SaaS e Tco

Un approccio sistemico alla riduzione dei costi del dipartimento IT

A cura di Michele Tajè, country manager EasyVista Italia

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Lo scenario economico di incertezza e difficoltà che stiamo vivendo a livello globale, porta molte realtà aziendali a porre maggiore attenzione e controllo sugli investimenti e sull’entità dei costi.

I dipartimenti IT sono sottoposti a forti pressioni ed ad affrontare sfide sempre più difficili per mantenere sempre e comunque un elevato standard qualitativo dei servizi erogati e contemporaneamente, a fornire applicazioni sempre attive e che non vadano mai in “crash”. Il tutto con forti riduzioni di investimenti e tagli consistenti al budget, dovendo dimostrare costantemente il ritorno economico sugli investimenti effettuati.

Un obiettivo spesso irrealizzabile e difficile da raggiungere. Negli anni, è ormai comprovato come le organizzazioni abbiano speso molte energie e risorse per manutenere e gestire le infrastrutture IT, con soluzioni e tecnologie spesso inefficienti e costose. Ed è inevitabile che il paradigma ormai noto a tutti i dipartimenti IT diventi ancor più evidente oggi: “se tutto funziona è normale, ma se non funziona è colpa dell’IT”.

Una ricerca di Gartner ha dimostrato come la più grande area di costo nella gestione del Portfolio IT sia nella necessità di gestire e fornire la necessari infrastruttura per “mantenere accesa la luce verde”. E’ ormai un pensiero condiviso ed accettato che circa l’80% del budget annuale venga investito per mantenere le attività quotidiane, lasciando solo un 5% all’IT per investire in innovazione e miglioramento reale delle proprie applicazioni e del modello di erogazione dei servizi interni od esterni. E questo non può che generare frustrazione e demotivazione nelle persone, che a fatica “digeriscono” una situazione in cui le idee e l’innovazione non riesce a trovare spazio e si scontra costantemente con la realtà dei “numeri”.

Ecco quindi il nascere di nuovi modelli di business che spostino l’attenzione sul servizio e non su come erogare il servizio: si focalizza quindi l’attenzione non sulla componente infrastrutturale ma sulla qualità del servizio da erogare, demandando a terze parti il compito di curare gli aspetti non strategici: il “Software as a Service” (SaaS) è divenuto, negli ultimi tempi, una delle tendenze più innovative e seguite con interesse ed attenzione da molte realtà aziendali.

Alcuni tra i più autorevoli analisti sostengono che il SaaS sarà il futuro verso il quale tenderà la maggior parte delle aziende, diventando, di fatto, lo standard applicativo più diffuso. Questa tendenza è, peraltro, confermata dal sempre maggiore interesse e sviluppo che i principali “player di mercato oggi mostrano verso questa modalità di erogazione dei servizi.

Ma, cosa si intende per SaaS? Come questo modello può essere efficiente ai fini della riduzione dei costi aziendali e funzionale al miglioramento dei processi? Quali tecnologie sottendono il SaaS? Cosa si intende per “cloud computing” o “virtualizzazione”?

Forse vale la pena di fare un po’ di chiarezza: comprendere questi elementi permetterà di valutare con attenzione le scelte strategiche aziendali negli anni a venire e, a maggior ragione, rendersi conto per tempo del reale valore dei partner a cui legarsi per la propria gestione applicativa.

SaaS e Cloud

Una definizione di SaaS, acronimo di Software As a Service, può essere la seguente:

SaaS è il modello di fornitura del software a consumo, dove il fornitore eroga un servizio applicativo al cliente. L’entità del costo del servizio è relativa all’effettivo utilizzo dell’applicazione stessa da parte del cliente, ossia si parla generalmente di modello “pay-per-use” od “on demand”, utilizzando questi inglesismi ormai entrati nel nostro lessico.

Questa modalità di erogazione del servizio è molto più diffusa di quanto non si creda: molte persone, già oggi utilizzano servizi in SaaS senza, alle volte, nemmeno saperlo o rendersene conto: account email su google, su yahoo o msn, calendari condivisi, applicazioni totalmente web come ad esempio CRM online, persino Facebook e le sue applicazioni…senza dimenticare le componenti legate al “mobile” ed agli smarthphone.

Di fatto, siamo già tutti utenti di applicazioni in SaaS ma spesso non ce ne rendiamo conto: e questo è uno dei benefici che si possono ottenere: sfruttare le potenzialità di un’applicazione senza doversi prendere in carico tutte le problematiche tecniche, infrastrutturali e tecnologiche che queste applicazioni implicano.

Certo, se il tutto fosse limitato a questo, perchè parlare di innovazione o, come spesso dicono gli analisit, di rivoluzione tecnologica? Sono molti anni che esistono i concetti di “Hosting” o di “Application Service Provider”…ma il SaaS non solo va a sostituire questi ormai obsoleti concetti, ma aggiunge componenti di valore aggiunto “on-demand”, diventando uno dei metodi più interessanti per tutte le aziende che vogliono accedere in maniera semplice ed economica ad applicazioni di tipo Enterprise.

La società di analisiti IDC, prevede che per il 2017 il 45% delle applicazioni IT sara in “cloud” od erogata in SaaS: questo non è nient’altro che un cambio di modalità tramite la quale si erogherà un servizio: dal “computing as a product” al “computing as a service”.

Non solo applicazioni software possono essere erogate in questa modalità ma anche piattaforme ICT (in questo caso di parla di PaaS, Platform as a Service) od anche di Infrastrutture ICT (IaaS, Infrastructure as a Service): più generalmente si parla di XaaS, tutte modalità “a consumo” ed erogate tramite “cloud”, termine ormai molto di moda, ma senza una definizione ben consolidata ed univoca. Con “cloud” (la famosa “Nuvola”) si è usi indicare nei diagrammi tecnici la connessione via Internet: questo termine è diventato così consolidato nel lessico che solitamente viene associato al termine “computing” per indicare l’utilizzo “as a service” di applicazioni, piattaforme od infrastrutture: ecco quindi come il concetto di Cloud Computing e quelli di XaaS siano fortemente correlati tra loro. E grazie alla virtualizzazione dei sistemi, oggi è possibile avere a disposizione enormi quantità di potenza computazionale ed elevati quantitativi di storage: anche questa tecnologia è spesso fortemente correlata ai modelli XaaS sopracitati.

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Perchè scegliere questa modello di business? Certo, gli analisti ne parlano, i “vendor” spingono verso il SaaS per fidelizzare i propri clienti…ma per l’azienda?

Innanzitutto, è da sottolineare una macro differenziazione nel modello di costo: il classico “on premise” ossia con l’acquisto di licenze ha un impatto diretto sui costi di capitale (CAPEX) che vanno quindi ad erodere budget e richiedono, inevitabilmente, l’imputazione a bilancio di una voce di ammortamento, stante i valori spesso elevati delle applicazioni. Il SaaS, invece, non richiede alcun investimento: incide sui costi operativi (OPEX) quindi già disponibili per il dipartimento ICT senza alcun impatto di tipo economico, ma solo di tipo puramente finanziario: non comprare ma “affittare” il servizio, accedere in ogni momento e da qualunque luogo al software, non avere vincoli infrastrutturali e di manutenzione e direzionare le proprie risorse interne ad attività a maggiore valore aggiunto. Ecco alcuni dei vantaggi che può portare all’azienda ed i fondamentali su cui si basa il SaaS stesso.

E grazie a questi principi, quindi, le aziende non devono sostenere la spesa per l’acquisto del software, anzi si limitano ad assicurarsene il diritto d’uso per un determinato periodo di tempo.

Alcuni tra i principali vantaggi del modello SaaS sono ormai consolidati e noti:

• Riduzione dei costi iniziali di acquisizione e avviamento

• Costi limitati per l’infrastruttura hardware e software

• Semplicità di utilizzo e di gestione amministrativa

• Produttività immediata

Siamo, forse, di fronte ad un cambiamento nel modo di concepire il software di tipo epocale: il mercato stesso sta abbandonando la vecchia idea che il software debba essere necessariamente acquistato e, insieme ad esso, tutti i costi indiretti quali l’infrastruttura hardware a supporto,la manutenzione, la sicurezza e gli aggiornamenti.

Nel seguito affronteremo come il SaaS abbia un importante impatto sul TCO (Total Cost of Ownership) e quali siano le principali linee guida che si dovrebbero seguire per scegliere quali applicazioni spostare in modalità SaaS e, soprattutto, come valutare il fornitore del servizio.

TCO: approccio toolbox e SaaS

TCO: un termine forse ormai abusato e decantato in tutte le lingue. Quale applicazione, oggi, non sostiene di potere diminuire il TCO?

Ma andiamo con ordine: cos’è il TCO? Wikipedia fornisce la seguiente definizione:

Il Total Cost of Ownership (TCO), in italiano costo totale di proprietà o costo totale di possesso, è un approccio sviluppato da Gartner nel 1987, utilizzato per calcolare tutti i costi del ciclo di vita di un’apparecchiatura informatica IT, per l’acquisto, l’installazione, la gestione, la manutenzione e il suo smantellamento.

L’analisi TCO deve quindi tener conto di:

• costi per l’acquisto dei componenti hardware o software (ricerca del fornitore sul mercato, costi di amministrazione per le ricerche di mercato, costi delle licenze software);

• costi per lo sviluppo di personalizzazione degli applicativi implementati dai dipendenti interni;

• costi operativi, legati all’aggiornamento e alla manutenzione e all’esercizio del software; questi costi denominati “costi operativi” comprendono: formazione di personale IT e di end-users, supporto degli end-users nei problemi riscontrati nell’utilizzo della tecnologia, gestione della sicurezza informatica, utilizzo di spazi per ospitare apparecchiature hardware (es. server, mainframe), consumi di energia, costi di connessione Internet, costi derivanti dal down-time del sistema per malfunzionamenti o errori degli end-users;

• costi legati alla dismissione del sistema (smantellamento delle apparecchiature hardware, eliminazione dei cavi portanti delle reti LAN).

Il calcolo del TCO inizia quindi con il computo del costo iniziale di acquisizione, incluse imposte e tasse. Devono poi essere presi in considerazione i costi connessi al bene acquistato, quali a titolo di esempio, costi di licenze addizionali, manutenzioni annuali, costi legati ad hardware addizionale ed al costo delle persone dedicate alla manutenzione e gestione del bene stesso, costi legati a consumabili correlati al bene (ad esempio le cassette per i backup). Una stima generalmente accettata sostiene che il TCO per strumentazioni IT può essere stimata essere fino a quattro volte il costo iniziale del bene, costo che può essere particolarmente devastante in ambienti di lavoro in cui i sistemi informatici grandi e costosi siano effettivamente acquistati. Risulta quindi importante, quando si considera un investimento, verificare accuratamente il TCO in modo che non ci siano spiacevoli sorprese successivamente.

In che modo quindi poter ridurre l’impatto del TCO? Il SaaS è certamente una risposta interessante:

il modello SaaS, infatti, offre alle aziende un maggiore controllo dei costi nascosti e, per sua stessa natura, ha un impatto positivo sul costo totale di proprietà del software (pari circa al 25% dei costi di gestione) ed il risparmio riscontrato è legato sia alle componenti di costo iniziali sia a quelle evolutive.

Il restante 75% di risparmio sui costi potrà concretizzarsi grazie all’uso di tecnologie codeless (che permette di manutenere e personalizzare l’applicazione senza scrivere alcun codice di sviluppo) ed alla coerenza delle soluzioni alle principali best-practice oggi presenti sul mercato (quali ad esempio ITIL, COBIT, Prince2, coerenza a SOA..) ed è per questo che la nuova generazione codeless in SaaS è così importante per il TCO.

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In sintesi, un quarto della riduzione del TCO è generato dall’adozione di una modalità di erogazione dell’applicazione in SaaS e tre quarti dalla possibilità di personalizzare la propria applicazione in modalità codeless ed autonoma. E proprio il mercato evidenzia questa forte esigenza, come dimostrato da una recente indagine avente come obiettivo il TCO di soluzioni ITSM, svolta in USA, Europa e Middle East tra il 15 Giugno ed 15 Luglio 2010 su un campione di oltre 340 IT Enterprise Executive ed Esperti ITMSM:

• Il 48% ha evidenziato che il costo #1 nel medio-lungo periodo è relativo alla scrittura e modifica quotidiane di codice per gestire l’applicazione, costo addizionale ai contratti di manutenzione ed integrazione

• Il 43% non ha un’idea precisa del costo addizionale dovuto alla scrittura di codice, ma il 21% stima che tale attività abbia generato un costo addizionale pari al 50% del costo iniziale di acquisto dell’intera soluzione ITSM

• I due principali ambiti di “sofferenza” delle soluzioni di Service Desk sono, per il 48% degli intervistati, la personalizzazione del sistema e per il 45% le componenti di reporting, ampiamente più costosi dei costi consulenziali sostenuti per il set-up iniziale e l’integrazione del sistema

• La maggior parte degli intervistati ha risposto negativamente rispetto alla soddisfazione dell’attuale soluzione di ITSM: di questi, il 21% non è in grado di sostenere un investimento immediato per cambiare soluzione applicativa; un 15% si sente fortemente vincolata ed appesantita dall’attuale soluzione in essere; il 27% evidenzia come il vendor richieda costantemente costi addizionali per fare qualunque cosa

• Un significativo 20% sta valutando la sostituzione della propria attuale soluzione

• Nel passare ad una nuova soluzione applicativa, solo il 7% ritiene non importante avere una soluzione di Service Desk personalizzabile in modalità codeless. Un 35% la ritiene invece importante, un 47% molto importante ed un 11% la ritiene assolutamente vitale e mandatoria

• Le soluzione ITSM maggiormente presenti tra gli intervistati sono BMC (22%) seguita da HP Service Center (16%)

Il classico approccio di riduzione e controllo del TCO, tipico di soluzioni toolbox ormai datate e sorpassate dai tempi, non risulta più sostenibile dal mercato, in continua ricerca di soluzioni avanzate tecnologicamente ma possano fornire un valore aggiunto importante con costi contenuti non solo iniziali ma anche di sviluppo ed evoluzione futura. Ecco quindi ancora una volta crescere l’interesse verso soluzioni di seconda generazione che siano codeless e verso il SaaS che permette di migliorare ancora di più il risparmo ed il ROI.

ROI, SaaS e Falsi Miti

ROI: a tutti i dipartimenti IT viene chiesto di giustificare un investimento od un impegno di spesa tramite un “business plan” che permetta di calcolare il ritorno dell’investimento su un piano di rientro tendenzialmente sempre più breve, ma generalmente pluriennale su soluzione di ITSM.

Questo è forse uno dei “nodi” più complicati che ci si trova ad affrontare: le considerazioni che abbiamo visto precedentemente relativamente al TCO dovrebbero indicarci una via per analizzare in maniera più corretta i costi reali che si sosterranno. E per questo, sul mercato, esistono molti calcolatori di ROI: tendenzialmente quasi ogni vendor ne propone uno suo che possa dimostrare come la sua soluzione sia eccellente. Ma, a ben guardare, bisognerebbe essere..”asettici” e non di parte per potere dare una valutazione corretta e “super partes”. Ecco che quindi ci si affida, solitamente, a strumenti di analisti o si delega direttamente la selezione e valutazione a società terze.

Ad oggi, la maggior parte di questi strumenti è fortemente indirizzato al controllo del ROI basato su applicazioni “on premise”, magari potendo evidenziare la forte componente correlata alla scelta di strumentazioni codeless. Ma come valutare correttamente di sfruttare una modalità SaaS?

E’ qui necessario “sfatare” alcuni falsi miti relativi al SaaS, che oggigiorno generano perplessità e timore di fronte a questa scelta di strategia.

Ecco i principali falsi “miti” relativi al SaaS:

SaaS = Hosting

In SaaS in realtà, i vendor hanno in carico la maggior parte dei costi on-going tra cui: infrastruttura, sicurezza, monitoraggio proattivo, manutenzione. Inoltre sono inclusi strumenti di distribuzione e gestione degli ambienti, per, ad esempio, effettuare clonazioni tra ambienti di test e di produzione. Viene sempre garantita l’ultima release di prodotto ed infine SaaS permette di definire l’impegno finanziario in maniera molto precisa e puntuale, con totale aderenza agli impegni di budgeting definiti ad inizio esercizio, incidendo solo sui costi OPEX. E’ quindi evidente come il SaaS sia molto di èiù che un semplice Hosting di un’applicazione.

SaaS non garantisce la sicurezza del dato

Questa è forse la principale obiezione che viene imputata al SaaS: nulla di più falso! Ogni vendor che eroghi le proprie applicazioni in modalità SaaS garantisce la sicurezza del dato: quale azienda, che non abbia la sicurezza del dato come core-business potrebbe garantire

– Sicurezza Hardware (video sorveglianza, accessi con controllo biometrico)

– Sicurezza Software (SSL, HTTPS, monitoraggio dei flussi di dati, test periodi di intrusione effettuati da società specializzate del settore)

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– Sicurezza Applicativa (Ambienti separati per cliente a livello di database, Backup incrementali orari e backup completi notturni)

– Garanzie Contrattuali

Difficilmente una singola azienda può garantire lo stesso livello di sicurezza del dato disponibile da chi è specializzato in questa attività.

Inoltre, anche il rispetto delle normative sulla privacy sono totalmente garantite a condizione che il vendor abbia data center dislocati nelle aree geografiche di pertinenza ed adeguatamente distribuiti nelle varie nazioni di riferimento

SaaS non permette l’integrazione

Anche in questo caso, l’affermazione è tipicamente non vera a condizione che l’applicazione erogata in SaaS sia stata progettata e costruita in maniera coerente agli standard di mercato, nello specifico sia SOA Compliant. In tal caso, il livello di integrazione possibile in SaaS è assolutamente identico a quello possibile con la medesima applicazione in modalità “on premise”. E’ altresì evidente che è opportuno valutare preventivamente le caratteristiche anche tecnologiche dell’applicazione e la competenza e capacità del vendor di garantire quanto richiesto.

SaaS non offre la possibilità di personalizzare l’applicazione

L’affermazione è assolutamente vera per le soluzioni di tipo toolbox o non codeless per le quali è richiesta programmazione e conoscenze tecniche elevate di linguaggi (java, scripting, php, C#….): basta verificare su qualunque motore di ricerca per rendersi conto immediatamente di quante soluzioni software ITSM oggi si fregino di essere codeless e personalizzabili anche in SaaS mentre nella realtà sono applicazioni ormai obsolete e basate su tecnologie non orientate al futuro.

Una soluzione codeless e web based garantisce nella maniera più completa la possibilità di personalizzazione ed anche il loro porting nelle versioni successive. E’ assolutamente una “must” la verifica della veridicità delle affermazioni del vendor: personalmente, chiederei una “test sul campo”, anche molto semplice ma non preparabile preventivamente: se è vero che è personalizzabile facilmente ed in SaaS, ebbene che lo si dimostri dal vivo con il cliente a fianco!

Il SaaS non migliora le attività operative

La modalità SaaS permette di diminuire la curva di apprendimento dell’applicazione, eliminado le componenti tipiche di gestione quali l’operatività interna dell’applicazione, il ridimensionamento del database e diminuisce sensibilmente iol rischio di avvio caotico dovuto generalmente a errate configurazioni o problemi tecnici non gestiti opportunamente. Il fornitore SaaS ha (e deve garantire!) la propria esperienza: centinaia di ambienti getiti, feedback in tempo reale, ottimizzazioni proattive… SaaS significa anche che le persone del diaprtimento IT possono focalizzarsi su attività a maggiore valore aggiunto mentre le funzioni di basso livello sono esternalizzate.

SaaS non garantisce l’investimento

L’eventuale interruzione di un contratto di erogazione in SaaS, dovuto a differenti e variegati motivi, quali ad esempio il cambio di strategia del cliente (insourcing) oppure un cambio di fornitore od ancora un cambio di prezzi e/o servizi, potrebbe portare a temere che l’investimento effettuato possa andare perduto. Anche in questo caso, si tratta di un timore fondato se ci si è affidati a fornitori che non possano garantire la TOTALE REVERSIBILITA’, ossia la possibilità di internalizzare l’applicazioni in qualunque momento e che forniscano garanzie contrattuali al passaggio ad altrop fornitore. Se il fornitore del servizio in SaaS ha offre queste garanzie, il rischio di perdita dell’investimento è sostanzialmente nullo.

Il SaaS è più costoso di un software in modalità tradizionale

La risposta a questa obiezione, a questo punto della lettura, dovrebbe essere ormai superato: è evidente come dall’analisi del TCO e del ROI derivante da una scelta di acquisizione in modalità classica, basata su licenze, comporti costi molto superiori a quelli che la medesima soluzione in modalità SaaS. Se infatti consideriamo i costi di manutenzione, di infrastruttura, di servizi tecnici e gestionali, i costi delle risorse umane dedicate all’attività di gestione del prodotto, quelli legati agli upgrade (alle volte addirittura di migrazione!), i costi di consumabili e dell’energia (spesso sottavalutata), una soluzione in SaaS può arrivare, in un orizzonte temporale almeno triennale, a comportare un risparmi anche superiore al 50% del costo complessivo della medesima soluzione in modalità a licenze.

Conclusioni

Il mercato oggi è in forte fase di maturazione rispetto alle tematiche trattate in questo articolo: in particolare l’attenzione su tecnologie e soluzioni basate su “Cloud” ed in particolare legate al SaaS sono in forte crescita.

Le applicazioni di ITSM e Governance IT sono tipiche soluzioni che possono portare importanti benefici alle aziende che se ne muniscono: la scelta della modalità in SaaS porta ancora di più valore a questa scelta.

Se si considera che la scelta di una soluzione Codeless ed erogata in SaaS ha:

• Minore TCO complessivo (dovuto sia al codeless che al SaaS)

• Maggiore predicibilità dei costi (con miglioramento dei budget e delle analisi delle varianze)

• Impatto sui costi Opex e non Capex, con minore incidenza sui budget di spesa. Il budget richiesto è di “spesa” e non di investimento

• Start-up del progetto molto più rapido (si pensi solamente ai tempi per ordinare, installare e configurare i server eventualmente necessari..)

• Distribuzione del servizio su differenti device (smarthpone, PDA, computer, tablet…) ed aree geografiche anche delocalizzate, estremamente rapido e senza costi.

In conclusione, concordando con gli analisti, possiamo affermare che il fenomeno SaaS è destinato a cambiare radicalmente il modo di usufruire dei servizi e di fornire i servizi, focalizzandosi sul vero valore dell’azienda: le persone.