Secondo un’indagine condotta da Adecco, da 123people e da Digital Reputation, spesso i profili mal impostati sui social network possono influenzare l’esito di un colloquio
Tra i vari motivi adducibili all’insuccesso di un colloquio di lavoro, potrebbe esserci una foto non “sufficientemente” professionale o un profilo inadeguato postati su uno dei Social Network, come ad esempio Facebook. E’ quanto emerge da una ricerca condotta su 100 imprese italiane e 400 candidati e lavoratori, e curata da Adecco, leader mondiale nella gestione delle risorse umane, in collaborazione con 123people, motore di ricerca di persone in tempo reale, e digital reputation.it, blog che offre consigli pratici su come prendersi cura della propria reputazione online.
Infatti, secondo l’indagine, emerge innanzitutto che l’83% di tutti gli intervistati (hr manager, lavoratori e candidati) che hanno partecipato al sondaggio, dice di utilizzare i motori di ricerca per monitorare la propria digital reputation (soprattutto Google, Facebook e 123people).
In merito alla fase di selezione e colloquio, inoltre, se è vero che un HR manager su 3 dichiara di non aver mai scartato a priori un candidato sulla base di quanto visionato online, cioè dopo aver “googlato” il nome dell’aspirante lavoratore, e quindi di non farsi troppo condizionare dalle informazioni (i CV cestinati dopo l’analisi su Internet è pari all’8%), tuttavia il 36% dei referenti dice di ricorrere comunque all’online per approfondimenti e/o verifiche.
Dalla ricerca emerge, infatti, che ai social network i selezionatori ricorrono prima di tutto per: effettuare controlli incrociati sui curricula, 51% delle risposte; per verificare referenze e contatti professionali (48%); per accertare eventuali attitudini professionali attraverso la partecipazione a community su skill specifiche (47%); e persino per scoprire informazioni private sui candidati (40%).
Le community insomma avrebbero sostituito le ‘tradizionali referenze’, rappresentando un’enorme fonte di informazioni e notizie private e non, altrimenti irreperibili.
E chi cerca lavoro ha la consapevolezza di essere sotto i riflettori? No, secondo il 38,5% dei referenti aziendali, che ritiene che i frequentatori dei social network si muovano online spesso senza pensare alle conseguenze sulla loro digital reputation.
Tale opinione viene tuttavia smentita dal 55% dei 400 partecipanti all’indagine in qualità di candidati e lavoratori che invece sono consapevoli della rischiosità dal punto di vista professionale dell’essere presente su un social network. In primo luogo perché ritengono si possano reperire informazioni private che possono essere percepite in maniera negativa dai datori di lavoro (33,53%), oltre che far emergere contatti e passioni poco professionali (25,99%), ovvero immagini e video personali (24,8%) e per ultimo – ma non meno importante – potrebbero essere rintracciati commenti negativi personali nei confronti del proprio datore di lavoro e dell’azienda (15,67%).
Più dell’88% degli intervistati, quindi, corre ai ripari prendendo provvedimenti per tutelarsi: grazie alle impostazioni sulla privacy (50,46%) ed evitando di inserire informazioni private discutibili (37,66%). Per proteggersi dalle ‘intrusioni’ di datori di lavoro e colleghi, il 26% degli intervistati preferisce non inserire informazioni sul proprio percorso di carriera, mentre il 31% ha deciso di inserirle solo sulle community professionali o in misura diversa in base al tipo di social network (29%).
Privacy o meno, comunque, ai social network rinunciano in pochi (possiedono un profilo il 76% dei lavoratori e candidati e il 52% dei referenti aziendali intervistati) e sono considerati ormai un nuovo canale utile per promuovere la propria immagine e professionalità e cambiare o trovare lavoro (lo sostiene il 60% dei candidati/lavoratori), perché consentono il rafforzamento e l’ampliamento del network di contatti (74% delle risposte) e la partecipazione a gruppi di discussione professionale (64%).
I più utilizzati? Al primo posto Facebook – che ottiene il 52% di preferenze da parte dei referenti aziendali e il 44% dei candidati – e LinkedIn – 42% aziende e 25% candidati. Segue Xing – scelto dal 9% dei candidati e lavoratori e 5% dei referenti delle imprese – mentre FriendFeed e MySpace trovano riscontro rispettivamente solo fra il 13% e il 9% dei candidati e lavoratori, ma restano poco conosciuti fra i rappresentanti delle società intervistati.
“I social media rappresentano un’ulteriore evoluzione rispetto ai mezzi di recruiting on line classici – spiega Silvia Zanella, Marketing & Communication Manager di Adecco Italia – e, come accaduto in passato, si rende necessario conoscerli e farli propri. Per questo è importante imparare a sfruttare questi strumenti sia per autopromuoversi sia per prendere degli spunti per selezionare le risorse migliori.”
“Ci sono due aspetti dei risultati della ricerca che mi fanno riflettere. Il primo è che ci siano ancora persone che scelgono di non esserci e non partecipare a ciò che succede in rete, convinte che questo possa metterle al riparo da eventuali problemi. Se già oltre la metà dei selezionatori verifica online i profili dei candidati – ha affermato Giorgio Minguzzi, fondatore di digitalreputation.it – un domani sarà più avvantaggiato il candidato che ha un profilo online con referenze pubbliche incontrovertibili o il signor nessuno il cui nome non salta fuori nemmeno con una ricerca su Google?
Del resto, esattamente come i datori di lavoro, anche i candidati sono oggi in grado cercare informazioni sulle aziende che li hanno convocati per un colloquio e controllare la loro reputazione. E questo è il secondo aspetto che mi colpisce perché sembra che manchi la consapevolezza di questa reciprocità nella maggior parte dei candidati che hanno partecipato al sondaggio”.
“Le aziende hanno sempre cercato maggiori informazioni sui candidati che non fossero già presenti sui CV, – ha dichiarato Russell E. Perry, CEO 123people – e oggi Internet rende questa attività ancora più semplice grazie alle moderne tecnologie di ricerca che permettono di trovare ogni piccolo dettaglio personale, nel momento stesso in cui viene messo online.
Come dimostrato da questa ricerca, bisogna stare molto attenti perché le informazioni che condividiamo oggi su Internet possono avere un serio impatto sulla nostra attività lavorativa in meno di dieci anni. Per trovare lavoro o per mantenere quello che si ha, in futuro, è molto importante gestire attivamente e controllare le informazioni che ci riguardano online. Inoltre non bisogno dimenticare che non esistere online è ancora più sospetto.”