iPad 3: semplicitas

Finalmente abbiamo visto l’ultimo nato in casa Apple: tanto di nuovo, niente di nuovo. La tecnologia dello strumento ha fatto, come tutti ci aspettavamo, un notevole salto in avanti. La definizione dello schermo supera l’alta definizione dei televisori su uno schermo ben più ridotto. Le immagini sono quanto mai chiare e nitide, il movimento è fluido, l’ottica, forse il punto più debole del modello precedente, decisamente migliorata. Il processore sicuramente più performante e il tutto in dimensioni sempre più che accettabili, praticamente analoghe al modello precedente. Non poteva mancare il supporto alle connessioni 4G (purtroppo in Italia sono le connessioni che mancano).

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Ma in realtà le cose che faceva prima, continua a farle, sicuramente in modo più veloce, meglio, soprattutto in tema di immagini, ma quelle sono rimaste. E, d’altra parte, che senso ha far cambiare strada a un treno che corre liscio e tranquillo sui propri binari e in cui le carrozze sono sempre piene? Forse accelerarlo, renderlo più confortevole, continuare a mantenere una leadership a fronte di una concorrenza che si fa sempre più agguerrita, attratta da un mercato che continua a crescere (più di 25 miliardi di applicazioni scaricate).

Se ci limitassimo a leggere la cosa dal punto di vista prettamente tecnico si potrebbe parlare di un ottimo restyling di prodotto, ma in realtà questo, a mio avviso, è un aspetto del tutto marginale. Quello che sancisce questo evento è la direzione che sta intraprendendo il personal computing prossimo futuro.

E, a dirlo, sono ancora una volta i numeri. Quindici anni fa Apple era sull’orlo del fallimento. Ancora una volta l’uomo, il genio, da poco tristemente scomparso, riprese in mano le redini dell’azienda, chiuse battaglie legali infinite, convincendo Microsoft a comprare azioni senza diritto di voto per 150 milioni di dollari. Sembrava un piacere fatto da Microsoft a Apple, da Bill a Steve. Ma vi auguro che tutti i piaceri che farete in vita vostra abbiano lo stesso ritorno. Infatti le sorti dell’azienda ben presto ebbero una brusca inversione, tanto che oggi la capitalizzazione di Apple supera del doppio quella di Microsoft.

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Lasciati perdere gli aspetti giuridici e amministrativi l’uomo che aveva “inventato” il mouse, o quantomeno lo avevo reso lo strumento privilegiato di input di un sistema operativo pensato per tutti, ne inventò un altro: il dito. E l’uso di questo strumento “nuovo” di input è cresciuto nel tempo e ha reso lo schermo il dispositivo unico di input e output. La tecnologia piace, come qualsiasi cosa, tanto è più semplice da usare e tanto riesce a risolvere le nostre esigenze più o meno espresse, più o meno consce. A Marco Aurelio, l’imperatore filosofo che con il suo concetto di “semplicitas” riuscì nell’impresa di unificare l’Europa, e non solo, in trent’anni di guerra in cui sembra non abbia mai perso una battaglia, l’iPad probabilmente sarebbe piaciuto molto.

Ma un successo di questo tipo non poteva non attirare i concorrenti e, ammettiamolo, gli imitatori. Già da tempo Google, grazie al sistema operativo Android, le cui versioni si stanno succedendo ad una velocità incredibile, sta cercando di dare al mercato un’alternativa in grado di funzionare su diversi tipi di dispositivi, e molte sono le aziende che si sono affrettate a produrli. Allo steso modo, un’analisi corretta del nuovo sistema operativo di Microsoft, Windows 8, rivela come anche a Redmond si siano ormai convinti che il sistema operativo per i dispositivi mobili non possa essere diverso da quello dedicato ai personal computer.

Insomma tutto viene rimesso in discussione, anche le stesse definizioni dei dispositivi, o, quantomeno, i confini di queste. Appare dunque estremamente probabile che la battaglia per la leadership si muoverà nella direzione di un nuovo modo di rispondere all’esigenza degli utenti che stanno sempre più abbandonando il tradizionale desktop e che cominciano a considerare anche i laptop tutto sommato poco portatili. Questo spingerà, e già in buona parte lo ha fatto guardando Windows 8, a ripensare alle applicazioni, naturalmente anche quelle aziendali, in particolare in tema di interfaccia utente.

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Ancora una volta Apple ha dimostrato di riuscire a rendere semplice l’uso del sofisticato, a dar ragione ancora una volta alla splendida frase che troviamo nel Piccolo Principe: “La perfezione non si ottiene quando non c’è più nulla da aggiungere, bensì quando non c’è più nulla da togliere”. Bye Steve, you got it.