Sarà perché sento ancora l’odore delle vacanze – anche se sempre meno persistente, ahimè – che mi deconcentra, sarà per il tipo di notizia, ma appena l’ho letta sono rimasto impressionato: un’azienda d’abbigliamento italiana, precisamente pugliese, ha lanciato sul mercato modelli di jeans che permettono tra loro il passaggio di dati informatici attraverso lo sfregamento.
Invio, innanzitutto, i miei complimenti e auguri agli inventori per la loro grande creatività, ma vorrei fare anche qualche riflessione tra il serio e (direi soprattutto) il faceto sul contesto. Premesso che mi pare di avere capito che la tecnologia utilizzata, soprannominata Poken, permetterebbe di far transitare mail, video, foto e dati vari da un pantalone all’altro attraverso leggero strofinio, ad esempio tra i polpacci (anche se scommetto che molti di voi – maliziosetti – avete immaginato coinvolte altre parti del corpo), mi chiedo allora quali implicazioni potrebbe avere tutto ciò nella realtà del quotidiano.
Non vorrei pensare, ad esempio, che possa essere una scusante per alcuni sporcaccioni per permetter loro di avere un’occasione in più per fare la mano morta, o per meglio dire il “pantalone morto”. Immaginatevi la scena dello scostumato di turno che, colto in flagrante, si scusa dicendo: “mi scusi signorina se mi strofino un momento su di lei, ma ho urgente necessità di connettermi ad internet per trovare un negozio da queste parti ed io non riesco a collegarmi direttamente alla rete con i miei jeans”.
Mi vengono poi in mente anche altre scenette tra il tragico e il comico: le nostre mogli e/o mariti faranno verifiche informatiche sui jeans tolti alla sera, per controllare se in essi non si annidino foto o numeri di telefono compromettenti raccolti nella giornata? In caso di ressa con strisciamenti involontari vari e frequenti, magari all’ingresso di un cinema o di uno stadio, rischieremo di distribuire i nostri dati, anche quelli più intimi, a una massa di persone sconosciute? E cosa si farà nel caso che si voglia comunicare contemporaneamente con più persone, ad esempio per istituire un social network volante? Ci si abbraccerà in massa, oppure si farà il trenino uno dietro l’altro stile danza brasileira? Chissà!
Certo è buffo che nella stessa giornata dell’otto settembre, quando lessi tutto ciò, mi balzò agli occhi un’altra notizia che aveva come ingredienti sia il pantalone fatto con quel tessuto blu che si narra nato a Genova (da cui il nome) che la tecnologia. Pare, infatti, che alcuni ricercatori della Cornell University (stato di New York, negli USA) abbiano creato un colorante speciale, da usarsi per l’appunto nei blue jeans, composto da particolari molecole che si comportano come una vera e propria cella solare, ovvero assorbendo la luce solare e creando da essa energia, con tecnica analoga a quella che fa in natura la clorofilla.
Suggerirei all’azienda pugliese di pensare ad applicare questo colorante nei loro jeans, in modo da fornire energia inesauribile alla tecnologia Poken, fate però solo attenzione a installare protezioni adeguate: non vorrei che con tutta l’energia immagazzinata in una bella giornata di sole il tessuto si sovraccaricasse, tanto che al momento dello sfregamento si presentasse la fastidiosa controindicazione della folgorazione immediata e letale degli umani indossanti l’indumento!
Salvo che ciò possa essere considerato dal marketing – sempre molto attento alle originalità – come ulteriore beneficio, rendendo finalmente realtà la poesia che, romanticamente e per secoli, è stata narrata dietro la figura “del colpo di fulmine”, del Cupido che trafigge improvvidamente due cuori innamorati….un dio dell’amore che lascia la freccia e l’arco per un pc o uno smartphone, abilmente mascherato da jeans….
Meditiamo, gente, meditiamo … 🙂
Tratto dall’editoriale della newsletter di DMO. Per iscriverti alla Newsletter registrati al portale cliccando qui
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