Sempre di più le aziende di qualsiasi dimensione dipendono dal sistema informativo e sempre di più questo deve aprirsi all’esterno. E mentre questo assume un ruolo sempre più rivelante, tende allo stesso tempo a diventare il tallone di Achille dell’azienda. E difendersi diventa sempre più difficile
Il crimine non è nato certo con l’informatica; risale a tempi indiscutibilmente più remoti. Il rischio che qualcuno voglia danneggiare qualcosa c’è sempre stato, e per le più svariate ragioni, dall’ideologia al profitto. In realtà nulla è mai cambiato, purtroppo, se non le strade percorse per delinquere.
Il sistema informativo aziendale oggi rappresenta il sistema nervoso di un’azienda e per molti versi è quanto ci sia di più comodo da attaccare; non è richiesto infatti nulla di materiale, di fisico, per farlo. Gli attacchi possono essere sferrati su vari livelli e per raggiungere obiettivi molto diversi tra di loro. E la complessità dei sistemi informativi incrementa inevitabilmente la loro vulnerabilità.
Abbiamo avuto l’occasione di incontrare e di discutere di questo argomento, con Massimo Vulpiani, country manager RSA Italia, divisione di EMC, poco dopo l’annuncio relativo al prodotto RSA Security Analytics. Inizialmente ci si è focalizzati sullo scenario di riferimento. Le aziende sono molto più aperte rispetto al passato, sia verso partner che clienti, reali o potenziali, in Italia e all’estero. Questa apertura ormai è un’esigenza da cui nessuno può esimersi: anche il mondo della difesa si è visto costretto ad aprire ai dipendenti e ai loro familiari il portale. La conseguenza è che in tanti hanno recentemente ricevuto “visite” (Apple, Tribunale di Milano, la stessa RSA). E vari sono gli attori di queste visite: terroristi, crimine organizzato, attivisti.
Quanto fatto finora in ambito della sicurezza non è più sufficiente; nell’ 83% dei casi si hanno avute conseguenza in termini di danni e, in alcuni casi, per rendersi conto di quanto è accaduto sono occorse settimane, lasciando parecchio tempo, probabilmente troppo, agli autori di perseguire i propri illeciti obiettivi. Fino ad oggi le aziende hanno sempre lavorato a compartimenti stagni, per settore; oggi è necessario cambiare strategia, bisogna muoversi in sinergia. Le visite, o almeno i tentativi, non si possono evitare, ma occorre rendersi conto dell’evento con la massima tempestività, per poter agire e reagire di conseguenza.
E’ necessario disporre di tutti i dati relativi alla sicurezza interna (visione totale di sistemi sempre più complessi) e allo stesso tempo avere informazioni su quanto accade all’esterno per essere pronti e prevenire. E tutto questo implica un elevato livello di complessità.
Occorrono strumenti per effettuare tutto questo. “Abbiamo pensato di mettere a disposizione di tutti lo strumento che abbiamo realizzato al nostro interno per la nostra sicurezza e che, anche recentemente, si è dimostrato estremamente efficiente ed efficace. Si tratta di una piattaforma unificata per security monitoring, incident investigation e compliance reporting che dispone di un motore di analisi integrato”. In massima sintesi si tratta di una serie di sensori distribuiti all’interno dell’organizzazione che monitorizzano e raccolgono dati; alcuni di questi sono gestiti in real time, altri archiviati per motivi di compliance.
Quello comunque che appare evidente è che il livello di complessità nel gestire la sicurezza all’interno delle aziende è molto cresciuto e continua a crescere. Se da una parte si incrementano le esigenze, dall’altra aumenta la difficoltà. Il panorama che ci si prospetta, dunque, è quello di un contesto dove solo le aziende da una certa dimensione in su potranno gestirsi in casa il tema della security, mentre le altre dovranno affidarsi a strutture esterne, prime delle quali i service provider. E la sicurezza dovrebbe entrare nella SLA dei fornitori di servizi, assumendo un ruolo fortemente discriminante.