Non è tutto oro quello che circola sul Web. Lo sa bene la Federazione dei pubblici esercizi, sempre più decisa a tentare la via giudiziaria per tutelare la ristorazione di qualità, contro gli abusi del Web marketing
“Get the truth, then go…” (“Trova la verità e poi vai”) – così promette TripAdvisor, la community di viaggi più influente e con il più alto tasso di crescita al mondo. Una recente ricerca online, condotta da Nielsen/NetRatings, ha dimostrato che più dell’80% dei viaggiatori si basa esclusivamente sul passaparola, rendendo, quindi, i portali come TripAdvisor strumenti ancora più potenti sul piano del marketing. Possiamo davvero considerare le recensioni degli utenti come “Verità”?
Qualcuno ha cominciato a volerci vedere chiaro: così è cominciata la battaglia di Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola (la rivista italiana dedicata al mondo della ristorazione prima per diffusione e seconda nel canale HO.RE.CA) e della FIPE.
L’incontro (di giovedì 13 settembre) fra i “capi” della divisione europea di TripAdvisor e quelli della FIPE, si è concluso con un nulla di fatto. Anzi, lo scontro potrebbe alzarsi di livello arrivando nei palazzi di Giustizia. A rendere difficile il dialogo è la questione della tracciabilità e della veridicità delle recensioni: nella sostanza «regolari» per TripAdvisor, «false per almeno un caso su tre» – secondo le ricerche di FIPE e Italia a Tavola.
I FATTI
Dopo l’annuncio, nelle scorse settimane a Firenze della discesa in campo della FIPE contro i tarocchi di TripAdvisor e altri portali simili, il colosso del Web (già punito per concorrenza sleale, a Londra e a Parigi) aveva chiesto un incontro col sindacato. E così giovedì a Milano, nella sala delle Rose dell’Unione del commercio – Lino Stoppani, presidente della FIPE ha incontrato Alison Copus, vice presidente marketing Europa.
TripAdvisor minimizza e rimanda al mittente le accuse, attraverso il suo portavoce italiano, Lorenzo Brufani, che difende così il sito dalle accuse: «Non è possibile affermare che il 100% delle recensioni presenti sul sito siano vere, ma l’azienda esegue controlli periodici. Algoritmi e filtri riescono a smascherare le false recensioni. Queste sono prontamente cancellate e le proprietà marchiate con un red disclaimer, allertando gli utenti a diffidare dai giudizi presenti». Non solo. «A livello mondiale TripAdvisor è presente in 30 paesi e i 60 milioni di recensioni al mese sono il frutto del contributo libero e gratuito di milioni di viaggiatori e internauti. Il nostro team antifrode di Londra è composto da 70 persone dedicate alla verifica e allo scanner delle recensioni. Gli abusi ci sono, ma sono combattuti. Anzi alcuni comportamenti non corretti sono messi in atto proprio da soggetti che hanno un interesse economico diretto e spesso sono gli stessi albergatori».
LA REPUTAZIONE E’ TUTTO
Secondo Umberto Rapetto, già colonnello del Nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di Finanza, docente di investigazioni digitali e sicurezza nelle telecomunicazioni e meglio conosciuto dagli addetti ai lavori, come “lo sceriffo del Web”- «la vigilanza sui contenuti pubblicati, sulla loro attinenza, sulla loro liceità è determinante. Il pretesto addotto dai responsabili di diversi portali dell’impossibilità di controllare ogni singolo contenuto è smentito dall’esistenza di software idonei». Il fenomeno delle false recensioni e quello collegato del cyber racket è nato con la Rete ed è una realtà, che non si può contestare. «Chi lascia una recensione – propone il colonnello Rapetto – dovrebbe essere identificabile e tracciabile anche da un punto di vista fiscale. Le recensioni che non sono in ordine cronologico possono essere sospette, ma la battaglia all’anonimato è un falso problema». I fenomeni di creazione di recensioni e opinioni false di prodotti o servizi sono aumentati considerevolmente negli ultimi annI perché tale attività genera indirettamente profitto. TripAdvisor rappresenta un perfetto esempio dei rischi possibili di “manipolazione” delle informazioni in Rete. Ma non è il solo. Anche lo scrittore inglese britannico, RJ Ellory, ne sa qualcosa, dopo essere stato beccato, dal Daily Mail, a scrivere su Amazon recensioni favorevoli ai propri libri, utilizzando falsi profili.
Recensioni false e brutte – o troppo belle per essere vere – sono un elemento di distorsione della concorrenza – e per chi legge e ci crede – un brutto colpo alla fiducia dei consumatori/utenti. Il caso TripAdvisor è solo la punta dell’iceberg. E’ difficile resistere alla tentazione di manipolare la realtà, a ogni livello. Anche nei media tradizionali accade, ma non se ne parla. Se nessuno è in grado di quantificare il volume di recensioni “fake” che circolano in Rete – una cosa invece è certa – prima o poi le “magagne” vengono alla luce. E la Rete non perdona, più dei media tradizionali. L’autodisciplina e l’autocontrollo da parte della community Web si dimostrano l’unico antidoto efficace contro ogni genere di abusi, più di molte Authority. Tra operatori e categorie di mercato bisognerebbe trovare un terreno comune di collaborazione reciproca per combatte gli abusi, invece di combattersi in tribunale. Dura è la legge della Rete dove – la reputazione è l’unico valore che conta – se la perdi, sei fuori.