Intervista ad Antonio Simeone, co-founder di Catchawork.com.
Paul Graham, saggista e co-fondatore di Y Combinator, ha abbinato una serie di momenti emotivamente cruciali per gli startupper lungo la linea di crescita delle StartUp, definita a “bastone da hockey”, sottolineando che tenacia e fortuna sono fattori fondamentali. L’andamento evidenzia una crescita contenuta iniziale e improvvisa nella parte finale.
Secondo Paul Graham ad un’eccessiva motivazione iniziale segue un crollo motivazionale, accentuato anche dal duro lavoro e dall’assenza di certezze e novità. È il momento in cui non si vede la luce in fondo al tunnel e ci sono ripensamenti, qui si rischia l’uscita di soci, collaboratori e supporter o, peggio, l’abbandono del progetto. Se la StartUp riesce a superare i momenti di down emotivo è possibile il raggiungimento dell’obiettivo che può consolidarsi anche nella exit strategy (vendita delle quote ad un player o ai fondatori).
Vuoi commentare il grafico sopra?
Il grafico, come si può notare, presenta diversi shock. In una prima fase la StartUp viene nutrita, un po’ come si fa con un bambino, poi, inevitabilmente, alla fine del periodo di gestazione vi è uno shock. Di caduta in caduta, sempre se non resta bloccata nel punto di rottura (simbolicamente può significare una forte crisi ma anche una grande opportunità), la StartUp mette le radici e inizia a volare. Ho sintetizzato estremamente il cammino e faccio presente che non sempre segue le sopracitate fasi. Una StartUp è un organismo vivente, perché frutto della relazione che si instaura tra i fattori ad essa destinati e vincolati e l’insieme dell’ambiente esterno. Nasce nella mente dei suoi ideatori, per poi prendere corpo nel sistema dinamico di relazioni operative che rappresentano le sue forme di vita. Ippocrate soleva dire che il buon funzionamento dell’organismo dipende dall’equilibrio degli elementi, mentre il prevalere dell’uno o dell’altro causa la malattia. Gli stessi elementi sono dipendenti tra loro, trasformandosi ognuno ciclicamente e continuamente in uno degli altri e la malattia, la crisi, la depressione si manifestano in ogni essere che ha interrotto, in qualche modo, questo ciclo energetico vitale. Proprio riguardo alla depressione e anche all’euforia che trapelano dal grafico cito Alexander Lowen che esprime questo concetto, partendo dall’osservazione diretta dei suoi pazienti: “Ogni qualvolta entrano in una fase di euforia, con gonfiamento dell’Io, li metto in guardia contro la depressione che necessariamente seguirà. Si collegano al buonumore, che è anche un presagio della depressione successiva. Ho sempre l’impressione che questo tipo di visione dell’Io sia come un pallone gonfiato. Si solleva con facilità, ma con altrettanta facilità può scoppiare, con conseguente emergere della depressione. La depressione, vista in questa luce, è sempre un fenomeno secondario. Se si riesce ad evitare l’esaltazione, la depressione non affiora.” Ci sono StartUp che hanno seguito una crescita classica, senza esaltazioni o forti punti di rottura. Sono quelle che crescono lentamente e che mettono le radici più profondamente a terra, investono le risorse materiali e soprattutto immateriali per il futuro. Tante altre, invece, seguono dei percorsi differenti, quelli del guadagno immediato e soprattutto apparentemente facile. Queste ultime seguono cinque fasi, che poi sono le stesse che portano alla creazione di una bolla speculativa: Spiazzamento, Euforia, Mania, Allarme e Fuga. Gli investitori entrano perché le aspettative di crescita risultano essere rapidissime, escono per monetizzare i guadagni, ma con la caduta dei prezzi provocano la bolla. Spero che tutto questo parlare di StartUp non ci consegni una nuova bolla.
Quanto tempo e risorse ha richiesto progettare e realizzare la tua StartUp e quali sono stati gli step?
Quando penso a catchawork.com spesso mi ritorna in mente la frase del film “Parnassus”: “Quale prezzo hanno i vostri sogni?” A parte le risorse materiali, che ritengo necessarie ma anche non sufficienti e soprattutto marginali, quello che conta davvero è la passione. Se vogliamo parlare in termini numerici, sono passati circa 15 – 16 mesi da quando catchawork.com era solo un pensiero, un’idea, anche abbastanza utopica. Quasi tutte le notti io, Mario Giancola e Giuseppe di Iorio abbiamo lavorato alla struttura del portale. Di giorno, spesso lavoravamo ad altro e la sera eravamo stanchi, ma la passione ci rinvigoriva, ci dava forza. Non sono stati un Techrunch o un acceleratore, ma la passione a darci le giuste motivazioni. Il pensiero del guadagno è stato sempre messo in secondo piano. Un mio amico, Antonello Paglione, ha investito nell’idea e poi un altro amico, Gianluca Renzi, ha preso il suo posto. Costanza d’Ardia ha continuato a partorire nuove idee. Così è nata catchawork.com, con pochissimi investimenti, meno di 5000 euro, e tanta passione.
Credo che al centro di qualsiasi idea condivisa e poi realizzata da un gruppo non possa mancare necessariamente la fiducia. Dopo vengono la comunicazione, l’aiuto reciproco e solo alla fine la struttura. Noi abbiamo lavorato per il 95% del tempo attraverso Skype e poi con la nostra WebApp di Videoconferenza. Sempre in remoto, quasi mai in un luogo.
Che tipo di team vuoi creare?
Più che parlare al presente, vorrei parlare al passato. Ho cercato di creare un ambiente di co–working, di auto-aiuto, di condivisione e sussidiarietà proprio all’interno del gruppo di lavoro. Quando parlo di questo, forse in parte mi commuovo e ricordo la frase finale del film di Client Eastwood, “The flags of our fathers. Arrivai finalmente alla conclusione che aveva ragione il mio papà. Forse gli eroi non esistono. Forse esistono solo persone come il mio papà e finalmente capii perché loro si sentivano tanto a disagio ad essere chiamati eroi. Gli eroi sono una cosa che creiamo noi, una cosa di cui abbiamo bisogno, è un modo per capire cosa è quasi incomprensibile come alcune persone possano sacrificarsi tanto per noi. Ma se mio padre e i suoi amici corsero quei rischi e sopportarono quelle ferite lo fecero unicamente per i loro compagni, avranno anche combattuto per la patria certo, ma morirono per i loro amici, per l’uomo davanti a loro, quello al loro fianco. E se vogliamo davvero onorare questi uomini, dobbiamo ricordarli come erano realmente, così come li ricordava il mio papà.”
Quanta energia serve per lanciare una StartUp?
Non parlerei tanto di quantità di energia, piuttosto di tipo di energia e di canalizzazione. Per generare e replicare valore è importante organizzare e ricombinare in maniera armonica i talenti e le passioni dei membri del gruppo. Le energie, in un ambiente gaio e motivante arrivano e difficilmente diventano caduche. Secondo me una StartUp per crescere ha bisogno di una fonte di energia costante che trova la propria genesi all’interno di ogni persona che prende parte alla vita dell’organizzazione. Il cuore è questa energia, gratuita, condivisa che trasmette a tutto lo staff la forza necessaria per realizzare, ognuno a proprio modo, le differenti fasi.
Come si crea la squadra iniziale: i soci e la propria rete?
Voglio partire da una frase di Aristotele: “ La famiglia è l’associazione istituita dalla natura per provvedere alle necessità dell’uomo”. La riconverto e affermo che i soci vengono selezionati per provvedere alle necessità della StartUp. Io ho avuto, sinceramente, tanta fortuna. I più erano miei amici, alcuni mi sono stati consigliati e uno in particolare, Mario Giancola, l’ho ricercato. Mi serviva urgentemente uno sviluppatore bravo e affidabile, l’ho trovato durante un viaggio in treno. La tua squadra sei tu, quello in cui credi e quello che profondamente sei, la tua capacità di attrazione.
Catchawork.com: progetto o alchimia?
È a metà tra progetto e alchimia. A proposito di magia alcune volte mi sono chiesto cosa fossero i miracoli e se esistessero. Ebbene, sono arrivato alla conclusione che non solo esistono, ma esistono proprio perché sono qualcosa che non capiamo, un’eccezione alla regola. Si dice che a Medjugorje avvengono i miracoli. Sono sicuro che avvengono. Ma è assurdo dire che solo lì avvengano o che l’aria e il cielo di Medjugorje guariscano. Fra le tante persone che vanno a Medjugorje al costo di grandi sacrifici, fra implorazioni, lamenti e preghiere, succede che un cieco veda e un altro guarisca da un altro malanno. L’impresa è prima di tutto visione, poi condivisione, progetto e magia. Alla fine un miracolo, se si fa impresa ai tempi attuali, lo è per davvero. Quello che manca è la fiducia nelle persone. Un’impresa è un insieme di persone, una comunità non solo virtuale, quindi, qualcosa di straordinario.
Quindi sei favorevole agli spazi per il co-working come Talent Garden?
Certo, avere un posto dove incontrare professionisti, scambiarsi idee, trovare partner è sicuramente d’aiuto ma le necessità di una StartUp restano sempre le stesse: è una società e ha bisogno di duro lavoro, capacità imprenditoriale, flusso di cassa e una buona dose di fortuna.
Clone o idea originale?
Credo che non ci sia più tanto spazio per le nuove idee. Il futuro lo sta scrivendo chi migliora le vecchie soluzioni, rendendole più semplici ed efficienti. Un portale, molto noto, all’inizio del nostro lavoro, sembra aver copiato diverse nostre idee nel giro di pochi giorni, anche la stessa musica di alcuni nostri video. Il web è fatto anche di questo, i pro e i contro della libertà. Va vissuto come riconoscimento di valore e stimolo a fare meglio perché non sono i contenuti o il codice a fare veramente la differenza, altrimenti nessun portale si consoliderebbe mai come punto di riferimento perché c’è sempre qualcosa di migliore o di nuovo.
Quanto possono aiutare una StartUp crowdfunding, business angels, incubatori, acceleratori e venture?
Questo aiuto vale tanto quanto un integratore alimentare per un essere umano. Non è necessario e neppure sufficiente in condizioni normali. È necessario in condizioni critiche e con prospettive di sviluppo nel brevissimo periodo oppure nei casi di sviluppo di soluzioni che richiedono, ad esempio, investimenti sull’hardware, come potrebbero essere la realizzazione di un motore di ricerca o di una società che offre hosting. Negli altri casi direi che è irrilevante, improduttivo e dannoso in condizioni di equilibrio finanziario. Perché assumere degli obblighi quando se ne può fare anche a meno, o meglio, perché cedere quote in cambio di liquidità in eccesso? Ovviamente è la mia opinione.
Parliamo di progettazione di StartUp e di fase di Exit. Un errore tipico è quello di pretendere una quota oltre il 50% a fronte di un investimento, dando un peso minimo all’idea, al suo sviluppo e al team e provocando una riduzione della motivazione internamente alla StartUp stessa, oltre all’impossibilità di accedere a Venture importanti, che invece danno molto peso alle percentuali societarie. Una percentuale viene spesso considerata un valore assoluto: avere il 70% sembra una soluzione migliore del 10%. Un’emotività in questo settore riconducibile agli atteggiamenti in borsa. Possiamo dire che molte StartUp vengono uccise da chi le finanzia. Le StartUp coccolate dagli acceleratori sono progettate con una fase finale di exit: dopo tre anni circa le quote appartenenti all’acceleratore vengono cedute, in genere ad un grande player, l’acquisto da parte dei fondatori è rara. Questa fase si conclude con una vittoria dell’acceleratore e una vittoria dei fondatori. Un player in genere acquista un servizio, non le persone che lo hanno realizzato, oppure una società potenzialmente concorrente per chiuderla o trasformarla. Molte StartUp, e parlo in prevalenza di web, sono create per generare profitto nell’immediato e non per durare nel tempo. Mantenere in vita un progetto su web è molto complesso ma perché nessuno ci prova? Stiamo tutti giocando al totocalcio?
Secondo l’ultimo rapporto MoneyTree da PricewaterhouseCooper (PwC) e la National Venture Capital Association (NVCA), il 2011 ha visto il più alto livello degli investimenti di venture capital in StartUp Internet negli ultimi dieci anni: un totale di 6.9 miliardi di dollari è andato in 997 investimenti, con un incremento del 68% in valore degli investimenti e del 24% nel numero d’investimenti rispetto all’anno precedente, quando 4,1 miliardi di dollari sono andati in 807 StartUp. Le società Internet rappresentano il 24% di tutti gli investimenti di capitale di rischio nel 2011, rispetto al 18% nel 2010.
Il professore Paolo Cellini nel suo ultimo libro “ Internet Economics” afferma quanto segue: “ Il venture capital promuove la crescita economica, dirigendo flussi di capitale in StartUp innovative che creano posti di lavoro e guidano lo sviluppo dell’industria.“ Il mio pensiero a riguardo è piuttosto cauto se non provocatorio. Ho paura che gli investimenti dei venture capital nelle StartUp siano proprio quelli che mancano attualmente all’economia reale. Per quanto riguarda i posti di lavoro ho un forte dubbio che, i dipendenti, poi restino organicamente nonostante il cambio di governance. C’è una correlazione tra investimenti in StartUp e abbassamento della disoccupazione? È vero che il paradigma è cambiato però se è anche vero che le StartUp digitali avvieranno una nuova rivoluzione industriale l’Italia è in ritardo e non di poco.
Cos’è il successo e come si raggiunge?
Mi viene in mente la figura di un discepolo. Egli doveva servire per anni un suo maestro, andargli a prendere l’acqua, tagliargli la legna, spazzargli la capanna, finché quello gli dava un’indicazione, gli insegnava qualcosa, lo faceva parte di una parte del “segreto“. Oggi è tutto diventato immediato, come la pillola per togliere il mal di testa, niente è più particolare e prezioso. Per avere successo, bisogna essere diligenti e pazienti, badare ai dettagli. Il successo, non deve essere il fine, è il cammino quello che conta. Quante StartUp vengono definite di successo, meramente dai giornali? Chi legge crede che succeda tutto così, in fretta: un’idea, la realizzazione e poi, immediatamente il successo. Ma tra la realizzazione e il successo ci passa tanto e non meno i contatti e la fortuna. Oggi tutte le StartUp sembra abbiano successo, un po’ come succede ai partiti politici ex post elezioni, nessuno perde. Dobbiamo assumerci le responsabilità di una possibile sconfitta e accettarla. Col tempo ho fatto mio un concetto della finanza: ”Stop the loss”.
Un consiglio per gli startupper
Dedico a loro, e perché no anche a me, questa frase di Hermann Hesse, uno dei miei scrittori preferiti: “Se tracci col gesso una riga sul pavimento, è altrettanto difficile camminarci sopra che avanzare sulla più sottile delle funi. Eppure chiunque ci riesce tranquillamente perché non è pericoloso. Se fai finta che la fune non è altro che un disegno fatto col gesso e l’aria intorno è il pavimento, riesci a procedere sicuro su tutte le funi del mondo. Ciò che conta è tutto dentro di noi; da fuori nessuno ci può aiutare. Non essere in guerra con se stessi, vivere d’amore e d’accordo con se stessi: allora tutto diventa possibile. Non solo camminare su una fune, ma anche volare.” Non devono mancare tre elementi in un vero startupper: passione, perseveranza e continuità.
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Antonio Simeone è co-founder di catchawork.com, giornalista pubblicista Lettera43.it, General Manager Embedded Agency, Direttore CDO ( China Development Observatory), Direttore del dipartimento di economia “Guido Carli”, Campobasso.