State of the Net: cosa farebbero gli italiani se Internet sparisse?

A State of the Net, i dati di ixè sull’impatto della rete nella vita degli italiani tra ricerca e diffusione delle informazioni e una crescente sensibilità verso la privacy

Gli italiani utilizzano internet soprattutto per trovare informazioni su motori di ricerca e testate giornalistiche, ma amano anche andare alla scoperta di nuovi contenuti o addirittura crearli. E mentre gli over 64 lo utilizzano soprattutto come fonte di informazioni, le funzioni più complesse come l’acquisto o la vendita dei prodotti sono appannaggio dei più giovani (fascia 18-44), mentre gli over 50 apprezzano particolarmente la possibilità di farsi conoscere sui social media, segno di un rapporto particolare tra gli italiani e la privacy: se il 56% teme di essere spiato o non sa che utilizzo può essere fatto dei suoi dati, un cittadino su tre non si pone il problema.

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Questi sono alcuni dei dati della ricerca Internet in Italy sviluppata da ixè per State of the Net e presentati oggi nel corso del panel Perceptions of the net.

L’utilizzo del web per la ricerca delle informazioni diventa anche la funzione di cui si sentirebbe maggiormente la mancanza se la rete non fosse accessibile per tre giorni.

Le e-mail mancherebbero al 24,3% e si piazzano così al secondo posto tra i servizi di cui si sente immediata nostalgia, mentre gli utenti risultano più affezionati alla lettura di notizie (mancherebbe al 12,7%) rispetto alla comunicazione via Whatsapp o Skype e anche rispetto a Facebook, fermi al 4° e al 5° posto con, rispettivamente il 10,8% e il 7,1% delle preferenze.

Con percentuali inferiori mancano i servizi come home banking e prenotazioni (4,3%), musica e video in streaming (3,1%), blog, chat e forum (2,9%), mentre Twitter e Instagram mancherebbero solo al 2% e l’eCommerce allo 0,2%.

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Tuttavia, ben 1 italiano su 3 afferma di non avvertire alcuna mancanza se la rete venisse meno in questo lasso di tempo. È una fascia di popolazione costituita soprattutto da casalinghe, pensionati ma anche impiegati, e si concentra soprattutto nella fascia d’età 45-54 anni.

I più giovani (18-29 anni), ma anche gli over 64, sono tra gli internauti più affezionati alla ricerca delle informazioni, mentre l’interesse e-mail cresce con il passare dell’età e registra un picco soprattutto dai 55 anni in su, così come la lettura delle notizie.

L’utilizzo dei sistemi di messaggistica come Whatsapp è preferito dai giovanissimi, mentre Facebook trova un picco non solo nella fascia 18-29 ma anche in quella 55-64, confermando così il dato che segnala, in questa fascia di età, uno spiccato utilizzo della rete per presentarsi e raccontare di sé.

D’altro canto il rapporto tra gli italiani e la privacy si rivela complesso ed articolato.

Se il 36% teme che qualcuno possa accedere ai suoi dati personali presenti nello smartphone o nel PC, e il 20% ha il terrore di essere spiato, un ulteriore 33% risulta assolutamente indifferente e ritiene che non ci sia nulla di interessante tra i propri dati.

Il timore che i propri dati vengano utilizzati cresce soprattutto tra chi è un utente abituale di internet: il 41% è spaventato da questa possibilità, mentre il 30% non si preoccupa. La situazione viene ribaltata tra gli utenti che non utilizzano internet con frequenza: la percentuale di chi teme un furto di dati si abbassa al 27% mentre gli indifferenti salgono al 36%.

E proprio in concomitanza con la crescita dell’utilizzo di internet negli ultimi 10 anni, si è verificata una riduzione della disponibilità a fornire i dati su preferenze e abitudini quanto si guarda un programma TV su internet o si utilizzano i social media.

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Nel 2004 la raccolta dei dati veniva accettata dal 45% degli utenti solo se veniva effettuata da un istituto superpartes (ad esempio AGcom), mentre il 35% riteneva che non dovesse essere permessa la raccolta di questi dati. Dopo 10 si è verificato quasi un raddoppio di questa fascia di utenti, che si attesta oggi al 59%, mentre la fiducia nelle istituzioni si riduce nettamente: si ferma al 19%.

I recenti casi Wikileaks e Datagate hanno influenzato questa diffidenza: se il 59% della popolazione è contraria al fatto che vengano resi pubbliche informazioni dagli archivi segreti dello stato, una percentuale ancora maggiore, il 73% è contraria al fatto che i governi possano raccogliere queste informazioni da smartphone e dai PC.

“La smart life, la vita potenziata dalla rete, risulta così essere una realtà per tutte le fasce della popolazione italiana declinandosi in diverse forme in base alle età, ma avendo come fattore fondante la ricerca, la condivisione e la pubblicazione di informazioni.” affermano Beniamino Pagliaro, Sergio Maistrello e Paolo Valdemarin, fondatori di State of the Net. “Attestando il valore di queste informazioni, la smart life pone automaticamente al centro della scena del digitale la gestione della loro tutela, la gestione della privacy e dei limiti alla raccolta e all’utilizzo di queste informazioni. Questo è il crocevia da cui dovrà passare lo sviluppo della rete e State of the Net, grazie agli interventi di prestigiose autorità del settore, intende offrire una compagnia con cui affrontare questo percorso.”