Basato sulla serie di libri “Guardians of Childhood”, patrocinato da Guillermo del Toro e diretto dall’ex- storyboard artist Peter Ramsey è semplicemente perfetto
di Raffaella Borgese
Non esiste nessuno nel mondo che non abbia mai sentito parlare di Babbo Natale, la Fatina dei denti e il Coniglio pasquale, più difficile è credere in loro, ma questo è un problema solo degli adulti. Nessuno però si era mai chiesto se si conoscessero fra loro e circa 14 anni fa, la figlia di William Joyce ha posto al suo papà questa domanda. A domanda semplice, corrisponde risposta semplice. Un bel “sì” lo ha portato inizialmente a inventare favole colorate da leggere alla sua piccola e successivamente a strutturare una collezione di 13 storie, Guardians of Childhood. A questo punto Hollywood si è accorto dell’originalità della domanda e prima ancora che il libri fossero terminati ha manifestato interesse per la saga. Ed eccoci a Le 5 leggende, e cinque non sta per il numero di storie raccontate, ma per il numero dei protagonisti.
L’Uomo Nero non può permettersi di cadere in depressione a causa delle risposte consolatorie dei genitori ai loro figli, riguardo alla sua esistenza. Riesce dunque a impadronirsi dei sogni dei bambini, per trasformarli in incubi. Per riportare la situazione in ordine è necessario l’intervento dei quattro Guardiani: Babbo Natale, il Coniglio pasquale, la Fata dentina e Sabbiolino. L’ “Uomo della Luna”, che sovraintende tutto, comunica loro che avranno bisogno di un ulteriore aiuto ossia lo Spiritello dell’inverso, Jack Frost. Quest’ultimo, però, non è interessato perché preferisce dedicarsi al gioco, in realtà deve solo ancora trovare la sua strada….
La lotta tra il bene e il male sarà eterna e lo sappiamo, ma la cosa difficile in prodotti di questo tipo è non cadere nella retorica, evitare luoghi comuni, creando al tempo stesso omogeneità. Le 5 leggende ci riesce con una sceneggiatura lineare e semplice che, però, racchiude originali spunti di riflessione, affascinando così varie fasce di pubblico, da quelle più basse a quelle maggiormente avvezze a prodotti cinematografici più complessi, di “nicchia”. La scelta estetica finale non mostra deformazioni e smorfie eccessive, dunque un’animazione più pulita che rispecchia maggiormente l’umanità di fondo dei personaggi. Il punto di riferimento è il cinema dal vero e infatti ritroviamo la consulenza del direttore della fotografia che collabora sempre con i fratelli Coen, Roger Deakins e la presenza di Guillermo Del Toro, come produttore esecutivo, con il suo tipico gusto scenografico.
Le scenografie sono studiate nei minimi particolari per riflettere la personalità degli abitanti; l’animazione, come sempre per DreamWorks – che, lo ricordiamo, si avvale per questo della collaborazione di colossi del IT, primo fra tutti Intel – è fluida e la fotografia accattivante. Il piano narrativo oscilla in continuazione dall’adulto al bambino senza cambi di registro, i personaggi sono definiti così bene che si comprende la loro storia personale senza bisogna di raccontarla, soprattutto quella del cattivo Pitch dotato di meccanismi mentali fortemente umani. Insomma non manca nulla a Le 5 leggende, diverte, edifica e commuove, più di questo non è possibile.