«È la stampa, bellezza»!

Alla fine vincono sempre le parole

Vi ricordate quell’Humphrey Bogart direttore di quotidiano, protagonista de “L’ultima minaccia”, quando per telefono, fa sentire al prepotente corrotto il rumore delle rotative che sfornano copie su copie d’un giornale che ne smaschera i traffici illeciti? Memorabile la sua battuta: «È la stampa, bellezza. E tu non puoi farci niente».

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Le parole del mitico Humphrey sembrano per il momento avere più fortuna di quelle del profeta dei media Philip Meyer che, qualche anno fa, indicò il 2043 come la data in cui verrà venduta l’ultima copia del “New York Times”. Il vento dell’innovazione soffia sempre più forte sul mondo dell’editoria, ma spesso in direzioni opposte. Al tiepido venticello di inizio anni Novanta, quando cominciò la sfida di internet, si contrappone il tornado del calo delle vendite e la crisi della pubblicità. Che una rivoluzione simile a quella che IPod e ITunes hanno rappresentato per il mondo dell’industria musicale possa trasformare anche l’industria della carta stampata è una scommessa su cui molti puntano.

Ma in un mondo dove regna la complessità, le scommesse – si sa – sono ad alto, altissimo rischio. A soffiare sul fuoco delle polemiche tra vecchie e nuovi mezzi arriva anche la ricerca “Come comunicano le aziende ICT” targata Assintel e Insintesi. “Innovare è inutile e non se ne comprende il ritorno sull’investimento”. Questo è il campanello d’allarme che emerge dalla ricerca e che va a confermare i dati ISTAT 2008 sulla difficoltà ad innovare delle imprese italiane. Altro elemento interessante della ricerca è la pagella degli strumenti di comunicazione. Le aziende utenti del campione danno un sette pieno agli eventi, un sei e mezzo al web marketing e un sei più alle media relation. Non raggiungono la sufficienza il direct marketing e le fiere. Gravemente insufficiente la pubblicità tradizionale.

Complessità
La comunicazione è una materia complessa che rispecchia la complessità del mondo.
Chi crede di averne compreso i meccanismi e le leve una volta per tutte, chi crede che Internet spazzerà via la carta o che il marketing web da solo sarà la risposta a tutte le esigenze delle aziende si sbaglia. La complessità è l’orizzonte verso cui ci stiamo muovendo e pone i cosiddetti “esperti della comunicazione” i “signori del marketing vestiti di blu” di fronte a scelte sempre più specializzate e questo presuppone che questi signori abbiano gli strumenti, le competenze e la preparazione per farlo. La bacchetta magica non esiste. Spostare le risorse della pubblicità da un mezzo all’altro significa non avere compreso la lezione più importante che viene dal Web ovvero che la differenza che crea aggregazione crea anche separazione. Dunque non si possono colpire due centri diversi con la stessa freccia. In altre parole, e venendo ai fatti, il buon consulente dopo aver fatto bene i compiti, studiato a fondo le esigenze del cliente capito veramente cosa fa e chi è (e non consultando il bignami della comunicazione) saprà consigliare il giusto mix di azioni da intraprendere dosando le leve, consigliando l’evento giusto da organizzare, quali messaggi veicolare utilizzando il web, quali mezzi pianificare in rapporto ai target da raggiungere.

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Rispondere a una ricerca con un’altra ricerca
Il modo peggiore per rimandare al mittente i risultati di una ricerca è quello di contrapporre i dati di un’altra ricerca, come se metodo di indagine, campione e specificità fossero solo dettagli, con il solo risultato di aumentare il grado di confusione.
In una recentissima ricerca dell’Osservatorio europeo di giornalismo (www.ejo.ch) Piero Macrì e Marcello Foa mettono bene in evidenza che nonostante il notevole aumento dei lettori online, la pubblicità non aumenta proporzionalmente. Anzi, gli incrementi sono poco significativi e la migrazione della pubblicità dalla carta all’online è molto contenuta: il valore dell’investimento pubblicitario su web mediamente non supera il 10% dei ricavi complessivi dei giornali. Inoltre la grande maggioranza
dei giornali dovrà puntare sulla focalizzazione ovvero su una serie di elementi
informativi che rappresentano i punti di forza della testata.

I dati “non parlano da soli
I giornalisti e le aziende fanno uso quotidiano di numeri e statistiche.
Già su questo ci sarebbe da riflettere. Ci sono scienze, come la matematica e la fisica, dove i numeri hanno significato “in sé”, anche quando non si sa che cosa “rappresentano”. Ma, in ogni altro caso, per capire i numeri occorre sapere di che cosa si tratta. E anche quando si ha un’idea precisa di quale sia “la cosa” che si cerca di “misurare” accade troppo spesso che non sia chiaro il significato dei dati, né il criterio di interpretazione. I risultati possono essere comici, ma purtroppo sono anche disastrosi come ha dimostrato già mezzo secolo fa Darrel Huff nel suo celebre “How to Lie withs Statistics”. (www.meaed.it). Quello che bisogna tenere presente è che i dati “non parlano da soli”: al contrario, è importante accostarsi ai dati con domande precise, mettendo a fuoco con chiarezza quali aspetti del fenomeno che ci interessa vogliamo descrivere e capire. «Per leggere correttamente le statistiche di una ricerca – avverte Riccardo Puglisi che ha insegnato teoria dei giochi e metodi statistici al dipartimento di scienze politiche del Massachusetts Institute of Technology – bisogna avere una robusta dose di cautela. La catena delle cattive o dolose interpretazioni dei dati statistici parte da chi i dati li crea, passa per chi li diffonde e giunge infine al consumatore finale di notizie».

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Il target
Ecco il punto. Il target. Il target non è più la somma di tanti blocchi monolitici: il Web ci ha mostrato la loro singola complessità interna e le loro sfaccettature. La comunicazione efficace richiede soluzioni in grado di governare questa complessità.
La chiave giusta per leggere i risultati della ricerca Assintel, si chiama dunque integrazione.
“Nessuna bugia vive per sempre” scriveva Martin Luther King. Per evitare di commettere errori, bisognarebbe cominciare a dirci la verità, anche usando quel canale alternativo che si chiama Internet. Secondo Oliviero Toscani «la creatività e la qualità dell’approfondimento sono le uniche cose che fanno differenza. La creatività è stata uccisa da comitati di manager e non trova posto nelle ricerche di mercato. Le agenzie di pubblicità hanno calato le braghe. La televisione è un disastro, il Web un caos. Pochi sanno fare il proprio mestiere di consulenti e sanno consigliare le azioni giuste da intraprendere. Queste persone non sono dei geni o degli extraterrestri, leggono le riviste che pianificano, conoscono i giornalisti e leggono ciò che scrivono, sanno creare e mantenere relazioni ma non a colpi di telefono e comunicati stampa, navigano in Rete senza affondare, leggono libri, frequentano i festival, incontrno sul campo i clienti dei lori clienti, viaggiano insieme a loro e non si fermano al numero di stelle degli alberghi. Quanti eventi inutili, quanti comunicati senza notizie. Non di rado le agenzie hanno pianificato seguendo più gli “interessi della commissione” che quelli dell’azienda cliente. La bolla della comunicazione si sta gonfiando e prima o poi scoppierà in faccia a qualcuno».
A chi parla di rivoluzione bisongerebbe ricordare che la comunicazione è una rivoluzione in atto da quando l’uomo è comparso sulla Terra. «Comunicano le persone non gli strumenti» insegna da sempre Giancarlo Livraghi. Almeno per il momento aggiungiamo noi. In un universo completamente automatizzato forse queste scelte saranno fatte da macchine più intelligenti di noi, e forse solo allora, alla creatività sarà dato il giusto peso.

Centrare l’obiettivo
Per Pietro Dotti, presidente e amministratore delegato di J.Walter Thompson Italia «Se l’obiettivo è quello di conquistare i target che sfuggono bisogna andare a cercarli. Sparare nel mucchio non serve. Chi parla di carta o stampa come se parlasse di un universo indistinto, già parte con il piede sbagliato. Solo le testate specialistiche e di qualità sono destiante a sopravvivere. Per segmentare funziona meglio la carta stampata se specializzata, ancora meglio Internet in termini di misurazione della risposta. L’altro equivoco nace quando si dice che bisogna innovare. L’innovazione serve per fare un passo avanti, ma nessuno strumento per quanto evoluto può presciendere dalla creatività, dall’intelligenza, da quel guizzo laterale che fa la differenza».

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Integrazione e sinergia
Alessandro Laterza, amministratore delegato della storica casa editrice Laterza
«Chi ha pensato che l’editoria elettronica avrebbe segnato la fine della galassia Gutenberg ha commesso un errore altrettanto grande. Nel futuro dell’editoria la parola d’ordine è integrazione e sinergia».

Non esistono barriere
Per Fabrizio Caprara amministratore delegato della Saatchi & Saatchi Italia, «non sono i creativi a essere in crisi, bensì i direttori marketing delle aziende i loro consulenti. La nostra filosofia è che non esistono barriere, e il giusto mix di azioni sono la base del successo. Le ricette però diventano sempre più comlesse e gli chef in giro sono pochi. Noi pubblicitari non dovremmo mai dimenticare quello che diceva Ogilvy “il consumatore è tua moglie”. Per capire che cosa vuogliono le persone basta guardare per cosa si emoziona la persona che ti sta più vicina. Potrebbe essere il tuo cliente».

Potenza. Misura e controllo
La pianificazione Web permette una misurazione immediata del ritorno in base a metriche e algoritmi particolari. Se il criterio però resta il numero di click, come per l’auditel la selezione sul meter del numero corrispondente al componente della famiglia, il criterio resta quantitavo. Se invece il criterio di misurazione è avanzato e prevede l’interazione fra keyword e analisi semantica, questo permetterà alla Comunicazione e al Marketing di sondare il World Wide Web e valutarne l’impatto sull’immagine aziendale. I costi della carta e soprattutto della televisione hanno creato uno spostamento degli investimenti pubblicitari verso il web. Questo è un dato di fatto oggettivo anche se – secondo molti esperti – sovrastimato e in molti casi diretta espressione della volontà delle aziende che investono in pubblicità di avere un maggior controllo dei costi. I media center tradizionali e le agenzie (Adv e Pr) dovranno modificare o abbandonare vecchie logiche e pratiche, perché l’azienda vuole avere il pieno controllo dell’investiemnto pubblicitario e siccome misurare l’efficacia sulla carta è meno immediato, la scelta del Web appare quasi obbligata, ma non è detto che si a la scelta giusta.

L’indagine “Internet e giornali: come uscire dalla crisi?” dell’Osservatorio europeo di giornalismo è scaricabile cliccando qui

A questo link invece è disponibile la ricerca “Come comunicano le aziende ICT” di Assintel