Una legge controversa impedisce, dal 1 settembre, di esprimere opinioni e punti di vista a siti e blog vietnamiti
Nota come decreto 72, la nuova legge non solo limita l’attività dei navigatori, consentendo solo lo scambio di “informazioni personali” e materiale originale generato dagli utenti, ma richiede anche alle aziende internet che operano all’interno del paese di localizzare i propri server all’interno del Vietnam.
Nonostante il governo vietnamita abbia difeso la legge affermando che si tratti solo di un modo per arginare la diffusione illegale di materiale protetto da copyright, i critici spiegano come la misura, che vieta la pubblicazione on line di contenuti che “danneggiano la sicurezza nazionale”, sia un’ulteriore prova della repressione di Honoi nei confronti di chi utilizza internet.
Colpire tutti per educarne uno
L’organizzazione Reporter Senza Frontiere afferma come ci siano attualmente 35 blogger e “netizen” incarcerati in Vietnam con l’accuso di essere anti-statali e sui quali pende, in alcuni casi, una pena di ben 13 anni. “Questo è il modo in cui il Vietnam può aspirare alla corona dei paesi che censurano il web nel Sud Est asiatico” – ha riferito Phil Robertson dell’osservatorio Human Rights Watch. Sembra che il governo abbia esteso tali limiti per camuffare la continua caccia agli attivisti che da anni tendono a denunciare gli atti criminali dei potenti. Il decreto arriva in un momento in cui il Vietnam fa registrare una crescita senza precedenti nell’utilizzo di internet con il 34% del paese collegato in rete.