La strada dell’Agenda Digitale Italiana resta in salita Mancano i decreti attuativi per chiudere il cantiere e rendere l’Agenda Digitale una realtà capace di rilanciare veramente lo sviluppo del Paese. Lucio Stanca: «L’Agenda Digitale non deve essere una fuga in avanti»
Con il via libera della Camera che ha votato la fiducia al Governo Monti, l’Agenda Digitale è finalmente una realtà o quasi. Il Governo Monti ha messo a punto il quadro normativo per recuperare il ritardo accumulato rispetto agli obiettivi dell’agenda digitale europea.
L’Agenda Digitale è salva. La Camera ha confermato la fiducia al Governo sul Decreto Sviluppo 2.0 con 295 sì, 78 no e 114 astenuti.
Dopo avere ritirato tutti gli emendamenti presentati, il voto della Camera ha licenziato il decreto Crescita 2.0 così come modificato dal Senato che ha quasi raddoppiato il numero degli articoli rispetto al testo originale. Resta il credito di imposta al 50% per la realizzazione di nuove infrastrutture come contributo pubblico alla realizzazione di opere strategiche. Si allarga la platea delle start up. C’è il varo della piattaforma unica per l’Anagrafe nazionale e per il Documento digitale unificato, con la Carta di identità elettronica, la tessera sanitaria e il fascicolo sanitario. Confermato anche il Domicilio digitale del cittadino e obbligo di PEC per le imprese. C’è l’obbligo per le PA ad accettare pagamenti elettronici entro giugno 2013 e, per i negozi, entro gennaio 2014. Per la PA è mantenuto l’obbligo di pubblicazione di dati e informazioni in formato aperto e la Trasmissione obbligatoria di documenti per via telematica. Viene inoltre integrato il piano finanziario necessario all’azzeramento del divario digitale per quanto riguarda la banda larga (150 milioni stanziati per il centro nord, che vanno ad aggiungersi alle risorse già disponibili per il Mezzogiorno per banda larga e ultralarga, per un totale di 750 milioni di euro) e si introducono significative semplificazioni per la posa della fibra ottica necessaria alla banda ultralarga.Ma soprattutto, su quello che il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha definito «un aperitivo» resta l’incertezza sui tempi di attuazione di cui dovrà farsi carico il prossimo esecutivo.
Per cambiare e tornare a crescere non ci sono ricette veloci. Alla lavagna si può disegnare bene il progetto, ma poi bisogna metterlo in pratica.
Per il deputato PDL, Lucio Stanca (già Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie del secondo governo Berlusconi) «dopo un periodo di blackout, il Governo Monti ha avuto il merito di riprendere in mano una materia complessa e di rilanciare il processo di sviluppo mettendo al centro l’innovazione tecnologica. L’Agenda Digitale resta una priorità per il Paese».
Si tratta di un passo importante per il Paese?
Questo periodo sarà studiato dagli storici del futuro con la stessa attenzione della Rivoluzione industriale che da un sistema agricolo-artigianale-commerciale portò l’Europa a trasformarsi in un sistema industriale moderno caratterizzato dall’uso generalizzato delle macchine e dell’energia. Oggi, con la Rivoluzione digitale è in gioco non solo il modello di sviluppo del Paese, ma anche il ruolo di leadership dell’Europa. Tra le prime sei società per capitalizzazione quotate a Wall Street, quattro appartengono al mondo ICT. Questa industria è già dominante e pervasiva. Bene ha lavorato il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Restano alcuni nodi infrastrutturali come la banda larga che deve raggiungere ogni angolo del Paese e di applicazione sull’e-commerce e l’e-goverment. Se vogliamo rendere la pubblica amministrazione più efficiente e di migliore qualità l’unica leva vera è la tecnologia. Se vogliamo che le aziende siano più efficienti e produttive bisogna ricorrere all’innovazione tecnologica di prodotto e di processo».
L’Agenda Digitale è una cornice normativa in attesa della sua attuazione?
L’impegno bipartisan che ha accompagnato tutto lo sviluppo dell’Agenda Digitale dovrebbe sgombrare il campo dalle ombre che si addensano sul futuro dell’innovazione in Italia.
Anche se l’Agenda Digitale proposta contiene molti spazi di miglioramento, rappresenta una spinta per aiutare il Paese in vista di un 2013 che si preannuncia dai forti chiaroscuri. La riduzione del digital divide geografico entro il 2013 sarebbe già un buon inizio.
Saremo vigilati speciali da parte dell’Europa anche per l’attuazione dell’Agenda Digitale?
L’ok della Camera al decreto Crescita 2.0 non cambia molto le cose. Il prossimo esecutivo dovrà varare in tempi certi e brevi i decreti attuativi, altrimenti l’Agenda Digitale è destinata a rimanere una cornice vuota. Anche per il prossimo esecutivo ripartire da zero sarebbe un errore.
Nella bozza di attuazione del decreto legge 18 ottobre che sancisce la nascita del documento digitale si legge: “Con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministero dell’Interno” – «immagini rispetto all’ordine di priorità del Ministero dell’Interno, quale posto occuperà l’Agenda Digitale» – “del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto” – «e questo significa possibilità di veto, perché così si gestisce il potere» – “di concerto con il ministro della Salute” – «per il fascicolo sanitario» – “con il Ministro della Pubblica Amministrazione, del Ministro delegato per l’Innovazione tecnologica, sentita l’Agenzia Digitale e disposto progressivamente anche nell’ambito delle risorse umane e degli strumenti finanziari disponibili all’amministrazione vigente” – «che tradotto significa senza un euro di più». Vede, solo dalla lettura di questa bozza si capisce che la strada dei decreti attuativi dell’Agenda Digitale è tutta in salita.
Si aspettava il sì della Camera?
E’ un segno di responsabilità e di un passo nella giusta direzione, ma l’innovazione non può essere fatta per decreto. E non si può decidere di rendere un Paese digitale per legge. Abbiamo un ritardo di trent’anni, ma essere follower può presentare dei vantaggi perché si lascia sbagliare gli altri e poi si imbocca la strada giusta, ma la strada deve essere imboccata. L’innovazione è un processo di attuazione.
Quali sono i punti critici?
L’Agenda Digitale ha dei punti critici. Uno è sul piano normativo e lo abbiamo visto. Fatto un decreto sono necessari 20, trenta DPCM o regolamenti. Con questa formula non si arriva da nessuna parte e gli sforzi fatti sono destinati a essere dispersi. Il Ministro dell’Innovazione del prossimo esecutivo dovrebbe avere la forza di decidere e di approvare i decreti attuativi “sentiti tutti gli altri ministeri” e non “ di concerto”. Ma ammesso che si riesca e che arrivino i decreti attuativi, il secondo punto critico si ha quando il regolamento attuativo arriva sul tavolo di un qualunque dirigente della Pubblica Amministrazione.
Se il dirigente pubblico non applica le norme che succede?
Sappiamo qual è la risposta. All’Agenda Digitale manca l’enforcement – direbbero gli americani. Manca l’obbligo a fare. Certo lo si può scrivere, ma manca la sanzione. Io avevo proposto di organizzare un Ispettorato dipendente dalla Corte dei Conti in grado di monitorare l’esecuzione delle norme di attuazione dell’Agenda Digitale, con il potere di mettere sotto processo amministrativo per danno erariale il dirigente pubblico inadempiente o di premiare quello efficiente. Le assicuro che la maggioranza dei dirigenti pubblici applicherebbe le norme perché per danno erariale si risponde di tasca propria.
Esiste anche un problema di investimenti?
La revisione della spesa pubblica imporrà di fare delle scelte. Ma per investire sul futuro ci vogliono i soldi. E non c’è un centesimo. E l’Agenzia Digitale dovrebbe fare troppe cose. L’Agenda Digitale non deve essere una fuga in avanti, stiamo con i piedi per terra. Il problema non è tecnico è politico. Facciamo dei centri regionali di gestione dell’innovazione. Non possiamo aspettare che la marea si alzi per tutti allo stesso momento. In Italia ci sono ottomila e cento comuni, quindici città metropolitane e siamo all’inizio. Cerchiamo di unirci per sviluppare un progetto unico nazionale e non centinaia di progetti pilota o sperimentazioni. Per le smart city non sarebbe stato meglio che l’Agenda Digitale avesse definito una piattaforma unica, per rendere ogni amministrazione locale libera di fare le sue applicazioni e le sue personalizzazioni.
Nel rapporto di forza tra domanda e offerta tecnologica, in Italia, è molto più forte l’offerta dell’industria?
L’offerta, essendo più forte, ha la capacità di educare il Paese. Quindi anche l’industria informatica deve esercitare il suo potere con più responsabilità e questo non significa rinunciare alle opportunità di business. Se acceleri la domanda, il mercato si allarga. Aggregarsi per accelerare potrebbe essere più profittevole per il settore, piuttosto che lasciare una potenziale domanda che non riesce a decollare.
Il prossimo esecutivo continuerà sulla strada tracciata da Monti per l’Agenda Digitale come auspicato dal Commissario europeo Neelie Kroes?
A questo punto non si tratta di una scelta, ma di una strada obbligata che il Paese deve percorrere fino in fondo, occorre – però – una regia politica e competente.