Kroll Ontrack, azienda leader nell’offerta di soluzioni e servizi di recupero dati, cancellazione sicura e computer forensics, evidenzia come alcuni trend stiano modificando l’attività di recupero dei dati. In particolare i tecnici di Ontrack Data Recovery riferiscono come le richieste di recupero dati sono aumentate di sette volte dal 2005.
Questo fatto sommato con i significativi sviluppi delle architetture di archiviazione e con richieste per tempi di lavorazione sempre più rapidi, necessitano di innovazioni per gestire casi che vanno oltre il recupero dati a causa di guasti standard del disco.
Nello specifico, Kroll Ontrack sottolinea i seguenti trend nel recupero dati:
1. Il recupero dati da cloud è una realtà e una necessità per le aziende
Nel 2009 il cloud computing è diventata una valida opzione di archiviazione dei dati critici per aziende di grandi dimensioni. Gli utenti beneficiano di servizi tecnologici globali, senza essere legati ad un’infrastruttura informatica dedicata. Se le nuove tecnologie, come quella cloud, consentono di ottimizzare l’archiviazione, l’hardware rimane però ancora alla base della tecnologia stessa rendendo anche queste soluzioni informatiche innovative a rischio di perdita dei dati.
In uno dei primi casi di recupero dati da ambiente cloud, il cliente aveva accidentalmente isolato uno dei volumi di archiviazione virtuale mentre era nell’ambiente cloud. Una volta ricollegato, il sistema riportava il volume come spazio non allocato con l’impossibilità di procedere al montaggio. Kroll Ontrack con la tecnologia Remote Data Recovery ha riparato da remoto il volume cloud danneggiato e lo ha reso nuovamente attivo in quattro ore.
2. Le richieste di recupero dati da ambienti virtuali sono in forte crescita, la causa primaria della perdita è l’errore umano
I software di virtualizzazione consentono alle aziende di consolidare i sistemi operativi e di aumentare la produttività dell’hardware, offrendo significativi vantaggi e riduzione dei costi. Tuttavia, dato il maggiore consolidamento di dati importanti su un unico sistema, l’eventuale loro perdita è un avvenimento ancora più grave che rende ancor più necessario un intervento di recupero efficace ed efficiente.
Di conseguenza, le richieste di recupero dati da ambienti virtuali sono cresciute del 58% nel 2009 rispetto al 2008. Dei numerosi casi di recupero dati da ambienti virtuali che i tecnici di Ontrack Data Recovery hanno effettuato nel corso del 2009, l’87% è stato causato da errore umano per le complessità associate alla realizzazione, gestione e/o migrazione verso un ambiente virtuale.
“Lo storage virtuale è un mondo complesso. Di conseguenza, l’errore umano è spesso il colpevole della perdita dei dati da un ambiente virtuale”, ha affermato Paolo Salin, Country Director di Kroll Ontrack Italia. “Per i nostri clienti è importante non solo la nostra abilità nel recuperare i dati con successo, ma anche la nostra capacità di farlo da remoto. Siamo infatti in grado di effettuare il recupero di volumi danneggiati lasciando operativi gli altri volumi attivi sullo stesso sistema”.
3. Gli small office (SOHO) sono i più importanti fattori di aumento dei dati
Dal 2005 al 2009, il team mondiale di Ontrack Data Recovery ha visto aumentare la quantità di dati recuperati da 3,2 petabyte nel 2005 a 14 petabyte nel 2009 (1 PB = 1024 TB). Il settore SOHO è stato il più grande propulsore di questo incremento.
“Le grandi imprese, al contrario delle SOHO sono tipicamente più selettive rispetto a cosa eliminare e cosa archiviare. La capacità, l’efficienza e i costi di archiviazione, oltre alla normativa vigente sono fattori che influenzano le scelte dell’azienda su quali dati tenere e per quanto tempo”, ha aggiunto Salin.
“D’altra parte, per le SOHO è più comune mettere insieme file personali di grande formato come foto, video e musica con informazioni aziendali e questo aumenta la quantità di dati in caso di recupero. Indipendentemente dalla tipologia di business e dalle dimensioni, è importante essere in grado di fornire una soluzione immediata, non solo per ridurre l’impatto sulla business continuity, ma anche per non violare eventuali norme di legge”.