Il back-up non è solo per i dati

Le aziende, oltre ai dati, hanno bisogno di virtualizzare e proteggere i workload come parte fondamentale del programma di disaster recovery

“La maggior parte delle aziende sono ormai ampiamente consce dell’importanza che rivestono i dati in formato digitale. Negli ultimi anni si sono verificati episodi allarmanti riguardanti la violazione di dati o guasti dei sistemi che hanno fatto sì che i responsabili IT focalizzassero il proprio interesse sul disaster recovery.” Ha affermato Pietro Calderara, Responsabile Marketing Sud Europa, Novell.

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“Mentre tutti sono consci del fatto che i dati aziendali devono essere protetti e avere un adeguato sistema di back-up, molti dipartimenti IT non stanno prendendo abbastanza sul serio il tema del disaster recovery nel suo complesso. Laddove si verificasse un errore del sistema – in seguito ad incendi, furti o attacchi di hacker – un’azienda potrebbe essere in grado di ripristinare i propri dati digitali, ma potrebbero volerci settimane per ricostruire da zero l’intera infrastruttura IT.”

Avere a disposizione un sistema completo di disaster recovery era in passato costoso e complesso e quindi mero appannaggio di chi poteva permetterselo. Oggi la rapida ascesa della virtualizzazione ha fatto sì che questo tipo di protezione possa essere invece implementata da aziende di qualsiasi dimensione.

“Molti responsabili IT si trovano nel mezzo di un processo di migrazione o stanno pianificando la virtualizzazione dei data center nel tentativo di consolidare gli asset IT e ottenere maggiore efficienza e facilità di gestione. In questo processo dovrebbero però prendere anche in considerazione l’utilizzo della virtualizzazione non solo come strumento per il back-up dei dati ma anche per il disaster recovery dei workload, compresi sistemi operativi, middleware e applicazioni. Con la virtualizzazione dei workload, i responsabili IT possono creare un’istantanea dei propri sistemi, permettendo un ripristino molto rapido in caso di problemi.”

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Virtualizzare i workload seguendo questo approccio può inoltre essere un modo per proteggere la migrazione totale dei server verso la virtualizzazione in quanto è possibile passare a nuovi sistemi con un approccio graduale e senza rischi di downtime.

“L’utilizzo di sistemi open source farà in modo che le aziende non siano soggette al fenomeno del vendor lock-in. Saranno le piattaforme che consentono il passaggio da sistemi fisici a virtuali, e vice versa, a consentire la massima flessibilità durante la migrazione sia oggi che in futuro.” Ha concluso Calderara.