L’alba di una nuova informatica

Agli EMEA Academic Days, organizzati quest’anno al Politecnico di Milano, il nuovo capo del Watson Group di IBM ha presentato gli obiettivi commerciali della nuova piattaforma cognitiva di Big Blue. Esortando il mondo dell’università a mobilitarsi

IBM sta accelerando nettamente sulla commercializzazione di Deep Q&A, meglio noto come Watson, la piattaforma concepita da Big Blue – dopo gli scacchi e la genetica – come nuova “sfida” computazionale a metà strada tra ricerca speculativa in campo informatico e sviluppo avanzato di prodotto. Dopo il fortunato debutto mediatico al telequiz Jeopardy, dove il “sistema cognitivo” Watson ha sconfitto – anche se di poco – i due migliori concorrenti umani del complicatissimo Rischiatutto americano, all’inizio del 2014 Watson è ufficialmente diventato un business group, dopo una fase vissuta da “internal startup” ospitata in un edificio della Silicon Alley newyorkese e sulla quale IBM – che spende in R&D più di 6 miliardi di dollari all’anno – ha investito un intero miliardo.

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A capo del Watson Group è stato incaricato un manager di lungo corso come il senior vice president Mike Rhodin (in precedenza responsabile del Software Solutions Group), a conferma dell’importanza strategica che IBM attribuisce a questo progetto. Oggi disponibile via cloud, Watson sta già costruendo un ecosistema di aziende, piccole e grandi, interessate a collaborare e a sviluppare app e servizi. Quasi duemila richieste sono state presentate da altrettanti potenziali partner. IBM stessa è impegnata a sviluppare soluzioni verticali professionali, a partire dal settore medico, che ha subito intuito l’importanza addirittura vitale di un computer capace di rispondere a domande aperte basandosi su un sistema di conoscenze acquisite da cui trarre correlazioni e scoperte del tutto nuove.

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L’informatica cognitiva di Watson si è intrecciata in questi giorni a Milano con l’iniziativa d’alto profilo che IBM rivolge ogni anno alle istituzioni accademiche di una regione che si estende dalla punta meridionale dell’Africa all’estremo oriente russo, gli Emea Academic Days 2014 hanno scelto Milano e il Politecnico, tradizionale partner di IBM, per discutere quella che secondo Rhodin può essere considerata una nuova era dell’informatica, la terza dopo il periodo “tabulativo” dei primi ordinatori meccanici e l’avvento dell’informatica programmabile.

L’obiettivo di questo evento, ha ricordato in apertura il presidente di IBM Europe, l’olandese Harry van Dorenmalen, è coinvolgere il mondo dell’università – che, ha detto il chairman «deve avere un maggior impatto sul mondo del business e della società» – e reclutare i cervelli più brillanti per costruire i fondamenti di questa informatica 2.0. Insieme a Rhodin nel pomeriggio inaugurale del seminario è salito sul palco per il keynote di apertura il professor Henry Markram, della Scuola Politecnica di Losanna, leader dell’ambizioso Human Brain Project: uno sforzo che unisce una ottantina di università e istituzioni europeo nella realizzazione di modelli avanzati del cervello umano. Uno dei numerosi sottoprogetti dell’Hbp è lo sviluppo di nuovi microchip “tridimensionali” che imitano i processi delle sinapsi cerebrali.

Data Manager ha potuto incontrare Mike Rhodin durante la “Q&A opportunity” che l’ufficio stampa IBM ha organizzato per un piccolo gruppo di giornalisti. Rhodin ha fornito diversi dettagli su un business model che prevede, per Watson, «la possibilità di stabilire accordi di sviluppo con le aziende partner, erogando al contempo i suoi servizi cognitivi in una modalità di pricing tipica del cloud, basata sull’utilizzo della risorsa». Per Rhodin, che giudica radicalmente diverso il fondamento di Watson rispetto ai sistemi esperti del passato («in quei sistemi regole e conoscenze erano profondamente legate e programmate, Watson è in grado di imparare da solo e fornire risposte inattese»), l’informatica cognitiva offrirà opportunità infinite per gli sviluppatori di app e servizi innovativi. «Anche per le piccole imprese, che potranno accedere a un patrimonio di competenze un tempo riservato solo alle grandissime organizzazioni». Una delle sfide immediate per Watson, ha spiegato Rhodin, oltre alla crescita dell’offerta rivolta ai settori della sanità e del finance e alla sua differenziazione verso altri comparti – per esempio il retail (dove il partner Fluid ha già costruito cn Watson un efficiente “personal shopper” virtuale) – sarà la costruzione di un “corpus” di conoscenza aperto alle altre lingue e a tutte le discipline.

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Anche Matthias Kaiserswerth, direttore del Laboratorio di Ricerca IBM di Zurigo, uno dei dodici centri mondiali dell’R&D di Big Blue, ha fornito a Data Manager un illuminante ritratto del futuro “informatico cognitivo” in seguito al suo intervento dedicato alle competenze per una nuova era”. «Le università, ma anche i licei dovranno formare giovani che abbiano una solida comprensione delle tecnologie e delle piattaforme software, che sappiano spaziare tra discipline diverse, non solo scientifiche e abbiano una conoscenza approfondita in almeno una di queste». Le quattro virtù del giovane che IBM cercherà di assumere sono, secondo Kaiserswerth la capacità di guida, l’orientamento al gioco di squadra e la capacità di avere un impatto sulla nostra azienda e all’esterno.