“in Italia c’è ancora tantissimo spazio per l’espansione di questa modalità di vendita particolarmente efficiente e conveniente per chi vende e per chi compra”
L’e-commerce, assieme alle aziende che l’hanno utilizzato è stato prima osannato e poi demonizzato: nella prima fase, quella espansiva della New Economy, si pensava che andare in rete fosse l’unica scelta possibile per qualunque azienda che volesse sopravvivere; poi, quando molte società hanno dovuto chiudere a causa di strategie errate, si è cominciato a credere che la Rete fosse un grande abbaglio.
La terza fase, ora, è quella della razionalità: capire quali siano i possibili reali utilizzi della Rete e i loro ambiti di applicazione, anche memori dei successi e degli errori commessi in questi anni ne abbiamo parlato con David Orban – CEO di Questar
Qual è lo stato dell’arte in Italia dell’e-commerce?
L’adozione in Italia delle nuove tecnologie viene influenzata da fattori che non sempre si riscontrano in altri paesi. Questi fattori non si esprimono in modo costante tra le diverse tecnologie. C’è stata un’esplosione nell’utilizzo dei telefoni cellulari, dove l’Italia ha uno dei tassi di penetrazione più alti del mondo mentre invece l’utilizzo di Internet che è alla base del commercio elettronico,rimane ancora molto sotto la media europea
Viene stimato che circa il 50% della popolazione italiana utilizzi Internet, ma raramente viene citato che la definizione di “utilizzatore” corrisponde a qualcuno che si collega anche solo una volta al mese!
Sia per la modalità di vendita tra aziende (B2B, business to business), che per quella al consumatore (B2C, business to consumer), si possono identificare diverse aree di analisi: le necessità infrastrutturali, la natura dell’offerta e la natura della domanda.
Sintetizzando i dati che possono emergere da questa analisi rimane che in Italia c’è ancora tantissimo spazio per l’espansione di questa modalità di vendita particolarmente efficiente e conveniente per chi vende e per chi compra.
Perchè in Italia ha stentato a decollare, non ci sono idee o forse non siamo ancora maturi per tale iniziativa?
Dal punto di vista infrastrutturale la mancanza di una capillare e concorrenziale offerta di collegamento Internet in banda larga rimane un elemento estremamente grave. Ma l’infrastruttura spesso si dimostra carente non solo per quanto riguarda gli strumenti tecnologici.
La logistica è un elemento fondamentale per il buon funzionamento del commercio elettronico e colpisce particolarmente la nota dichiarazione del responsabile finanziario di Amazon.com—tra l’altro di origine italiana—che attribuisce la mancanza di interesse per una presenza diretta della sua società in Italia all’inaffidabilità dei servizi postali per la consegna dei prodotti.
Un terzo elemento, il fatto che le carte di credito sono relativamente poco diffuse come modalità di pagamento, sta forse svanendo un po’, grazie anche alla diffusione delle carte di credito prepagate che permettono di fugare le paure di coloro che si fidano poco dei sistemi di prevenzione delle frodi.
La domanda di commercio elettronico ritengo sia relativamente elevata!
Se anche non è ancora a livelli di penetrazione o accettazione universali, sicuramente permette l’avvio e lo sviluppo sano di iniziative di vendita on-line. Certo, questa domanda va stimolata a tutti i livelli e le aziende che si occupano di commercio elettronico hanno un interesse comune ad informare il consumatore sui vantaggi di questa modalità di acquisto, oltre che sulle proprie specifiche offerte.
L’offerta vede la presenza di iniziative in praticamente tutte le categorie merceologiche o di servizi che sono presenti anche nei paesi dove il commercio elettronico si è maggiormente diffuso: turismo, musica, libri, elettronica di consumo, eccetera. Tuttavia in Italia non sono emerse al momento realtà che oltre ad affrontare il mercato nazionale possano anche mirare ad una espansione internazionale.
Questa ambizione invece deve essere molto presente! Se non è ancora successo, non passerà tantissimo tempo prima che i giganti internazionali sbarchino anche in Italia, e in quel momento gli operatori locali dovranno essere pronti con economie di scala che oggi non hanno.
Puoi raccontarmi la storia di Questar, quando nasce e come?
Questar nasce nel 1993 ed è specializzata nella distribuzione di prodotti software di alta tecnologia ed ampia diffusione. Investendo da sempre nello sviluppo del proprio sito come interfaccia verso i rivenditori, attualmente vede la quasi totalità del proprio giro d’affari realizzarsi proprio in una modalità di commercio elettronico.
Negli ultimi anni si è anche, per fortuna, affermata la costante è sempre più apprezzata vendita delle versioni elettroniche dei prodotti software. Questa è una modalità particolarmente naturale per questa categoria di prodotti, un po’ come le versioni MP3 delle canzoni rappresentano vantaggi innegabili per chi le commercializza e chi le compra.
I rivenditori di Questar possono configurare in modo interattivo le licenze per postazioni multiple, oltre all’acquisto delle singole postazioni. E senza soluzione di continuità, coerentemente con la modalità di ordinazione, ricevono l’indirizzo di scaricamento del prodotto, la fattura a loro intestata, e il certificato di licenza intestato all’utente finale, tutto in versione elettronica.
La completezza e la trasparenza delle informazioni, assieme alla facilità con cui si possono identificare le soluzioni più appropriate, rende molto conveniente l’utilizzo del sito di Questar, http://www.questar.it. Le ordinazioni dei prodotti vengono gestite con rapidità e i rivenditori possono monitorare le informazioni sullo stato dell’ordine.
Quali sono i prossimi passi?
Un distributore deve saper migliorare tutte le fasi del proprio rapporto con i rivenditori. Conoscenza reciproca, informazione, consulenza prevendita, ordinazione, evasione, supporto post vendita, sono tutti elementi essenziali per una proficua collaborazione. Questar mira a raggiungere livelli di eccellenza nella propria attività, misurando con continuità la soddisfazione dei rivenditori migliorando con attenzione le proprie procedure e propri servizi in base ai riscontri ottenuti.
Specificamente nel commercio elettronico gli strumenti attuali offrono una visione in tempo reale di che cosa succede nel mercato. Dato che, contrariamente a quanto detto da alcuni, anche per una radicata abitudine culturale e le ricchezze dell’interazione sociale, non svaniranno i punti vendita fisici tradizionali — i negozi cosiddetti “brick and mortar”—, il prossimo passo importante consiste nell’integrazione delle caratteristiche migliori della vendita on-line con quelle della vendita in negozio.
Secondo te come è il futuro dell’IT, cosa dobbiamo aspettarci?
L’informatica è al servizio dell’uomo e deve rimanere tale. I vantaggi di efficienza che le aziende possono trarre dall’implementazione di una data tecnologia non sono permanenti in termini competitivi. È famoso lo studio “Does It Matter?” della Hardvard Business Review, poi diventato libro, che metteva in evidenza la facile possibilità di emulare e di fare propri questi passi da parte dei concorrenti.
L’informatica e le telecomunicazioni seguiranno ancora per decenni una curva di miglioramento esponenziale, come originariamente illustrato dalla legge di Moore, non solo nelle dimensioni e il prezzo dei transistor, ma in tantissimi altri parametri, come la densità di immagazzinamento dei dati, la velocità della loro trasmissione, la complessità dei sistemi software e altro.
Ma quello che rimane fondamentale, quello che distinguerà le organizzazioni che sapranno adattarsi in modo rapido e proficuo ai cambiamenti delle condizioni di mercato, degli strumenti di comunicazione, dei rapporti con clienti e fornitori, sarà la loro capacità di investire sul capitale umano. Educare con continuità tutte le persone dell’organizzazione aziendale per portare avanti in modo sostenibile gli obiettivi.
David Orban è un imprenditore e un visionario fondatore e CEO di Questar, una società italiana di distribuzione e pubblicazione di software. Questar ha come obiettivo il miglioramento dei servizi di distribuzione elettronica del software orientati al canale, per renderli disponibile agli sviluppatori di tutto il mondo. È uno dei fondatori e Chief Evangelist di WideTag, Inc., una start-up a elevato profilo tecnologico che sviluppa una infrastruttura aperta per la prossima Internet delle Cose. David è anche uno dei fondatori dell’Open Government Data working group, il gruppo di lavoro nato per promuovere una comprensione più ampia e profonda del perché un accesso aperto ai dati governativi sia essenziale alla democrazia. Il gruppo utilizza l’approccio della discussione civica per rendere il governo un’entità più efficace e trasparente per le nostre vite.La formazione di David include studi di fisica presso le università di Milano e Padova. Nato a Budapest, risiede attualmente insieme alla sua famiglia in una località dell’Italia settentrionale, non distante da Milano.