No, non è uno scherzo…
“I miei colleghi sono persone che all’età di 32 anni guadagnano 5 milioni di euro l’anno, lavorano quando e come vogliono, sono padroni di se stessi e portano più soldi a casa di un calciatore.
E’ un traguardo veramente difficile da raggiungere però io ci credo, quindi intendo provarci.
Era il primo giorno dell’università, anzi il primo del pre corso di matematica in Luiss, si parla di diversi anni fa. Ero seduto di fianco ad un ragazzo biondo, capelli ricci, accento romano, no, non tanto romano. La professoressa ci parlava di disequazioni. Che roba! Per quelli del Classico. Ma quel ragazzino biondo se ne fregava, letteralmente. Forse anche io, ma in parte. Lui, letteralmente se ne fregava. La sapeva la matematica e non so perché stava lì. A perdere tempo, si direbbe. Perché cavolo stavamo lì? Forse avevamo solo voglia di ricominciare o meglio di cominciare a studiare. No, non eravamo degli accademici, per niente, ma eravamo ambiziosi e non poco. Competitivi? Pure. E lo siamo ancora, diciamola tutta.
“Se qualcuno di voi, vuole diventare commercialista, si alzi, lo prendo a calci nel sedere e lo butto fuori. Nel mio corso non c’è posto per i dottori commercialisti. Se volete diventare qualcosa di più restate seduti.” Esordì così il nostro primo Professore, Enrico Cavalieri, ci metteva una pressione incredibile quell’uomo eppure spiegava che era una meraviglia. Era un accademico, un manager, un banchiere, per tanti era un Dio, per tanti altri qualcosa di peggio, molto peggio. Su 112 iscritti, ne bocciò una novantina all’esame. Vabè, questa è un’altra storia. Insomma, il corso A era questo, si dice fosse il più difficile. A me sinceramente non interessava più di tanto, mi piaceva parlare con i professori e girare per Roma, studiare ovviamente, ma non era un’ossessione. Così, come non lo era per Sacha Anthony Strub. A parte l’aver frequentato la stessa università, lo stesso corso, io e Sacha siamo stati startupper. Sì, anche lui ha una startup ma non in Italia perché: “Sono partito per la disperazione. Quello che mi ha spinto ad andare via non è stata la mancanza di opportunità di lavoro, perché secondo me le opportunità ci sono sempre. Ciò che mi ha spinto ad andare via è stata la mentalità del nostro paese, lavorare in Italia significa sempre studiare come fregare il prossimo sia al livello professionale, sia al livello personale. Io ho bisogno di combattere per una causa che abbia una ragion d’essere e sentire che ci sono anche altre persone che condividono la stessa causa. All’inizio ero aperto a tutto, stage e altre attività simili, poi mi sono iniziato ad interessare al trading ed è saltato fuori il lavoro a Chicago.”
Tower Hill Trading, andate su Google, ecco dove lavora. Ora andate sulle immagini, sembra un film americano, no, no, non è Wall Street… Quelli erano degli imbroglioni. No. Sacha è uno speculatore, scherzo, un giovanissimo trader. Cavolo, siamo amici, vediamo se mi dà qualche dritta: Il segreto del trader è nella sua mente, risiede nel prevedere l’andamento del mercato e ogni volta la strada vincente è diversa data la vastità del mercato.” E continua: “Mi sono affacciato al trading senza sapere nulla e ho scoperto che era molto simile al poker non al livello amatoriale. Occorrono grande controllo e disciplina, nonché rigore matematico, bisogna saper gestire i numeri e le emozioni. Io non avevo nessuna esperienza nel trading, ma mi sono reso conto che si potevano costruire le proprie skill, autocontrollo, disciplina, sapere quando dover intervenire. Devo sempre essere convinto di quello che sto facendo, essere sicuro della mia strada, avere sempre un obiettivo chiaro.
Perché Chicago? “Mi sono trasferito da un mese e mezzo e sento Chicago sempre di più come la mia città. E’ pieno di persone che vogliono trovare un lavoro in linea con le loro esigenze, che vogliono poter esprimere le loro potenzialità anche nel breve periodo, senza dover passare per tutte le tappe forzate di una carriera tradizionale.
E l’Italia, non ti manca? “Le mie esigenze attualmente non mi portano in Italia. Potrei vivere serenamente in Italia, ma sono una persona ambiziosa e se non vuoi accontentarti del classico lavoro da impiegato occorre andare fuori.”
Insomma, altro che startup, oops, dimenticavo, Sacha ha una startup: “La mia startup corre parallelamente al mio lavoro e nasce dall’esigenza di mettere in contatto gli utenti che smarriscono e ritrovano oggetti personali, chiavi, documenti, cellulari e così via. Il valore delle cose è studiato in base a quanto una persona sarebbe disposta a pagare per rientrare in possesso di quell’oggetto.
Ho creato una community. Un database dove le persone informano di aver ritrovato qualcosa, altre persone possono lasciare l’informazione di aver smarrito qualcosa e il sistema crea un matching tra chi ha smarrito le cose e chi le ha trovate. Serve un bacino di utenti molto grande.”
Venture Capital, fondi, acceleratori, incubatori, Sacha non la pensa come la maggior parte degli startupper: “Non mi sono rivolto ai VC, perché ci credo poco. Mi sembra una moda anche quella. Preferisco andare piano con i miei contatti, fare le cose per conto mio e metterci anche più tempo, ma non essere schiavo di qualcuno.” Io non ho detto, niente, eh. Neanche questo: “In Italia non c’è la meritocrazia, non esiste il fatto di confrontarsi con gli altri sullo stesso piano. I bandi sono spesso un modo per mascherare un accordo già prestabilito.” Quindi niente Italia, almeno per adesso perché: “Chi non viaggia rimane prigioniero del sistema di vita italiano, non ha nemmeno lo stimolo di capire come funzioni il mercato del lavoro all’estero.”
Ecco, chi mi legge, solitamente sa che sono un appassionato del Bitcoin, sono tra i co fondatori dell’Osservatorio sul Bitcoin in Luiss, quindi, concedetemi una domanda sulla cara crypto, vediamo se Sacha ci investe: “ Sui Bitcoin ancora non ho investito, ma sono convinto che saranno il prossimo obiettivo.”Vabè, nessuno è perfetto.
Nel mentre i numeri schizzano dinanzi al mio schermo, in questo stesso istante, il bitcoin è passato da 683 dollari a 625. Ecco, un attimo. Nessuna emozione, no, giuro, nessuna. Un pugno sul tavolo. Questo Trading System non funziona bene. Aveva ragione il buon vecchio Cavalieri: “Sottostimare gli utili e sovrastimare le perdite.” E aveva ragione anche Sacha quando parlava di controllo. Controllo e disciplina. È domenica, ora se la starà spassando alla grande, altro che disciplina.
È bello starsene qui stasera in questa stanzetta al secondo piano e osservare l’andamento del Bitcoin. 5 milioni di euro l’anno. Chicago. Tower Hill Trading. È questo il mio posto, così. Così. Così.