Intervista a Joe Mitton, senior advisor di Kit Malthouse, Deputy Mayor for Business & Enterprise dell’amministrazione londinese
Cittadini al centro
E’ uscito in questi giorni il primo documento ufficiale dello Smart London Board – l’organismo creato dal sindaco di Londra Boris Johnson per studiare il modo in cui le nuove tecnologie possono essere utilizzate ai fini dello sviluppo della City e per attrarre investimenti, da qui alla fine del mandato del sindaco nel 2020. Il board è composto da accademici, opinion leader, esperti di tecnologia e imprenditori di altissimo livello. “L’idea alla base di questo organismo, creato nel marzo 2013, è stata di mettere insieme i migliori cervelli in circolazione per creare una squadra di primo piano, che non si limitasse a fornire suggerimenti teorici ma desse indicazioni concrete, in modo che il sindaco e l’amministrazione cittadina potessero mettere in campo politiche altrettanto concrete”, ci spiega Joe Mitton, senior advisor di Kit Malthouse, Deputy Mayor for Business & Enterprise dell’amministrazione londinese. Il documento s’intitola “Smart London Plan. Using the creative power of new technologies to serve London and improve Londoners’ lives”, mettendo in chiaro fin da subito che tutto ruota intorno ai bisogni dei londinesi. “E’ il nostro approccio al tema della Smart City, commenta Mitton: la città di nuova generazione deve mettersi al servizio dei cittadini, adattarsi alle loro esigenze con il fine ultimo di migliorarne la vita”.
Leadership globale e focus locale
I temi toccati dallo Smart London Plan sono diversi. In estrema sintesi si va dagli open data alla collaborazione tra governo, cittadini e imprese per identificare e risolvere i problemi della metropoli; dal supporto all’iniziativa imprenditoriale allo sviluppo in chiave “smart” di intere aree della capitale come volàno di progresso economico, fino alla gestione delle risorse naturali e a strategie per ridurre l’inquinamento. “Il punto – prosegue Mitton – è capire come sia possibile fare in modo che la città si prepari a vincere le sfide del futuro, mantenendo e consolidando il suo ruolo di leader globale nella cultura e nell’economia”. La proposta del Board è di coinvolgere attivamente tutti i cittadini nel processo di policy making, valorizzando al massimo un approccio bottom-up che parte dagli stessi abitanti e dalla previsione dei bisogni della città, per costruire su questa base una serie di indicazioni e linee operative, facendo leva sul meglio che la tecnologia può offrire – e su cospicui investimenti su questo fronte, dell’ordine di centinaia di milioni di sterline.
Inclusione digitale
Il piano per la nuova Londra parla infatti di “digital inclusion” – “inclusione digitale” – dalla quale, almeno in linea di principio, nessuno deve restare escluso. Ci sono piattaforme on-line per alimentare il dibattito su come i cittadini vogliono che sia la Londra di domani (Talk London), e sono pure previsti dei momenti di confronto con il pubblico tramite strumenti off-line e incontri in ambienti reali per raggiungere chi non può andare in Internet. “Vogliamo che la città smart sia un veicolo per l’inclusione soprattutto sui temi più importanti che riguardano la salute, la formazione e l’assistenza sociale, per dare un senso più profondo, non solo business, alla tecnologia”, prosegue Mitton. Tra i piani dell’amministrazione c’è infatti il lancio dello Smart London Innovation Challenge, per stimolare cittadini, imprese tecnologiche e ricercatori a sviluppare soluzioni innovative ai problemi della città.
Urban Platform e open data
In materia di open data, già esiste il London Datastore, un enorme archivio di dati che raccoglie e sintetizza un po’ tutto l’andamento generale della città – dal lavoro e l’economia ai trasporti, dall’ambiente e i rifiuti alla popolazione, dal crimine al turismo – con centinaia di app sviluppate a partire da esso. “Si tratta di un mercato potenzialmente molto interessante per la community degli sviluppatori, che arriva dove l’amministrazione centrale non sempre può fornire servizi. E poi non dimentichiamo che cittadini e imprese hanno il diritto di disporre di dati aggiornati e servizi dedicati per conoscere l’andamento della città. In fondo, i dati appartengono a tutti i contribuenti e sono un bene pubblico”. Il prossimo passo sarà la creazione di una nuova “Urban Platform“, un Datastore di seconda generazione, più ricco di dati. Aggregherà infatti informazioni da fonti eterogenee, sia pubbliche sia private, e pure da sensori sparsi per la città o incorporati negli edifici. Lo scopo è creare un’unica, immensa piattaforma per gestire ancora meglio Londra con l’uso della tecnologia e nel contempo sviluppare ulteriormente il mercato delle app. C’è inoltre il progetto di costituire un accordo speciale di collaborazione tra amministrazione centrale e unità amministrative locali – i boroughs – per creare la Smart London Borough Partnership. Lo scopo è rendere disponibili nuovi dati sulla vita reale dei quartieri di Londra, per identificare i maggiori problemi amministrativi e trovare soluzioni, migliorando i servizi e riducendo i costi.
Banda ultralarga e formazione dei talenti
Sul fronte business, s’intende mettere a disposizione delle imprese le risorse necessarie per continuare a crescere. “Investiremo fino a 24 milioni di sterline in banda ultralarga per le piccole-medie imprese, e spingeremo per avere un nuovo visto speciale, una “tech visa“, per chi si reca da noi a fare impresa o creare start-up tecnologiche”, commenta Mitton. Il governo inglese ha già investito milioni di sterline per realizzare città “super connesse” in tutto il Regno Unito, puntando su banda larga più veloce e affidabile e accesso wifi libero nelle aree pubbliche. Ma l’area est di Londra ospita anche la Tech City, un hub ad altissima densità di colossi del settore (Google, Microsoft, Amazon), che può essere una formidabile palestra per formare e lanciare giovani imprenditori. Il governo ha deciso di promuovere vari programmi in quest’area. Tra quelli più interessanti, alcuni sono mirati a offrire un percorso di qualificazione professionale a giovani disoccupati o che non hanno completato il normale iter scolastico. Il programma Tech City Stars ha proprio l’obiettivo di offrire a ragazzi e ragazze di età compresa tra 16-24 anni un “apprendistato tecnologico” nel settore che già oggi traina l’economia, e che sarà sempre più fondamentale in futuro.
Giochi Olimpici e oltre…
C’è poi l’eredità dei Giochi Olimpici e Paraolimpici di Londra 2012. Il Queen Elizabeth Olympic Park ha ospitato le Olimpiadi estive tenutesi lo scorso anno. Ora lo si vorrebbe far diventare una “smart experience” interattiva. “Quando parliamo dell’eredità delle Olimpiadi non possiamo limitarci esclusivamente allo sport – sottolinea Mitton. C’è da costruire qualcosa che resti alla città per sempre, e che sia d’esempio per altre realizzazioni”. Il parco si è assicurato la presenza di iCity, un quartiere digitale che sosterrà la crescita del settore tecnologico della capitale, fornendo servizi alle start-up ed erogando programmi di ricerca. La London Legacy Development Corporation – l’agenzia del sindaco incaricata di sviluppare il Parco Olimpico e le aree limitrofe – ha inoltre elaborato soluzioni per promuovere quest’area come una vetrina per le nuove tecnologie e un “banco di prova” per testare nella pratica stili di vita alternativi, in armonia con l’ambiente (ad esempio favorendo la circolazione di auto elettriche o visualizzando in tempo reale l’impatto delle attività umane sull’ambiente, a livello di consumo energetico, utilizzo di acqua e risorse naturali e produzione di rifiuti).
A prova di futuro
Big Data, analytics, tecnologia predittiva e design degli spazi del vivere intorno ai bisogni che si prevede nasceranno: se vuole veramente essere “smart”, la metropoli di oggi deve avere lo sguardo lungo e trovare già ora le risposte a domande che ancora non esistono… in altri termini, costruire sistemi “a prova di futuro”.
“Il petrolio è destinato a esaurirsi, come ogni risorsa naturale finita – commenta Mitton. Quindi siamo obbligati a passare alle tecnologie adatte per sfruttare le energie rinnovabili. E in Europa c’è acqua in abbondanza, oltre che sole. A Londra, poi, la nostra base demografica imponente di circa 8 milioni di persone giustifica un progetto che abbiamo già iniziato, relativo ai trasporti a idrogeno”. Viaggiare con l’idrogeno costa, così come mettere in piedi una rete di distributori all’interno della città, per questo solo le grandi metropoli possono permettersi di farlo.
Ma a costi iniziali devono seguire benefici nel lungo periodo. Londra vuole avere la migliore qualità dell’aria tra le grandi città del pianeta entro il 2020, e tagliare fortemente le emissioni dei gas serra entro il prossimo decennio. Vuole anche gestire meglio l’acqua e l’energia, con smart grid di nuova generazione per ridurne lo spreco. Tutti questi progetti dovranno poi servire a costruire modelli di sostenibilità per vivere meglio domani, e lo scambio di esperienze tra smart city in tutto il mondo sarà fondamentale a questo scopo. La città intende infatti esportare le soluzioni migliori attraverso lo Smart London Export Programme, che dovrebbe anche servire a supportare lo sviluppo delle piccole-medie imprese targate UK. “Quello che ci auguriamo, conclude Mitton, è che lo Smart London Plan sia un punto d’inizio per avviare il dibattito, un documento vivo e aperto al futuro per costruire la città nella quale vogliamo vivere”.