Su Twitter sale la tensione dopo l’editoriale di Gianni Riotta che afferma: “Senza controllare le fonti non è giornalismo professionale”
Sarà perché, anche questa volta, arriviamo secondi. Tra i paesi europei coinvolti nel datagate manca ancora, almeno ufficialmente, l’Italia. Dopo Germania, Inghilterra e Francia, ci si aspetta che il governo italiano ufficializzi lo spionaggio americano ai nostri danni, eppure per ora non è successo. Nel limbo di chi attende di conoscere quello che già sa, succede che l’editorialista del quotidiano torinese La Stampa, Gianni Riotta, pubblichi la sua particolare visione della “Trasparenza contro il Far West” in cui scrive (anche) di Gleen Greenwald, il giornalista ex Guardian che ha raccolto il sapere di Edward Snowden.
Il caso
Riotta scrive sul suo articolo: “La campagna di Edward Snowden, ora rifugiato nella Russia di Putin a gestire la cassaforte di dati trafugata in Nsa, non è finita. L’ex giornalista del Guardian Glenn Greenwald è stato assunto dal miliardario Pierre Omidyar, fondatore della catena di aste online eBay, e il duo intende lanciare nuovi documenti, senza le precauzioni giornalistiche «old media» dei quotidiani, considerate obsolete.” Evidentemente Riotta si riferisce al nuovo progetto con cui Greenwald vorrebbe rinvigorire la notizia “leaked”.
Le offese
Ma la parte che ha fatto arrabbiare più di tutti Greenwald, informato da Stefania Maurizi su Twitter, giornalista de L’Espresso e referente italiana di WikiLeaks, è la seguente: “La filosofia di Greenwald e Snowden, condivisa dall’ex agente Kgb Putin e ora corroborata dalla ricchezza e diffusione digitale di Omidyar, è opposta a quella del giornalismo professionale, senza controllo delle fonti, ricerca dei motivi per cui certi documenti vengono diffusi, analisi delle conseguenze che la pubblicazione comporta, per esempio sull’antiterrorismo”.
Gleen Greenwald è intervenuto direttamente su Twitter per smentire tutto quello scritto dal giornalista italiano che, a sua volta e per smorzare gli animi (in realtà la conseguenza è stata anche peggiore) ha etichettato i difensori della controparte britannica come “groupie”. In tutto ciò coloro che se la ridono sono gli stessi “spioni” che vedono, evidentemente, allontare l’attenzione sulle modalità di esecuzione del monitoraggio a favore di battibecchi più frivoli che di certo non aiutano a capire.