Quali applicazioni sulla “nuvola”

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Cosa significa veramente cloud computing? Cosa lo differenzia dalla virtualizzazione? È veramente utile, fa risparmiare e quanto? Per quali applicazioni si rivela più adeguato? Gli operatori di settore rispondono a queste domande

Iniziamo dai numeri. A produrre questi dati CA (www.ca.com/it), attraverso un’interessante ricerca sull’argomento realizzata poco tempo fa. A illustrarceli Gabriele Provinciali, senior solution architect. Tre sostanzialmente gli obiettivi della ricerca: cosa esiste già nelle aziende, cosa si pensa di fare e il gap tra l’It e il business. Tanto per cambiare, quello che salta subito all’occhio leggendo i dati è che l’Italia non contribuisce certo ad alzare la media europea. La virtualizzazione dei server appare già a buon punto con i due terzi degli intervistati europei che la stanno utilizzando o sono in procinto di farlo; il 42% l’ha già implementata. Più a rilento la virtualizzazione del desktop dove solo un terzo degli intervistati la usa o sta pianificando di farlo; il 24% è già operativo o quasi. Per quanto riguarda il cloud computing i numeri sono anche più contenuti e possiamo dire di essere ancora sulla soglia dell’attenzione. In Europa il 17% vede il cloud come un fenomeno durevole, l’11% come un fenomeno transiente, mentre il rimante 72%, ovvero una consistente maggioranza non ha ancora una posizione chiara. Nonostante ciò il 47% degli intervistati ha comunque pianificato l’implementazione. Abbastanza scontato il fatto che l’interesse si rivela abbastanza proporzionale alla dimensione dell’azienda. La situazione economica non influisce certamente in modo positivo alla diffusione delle tecnologie necessarie al decollo del cloud computing. Sebbene, infatti, il 57% degli intervistati in Europa riporta che le loro aziende sono attive nella preparazione per la ripresa economica, solo il 35% afferma che il reparto It è coinvolto su questo tema, evidente segnale di una significativa distanza tra It e strategia aziendale. Purtroppo molti ostacoli si pongono all’adozione di queste tecnologie: manca una chiara percezione del collegamento tra vantaggi tecnici e vantaggi di business; emergono preoccupazioni in merito a sicurezza, gestione e continuità; mancano esperienze in house.

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Per cercare di dissipare dubbi e fare chiarezza ci siamo rivolti come sempre alle aziende. Il fatto che molte abbiano voluto essere coinvolte è già di per se stesso un chiaro segnale.

 

Tra virtualizzazione e cloud computing

La virtualizzazione, sostiene Francesco Soncini Sessa, responsabile Ricerca e Sviluppo di @logistics Reply (www.sideupreply.eu), è il processo con cui un ambiente software viene disaccoppiato (astratto) dalle specifiche risorse fisiche su cui risiede. In questo modo è possibile spostare agevolmente l’intero ambiente virtuale (macchina virtuale) da un server fisico a un altro, garantendo la continuità del servizio erogato a prescindere dall’hardware fisico sottostante. Il cloud computing è un’ulteriore evoluzione di questo processo in almeno due direzioni. La prima è l’estensione di cosa si virtualizza: non si è più vincolati esclusivamente all’ambiente e quindi alle macchine virtuali, ma si opera con qualsiasi risorsa It. La seconda dimensione di estensione è quella legata alla scalabilità e al concetto di libero consumo (metering).

Sintetizzando, Marco Gaeta, direttore solution & marketing central mediterranean countries di Alcatel–Lucent (www.alcatel-lucent.it), afferma che la virtualizzazione è il principio, il cloud è l’infrastruttura. La logica della virtualizzazione porta le aziende ad acquisire i servizi It, sia hardware che software, da software implementati in data center specializzati di terze parti invece che gestiti dai propri centri. Gli scenari futuri vedranno più utenti che, anche in mobilità, accederanno a più applicazioni richiedendo prestazioni elevate, compresi i bassi tempi di latenza cui sono abituati sulle infrastrutture intra-aziendali e questo vorrà dire un salto di qualità nelle reti carrier e degli Isp. Anche la rete d’accesso, compresa quella mobile, sarà chiamata a nuovi livelli di prestazioni.

Il cloud computing è un servizio, precisa Enrico Campagna, head of marketing di BT Italia (www.bt.com/it), che prevede la predisposizione di infrastrutture di rete, storage, server, capacità di calcolo accessibili in modo trasparente al cliente e soprattutto configurabili e modificabili nel tempo in modo semplice e veloce, consentendo così di poter disporre sempre delle tecnologie e della potenza elaborativa e trasmissiva necessaria. La virtualizzazione può essere definita essenzialmente come la tecnologia abilitante per i servizi cloud.

La virtualizzazione, così come implementata nella piattaforma Fujitsu (http://it.fujitsu.com/), puntualizza Carlo Musazzi, responsabile business practice Retail&Application Services, disaccoppia le applicazioni dall’hardware e quindi le protegge da possibili guasti fisici che possono pregiudicarne il corretto funzionamento. Le risorse fisiche, come i server o i dispositivi di storage, sono trasformate in pool di risorse logiche fruibili in modalità on demand in base alle esigenze delle applicazioni. In questo modo è possibile mettere in atto modelli di pricing pay-per-use legate appunto alle esigenze del cliente.

Entrambe le soluzioni, afferma Maurizio Taglioretti, channel sales manager Semea GFI Software (www.gfi.com), si possono ricondurre a un discorso di centralizzazione delle risorse ed entrambe comportano un evidente risparmio in termini di licensing (software) e risorse hardware. L’evidente differenza sta nel fatto che la gestione di un ambiente virtuale è comunque a carico dell’end-user/partner che opera in tale ambiente, mentre nel caso di soluzioni on the cloud tutta la gestione è demandata al provider.

Rispetto alla virtualizzazione, il cloud aggiunge due elementi peculiari, precisa Lorenzo Gonzales, business consultant HP Technology Services di HP Italia (www.hp.com/italy): innanzitutto l’automazione, per raggiungere una rilevante riduzione dei tempi di attivazione e di rilascio delle risorse richieste; in secondo luogo, la standardizzazione, caratteristica propedeutica per una efficiente automazione. I servizi cloud vengono infatti progettati utilizzando logiche di industrializzazione, identificando dei fabbisogni-tipo e disegnando le risorse fisiche e virtuali in modo da soddisfare tali richieste fornendo servizi standard. Se quindi con la virtualizzazione è possibile accedere comunque a risorse definite sulla base di specifiche esigenze, con conseguenti dispersioni di capacità, con il cloud computing la grande maggioranza delle richieste è soddisfatta attivando risorse predefinite.

Per abilitare un sistema informativo a erogare servizi di cloud computing, sottolinea Mariano Ammirabile, cloud computing leader di IBM Italia (www.ibm.com/cloud), sia privati che pubblici, è necessario avere la disponibilità di un’infrastruttura dinamica in grado di gestire in modo efficiente e automatico le risorse elaborative. La virtualizzazione è una delle componenti base di un’infrastruttura dinamica, in quanto fornisce vantaggi in termini di condivisione risorse, gestibilità e costi di acquisizione. Può essere dunque considerata come una condizione necessaria ma non sufficiente a realizzare un ambiente cloud: a essa vanno necessariamente aggiunti i servizi di gestione, automazione e misurazione.

La virtualizzazione sta cambiando la gestione delle infrastrutture It, afferma Andrea Massari, country manager di Magirus Italia (www.magirusitalia.it), portando nelle aziende numerosi vantaggi come la direzione centralizzata e semplificata, il risparmio di energia e la riduzione del Tco. Nella lista delle dieci tecnologie chiave del 2010, secondo gli analisti di Gartner, il cloud computing è al primo posto seguito dalla virtualizzazione, nel nuovo uso “virtualization for availability” dei sistemi.

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La possibilità di gestire l’infrastruttura in modalità cloud consente al personale It di una organizzazione di focalizzarsi maggiormente sul suo ruolo strategico, puntualizza Will Golding, direttore business & marketing organization di Microsoft Italia (www.microsoft.com/italy), e di pensare all’erogazione di un servizio applicativo concentrandosi sui livelli di servizio e la qualità richiesti, senza preoccuparsi dell’infrastruttura necessaria. È innegabile che l’esposizione e il consumo di servizi “on the cloud” sia un’opportunità su cui ogni azienda può far leva per migliorare la propria competitività e per sperimentare nuovi modelli di business, aprendo sempre più le organizzazioni stesse verso modelli aperti e maggiormente collaborativi. Il cloud computing non va visto solo come l’esternalizzazione di una infrastruttura, ma come un ecosistema di servizi, soluzioni e applicazioni integrabili tra loro e con le soluzioni residenti per creare valore e risolvere problemi di business in modo innovativo e non sempre risolvibili con un approccio più tradizionale.

Un aspetto che accomuna virtualizzazione e cloud computing, ricorda Domenico Fusco, direttore vendite di Panda Software Italia (www.pandasecurity.com), è l’estrema attenzione che devono prestare al tema della sicurezza e della privacy dei dati. Inoltre, per creare ambienti cloud, nei modelli SaaS (Software-as-a-Service), PaaS (Platform-as-a-Service), IaaS (Infrastructure-as-a-Service) è necessaria una forte componente di virtualizzazione, che ne costituisce l’elemento abilitante.

Molti modelli di servizio supposti innovativi, assurti negli anni agli onori della cronaca (come per esempio l’Asp), sono diventati rapidamente obsoleti e desueti senza mai divenire concretamente vantaggiosi, diffusi e popolari presso gli utenti, ricorda Corrado Rossi direttore commerciale & marketing di Passepartout (www.passepartout.net). Il vero problema è che i fornitori di gestionali devono sviluppare applicazioni concepite espressamente per questo modello di servizio e non cogliere solo l’occasione di fare un po’ di maquillage all’offerta. Il cloud computing si basa sulla virtualizzazione, ma poi bisogna fare i conti con le applicazioni gestionali che sono la componente che evolve più lentamente rispetto ai temi infrastrutturali, come reti, hardware, sistemi di sicurezza, che compongono il sistema cloud computing e ne costituiscono quindi la componente critica. Ci sono ostacoli da superare soprattutto nel mercato delle Pmi e degli studi professionali in cui opera Passepartout; i livelli di servizio, la sicurezza e la privacy e soprattutto il timore di fare scelte che siano “irreversibili”, che sia cioè difficile e costoso tornare indietro nel caso in cui la scelta non fosse soddisfacente. Questo timore è legato al fatto che è un modello innovativo e mancano ancora rilevanti esperienze di utilizzo concreto e casi di successo verificabili.

Mentre la virtualizzazione è una tecnologia, il cloud computing è un modello operativo, puntualizza Massimo San Giuseppe, Ceo di QlikView Italy (www.qlikview.com). La prima consente all’infrastruttura di diventare elastica e supportare compiti estendibili a richiesta, il cloud computing invece è uno stile di calcolo in cui le risorse in modo dinamico scalabile e spesso virtualizzate sono fornite come servizio su Internet.

Nell’approccio al cloud computing, secondo Sandro Gianoli, executive vice president di Realtech Italia (www.realtech.com/italy), le aziende devono innanzitutto ragionare su due parametri fondamentali: da un lato la convenienza economica e, dall’altro, la quantità di dati non sensibili che possono essere gestiti esternamente all’azienda stessa. Infatti, dopo aver valutato se vi è una percentuale cospicua di dati non riservati che non necessitano di rimanere sui server aziendali, l’impresa dovrà redigere un business plan e un calcolo di convenienza economica per capire, per esempio, quali sono i nuovi sistemi necessari e se per questi conviene l’acquisto, la produzione interna o, appunto, l’utilizzo di piattaforme esterne come il cloud. Nel 99% dei casi il cloud sarà più conveniente.

In particolare la virtualizzazione è quasi sempre presente nelle soluzioni infrastrutturali (IaaS), per esempio i cloud server, conferma Fabio Fedele, coordinatore tecnico di Seeweb (www.seeweb.it), è invece meno presente nelle soluzioni che offrono software come servizio (SaaS).

Le differenze tra virtualizzazione e cloud computing pubblico riguardano la gestione dell’infrastruttura/applicazione, puntualizza Vincenzo Costantino, Italy presales country manager di Symantec (www.symantec.com/it). Un servizio SaaS è un servizio diretto che rispetta determinati Sla (Service level agreement) a fronte di un canone di abbonamento. Una struttura virtualizzata, al contrario, risiede fisicamente nel data center dell’azienda e sfrutta particolari artifici tecnologici per poter prescindere dal particolare sistema operativo, server o storage.

Per Dario Regazzoni, system engineer manager di VMware Italia (www.vmware.com), la virtualizzazione rappresenta la principale tecnologia abilitante del contesto cloud, in quanto, disconnettendo l’aspetto logico applicativo dalla fisicità, trasforma un server in “una sorta di file”, rendendo più facile ottimizzare il cloud e trasformarlo in un ambiente maggiormente competitivo.

Virtualizzazione e cloud computing sono sistemi che consentono di ridurre le risorse “fisiche” hardware e software, conclude Angelo Cian, responsabile business unit MicroERP Zucchetti (www.zucchetti.it), con l’obiettivo di ottimizzare le prestazioni e diminuire i costi. La virtualizzazione è prevalentemente associata all’hardware e in Italia si è concentrata soprattutto sui server aziendali per la riduzione degli spazi a essi destinati e dei consumi energetici. Il cloud computing riguarda più la parte software e precisamente l’utilizzo e la condivisione di applicazioni via Web nell’ottica della Service-oriented architecture.

 

I numeri del cloud

Le applicazioni basate su un approccio cloud computing, puntualizza Francesco Soncini Sessa di @logistics Reply, superano molte delle inadeguatezze dei tradizionali prodotti on-premise o applicazioni hosted managed, spostando con successo l’onere della gestione completa al venditore, in termini non solo di manutenzione, ma anche di evoluzione, sia per hardware che software, e di sicurezza, privacy e continuità del servizio.

Il vantaggio di questo modello, afferma Marco Gaeta di Alcatel-Lucent, è che la spesa informatica cresce solo se aumenta il business dell’azienda e la disponibilità dei servizi e dei dati è elevatissima. Tale modello è di grande interesse per le Pmi, ma comincia a essere interessante anche per le grandi aziende, magari quando queste avviano servizi e/o prodotti molto innovativi che, inizialmente, non è conveniente caricare con costi infrastrutturali e software di rilievo.

I cloud services, conferma Enrico Campagna di BT Italia, permettono di introdurre nuove tecnologie e infrastrutture in modo graduale e abbattono le barriere all’investimento. Inoltre, essendo flessibili, consentiranno alle aziende che avranno fatto questa scelta di avere a disposizione le risorse Ict necessarie alla ripartenza del business quando la crisi sarà superata.

Secondo Andrea Nava, direttore tecnico Sud-Europa (Italia, Francia, Spagna, Portogallo) di Compuware (www.compuware.it), molte aziende interpretano il cloud computing come una strategia di evoluzione a lungo termine, ancora critica sotto il profilo della sicurezza, della compliance e del rispetto delle policy; per questo motivo è senz’altro necessario un Apm (Application performance management) efficiente, con la disponibilità di una strumentazione adeguata che supporti anche informazioni acquisite all’esterno del firewall aziendale. A suo avviso le “borderless applications” rappresentano infatti una nuova sfida per l’It: poter gestire le performance con un’applicazione che superi sia i confini organizzativi che geografici. Tali applicazioni possono integrare servizi cloud, Web e data center, dal punto di vista degli utenti finali.

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Dal punto di vista teorico, sintetizza Carlo Musazzi di Fujitsu, ogni cliente dotato di grosse disponibilità di data center potrebbe trasformare la propria infrastruttura in un’architettura di tipo cloud, incrementando il grado di flessibilità della propria tecnologia. Tutte le aziende che hanno progettato i propri sistemi It seguendo una logica orientata all’architettura Soa e ai Web service sono nelle condizioni di poter rendere l’infrastruttura sempre più flessibile e lavorare nell’ottica di creazione di un “private” cloud iniziale, per spostarsi gradualmente al “public” cloud in uno step successivo.

Al di là dell’evidente risparmio in termini di risorse (hardware e software), precisa Maurizio Taglioretti di GFI Software, l’utilizzo delle soluzioni on the cloud, se effettivamente erogate in modalità SaaS, non richiede alcun impegno a lungo termine da parte dell’utilizzatore, sia esso un utente finale o un partner. Le soluzioni Max Rm (Remote management) e Max Mail (protezione antispam e antivirus Smtp) di GFI Software sono erogate e fatturate su base mensile per l’effettivo utilizzo, con la possibilità quindi da parte del cliente di aggiungere utenti o di interrompere in qualsiasi momento il servizio senza penalità di sorta.

Lorenzo Gonzales di HP ritiene che in un contesto economico come quello attuale, caratterizzato da una generale incertezza e imprevedibilità, grazie al cloud è possibile gestire in maniera elastica e con la massima flessibilità le proporzioni del proprio business. In termini economici, i vantaggi riguardano tipicamente la riduzione dei costi, variabili in base al singolo business case, e la flessibilità, che permette di investire solo sull’effettivo utilizzo del servizio e non sulla preventiva acquisizione di un bene. Questo comporta uno spostamento da Capex (spese per il capitale) a Opex (spese per la gestione), e soprattutto la variabilizzazione del costo in funzione del reale valore per il business, associandolo alla produttività.

Il cloud computing, sostiene Mariano Ammirabile di IBM, è un modello innovativo di erogazione di un servizio perché permette di pagare a consumo (pay-per-use) e perché facilita il time-to-market. Questi due aspetti sono legati alle tecnologie che abilitano il cloud, ovvero la virtualizzazione, l’automazione e la standardizzazione. Quindi se un’azienda vuole spostare la propria spesa It da un modello Capex a un modello Opex e vuole velocizzare la risposta e l’allineamento al business, il cloud rappresenta un’interessante opportunità. Il cloud computing non è vantaggioso per tutti i settori e gli ambiti It. Per esempio, se mancano i presupposti per una standardizzazione, come spesso avviene per i mondi Erp, il cloud non è fruttuoso per i cloud provider, e non lo è per gli utenti, che devono allinearsi a una rigidità di utilizzo non sempre compatibile col servizio al business.

In uno scenario attuale in cui le parole d’ordine che vanno per la maggiore sono “cost saving” e “Roi”, quella dell’external cloud può essere una strategia vincente, conferma Andrea Massari di Magirus Italia, sia per le aziende che per i provider di servizi. Spostare da Capex a Opex i costi dell’It è un’opportunità estremamente interessante per le imprese di qualsiasi dimensione, in special modo per il mercato delle piccole e medie aziende, e un’ottima fonte di guadagno per system integrator e service provider che hanno gli skill per implementare questo tipo di soluzione. Sicuramente uno dei vantaggi principali del cloud computing è ottenere processi aziendali più efficienti, semplificati e scalabili.

Grazie all’offerta di soluzioni cloud computing disponibili oggi sul mercato, sottolinea Will Golding di Microsoft Italia, anche le piccole e medie imprese possono disporre di una tecnologia semplice, accessibile, a costi contenuti, usufruendo delle medesime opportunità che una volta erano fruibili solo dalle grandi imprese. La disponibilità di servizi cloud computing ha infatti accresciuto la possibilità per le aziende, anche le più piccole, di adottare soluzioni tecnologiche flessibili che offrano efficienza e risparmio, per una crescita nel tempo.

Intraprendere iniziative di cloud computing può consentire alle imprese notevoli risparmi in termini di costi capitale e operativi, conferma Domenico Fusco di Panda Software Italia, con l’opportunità di semplificare la gestione dei sistemi e focalizzarsi sul proprio core business. Per esempio, Panda Cloud Protection, la soluzione cloud based della società, fornisce una protezione sempre attiva anti malware e firewall per endpoint ed email aziendali ed è facilmente gestibile in modo centralizzato attraverso una console Web, sia dal cliente che dai service provider in outsourcing e non richiede alcuna infrastruttura dedicata.

Il cloud computing consente alle aziende di ridurre gli investimenti iniziali e i costi normalmente associati alla creazione di un’infrastruttura It, conferma Massimo San Giuseppe di QlikView Italy. Affidandosi alle applicazioni “nella nuvola” si può beneficiare dei costi minori legati alle economie di scala raggiungibili dai provider e si possono concentrare gli investimenti solo sulle risorse che vengono effettivamente utilizzate, attraverso il modello pay-per-use.

Le applicazioni da cui si può partire, afferma Sandro Gianoli di Realtech, sono quelle di classica produttività personale dei propri dipendenti (e-mail, fogli elettronici, …) a basso costo in modalità cloud e prive di dati sensibili. Ma la vera ricchezza del cloud risiede nella applicazioni portals e mobile. Vi è la necessità, oggi, sostiene Joerg Kayser, presidente e amministratore delegato di Realtech Italia, di avere una sempre più ampia e tempestiva facilità di accesso a tutte le informazioni di business rilevanti; in questo senso l’offerta cloudMobile Enterprise è certamente la soluzione: è sufficiente un indirizzo http o https sicuro per interfacciarsi e avere informazioni di rimando sul proprio device mobile in formato Web o sms, in qualsiasi ambito.

I grandi vantaggi risiedono nel fatto che quasi sempre le soluzioni cloud sono tariffate sul consumo effettivo delle risorse messe a disposizione e non richiedono capacità sistemistiche all’utilizzatore, puntualizza Fabio Fedele di Seeweb. Per chi ha bisogno di una risorsa in modo saltuario è un approccio molto vantaggioso perché non deve avere una propria infrastruttura immobilizzata allo scopo. Coloro, invece, che ne fanno un utilizzo massivo possono far leva sul fatto che la gestione del sistema, che per alcune applicazioni richiede grande esperienza, è in carico a chi fornisce il servizio. Soprattutto per questo ultimo punto è molto importante scegliere il fornitore adeguato alle proprie esigenze.

Questa strategia funziona, puntualizza Vincenzo Costantino di Symantec, se il nuovo servizio non necessita di ulteriori dati residenti nell’azienda o non si deve integrare pesantemente con altre applicazioni, processi o dati difficilmente esternalizzabili. Un metodo alternativo per approcciare il cloud potrebbe essere quello di utilizzarlo per servizi che completino l’infrastruttura presente presso l’azienda. Un approccio di questo tipo è indicato per la piccola azienda che, non possedendo né gli skill specifici né un’infrastruttura dedicata, evita di fare investimenti importanti in poco tempo e ottiene servizi di classe enterprise. Le grandi imprese possono dotarsi invece di un cloud privato interno: un’infrastruttura che eroghi servizi internamente mettendo a fattor comune gran parte delle risorse ed evitando inutili e onerose segmentazioni del data center.

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Il principale vantaggio del cloud è legato ai minori costi di servizio, puntualizza Dario Regazzoni di VMware, dovuti alle economie di scala raggiungibili nei grandi data center dei provider e ai tempi di provisioning maggiormente ridotti, in virtù dell’elevata dinamicità delle configurazioni legate alla standardizzazione e automazione ottenibile presso i grandi data center. Anche dal punto di vista degli investimenti iniziali i benefici per i clienti sono significativi. Strategico si rivela il modello pay-per-use, che consente di legare i costi all’effettivo utilizzo e quindi al business e mantenere livelli di disponibilità molto elevati.

Zucchetti ha investito sul SaaS e ha realizzato un gestionale collaborativo, MicroERP, che è funzionale al modello dell’impresa estesa, ossia alla condivisione di informazioni con clienti, agenti, fornitori, commercialista/associazione di categoria, sottolinea Angelo Cian. I vantaggi economici per i clienti sono tanti: vengono azzerati i costi di installazione e di aggiornamento del software, nonché quelli legati al rinnovamento delle apparecchiature hardware. L’applicazione, inoltre, risiede su loro server, pertanto i costi legati alla sicurezza fisica e logica sono a carico di Zucchetti.

 

Quali applicazioni

Il cloud computing, sostiene Francesco Soncini Sessa di @logistics Reply, partito dalle applicazioni di personal office, si è poi esteso in quelle di Crm e marketing abbracciando ora l’intero mondo del software aziendale con le offerte di Erp in modalità SaaS. Un settore che @logistics Reply considera interessante è quello della supply chain, in particolare i sistemi di warehouse management, in quei contesti caratterizzati da elevata dinamicità, budget contenuto per investimenti o limitato presidio e supporto del dipartimento It aziendale, dove la flessibilità data da un’applicazione “a servizio” fornirebbe un vantaggio competitivo o l’opportunità per proporre nuovi servizi a valore aggiunto ai propri clienti.

I servizi software più immediatamente fruibili in logica di virtualizzazione, prosegue Marco Gaeta di Alcatel-Lucent, sono quelli pertinenti alle funzioni di marketing e vendite, amministrazione e controllo, posta elettronica e collaboration.

Gli esempi possono essere molti, ci dice Enrico Campagna di BT Italia. Pensiamo alle architetture per il disaster recovery, con ambienti paralleli spesso speculari a quelli di produzione che entrano in funzione solo quando è richiesto. Già oggi con soluzioni di tipo cloud un’azienda può adempiere alle normative che impongono ambienti di disaster recovery senza sostenere investimenti gravosi. Oppure pensiamo alle infrastrutture che devono gestire applicazioni di tipo B2B e B2C, che per loro natura possono presentare picchi di domanda (stagionali o per iniziative promozionali).

Fujitsu Technology Solutions si pone sul mercato non tanto come fornitore di servizi cloud, quanto come provider di tecnologie abilitanti, spiega Carlo Musazzi. Questo tipo di soluzione è particolarmente adatto per i clienti che hanno la necessità di disporre di ambienti di test o certificazione di applicazioni, senza voler affrontare i costi per l’acquisto di infrastruttura server aggiuntiva. La strategia di Fujitsu Technology Solutions per il 2010 offre un nuovo servizio, sul mercato dai primi di aprile, chiamato Storage-as-a-Service, che permetterà di usufruire di uno spazio ad hoc allocato dinamicamente in base a Sla concordati.

Sicuramente, per “sfruttare” al meglio le prerogative del servizio, Maurizio Taglioretti di GFI Software consiglia un approccio “ibrido” ovvero, in funzione delle dimensioni dell’azienda, delle conoscenze, delle risorse finanziarie e umane disponibili e della locazione geografica sul territorio dei propri uffici, ogni azienda deve poter scegliere per ciascuna applicazione quando utilizzare una soluzione on premise (in house) o una on the cloud, o addirittura avvalersi di entrambe contemporaneamente.

Basandosi sull’effettiva opportunità dei casi distinti, afferma Lorenzo Gonzales di HP, il cloud computing trova applicazione in tutti gli ambiti che possono essere resi più efficienti. Occorre prestare attenzione poi agli specifici ambiti, e a conseguenti necessità particolari in termini di persistenza nell’uso dei servizi, criticità o rilevanza strategica, sicurezza e rispetto della privacy.

Sono molte le applicazioni che possono beneficiare e prosperare in un ambiente cloud computing, concorda Andrea Massari di Magirus Italia. In particolare tutto quanto sia Web based trova nel cloud terreno fertile: un esempio lampante è quello dei Crm di nuova generazione, piuttosto che le piattaforme di unified messaging.

Microsoft, sottolinea Will Golding, offre prodotti, tecnologie e soluzioni per due tipologie di cloud: private e public. Entrambe partono dai concetti di elevata virtualizzazione delle risorse, di gestione centralizzata grazie a strumenti e processi ben definiti, di scalabilità flessibile e dinamica, orientate all’erogazione di servizi innovativi agli utenti. Nella visione di Microsoft, il cloud computing diventa il collante tra l’infrastruttura on-premise, i meccanismi di virtualizzazione e il delivery dei servizi di business su Internet.

Il cloud si sta sviluppando in maniera significativa per numerose applicazioni in modo tale da supportare le aziende, aggiunge Domenico Fusco di Panda Software Italia, dall’infrastruttura alle piattaforme, dai software alla sicurezza. Sicuramente il passaggio al cloud è utile ed efficace per tutte le applicazioni che richiedono forti investimenti.

Il cloud computing consente alle aziende di ridurre gli investimenti iniziali e i costi normalmente associati alla creazione di un’infrastruttura It, conferma Massimo San Giuseppe di QlikView Italy. Affidandosi alle applicazioni “nella nuvola” si può beneficiare dei costi minori legati alle economie di scala raggiungibili dai provider e si possono concentrare gli investimenti solo sulle risorse che vengono effettivamente utilizzate, attraverso il modello pay-per-use.

Fabio Fedele di Seeweb non crede ci sia un’applicazione che possa non essere adeguata “a priori”. Qualcuna potrebbe essere più complessa da inserire in un contesto cloud, ma non impossibile. Fedele sottolinea che il concetto di cloud computing nasce da Internet stessa che oggi è già in grado di veicolare quasi qualunque servizio fruibile attraverso un computer.

Il cloud si presta a molteplici utilizzi, dettaglia Dario Regazzoni di VMware: alcuni legati alle applicazioni fornite come SaaS, oppure allo storage distribuito, esistono inoltre piattaforme distribuite sulle quali far girare per esempio il codice Java o anche vere e proprie infrastrutture remote composte da macchine virtuali per ogni tipo di applicazione. Punto cruciale è garantire controllo e flessibilità per espandere in modo sicuro ed efficiente i propri cloud interni e ottimizzare le risorse offerte da service provider esterni. A tale scopo VMware ha introdotto vSphere, il primo sistema operativo cloud capace di riunire in un’unica console la gestione del networking, dello storage e della computazione.

Il SaaS è al momento la forma di cloud computing che Angelo Cian di Zucchetti ritiene più affidabile, ma alla base ci deve essere un software pensato in modo specifico per questa modalità di fruizione, non una soluzione client/server riadattata allo scopo. Per questo motivo la software house ha realizzato ex novo MicroERP come un servizio gestionale SaaS, abbinando i vantaggi del cloud computing alla tradizionale ricchezza funzionale dei gestionali Zucchetti.