Gli investimenti nell’ambito informatico sono ormai improrogabili per il sistema sanitario, ma ritardi e scarsa competenza continuano a gravare sui costi. Lavorare insieme e ripartire sulla base di uno standard europeo condiviso e di qualità per creare un livello di servizio e di spesa più competitivo
Ammonta a 1,3 miliardi di euro, pari a circa l’1,1% della spesa sanitaria pubblica, l’investimento complessivo in ICT per la sanità in Italia. Una spesa che, come emerge dalla ricerca 2012 dell’Osservatorio ICT in sanità promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano (www.mip.polimi.it) è frutto di investimenti “ridotti e maldistribuiti”.
Emblematico, da questo punto di vista, il ritardo accumulato dalla cartella clinica elettronica che, anziché diventare un progetto unico nazionale, ha favorito il proliferare di iniziative locali che, spesso, non dialogano. Alla luce di questa situazione, come sostiene Fabio Rossi, direttore della business unit Sanità di
Exprivia (www.exprivia.it), «la cartella clinica elettronica deve essere vista come una necessità: solo così sarà possibile direzionare tutte le iniziative in corso su binari comuni, che ne permettano una piena ed efficace realizzazione. Tuttavia, è bene essere coscienti che la realtà di oggi – per quanto in rapida evoluzione – è ancora lontana dalla costruzione di un contenitore unico, con i dati di tutti i cittadini. Affinché le iniziative locali possano convergere è necessaria una maggiore adozione degli standard esistenti (HL7, IHE), ma anche la definizione di una strategia di implementazione complessiva».
RIPARTIRE DALLE BASI
Se il progetto unico nazionale rimane l’obiettivo, non possiamo comunque prescindere dalle esperienze, spesso di grande successo, su cui si lavora a livello regionale. In questo ambito una delle realtà all’avanguardia è sicuramente quella lombarda, come racconta Fulvio Barbarito, direttore sanità e CRS-SISS di Lombardia Informatica (www.lispa.it): «L’esperienza lombarda del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) è tra quelle che hanno fatto da apripista a livello nazionale, visto il livello di ampiezza e di complessità del Sistema Informativo Socio Sanitario della Lombardia, su cui viaggiano già circa 6 milioni di FSE e 16 milioni di documenti clinici elettronici pubblicati annualmente con firma digitale. Il FSE, previo consenso del cittadino, permette la condivisione dei documenti (prescrizioni, referti, verbali e lettere di dimissione) che giornalmente le strutture sanitarie comunicano attraverso il Sistema Informativo Socio Sanitario. Il tutto è basato su un’architettura di tipo federato, che comprende i documenti clinici elettronici, depositati all’interno dei repository delle strutture sanitarie, che li producono, e un indice centralizzato che permette di “localizzare” i documenti nel sistema. Questo modello architetturale, frutto di confronti con l’Autorità per la privacy, il ministero della Salute e il dipartimento Innovazione e tecnologie della Presidenza del Consiglio, ha ispirato le linee guida nazionali sul FSE».
Proprio la necessità di condividere una serie di “punti fermi” è sottolineata da Rossi (Exprivia): «Anche nell’ambito dell’informatizzazione ci troviamo di fronte a una situazione non uniforme tra alcune regioni del Nord Italia, con un buon livello di informatizzazione, e alcune regioni del Sud, che – invece – continuano a registrare un ritardo. Per garantire una cartella clinica nazionale è necessario portare avanti un processo di informatizzazione che renda uniforme su tutte le regioni il livello di adozione delle infrastrutture informatiche. Completato questo è sufficiente adottare le metodiche e seguire i percorsi effettuati nelle Regioni a maggior tasso di adozione informatica».
LAVORARE INSIEME
Per un autentico rilancio dell’eHealth, come spiega Cristiano Pacitto, general manager di Datamatic Sistemi & Servizi (www.sistemieservizi.net), «è assolutamente necessaria una regia unitaria a livello europeo e nazionale. Da tempo, il ministero della Salute ha aderito all’Agenda Digitale Europea per l’assistenza sanitaria sostenibile e supporto delle ICT per una vita dignitosa e indipendente». Nell’ottica di quest’integrazione a livello europeo, per la realizzazione di una “eHealth information strategy”, «Datamatic Sistemi & Servizi si pone in prima linea attraverso la sua collaborazione decennale con la società Rimage per la promozione dell’utilizzo del CD paziente».
Una posizione condivisa da Barbarito (Lombardia Informatica): «Creare uno standard di FSE comune a tutte le Regioni sarà un grande passo avanti, ma i sistemi informativi sanitari regionali presentano ancora livelli di avanzamento differenti. Oggi, si parla soprattutto di interoperabilità del FSE, su cui Lombardia Informatica sta lavorando insieme ad altre società in-house. Regione Lombardia partecipa anche a progetti, come IPSE a livello nazionale ed EpSOS a livello europeo, che mirano ad assicurare l’interoperabilità dell’e-prescription e del patient summary». Anche secondo Sergio Rondena, country manager di Datalogic ADC Italia (www.adc.datalogic.com) «una gestione informatica integrata a livello nazionale con la realizzazione – ad esempio – di una base dati comune che consenta a qualsiasi ente nell’ambito sanitario di attingere alle informazioni aggiornate su ogni individuo, porterebbe beneficio a tutti, sia alle strutture sanitarie, sia ai cittadini che usufruiscono del servizio».
INVESTIMENTO O COSTO?
Benché tutti condividano la necessità di un progetto comune e di investimenti significativi, è inevitabile confrontarsi con la difficile situazione economica attuale, spesso gravata da tagli non selettivi. Al punto che Cristiano Pacitto (Datamatic Sistemi & Servizi) evidenzia con forza un problema ineluttabile: «Al momento il tema della “sanità in Rete” è di estrema attualità, per la necessità di bilanciare le risorse disponibili e la qualità dell’assistenza sanitaria prestata. Attraverso un moderno sistema di servizi integrati in Rete sarà possibile mantenere idonei standard di qualità della nostra sanità garantendo, nello stesso tempo, un oculato impiego delle risorse di bilancio disponibili».
Anche Domenico Uggeri, vicepresidente di Zucchetti (www.zucchetti.it) invita ad abbandonare «la visione obsoleta di considerare gli investimenti IT come un costo, perché l’innovazione dei processi, specialmente grazie all’utilizzo di soluzioni Web, consente di aumentare la produttività e di raggiungere più facilmente gli obiettivi aziendali».
ECCO LE PRIORITÀ
Benché gli obiettivi siano condivisibili, nessuna valutazione può prescindere dal fatto che le ristrettezze economiche inducano a definire una scala di priorità.
Del resto, come spiega Piero Ricaldone, direttore commerciale di Inaz (www.inaz.it) «in tempi di spending review è ovviamente prioritario tutto ciò che incrementa l’efficienza e fa risparmiare. Nel settore della sanità pubblica, nel quale lavorano oltre 730mila persone, ma anche in quella privata, lo spazio per rendere più organizzati i processi interni, con strumenti informatici ad hoc, è ampio. Anche l’outsourcing, con particolare riguardo all’area dell’amministrazione del personale, è una scelta da considerare attentamente, affidandosi a player in grado di offrire costi competitivi».
Questo aspetto è condiviso anche da Uggeri (Zucchetti), per il quale è fondamentale partire dalla produttività: «Anche nella sanità il valore fondamentale risiede nel personale, che occorre dotare di strumenti tecnologici evoluti affinché possa svolgere al meglio la propria professione. Zucchetti ha sviluppato un’offerta specifica per le strutture sanitarie proprio per ottimizzare tutte le attività legate all’amministrazione, alla gestione e all’organizzazione delle risorse umane».
Del resto – come ricorda Pacitto (Datamatic Sistemi & Servizi) – «il ministero della Salute, nella presentazione delle iniziative eHealth in Italia, ha indicato – come prerequisito di tutte le iniziative di settore – proprio la dematerializzazione dei documenti sanitari: la diffusione dei sistemi digitali di gestione delle immagini radiologiche e la conservazione delle stesse su supporto ottico, anziché su pellicola, apporta beneficio ai processi organizzativi e gestionali, oltre a un notevole risparmio economico. Iniziative come il nostro “pay per disc” consentono alla sanità pubblica e privata di legare il costo di ciascun esame alla produzione degli stessi».
Silvia Loffi, business consultant di InfoCert (www.infocert.it) ribadisce il valore della dematerializzazione, soprattutto «nella gestione dei flussi legati alla refertazione, un ambito in cui InfoCert ha misurato i maggiori vantaggi. La gestione digitale dei referti – attraverso l’utilizzo di soluzioni di firma digitale, marcatura temporale e conservazione sostitutiva – garantisce, infatti, il raggiungimento di notevoli benefici, non solo in termini di risparmio economico, ma anche di migliore efficienza nella gestione dei processi interni alla struttura sanitaria, con la possibilità di demandare all’esterno alcuni aspetti del servizio, come la consegna dei referti online in modalità sicura».
Questa esigenza è ribadita anche da Barbarito (Lombardia Informatica): «Un aspetto importante è legato proprio alla dematerializzazione che, oltre a consentire risparmi economici e di tempo, rappresenta uno strumento efficace per monitorare in tempo reale la domanda dei cittadini. Dematerializzare non basta, occorre ridisegnare i processi per rendere l’erogazione dei servizi più efficiente, come sta avvenendo per il ciclo prescrittivo».
Anche Rondena (Datalogic ADC Italia) ritiene prioritaria la gestione del paziente: «Il supporto della tecnologia nelle attività connesse alla cura del paziente è un fattore prioritario, dal quale non si può prescindere, nemmeno in un periodo di forte contrazione degli investimenti. La tracciabilità del paziente e la corretta gestione dei dati acquisiti durante il trattamento sono fondamentali per incrementare l’efficienza delle operazioni e garantire la massima sicurezza nella fase di diagnostica e cura».
Mentre tutti gli altri interlocutori si focalizzano sulle funzionalità più innovative, Marcello Chiozza, division manager di Stulz (www.stulz.it) per il settore telecomunicazioni e ICT, ricorda come, prima di affrontare qualunque progetto informatico, sia necessario creare infrastrutture adeguate: «Un cambiamento così importante deve essere accompagnato dalla creazione di strutture informatiche adeguate per supportare questi processi. Il buon funzionamento di grandi centri di elaborazione dati richiede anche un corretto mantenimento delle infrastrutture, poiché la perdita di dati o l’impossibilità di recuperarli può portare gravi danni. Per questo, la progettazione di una sala server non può prescindere dalla realizzazione di un sistema di condizionamento adeguato. L’investimento in questo tipo di infrastrutture deve essere considerato in funzione del fatto che nella realizzazione dei nuovi prodotti, grande attenzione viene attribuita ai requisiti di risparmio energetico e al rispetto delle tematiche ambientali. Il condizionatore di precisione CyberRow, dotato di un innovativo sistema di mandata dell’aria laterale, assicura una distribuzione dell’aria più efficiente e uniforme per ogni rack, senza alcuna dispersione. Il tutto completato da sistemi come il FreeCooling, che utilizza l’aria esterna per raffreddare le sale server».
UN PROBLEMA DA CAPIRE
Da questa rapida rassegna di opinioni emerge come le diverse sensibilità rendano difficili le scelte. Ciò induce i manager della sanità italiana ad assumere decisioni per le quali, spesso, non possiedono le necessarie competenze. «In realtà – sostiene Rossi (Exprivia) – negli ultimi anni si è assistito a un aumento significativo della consapevolezza dei manager degli ospedali circa la valenza strategica dell’ICT, in ottica sia di efficienza, sia di efficacia della cura».
Anche per questa ragione Rondena (Datalogic ADC Italia) ribadisce che «la sensibilizzazione deve avvenire partendo da casi concreti di malasanità. Ad esempio, l’errata somministrazione di un farmaco, piuttosto che la mancanza di uno strumento chirurgico dovuta a una cattiva gestione del processo di sterilizzazione, devono far capire che l’ausilio degli strumenti informatici è basilare in ogni operazione. La cartella clinica del paziente deve diventare il nucleo dal quale le applicazioni attingono le informazioni in tempo reale. Il tutto si traduce in riduzione dei costi e migliore gestione operativa».
PIÙ EFFICIENZA, MENO COSTI
Malgrado le evidenti carenze e la crescente competenza dei manager, i numeri parlano chiaro. Secondo il Politecnico di Milano, la spesa media procapite per investimenti ICT nella sanità in Italia è pari a 22 euro per abitante, contro i 63 della Svezia e i 70 della Danimarca. Si potrebbe obiettare che i Paesi nordici hanno un welfare diverso dal nostro. Ma l’Italia è in grave ritardo anche rispetto alla Germania e alla Francia, che stanziano rispettivamente 36 e 40 euro l’anno per ogni cittadino: quasi il doppio rispetto a noi.
Occorre far comprendere che l’investimento in ICT fa crescere l’efficienza e, quindi, riduce i costi. Senza dimenticare che, «un sistema IT flessibile riduce la complessità, le perdite di tempo, gli errori o i costi di gestione. Un esempio concreto è rappresentato dalla soluzione Zucchetti per la pianificazione dei turni» – suggerisce Uggeri (Zucchetti).
Sui costi dell’inefficienza fa leva anche Loffi (InfoCert): «Le inefficienze legate alla gestione cartacea dei flussi sono ormai note e la dematerializzazione garantisce vantaggi indiscussi in termini di efficienza ed efficacia interna, di contenimento dei costi, di riduzione del rischio clinico e – soprattutto – di migliore qualità dei servizi erogati al cittadino. Tuttavia, l’innovazione introdotta dalla dematerializzazione, per la complessità e per il tipo di competenze richieste, può trovare difficoltà alla sua introduzione e diffusione. Per questo è opportuno supportare il cambiamento con servizi di consulenza, nei quali InfoCert ha un’offerta specifica – che rende disponibile quel mix di competenze necessarie per il reengineering in ottica paperless dei procedimenti amministrativi, per l’integrazione delle soluzioni di dematerializzazione da adottare e per la valutazione della loro compliance normativa».
Ricaldone (Inaz), da parte sua, ricorda come la sanità possa prendere spunto da altri settori: «Molte realtà hanno percorso con successo, insieme a Inaz, la strada dell’implementazione di sistemi gestionali avanzati o la terziarizzazione nell’amministrazione e gestione delle risorse umane».
In ogni caso, ribadisce Rossi (Exprivia), «dal punto di vista dell’adozione delle tecnologie non siamo secondi a nessuno. Ci sono, infatti, progetti in ambito sanitario – come quello della Lombardia – che non hanno eguali in Europa. Anche qui, il problema va sicuramente visto facendo distinzioni tra regione del Nord e regioni del Sud. Nelle prime, il livello di spesa ICT è paragonabile a quello delle zone evolute dell’area euro, in quanto raggiunge i 30 euro pro capite. Al contrario al Sud, è significativamente più basso e fermo a soli 12 euro. Quindi dobbiamo migliorare l’approccio culturale, anche considerando che la vera revisione della spesa si ottiene investendo in tecnologie che – oltre a garantire il massimo, in termini di qualità dei servizi – consentono anche di favorire la razionalizzazione dei processi e delle risorse».
L’informatica sanitaria rappresenta una delle principali risorse a disposizione del sistema sanitario, nel suo complesso, per conseguire risultati in termini di efficacia, efficienza ed economicità. Il possesso da parte del personale di un adeguato livello di competenze informatiche è un fattore importante per favorire un utilizzo efficace ed esteso dell’ICT nel settore sanitario: dalla cartella elettronica ai sistemi amministrativi, alle prescrizioni e ai certificati sanitari digitali. L’Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico, AICA (www.aicanet.it) è l’ente garante in Italia delle certificazioni informatiche europee, fra cui vi è anche ECDL Health, un programma rivolto specificamente a tutti gli utenti dei sistemi informativi sanitari e agli studenti delle facoltà di scienze mediche.
«Circa la metà degli addetti nelle aziende sanitarie e ospedaliere si avvale di questi strumenti e la percentuale supera il 90% fra i medici di base. Ben pochi, però, hanno ricevuto una preparazione specifica in ambito ICT, con conseguenze pesanti in termini di costi, dovuti alla perdita di efficienza e produttività nelle mansioni quotidiane: costi valutati già anni fa in 900 milioni di euro l’anno, da una ricerca condotta da AICA e SDA Bocconi. Altrettanto importante, è garantire il trattamento corretto e sicuro dei dati sanitari, per la loro integrità e per il rispetto delle normative», spiega Fulvia Sala, segretario generale e responsabile progetti e ricerche di AICA: «La certificazione ECDL Health implica un percorso di formazione, che non è un semplice addestramento all’uso del personal computer. È palese la necessità di una cultura generale e una preparazione particolare nel sapere quali sono le possibilità, le metodologie e i rischi connessi alla gestione automatizzata del dato». Obiettivo del progetto è di fornire criteri di formazione che tengano conto degli specifici fabbisogni professionali. Si fa riferimento alle professioni sanitarie, per le quali la padronanza dell’informatica sanitaria diventa una ragione di crescita professionale all’interno dell’organizzazione sanitaria. I test center accreditati in Italia per l’erogazione della certificazione ECDL Health sono circa 250.
Il servizio sanitario di Providence (negli USA), ritenuto uno dei migliori degli Stati Uniti, sta implementando Dragon Medical 360 Network Edition, nelle sue aziende sanitarie, rendendo il riconoscimento vocale in ambito medico disponibile in 27 ospedali e 250 cliniche. «L’utilizzo della soluzione firmata da Nuance Communications (www.nuance.com) – spiega Agostino Bertoldi, vice president enterprise e mobile Sud Europa di Nuance – sosterrà il lancio a Providence del sistema Epic di archiviazione sanitaria elettronica (EHR), che abiliterà il personale clinico a documentare e navigare semplicemente con la voce».
Nel corso del prossimo anno, Dragon Medical sarà completamente integrato con il sistema Epic e reso disponibile per circa ottomila medici di Providence.
I&T (www.ietgroup.it) è nata nel 1992. Vent’anni di impegno nel settore attraverso una ricerca industriale con progetti d’avanguardia in applicazioni di automazione di reparto, a stretto contatto con realtà, come la clinica Mangiagalli di Milano, l’Ospedale Burlo di Trieste, l’Ospedale di Treviso e molti altri. «Ci occupiamo di Sistemi Software per la Sanità da sempre – spiega Salvatore Lia, presidente I&T Group – e abbiamo maturato un know-how prezioso ed esperienze sul campo, con l’obiettivo di realizzare il servizio migliore, in un continuo perfezionamento dei sistemi di gestione delle cartelle cliniche dei reparti ospedalieri. I consensi che abbiamo raccolto ci hanno incoraggiato a continuare. Il nostro contributo allo sviluppo dei sistemi informativi ospedalieri (Regione Lombardia, Regione Emilia Romagna…) – e nell’outsourcing dei servizi di assistenza sistemistica nella sanità (ASL Milano, ASL Bergamo, ASL Torino2, ASL Roma…) – ci ha portato a collocarci tra le principali aziende informatiche italiane del settore, con un fatturato di circa sette milioni di euro per anno». Ma non è tutto. La crisi impone una riflessione sui modelli di offerta. «Pensiamo che sia necessario gestire l’attuale situazione di crisi del mercato avendo l’umiltà e il coraggio di affrontare un cambiamento: confrontare e aggregare le esperienze delle aziende italiane per costruire un’offerta competitiva in Europa per la Sanità. Noi siamo pronti e disponibili ad accogliere e dare idee e contenuti per raggiungere questo obiettivo».