Marco Macari, amministratore di Zucchetti Communication (www.zucchetti.it), nel corso del tempo abbiamo assistito a una moltiplicazione degli strumenti di comunicazione piuttosto che a una concentrazione. Una reale convergenza, secondo Macari, «comporta la generazione di un flusso eterogeneo di informazioni che deve essere gestito in modo funzionale all’utente e integrato con il CRM e il gestionale utilizzato in azienda». Questo cambio di paradigma, prosegue l’esperto Zucchetti, «garantisce notevoli vantaggi in termini di aumento dell’efficienza. Per esempio, le richieste dei clienti, registrate in una segreteria telefonica, possono essere inoltrate in tempo reale al CRM per creare ticket vocali oppure si può sapere immediatamente se la persona con cui si sta chattando è il potenziale cliente al quale era stata inviata un’offerta o se il cliente che sta chiedendo lo sconto è insolvente e così via».
Per il già citato Gianfranco Ulian, responsabile dello sviluppo di Unify, l’effetto inarginabile del BYOD ha contribuito molto a rafforzare le aspettative individuali in termini di “user experience”. L’applicazione aziendale si scarica dagli “store”, e si utilizza in modalità cloud, in maniera sempre più intuitiva, senza dover ricorrere a manuali e sedute di apprendimento. L’obiettivo di un fornitore come Unify, sottolinea in questo senso Ulian, è riuscire ad aggregare i diversi canali di comunicazione (voce, dati, video, social) e presentare i contatti, i contenuti, le informazioni in una singola “vista” coerente attraverso ogni dispositivo. Project Ansible, precisa Ulian, è una piattaforma sicura e dinamica, progettata «per andare oltre l’UC», cambiando le modalità di interazione, comunicazione e collaborazione tra aziende e individui, in modo da «avere un’esperienza coerente su tutti i dispositivi a prescindere dal canale di comunicazione utilizzato».
Più cautela nell’attribuire ai dispositivi integrati di ultima generazione la capacità di rendere la comunicazione “nativamente” integrata viene manifestata da Zeffirino Perini, amministratore delegato di TeamSystem Communication (www.tscomm.it). L’approccio seguito da questo system integrator parte dal presupposto che il dispositivo smart sia solo uno degli elementi della catena del flusso della comunicazione aziendale e non la sua “risoluzione”. «Una valida soluzione di UC deve prescindere dall’utilizzo di dispositivi di ultima generazione, focalizzandosi sull’integrazione tra strumenti hardware e software già presenti in azienda senza alcuna distinzione di tecnologia e nel modo più universale possibile» – osserva Perini, lamentando la scarsa consapevolezza in relazione ai potenziali nascosti degli asset tecnologici e informativi di una azienda. «Non c’è vera UC&C se non si tiene in considerazione la fonte delle informazioni che si comunicano, ossia i database, i gestionali e i CRM. Solo con una piena integrazione tra tutti questi strumenti si aggiunge valore ai dispositivi» – afferma il responsabile di TeamSystem, che sta mettendo a punto un progetto mirato proprio a collegare nativamente tutti i prodotti gestionali, relazione e telefonia.
Federico Riboli, business program manager di Fujitsu Italia (www.fujitsu.com/it/) sintetizza efficacemente il senso di questo primo giro di pareri, sottolineando come dalla crescente consumerizzazione dell’IT emerga la volontà di offrire ai dipendenti livelli superiori di produttività grazie alla possibilità di accedere in mobilità e sicurezza ad applicazioni, comunicazioni e dati. Le aziende decidono perciò di investire nelle tecnologie necessarie a far evolvere le attività business. In risposta, il mercato delle comunicazioni ha preso, secondo Riboli, una direzione ben definita. «Le imprese hanno bisogno di gestire in maniera sicura ed efficace la mobilità aziendale e di dotarsi di funzionalità necessarie a supportare dispositivi, applicazioni, dati, reti e soluzioni di sicurezza». Occorrono pertanto soluzioni che permettano di creare un ambiente di lavoro più agile e innovativo e strumenti in grado di integrare in tutta sicurezza i dispositivi personali con le applicazioni e i dati dell’azienda.
Andare oltre gli ostacoli
Nella seconda parte di questo servizio, vogliamo parlare di quelli che potrebbero essere i vincoli e gli ostacoli da superare. Come per altri filoni applicativi, abbiamo visto che le soluzioni di UC&C devono essere inserite in un contesto di processo, senza essere viste come soluzione tecnologica fine a se stessa. Ma quali sono le principali sfide da risolvere nell’integrazione di questi strumenti in azienda, dalle problematiche di interoperabilità, fino a quelle relative ai formati dei dati, sicurezza e compliance normativa?
A questa domanda, i partecipanti alla nostra tavola rotonda rispondono senza sottovalutare le complessità del problema. Vengono tuttavia fornite diverse “ricette”, da cui si possono distillare due principi generali e un suggerimento. I due ingredienti fondamentali individuati dai nostri esperti sono l’intuitività delle interfacce e l’efficacia e la centralità degli strumenti di gestione. Il consiglio riguarda invece la necessità di individuare, insieme alle tecnologie giuste, i partner che sappiano assicurare la necessaria esperienza. In questo come in altre aree applicative, il vero fattore frenante è l’improvvisazione. «Non bisogna dimenticare» – dice per esempio Vittoria Raiola di BT – «che a fronte degli indubbi vantaggi per gli utenti, è necessario tenere sotto controllo alcuni aspetti fondamentali quali la compatibilità con i dispositivi, la sicurezza degli accessi e dei dati, un’adeguata copertura Wi-Fi, le prestazioni della rete e delle applicazioni. Vista la complessità dei fattori in gioco, è sempre più rilevante saper scegliere un partner in grado di progettare e realizzare la soluzione che meglio si adatta alle esigenze dell’azienda.
Non si deve dimenticare, osserva Stefano Osler di Wildix, che «stiamo parlando di Communication-Enabled Business Process, in altre parole di processi aziendali che vengono ridisegnati e acquistano maggiore efficacia grazie all’integrazione di nuove logiche e strumenti di comunicazione e collaborazione. Il ruolo di questi strumenti è ormai centrale nello snellimento del workflow aziendale, soprattutto in ambito decisionale».
Pur ritenendo assurdo che oggi le aziende trascorrano più tempo a pianificare meeting, organizzare informazioni, consolidare feedbacks – ovvero – a orchestrare il lavoro piuttosto che svolgerlo realmente, Gianfranco Ulian di Unify riconosce che «la sfida più importante sta nel rendere gli strumenti facili sia per l’individuo che li utilizza sia per chi li deve gestire» e sottolinea come la soluzione Project Ansible di Unify, sia stata sviluppata tenendo conto delle esigenze del singolo lavoratore, «la cui user experience genererà un effetto positivo per la sua adozione virale in azienda».
Semplicità di utilizzo e intuitività sono fondamentali ai fini di un effettivo utilizzo degli strumenti, anche per Raiola di BT. «In questo nuovo mondo, il segreto del successo consiste nel disporre di comunicazioni aperte e accessibili che tocchino le diverse esperienze di interazione». Insieme a lei, tutti gli intervistati insistono sugli aspetti della gestione e dell’adeguamento ai processi di business. Marco Macari ricorda, per esempio, come Zucchetti – grazie al pieno governo delle tecnologie di sviluppo applicativo – sia riuscita a dotare la propria piattaforma UC&C, Infinity Communication, «di un’interfaccia aperta denominata “Proxy Manager” con la quale è possibile integrare rapidamente le funzionalità telefoniche con qualunque software di terze parti».
L’alternativa dei servizi gestiti
Per Zeffirino Perini di TeamSystem Communication, una delle sfide da vincere è quella di avere una tecnologia che non abbia un impatto sull’infrastruttura presente in azienda e che sia capace di offrire un’unica interfaccia di gestione valida per tutte le funzioni interne. «La soluzione di TeamSystem Communication, VoiSpeed, permette di ottenere i benefici tipici dell’UC&C, riducendo al minimo l’impatto sul sistema informatico esistente, grazie al trasferimento della complessità verso il centralino IP, mentre ogni funzione di controllo viene diretta dalla console multipiattaforma implementata sul client».
Infine, sia Federico Riboli di Fujitsu Italia sia Stefano Osler di Wildix ci ricordano che il percorso migliore per attraversare indenni la questione dell’interoperabilità e della convergenza passa per gli standard del web e per la “cloudizzazione” dei servizi. Fujitsu – per esempio – ha lanciato di recente una soluzione altamente scalabile e amministrata chiamata Managed Infrastructure Service Managed Mobile. «Si tratta – spiega Riboli – di una piattaforma per la gestione dei servizi mobili che risponde a esigenze di sicurezza e di conformità alle normative, due aspetti che fino ad oggi hanno fortemente limitato l’adozione del modello BYOD e della mobilità aziendale». Osler pone – invece – l’attenzione alle sfide che riguardano la sicurezza e compliance normativa e dice: «Per quanto ci riguarda, non si pone il problema dell’interoperabilità, perché tutte le nostre soluzioni sono web-based».
In ogni caso, comunicare e collaborare in modo puntuale, naturale e produttivo restano ancora un bisogno fondamentale di chi fa business. Ma le risposte a questa esigenza non arrivano da sole, per effetto di una nuova generazione di dispositivi o la semplice importazione degli stili comunicativi affermatisi fuori dall’ufficio. La vera unificazione richiede intelligenza.